DOLFIN, Giovanni Pietro
Nacque a Brescia il 20giugno 1709 da Giovanni, patrizio veneziano allora camerlengo nella città, e Francesca Caliari. Il padre si dimenticò di istruire la prescritta ricognizione dei natali della moglie e così il D. si trovò escluso dal Libro d'oro della nobiltà; studiò filosofia e umane lettere a Venezia e Bologna, poi segui dal 1727 al 1729 lo zio paterno Marc'Antonio a Zante, dove si dedicò al greco, all'ebraico e al francese e infine vesti l'abito ecclesiastico nel convento dei francescani conventuali. Dopo un intenso tirocinio di studi e pratiche religiose a Rimini, Senigallia, Loreto, Jesi, dove il 25 genn. 1733 ricevette gli ordini minori, tornò a Venezia e vi iniziò una rigorosa vita ascetica, che arrivò sino all'uso di catene uncinate per le autopunizioni corporali. Portatosi poi a Brescia, dove il padre ricopriva ancora la carica di camerlengo, studiò profondamente le Scritture e si dedicò agli esercizi spirituali. Iniziò il suo servizio nella chiesa della Pace della Congregazione dei preti dell'oratorio di S. Filippo Neri, mostrando subito zelo indefesso verso gli infermi ed una particolare attenzione all'insegnamento del catechismo e alla preparazione del clero. Nel maggio 1735, ottenuto il beneficio parrocchiale di S. Zeno, fu ordinato sacerdote.
La chiesa godeva di un modesto beneficio ed era povera di arredi e suppellettili; subito egli intraprese la costruzione di un nuovo edificio completato nel 1738 e ornato di un prezioso tabernacolo, pitture, arredi sacri. Come pastore d'anime si mostrò fedele al dovere della residenza, ripristinò, e cercò anche di diffondere tra gli altri parroci, l'uso dell'omelia domenicale sui Vangeli, invei con forza contro la corruzione del secolo ed in particolare dei teatri. "templi e scuole del Demonio"; rianimò le scuole di dottrina cristiana, introdusse nuove funzioni religiose, promosse la pratica degli esercizi spirituali e la periodica congregazione degli ecclesiastici per i casi di morale, condusse un'esemplare vita di rinunce, stenti, rigorosa povertà, tanto da subire conseguenze per il fisico.
Il 6 ag. 1750 il card. A.M. Querini lo designò alla parrocchia prepositurale di S. Lorenzo, una delle più popolate e importanti della città, ma anch'essa cadente nelle strutture esteriori; appena preso possesso impegnò tutte le rendite del beneficio nella costruzione della nuova chiesa, che fu consacrata nel 1763. Nella nuova parrocchia portò lo stesso zelo pastorale e la stessa dedizione ai derelitti che lo avevano segnalato come parroco modello di S. Zeno; rinunciò ad un più ricco beneficio offertogli dal vescovo e condusse gli ultimi anni di vita in modesta povertà, sempre attento al decoro esteriore degli edifici sacri: collaborò infatti alla costruzione della nuova chiesa della Madonna del Patrocinio di Valtavaredo e alla fabbrica del nuovo duomo di Brescia. "Contento di pochi libri applicava l'animo alle Divine Scritture", scrive di lui il biografo Chiaramonti (p. 180) ed in effetti i suoi scritti tradiscono una cultura strettamente teologica, con quasi totale ignoranza delle grandi correnti di idee del secolo dei lumi. Ne Iltempio di Dio o sia la giustificazione dell'uomo simboleggiata nella fabbrica d'un tempio materiale (Brescia 1760, 2 edizione accresciuta del 1767) dal disegno della nuova chiesa di S. Lorenzo trae spunto per 281 prolisse pagine di argomento teologico-morale, tutte interne ad una logica biblica e pastorale, senza alcun riferimento alle graffianti polemiche antidogmatiche, anti-ecclesiastiche e talvolta antireligiose degli illuministi. Qualche attacco alla morale "casistica" denota venature giansenistiche; del resto dove battesse il cuore del D. nelle polemiche teologiche di questi anni indica chiaro il suo Trattato della grazia, rimasto manoscritto ma significativamente rivisto da Vincenzo Patuzzi e Giambattista Guadagnini. Scrisse anche un Ragionamento in cui sipropone il vero sistema per riformare il clero, e insieme con esso i fedeli, in confutazione del sistema proposto dall'autore del libro intitolato "Del celibato, ovvero riforma del clero romano" (in Nuova raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, XV, 1767, pp. 475-499), in cui, oltre una generica polemica contro i libri di ispirazione deista, naturalista, ateista, confutava la proposta di concedere il matrimonio ai preti e di eguagliare tutti i benefici ecclesiastici e suggeriva, come unico mezzo per la riforma della Chiesa, l'elezione di vescovi più santi.
Alla sua morte, avvenuta a Brescia il 21 febbr. 1770 in fama di santità, lasciò a Giambattista Chiaramonti, suo biografo, una quindicina di opere manoscritte, tra cui discorsi morali, panegirici, prediche morali, omelie, esercizi spirituali.
Fonti e Bibl.: [Anonimo, ma forsè Antonio Venier], Elogio storico di G. P. D. veneziano preposto di S. Lorenzo di Brescia, in Nuova Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, XXI (1771), op. 18 (rist., a cura di E. A. Cicogna, a Venezia nel 1834); [G. B. Chiaramonti], Vita di G. D. proposto di S. Lorenzo di Brescia scritta da un cittadino bresciano, Brescia 1777 (con l'elenco delle opere inedite del D. alle pp. 233 s.); G. Moschini, Della letteratura veneziana del secolo XVIII fino a' nostri giorni, Venezia 1806, III, p. 144; E. A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, Venezia 1827, II, pp. 396 s.; E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri..., VI, Venezia 1838, pp. 235 s.; B.G. Dolfin, IDoffin (Delfino) patrizi veneziani nella storia di Venezia dall'anno 452 al 1923 con la raccolta delle iscrizioni a loro riguardanti, Milano 1924, pp. 235-240; P. Guerrini, S. Lorenzo, in Memorie storiche della diocesi di Brescia, Brescia 1940, pp. 35-41; A. Vecchi, Correnti religiose nel Sei-Settecento veneto, Venezia-Roma 1962, pp. 203 s.; F. Venturi, Settecento riformatore, II, La Chiesa e la Repubblica dentro i loro limiti, Torino 1976, p. 112; G. Benzoni, Pensiero storico e storiografia civile, in Storia della cultura veneta, Il Settecento, V, 2, Vicenza 1986, pp. 78 s.