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FERRARI, Giovanni Pietro

di Lucio Scardino - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 46 (1996)
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FERRARI, Giovanni Pietro

Lucio Scardino

Nacque a Monestirolo (Ferrara) il 22 febbr. 1884 da Tomaso e da Adalgisa Smai. Visse l'infanzia in vari paesi della provincia (soprattutto Quartiere di Portomaggiore), al seguito del padre, agiato possidente agrario.

Iscrittosi alla scuola d'arte "Dosso Dossi" di Ferrara, seguì i corsi di L. Legnani e G. Ravegnani: quest'ultimo lo stimava fortemente, al punto da concedergli l'uso dell'aranciera dei suo palazzo quale "studio". L'artista si perfezionò quindi presso l'Accademia di belle arti di Bologna, sotto la guida dello scultore E. Barberi.

Nel frattempo il padre era stato colpito da una grave forma di malattia mentale, tanto che il F. si vide costretto a farlo ricoverare presso il manicomio di Ferrara, dove morirà nel 1912: questa tragedia familiare influenzò fortemente la sua produzione plastica, in senso sia contenutistico sia formale (cfr. Loscultore..., 1912). Benché la sua attività giovanile annoveri anche opere satiriche - i busti di Tugnin e Burella, note "macchiette" cittadine, le maschere per la rivista Ferrarioleide, rappresentata nella primavera del '12 - le sculture successive alla morte del padre insistono su tematiche melanconiche e decadenti. Il F. innestò il proprio sentimento dei dolore sul dannunzianesimo allora dominante, come rivela in alcune opere funerarie: l'allegoria della Flora (1913, tomba Melchiori, certosa di Ferrara), il monumento all'aviatore Roberto Fabbri (posto nel 1916 dinanzi alla stessa certosa), il mausoleo Braghini (1916, cimitero di Pontelagoscuro), la "sfingetica" e discinta figura femminile posta sulla tomba Milani nella certosa di Ferrara.

In queste sculture il F. si dimostrò attento seguace dello stile liberty, soprattutto nella versione fornitane dal piemontese L. Bistolfi, suo maestro ideale: e cosi nelle sue opere si incontrano "stiacciati" mossi con duttile pittoricismo, volti emergenti da sfondi fitomorfi, viluppi materici animati con vibrante tensione, sinuosità squisitamente art nouveau.

Oltre che agli esempi forniti dal Bistolfi, il F. sembra aver tenuto presente anche un modellato sfatto e impressionista, stilisticamente sospeso tra M. Rosso e F. Bazzaro: si pensi all'allegoria del Dolore, modellata in gesso nel 1911 e solo di recente posta, in bronzo, sulla tomba Moretti nel cimitero di Marrara o al ritratto del pittore Oreste Forlani (s. d., presso il Centro civico di Pontelagoscuro). Il F. fu anche un buon ritrattista, come attestano l'immagine dell'attore Gualtiero Tumiati, intento a recitare La cena delle beffe (Roma, coll. Tumiati), o il busto del piccolo Carlo Renzo Bisi (1917, Ferrara, coll. Malagù; cfr. ill. in Scardino, 1984): l'introspezione psicologica talora si abbina alla letteraria ricerca del "rovello" intimo dell'animo. Da segnalare anche il ritratto mannoreo in memoria del deputato Andrea Costa (conservato oggi presso la coll. Longhi di Ferrara), indice di simpatia da parte del F. per una committenza socialista, come confermerebbero, data la loro tematica, le due statue "rodiniane" del Progresso e della Civiltà, collocate nel 1912 sulla facciata del Municipio di Portomaggiore.

L'artista svolse anche una vivace attività espositiva: nel 1912 allestì una personale presso la pellicceria di Tito Obici, raffinato collezionista e mercante ferrarese; nel 1917 espose alla mostra "Arte e Patria" al palazzo dei Diamanti di Ferrara, dove spiccò per una "magnifica testa di ragazza dolente" (cfr. Scavroni, 1917), e aderi alla esposizione della "Francesco Francia" a Bologna (cfr. Raggio, 1917); nel 1919 fu premiato per la già citata testa di G. Tumiati al palazzo dei Diamanti; nel 1920 presentò alla grande Esposizione d'arte ferrarese di palazzo arcivescovile sei lavori; nel 1921 espose Bocciolo alla galleria di palazzo Crema.

In quest'ultima scultura il F. abbandonò le sue efficaci "rudezze espressive" (Crepas, 1921) per avvicinarsi al forbito accademismo di A. Minerbi: ed in effetti nell'epoca successiva le opere del F. si apparentano al classicismo, corretto di umori novecentisti, di autori come D. Trentacoste o P. Canonica.

Nel 1922 il F. decise di emigrare M Sudamerica, forse anche per motivazioni politiche: certo è che l'ambiente di Buenos Aires, città in cui si stabilì, non gli richiedeva eccessivo aggiornamento di stile. Nella capitale argentina riscosse ampi consensi, come dimostrano le numerose committenze pubbliche che si protrassero anche durante il regime peronista. Di tali lavori - riprodotti in gran parte in Pedro F. (1955) purtroppo senza data d'esecuzione - ricordiamo il monumento a Chopin (parco Chacabuco a Buenos Aires), le grandi figure allegoriche dinanzi al teatro Premier di Buenos Aires e i monumenti al medico Luis Tabio (Ciudad de 25 de Mayo), al poeta Presbitero Francisco Bibolini (ibid.), ad Angel Pintos (Azul), alla Bandiera (Saladillo) e a Salvador Cetra (Ciudad de 25 de Mayo).

L'opera del F. s'inserisce nella tradizione eclettica ancora ottocentesca, diffusa in Argentina soprattutto da artisti italiani in contrapposizione alle radici autoctone, di più schietta matrice ispano-americana.

Il F. morì a Buenos Aires il 19 maggio 1970; due anni dopo la vedova, Amelia Bomtempo, donò alla città di Buenos Aires il monumento al presidente Hipolito Yrigoyen da lui realizzato.

Fonti e Bibl.: Oltre ai cataloghi delle mostre citate all'interno si veda: Lo scultore ferrarese P. F., in Gazzetta ferrarese, 27 apr. 1912, p. 3;S. Bolognesi, Ilmonumento funebre al conte P. Braghini a Pontelagoscuro, ibid., 19 genn. 1917, p. 2; P.Scavroni, Uno sguardo alla mostra "Arte e Patria", ibid., 27 maggio 1917, p. 2; I. Raggio, Gliartisti ferraresi all'Esposizione della "Francesco Francia" di Bologna, in L'Orifiamma, 10giugno 1917, p.2;G. De Vincenzi, Alla Mostra permanente - Impressioni d'un pittore, in Gazzetta ferrarese, 18 giugno 1919, p. 2; A. Pitteri, P. F., in Arte nostra, I (1920), 4, pp. 1 s.; G. Medri, La seconda mostra alla Galleria d'arte moderna, in La Domenica dell'operajo, 24apr. 1921, p. 2; A. Crepas, "Gited'arte" alla Galleria d'arte moderna, in Gazzetta ferrarese, 27 apr. 1921, p. 2;G. A. Facchini, La mostra darte applicata e decorativa, in IlDiamante, 15 ott. 1928, p. 13; U. Malagù, P. F. scultore di getto, in Gazzetta Padana, 15giugno 1949, p. 3; Pedro F., Buenos Aires 1955; U. Malagù, In giro per i luoghi del "Mulino del Po", Ferrara 1974, p. 10;L. Scardino, Sculture Merty a Ferrara, in La Strenna della Ferrariae Decus, Ferrara 1978, pp. 198 ss.; G. Longhi, G. P. F., in La Pianura, XLIV (1976), 1, pp. 96 s.;L. Scardino, Ferrara ritrovata - 55 artisti ferraresi dell'Ottocento e del Novecento, Ferrara 1984, pp. 60 s.;Id., Certosa 1885-1985: un percorso storico/artistico, in La certosa di Ferrara, Padova-Ferrara 1985, pp. 75 s.;Id., Esperienze artistiche a Ferrara dall'Unità d'Italia al 1915, in Storia illustrata di Ferrara, III, Milano 1987, p. 798;Id., Agenore Pezzi e il modernismo a Pontelagoscuro, in IlLagoscuro. Ponte per la città, Portomaggiore 1987, p. 95;Id., Percorsi fuori le mura, pittura, scultura e arti applicate nei cimiteri del forese, in All'ombra dei pioppi, Ferrara 1991, p. 130;A. Panzetta, Dizionario degli scultori ital. dell'Ottocento e del primo Novecento, Torino 1994, I, p. 124; II, p. 83 tav. 349;V. Vicario, Gli scultori italiani..., Lodi 1994, I, pp. 458 s.;M. Peron, Alla memoria del più giovane...: R. Fabbri, in Boll. della Ferrariae Decus, 15maggio 1995., pp. 81-85.

Vedi anche
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