PERNUMIA, Giovanni Paolo
PERNUMIA, Giovanni Paolo. - Appartenente a una famiglia di 'civile condizione' trasferitasi da Monselice a Padova, Giovanni Paolo Pernumia risulta figlio legittimo di Giacomo, notaio, e nipote di Bartolomeo. Ignota è la data di nascita, che il Vedova colloca «sul terminare del secolo decimo quarto» (sic per decimoquinto, cf. Vedova 1836, p. 82).
Si ammogliò con Elisabetta Frigimelica, figlia del celebre medico Francesco ( figlia naturale, stando alla notizia trasmessa da Giambattista Barpo, della quale v’è però da dubitare, data l’entità della dote, ben 6200 lire ovvero 1000 ducati, che in data 29 ottobre 1550 risulta depositata presso il Sacro Monte di Pietà). Ebbe un figlio maschio, Giacomo junior (che il 6 gennaio 1583 fu ammesso al Sacro collegio degli artisti e nel 1588 figura titolare, fino al 1591, della terza cattedra straordinaria di filosofia), e due figlie femmine.
Nello Studio patavino, ove si addottorò in filosofia e medicina, Giovanni Paolo fu allievo del filosofo Marc’antonio de’ Passeri detto il Genua, del cui commento al De anima di Aristotele (pubblicato postumo nel 1576) egli lasciò una reportatio relativa ai libri I e II, conservata nei codici Vaticani latini 4704-4705. La data di morte va collocata prima del 1564, quando comparve postuma l’opera sua Therapeutice, sive medendi ratio affectus omnes praeter naturam, nuper in lucem editam […], Venetiis, apud S. Galignanum de Karera, 1564.
L’opera è introdotta da quattro pièces liminaires. La prima (ff. 2r-3v) è la dedica del libraio-editore Simone Galignani a Louis Dumoulin de Rochefort, medico del duca di Savoia Emanuele Filiberto e della duchessa Margherita di Valois (nonché nipote del canonico François Du Moulin de Rochefort, ch’era stato precettore del re Francesco I e amico di Erasmo da Rotterdam). Il Galignani motiva questa sua scelta con la vasta preparazione culturale del personaggio, che è a un tempo medico, filosofo, matematico e conoscitore delle lingue, e con la fama di cui gode nei gymnasia italiani, in particolare a Padova, «ubi per multos annos ita studiose vixisti». Segue la Praefatio (ff. 4r-6r) dello stesso Giovanni Paolo Pernumia, che evidentemente prima di morire aveva avuto modo di approntare il libro per la stampa. Nel presentare la sua opera, l’autore pone in evidenza l’utilità e centralità di quella parte della medicina che tratta i principia artis curativae, la quale è in grado da sola di rendere 'perfetto' un medico. Viene poi un breve Avviso al lettore del fratello di Giovanni Paolo, Trifone (legum doctor, aggregato al Sacro collegio giurista in data 11 gennaio 1555), che su richiesta di numerosi amici aveva deciso di procedere alla pubblicazione degli scritti lasciatigli dall’«amatissimo» congiunto (f. 6v). Infine v’è un elogio del Pernumia (ff. 7r-8v), steso dal filosofo e teologo veneziano Antonio Polo. Questo elogio, assai enfatico, non offre dettagli biografici, ma mette bene a fuoco il carattere dell’opera, ovvero il suo pregio: «In his libris non novam practicam, non novam in arte curandi opinionem videbitis, sed totam medicorum, praesertim Galeni, materiam habebitis, non confusam, non informem, non ut Chaos et molem indigestam, sed intelligentia plenam, formatam, miro ordine, atque optima compositione dispositam, maximum fructum afferentem» (f. 6r).
Non trova riscontro la notizia (riportata dal Vedova) secondo cui quest’opera del Pernumia sarebbe stata ristampata a Basilea presso Pietro Perna in quello stesso anno 1564, unita a un’altra opera pure postuma (In nonum librum Rasis Arabis medici ad Almansorem regem, de partium morbis eruditissima commentaria) di Leonardo Giacchini, professore di medicina all’Università di Pisa. L’opera del Pernumia venne invece ristampata a Francoforte nel 1596 col titolo Nova ac singularis omnes totius corporis humani affectus praeter naturam medendi ratio, su iniziativa del medico slesiano Laurentius Scholtz von Rosenau, che nella sua peregrinatio academica era stato nel 1576 a Padova.
Quest’opera del Pernumia è divisa in otto libri: i primi tre trattano de arte curandi in universali, i successivi sono dedicati alle applicazioni della terapeutica, con riferimento alle diverse parti del corpo e alle sue malattie: IV. De curatione causae antecedentis; V. De curatione causae continentis; VI. De curatione morborum; VII. De curatione symptomatum; VIII. De curatione affectuum simul implicitorum. Essa venne poi segnalata da Hermann Conring, che ne diede un giudizio assai positivo nella sua bibliografia medica: «Longe artificiosissime universalem hanc medendi rationem explicavit Joannes Paulus Pernumia Patavinus, adeo ut ipsi Galeno palmam sese eripuerit. Opus certe ejus eximium est ac vere aureum; nisi quod nonnulla adhuc in eo possint desiderari: quae si quis adjiceret, vix illi par hac in re inveniretur» (Introductio in universam artem medicam singulasque eius partes, Helmestadi 1654, cap. VII: De studio Therapeutico, eiusdemque optimis scriptoribus, p. 137).
Negli anni successivi comparve presso il medesimo libraio-editore anche l’opera filosofica del Pernumia, cui il fratello Trifone aveva già fatto cenno nel citato Avviso al lettore: Philosophia naturalis ordine definitivo tradita, quod a nullo hactenus factum est […], Patavii, apud L. Pasquatum ad instantiam S. Galignani, 1570, con dedica dell’editore (datata 1° settembre 1569) al medico e umanista ungherese Johannes Sambucus (Zsambok), storiografo alla corte dell’imperatore Massimiliano II e poi di Rodolfo II. Al pari della precedente, anche quest’opera si caratterizza per la sua sistematicità e completezza, seguendo la successione degli scritti aristotelici di filosofia della natura, come già aveva fatto nel sec. XV Paolo Veneto con la sua Summa naturalium e come avrebbero poi fatto Jacopo Zabarella e Francesco Piccolomini.
L’opera prende avvio, nel Prooemium, dai tre metodi o ordines (compositivo, risolutivo e definitorio) con cui è possibile insegnare «le arti e le scienze», ed è divisa in quattro libri: I. De motu, in quo dissolvitur diffinitio motus in suas causas; II. De generatione elementorum; III. De generatione sublimium, quae metheorologica appellantur, ac de generatione subterraneorum (ovvero sulla mineralogia); IV. De anima, de speciebus, ac facultatibus animae ac de eius operationibus diffinitivo ordine. Quest’ultimo libro è il più ampio: al pari del Genua, il Pernumia segue l’interpretazione averroista, criticando la tesi tomista che concepiva l’intelletto come una facoltà dell’anima; per lui l’intelletto è realmente distinto dall’anima del singolo uomo e svolge soltanto la funzione di 'forma assistente' (come il marinaio nella nave) e non di 'forma informante'. Su tale posizione concordano, secondo il Pernumia, tutti gli antichi commentatori greci, con la sola eccezione di Alessandro di Afrodisia.
Fonti e bibl.: Padova, Biblioteca civica, ms. B.P. 707/IV: G. Barpo, Queste sono casade nove le quali sono al tempo mio che è dell’anno 1585; Padova, Archivio storico dell’Università, ms. 177, ff. 302rv, 304r-306r, 321r; ms. 382, ff. 97r e 100r.
Chr. G. Jöcher, Allgemeines Gelehrten Lexicon, III, Leipzig 1751, III, col. 1397; J. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini […] collecti ab anno MDXVII, quo restitutae scholae sunt, ad MDCCLVI, Padova 1757, p. 291; G. Vedova, Biografia degli scrittori padovani, II, Padova 1836, pp. 82-83; B. Nardi, Studi su Pietro Pomponazzi, Firenze 1965, p. 201; Id., Saggi sull’aristotelismo padovano dal secolo XIV al XVI, Firenze 1958, pp. 388 e 402-403; Ch.H. Lohr, Latin Aristotle Commentaries, II: Renaissance Authors, Firenze 1988, p. 324.