DANDI, Giovanni Pellegrino
Nato a Forlì il 6 luglio 1664 da famiglia già illustre, ma decaduta, fu a contatto sin dall'infanzia con l'ambiente della stampa: il padre Giuseppe conduceva dal 1671 una tipografia a Forlì e suo fratello, Giovanni Felice, aveva seguito le orme paterne, affiancando, però, all'attività di stampatore quella di giornalista.
Il D. abbracciò invece la carriera ecclesiastica: abate e dottore d'ambo le leggi, ricoprì incarichi ecclesiastici ad Imola ed a Forlì, accumulando via via i titoli di teologo del card. G. Boncompagni, arcivescovo di Bologna, e del duca Francesco Farnese a Parma, e di protonotario apostolico, ma l'impegno ad essi dedicato dovette essere puramente nominale. La sua attività predominante, quella di pubblicista editore, si esercitò nell'ambito della cultura erudita ed enciclopedica, caratterizzata dalla grande fioritura di giornali letterari nati sulla scia del Giornale de' letterati di Roma. Tuttavia il D. si inserisce in quest'ambito non tanto per l'adesione al programma di apertura e assimilazione della nuova cultura, perseguito dalla parte più progressiva della Curia romana attraverso gli animatori del giornale romano e raccolto dagli eredi parmense e modenese, quanto, piuttosto, per l'imitazione formale e, fino, regressiva di quei modelli.
Il D. esordì nel mondo del giornalismo letterario con Il Gran Giornale de' letterati, apparso a Forlì nel 1701 per i tipi della stamperia degli Avvisi.
Il foglio, quattro pagine a frequenza settimanale, si differenziava dai contemporanei giornali letterari e seguiva l'esempio della Pallade veneta dell'Albrizzi nell'affiancare alla parte letteraria una parte politica, Il Giornale de' novellisti, che registrava avvenimenti politici e militari europei insieme con notizie riguardanti re, prelati e personaggi illustri; per questo settore il D. si giovava della collaborazione del fratello, stampatore dei giornale e già redattore della gazzetta Forlì. La parte letteraria non si discostava, invece, dalla norma: in essa trovavano posto libri e studi di vario argomento, dalla filosofia alla letteratura, alla storia, alla numismatica casi clinici, questioni giuridiche e teologiche. Le segnalazioni erano di solito accompagnate dalla semplice esposizione del contenuto dell'opera presentata e, talvolta, da un giudizio per lo più elogiativo; di tanto intanto comparivano comunicazionì inviate al giornale, frutto dei frequenti inviti ai lettori a collaborare fornendo libri, notizie e pareri.
L'impostazione del Gran Giornale oscilla tra quella della gazzetta, puro bollettino informativo, e quella del giornale, che, secondo il modello configuratosi negli ultimi due decenni del Seicento, andava staccandosi dall'ideale dell'obiettività in favore del giudizio critico e della sollecitazione di un dibattito tra i lettori. I propositi in tal senso ripetutamente formulati dal D. sembrano dettati più dal desiderio di farsi strada nell'ambiente culturale italiano, riproducendo formule già sperimentate, che da un autentico intento di informazione, orientamento delle scelte e dibattito culturale. Certamente questo dovette essere il giudizio dei suoi contemporanei, dopo un iniziale interesse testimoniato da una lettera elogiativa del Muratori e dall'affiliazione del D. alle accademie degli Argonauti di Venezia, dei Fisiocratici di Siena e degli Insensati di Perugia. Divennero presto oggetto di critica l'indifferenziato atteggiamento laudatorio e la mancanza di selezione nella scelta delle opere da segnalare, accuse cui il D., senza negarne la fondatezza, rispondeva affermando che "la lode inanimisce gli autori a donarmi nuovi saggi de' suoi talenti" e che "essendo debbitore di tutti, tutti debba servire".
Negli ultimi due anni di pubblicazione, all'affievolirsi dell'interesse da parte dei lettori corrispose nel giornale un ampliarsi dello spazio dedicato ad argomenti religiosi e la comparsa di omelie papali, in omaggio a nuove responsabilità ecclesiastiche di cui il D. era stato investito, ma anche segno di stanchezza e manifestazione di una anacronistica adesione alla più attardata cultura controriformistica.
Nel 1705 il D. lasciò Forlì per Parma; il Gran Giornale, con il nuovo nome di Il Genio de' letterati, venne affidato a Giuseppe Malatesta Garuffi, che lo avrebbe condotto fino al 1708 riscuotendo consensi maggiori per una trattazione più accorta e ragionata degli argomenti. A Parma il D. diede vita ad un nuovo giornale, Fasti del gran giornale letterario o sia Biblioteca volante, stampato da Paolo Monti. I Fasti, usciti in cinque tomi nei primi sei mesi del 1706, mancavano della parte novellistica, ma riproducevano per intenti ed argomenti il giornale forlivese.
Nell'intraprendere questa nuova fatica il D. si richiamava espressamente alla precedente, annunciando, però, l'intenzione di limitare le segnalazioni alla sola produzione più recente e famosa. Ma il consenso e l'incoraggiamento ricevuti ai tempi del primo giornale non dovevano ripetersi: ne sia testimonianza il mutato atteggiamento del Muratori che nelle Riflessioni sopra il buon gusto intorno le scienze e le arti definiva giornali come quello del D. "opere miserabili" dal titolo fastoso. Di fatto nei Fasti vennero a mancare le pur timide aperture e la varietà che avevano animato il primo giornale, lasciando il posto ad omelie, opere di argomento religioso del più tradizionale, studi copiati da altri giornali.
Il 17 10 vide il D., tornato a Forlì, impegnato nella fondazione dell'Accademia dell'Onor letterario, alla quale il promotore affiliò principi, cardinali e personaggi illustri, ma che non ebbe leggi e sede, né, tantomeno, tenne mai adunanze; a testimonianza di essa rimane una Sceltissima raccolta delle poesie più celebri de' primi letterati d'Italia (Forlì 1710) unico frutto dell'impegno del D. di distribuire settimanalmente agli associati un foglio contenente sonetti ed altre composizioni. Nello stesso anno uscivano a Trento i Fasti eruditi della biblioteca volante, su cui si sarebbero appuntate le critiche ripetute e sempre più violente del Giornale de' letterati d'Italia.
Il D. venne accusato di aver pubblicato estratti di studi e articoli tratti dal Giornale d'Italia, cambiandone il titolo, l'autore ed il luogo di stampa. Lo Zeno, dalle pagine dei suo giornale, dapprima accompagnò gli smascheramenti con ironiche giustificazioni, in cui attribuiva le falsificazioni ad "errori non di volontà, ma di memoria e di unsi penna troppo lubrica e veloce", per poi definire l'ennesima falsificazione un "dannevole furto". Fra gli studi di cui il D. si era appropriato c'era anche un estratto da Esperienze intorno alla generazione degli insetti del Redi, pubblicato come Curiose isperienze fatte in Palermo da Adamo Filiarchi intorno alla generazione degli insetti, che si pretendeva uscito in Palermo nel 1710. Secondo il Negri, biografo dello Zeno, il D. cercò di vendicarsi tentando, insieme con lo stampatore veneziano Girolamo Albrizzi, di far ristampare il Giornale de' letterati d'Italia nello Stato pontificio, si da nuocere, se non agli autori, almeno agli stampatori del giornale dello Zeno.
L'ultimo tentativo giornalistico dei D. risale al 1712, quando l'abate trasformò, non si sa con quale fortuna, un periodico del fratello in Effemeridi astrologiche.
Non si conosce la data della sua morte, sopravvenuta non prima del 1726.
Fonti e Bibl.: Forlì, Bibl. com., ms. II. 21: L. Baratta. Cronica forlivese, p. 32; Giornale de' letter. d'Italia, Venezia 1710-11, I, pp. 4142; IV, pp. 444-445; V, pp. 194 s.; D. G. Morhosii Polyhystor literarius Philosophicus et Praticus, Lubecae 1714; A. Zeno, Le lettere, Venezia 1785, II, pp. 97, 106, 108, 127 s., 280, 285; F. Negri, La vita di A. Zeno, Venezia 1816, pp. 152 ss.; S. Matteucci, Memorie storiche intorno ai forlivesi benemeriti dell'umanità e degli studi nella loro Patria, Forli 1843, p. 128; B. Morsolin, Il Seicento, Milano 1880, p. 15; L. Piccioni, Il giornalismo letter. in Italia, Torino 1894, pp. 66-73; M. Maylender, Storia delle Accad. d'Italia, Bologna 1929, IV, p. 123; A. Mambelli, G. P. D., giornalista forlivese del '700, in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per l'Emilia e la Romagna, XV (1937), pp. 135-145; G. Ricuperati, Giornali e società nell'Italia dell'"ancien régime" in La stampa italiana dal '500 all'800, a cura di V. Castronovo-N. Tranfaglia, Bari 1980, pp. 111-15.