PUJATI, Giovanni Pietro Paolo
PUJATI, Giovanni Pietro Paolo (in religione Giuseppe Maria). ‒ Nacque a Polcenigo il 3 agosto 1733, terzo di sette figli nati dall’unione tra Giuseppe Antonio, professore di medicina a Padova, e Teodora Mazzaroli. Fu battezzato il 4 agosto.
Nel 1748 entrò nell’Ordine dei somaschi. Fece il noviziato presso il collegio di S. Maria della Salute a Venezia, ricevendo, a contatto con un ambiente sensibile alla dottrina di Agostino, una formazione prevalentemente umanistica. Terminati gli studi fu inviato a Brescia per ricoprire l’incarico di docente di retorica nel collegio di S. Bartolomeo, ove conobbe Costantino Rotigni, principale esponente della corrente agostinista nella Repubblica di Venezia. Il 18 dicembre 1756 fu ordinato sacerdote dal vescovo di Brescia Giovanni Molin. Nel 1760, principalmente a causa della sua vicinanza al movimento giansenista e allo scontro dottrinale generatosi a Brescia tra i somaschi e i membri della Compagnia di Gesù, fu costretto ad abbandonare la docenza.
Si trasferì dunque a Roma, ove, fino al 1770, insegnò retorica, Sacra Scrittura, lingue bibliche e teologia morale presso il Collegio Clementino. Qui entrò in contatto con il circolo giansenista romano, di cui divenne uno dei più influenti esponenti. L’ambiente del Clementino lo spinse ad approfondire la riflessione sui temi dottrinali, che declinò sulla base di un forte pessimismo antropologico. Nel 1771, spinto dalla necessità di trovare un luogo in cui condurre una vita di studio e di meditazione, si trasferì nel Sacro Speco di Subiaco, ove, dopo aver svestito l’abito somasco, entrò nell’Ordine dei benedettini. Cominciò a studiare le opere dei principali esponenti del portorealismo francese seicentesco, quali Antoine Arnauld, Pierre Nicole e Pasquier Quesnel, declinando giansenisticamente l’orientamento agostinista che aveva sviluppato sin dall’età giovanile.
La ricerca dell’isolamento giocò un ruolo di notevole rilevanza nello sviluppo della tensione millenarista che Pujati elaborò come chiave di lettura per la comprensione della storia della Chiesa. Attraverso la ripresa dei principali autori portorealisti, in primo luogo di Jacques-Joseph Duguet, nel 1777 espose la sua visione millenarista nello scritto intitolato Dell’epoca della conversione degli ebrei, in cui sostenne che la conversione degli ebrei si sarebbe attuata, a seguito della venuta dell’Anticristo, negli ultimi tempi, prima del giudizio universale. Durante questa fase Pujati elaborò un’ecclesiologia di stampo conciliarista, che, correlata alla critica dell’infallibilità papale, mirava a subordinare il ruolo del pontefice a quello del concilio ecumenico, unico soggetto legittimato a rappresentare la Chiesa universale.
La polemica dottrinale ed ecclesiologica di cui si fece portavoce generò un conflitto con i suoi confratelli. Nel 1777 abbandonò il Sacro Speco e si trasferì nel monastero di S. Paolo d’Argon di Bergamo. Qui estese le sue conoscenze nell’ambito del movimento giansenista italiano, entrando in contatto con figure come Pietro Tamburini, Scipione de’ Ricci e Giovanni Battista Guadagnini, e francese, stringendo una stretta collaborazione con Augustin Clément e Gabriel Dupac de Bellegarde.
A Bergamo Pujati non mancò di dare seguito alla polemica antimolinista. Nel 1780 pubblicò l’opera intitolata Difficoltà proposte al Signor canonico Luigi Mozzi sopra le sue Riflessioni critico-dommatiche, in cui, criticando la visione dottrinale dell’ex gesuita Mozzi, sostenne in chiave giansenista la preponderanza del peccato originale nell’economia della fede cristiana. Accanto alla ripresa della dottrina agostiniana Pujati si concentrò su un altro tema, al centro dell’elaborazione giansenista italiana settecentesca, ossia la riforma della devozione ai fini della promozione di una pietà ‘illuminata’.
Al 1777 data lo scritto intitolato Pio esercizio detto la Via Crucis dedicato all’Illustrissimo e Reverendissimo Monsignor Scipione de’ Ricci, in cui Pujati auspicò una profonda riforma della Via Crucis sulla base della narrazione evangelica. Nel 1780, prendendo posizione contro la devozione al Sacro Cuore, compose lo scritto intitolato Riflessioni sopra l’origine, la natura e il fine della divozione al Sacro Cuore.
La vicinanza agli ambienti del riformismo religioso suscitò la reazione di alcuni suoi confratelli, i quali giudicarono l’impegno politico di Pujati non conforme ai dettami della vita monacale. Nel 1784 abbandonò Bergamo e si recò presso il monastero di S. Giustina di Padova con l’incarico di direttore degli studi. Nel 1786 ottenne la cattedra di Sacra Scrittura presso la facoltà teologica dell’Università di Padova.
Negli anni padovani Pujati approfondì la critica contro la Chiesa di Roma sostenendo il diritto del principe di intervenire riguardo alle materie religiose che avevano immediate implicazioni civili. Sulla base di tali prerogative fondò il diritto/dovere dell’autorità politica di farsi carico della promozione della riforma della religione e della Chiesa. Si pone in quest’alveo l’opera del 1784 intitolata Principi sull’essenza, sulla distinzione e sui limiti delle due potestà spirituale e temporale, espressione nel contesto italiano del giurisdizionalismo regalista di marca febroniana.
Una svolta decisiva nella biografia intellettuale di Pujati fu segnata dallo scoppio della Rivoluzione francese e dalla diffusione dei principi democratici, di cui contestò il fondamento teologico e filosofico. Tale posizione, che si tradusse nella chiusura verso i regimi sorti in Italia dopo il 1796, provocò la rottura tra Pujati e quanti in seno al movimento giansenista, come, ad esempio, Tamburini e Giuseppe Zola, avevano offerto un’apertura nei confronti dei regimi repubblicani. Risalgono a quest’epoca gli scritti intitolati Dissertazione divisa in tre parti sopra l’opera del sig. ab. d. Nicola Spedalieri Dei diritti dell’uomo, a Sua Eccellenza il sig. co. Lodovico Arnaldi patrizio veneto (1791), Confutazione del libro, Discorso in cui si prova la sovranità civile e religiosa del popolo con la rivelazione (1796-1797) e Dialoghi tra un ecclesiastico e un laico sullo spirito della religione cristiana circa il sollevarsi e il ribellarsi de’ sudditi contro i lor sovrani (1797), tutti dedicati alla confutazione dei principi democratici.
Nel 1798, a causa della sua vicinanza al movimento giansenista, il governo austriaco revocò a Pujati l’incarico di docente presso l’Università di Padova. L’anno successivo fu trasferito nel monastero di S. Maria di Praglia, ove prese atto della sconfitta dei propositi di riforma ecclesiastica e religiosa su cui il giansenismo italiano aveva forgiato la sua identità ‘partitica’. Nel 1800 si spostò nel monastero benedettino di S. Felice di Vicenza. Trasferitosi a Venezia nel 1810 si dedicò alla produzione poetica, cantando l’isolamento cui era costretto come una metafora della sua vita e del ritiro dalla corruzione del mondo. Di tale sentimento sono prova alcuni componimenti poetici come Lo spettacolo della natura (Venezia 1803), La solitudine (Venezia 1818), ispirato alle Prose e poesie campestri di Ippolito Pindemonte, e il Poemetto della Sacra Bibbia suggerito a onore della Solitudine (Venezia 1821).
Malato di gotta senile, morì a Venezia il 4 febbraio 1824.
Opere. Per le opere edite cfr. F.L. Maschietto, Benedettini professori dell’Università di Padova (secoli XV-XVIII). Profili biografici, Cesena-Padova 1989, pp. 215-281 (in partic. pp. 252-272). Per le opere anonime attribuite cfr. D. Federici, Echi di giansenismo in Lombardia e l’epistolario Pujati-Guadagnini, in Archivio storico lombardo, LXVII (1940), pp. 109-158 (in partic. pp. 153-155); G. Melzi, Dizionario di opere anonime e pseudonime di scrittori italiani o come che sia aventi relazione all’Italia, III, Milano 1848, pp. 598 s.
Fonti e Bibl.: Genova, Archivio storico dei somaschi, mss. 83-54 (lettere a vari destinatari); Res A-73 (Atti del Venerabile Collegio Clementino dal 29 Marzo 1759 all’Aprile 1785, p. 82); Res B-54-D (Liber Lectorum Procurae Generalis, ab anno 1754, p. 430); Auctores, 220-270 (lettere a vari destinatari); Subiaco, Archivio della Badia di Santa Scolastica, arca XLII, 134; Venezia, Biblioteca del seminario, Fondo P., ms. 767.10, ms. 263 (lettere da Praglia a vari destinatari); ms. 266-267 (Confutazione del libro, Discorso in cui si prova la sovranità civile e religiosa del popolo con la rivelazione, I-II); ms. 661 (Dissertazione divisa in tre parti sopra l’opera del sig. ab. d. Nicola Spedalieri Dei diritti dell’uomo, a Sua Eccellenza il sig. co. Lodovico Arnaldi patrizio veneto); Sala Monico, XIX, cart. 263 (lettere a vari destinatari); Venezia, Museo Correr, Fondo Moschini, s.n. Varisco (lettere di Camillo Varisco a P.); s.n. Tamburini (Scrittura senza titolo del P.); Venezia, Biblioteca di S. Michele all’Isola, ms. VII, 37 (G.A. Moschini, Narrazione della vita e degli scritti di G. M. P. Lettera a Don Michel Girolamo Alchini, Vienna, 8 luglio 1832); Città del Vaticano, Archivio segreto Vaticano, Instrumenta Miscellanea, 6659-6660 (lettere scritte e ricevute); Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat., 10022 (lettere a Giambattista Rodella); Bologna, Biblioteca dell’Archiginnasio, ms. A, 1181, f. 57 (lettere al fratello sui Sepolcri di Ugo Foscolo e di Ippolito Pindemonte); ms. A, 1886 (componimenti poetici inediti); ms. A, 1807 (lettere a destinatario anonimo sui Sepolcri di Ippolito Pindemonte); ms. A, 1881, f. 71 (Quattro lettere di G. M. P. ad un amico sul metodo di studiare, 1778); ms. A, 1889, f. 3 (lettera all’abate don Girolamo Alchini); ms. A, 1892 (Accademia del P.D.G. M.P.C.R.S. sopra le Alpi, recitata l’anno 1759 e dedicata a S. Eccellenza Reverendissima Monsignor Giovanni Molino vescovo di Brescia, Duca, Marchese e Conte); ms. A, 1893, f. 21 (Accademia del P. don G. M. P. Benedettino sopra gli Uccelli); Udine, Biblioteca arcivescovile, ms. 434 (lettere a vari destinatari); Brescia, Università cattolica del Sacro Cuore di Brescia, Fondo Labus, bobina 2, docc. 239-245 (lettere a Giovanni Battista Guadagnini); Modena, Biblioteca Estense, Raccolta Campori, ms. γ. Y6. 1 (componimenti poetici inediti).
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