CARPANI, Giovanni Palamede
Nacque a Galliano (Como) il 22 ott. 1775. Della sua vita, "vigorosissima e non contristata da alcun grave dolore" (L'educatore lombardo, I [1857], n. 6), conosciamo le date di conferimento dei principali incarichi. Dopo aver compiuto gli studi a Milano, dove ebbe il Parini come maestro, venne ordinato sacerdote nel 1798. Nel 1806 iniziò l'insegnamento della storia e della geografia nella Real casa de' paggi. Nel 1817 fu nominato vicebibliotecario di Brera e due anni dopo - nell'ambito del programma di riforma della scuola primaria in Lombardia - ispettore capo delle scuole elementari, impegno che assolse con scrupolo e dedizione, circondandosi ed avvalendosi della collaborazione di uomini attenti ai problemi pedagogici del tempo come Francesco Cherubini e Giuseppe Sacchi. Stimolato dal rapporto diretto col mondo della scuola, compilò libri di testo fra cui un catechismo, una storia sacra, una chiara e semplice Introduzione alla geografia ad uso delle scuole elementari maggiori del Regno Lombardo Veneto (I, Milano 1832; II, ibid. 1837), ove sin dalle prime pagine si nota, oltre all'impegno rigorosamente scientifico, la preoccupazione dell'intento divulgativo-religioso. Basti l'esempio della definizione della Terra come "dimora assegnata all'uomo dal suo Creatore, luogo di pellegrinaggio e di prova che forma partedel sistema solare" (p. 1).Sintomatico della concezione pedagogica del tempo è anche il Libretto dei nomi e primo libro di lettura per le scuole elementari (Milano 1844).
Probabilmente solo la seconda parte è opera del C. che propone come esercizio di lettura primaria un racconto edificante, teso a dimostrare la bontà del Creatore. è da notare il metodo di presentare alcune regole di condotta morale citando versi del Petrarca, dell'Ariosto e soprattutto del Metastasio, nella convinzione di educare così "il fanciullo italiano anche al fiore della poesia, che tanto prestigio esercita nell'animo di questo popolo improvvisatore".
Nel 1832 fu nominato canonico della metropolitana, nel 1838 venne insignito dell'Ordine dei cavalieri della Corona ferrea ed in seguito del grado di imperial regio consigliere. Nel 1852, a riconoscimento dell'opera svolta, gli venne conferita, con regia risoluzione, la prebenda dottorale. Negli ultimi anni fu anche socio dell'Accademia fisio-medico-statistica. Morì a Milano il 28 luglio 1857.
Cresciuto alla scuola del Parini, di cui fu allievo prediletto e poi amico, i suoi interessi furono dapprima orientati in campo letterario. Limitata ed occasionale si presenta la sua esigua produzione in versi: la Canzone per l'acclamato volo del sig. capitano Lunardi (Milano 1792), inneggiante ai viaggi sul "globo aereo", non può essere giudicata altro che un'esercitazione poetica sul testo montiano Al signore di Montgolfier (al quale rinviano, oltre all'affinità, dell'argomento, l'intonazione generale e la panoramica visione del popolo affascinato da simili prove); né hanno maggior valore l'ode manoscritta Starai sicura, e libera, di argomento storico, conservata alla Biblioteca Ambrosiana (X.299 inf. 9), e Il giorno natalizio. Melodramma campestre (Milano 1808); breve azione ambientata "in un villaggio della Grecia, ne' bei tempi della modestia" a sfondo ed intonazione arcadica. Altra considerazione merita la pur limitata produzione in prosa, dalla quale possiamo conoscere la molteplicità dei suoi interessi e l'accuratezza delle sue ricerche. Una documentazione meticolosa ed approfondita sta infatti alla base della sua riedizione annotata, per la collana dei "Classici italiani", della Vita di Benvenuto Cellini orefice e scultore fiorentino da luimedesimo scritta e ridotta a buona lezione e illustrata da G. P. Carpani (I-II, Milano 1806; III, ibid. 1811). L'opera, oltre alle ristampe italiane, venne tradotta in lingua inglese da T. Roscoe e pubblicata a Londra nel 1822. Un giudizio elogiativo sul lavoro fu espresso dal curatore della "voce" Carpani nella Biographie des hommes vivants, che ne consigliava vivamente la lettura ai parigini per l'indicazione, in alcune note "veramente curiose", dei luoghi precisi che furono teatro delle avventure dell'orafo fiorentino, frutto di un approfondito studio comparatistico delle carte topografiche di Parigi e di Fontainebleau.
Forti reminiscenze dei giudizi pariniani sui limiti delle opere pittoriche, in quanto suscitatrici di "un'impressione momentanea nel nostro spirito", rispetto alle poetiche, sono riscontrabili nei "pareri" espressi dal C. nella seconda parte del volume della Raccoltadelle migliori dipinture che si conservano nelle private gallerie milanesi (Milano 1813).
Pur cercando di rimanere fedele al piano dell'opera, che prevedeva, a commento delle incisioni, una descrizione "senza sfoggio d'erudizione" dell'argomento del dipinto accompagnata dall'esposizione dei pregi principali e da una breve biografia dell'autore, il C. scivola involontariamente, per mancanza di preparazione specifica, in interpretazioni psicologiche più che tecniche, indulgendo su riferimenti poetici appena l'argomento dei quadro glielo permetta. Così, ad esempio, nella didascalia al Ratto di Proserpina di Alessandro Turchi, riporta integralmente il sonetto di uguale argomento del Cassiani e, mettendo poi a confronto il "quadro pittorico con quello poetico", trova quest'ultimo "più animato e vivente"; altrove giudica assai più suggestiva del dipinto da lui commentato la discesa al limbo nella descrizione del "divino Alighieri", "principe de' poeti-pittori".
Appassionato lettore di Dante, il C. si impegnò in una lunga e dotta Memoria sopra una nuova lezione del verso di Dante "Che diedi al Re Giovanni i ma' conforti" (Milano 1817), nella quale cercava di dimostrare quanto fosse erronea l'interpretazione proposta dal Ginguené nel II volume della Storialetteraria d'Italia (Parigi 1811) che correggeva l'allora lectio communis "Re Giovanni" (quartogenito di Enrico II d'Inghilterra) in "re giovane" (suo figlio primogenito).
Il C. avvalora la sua tesi con diffuse citazioni dall'abate Benedetto di Peterborough, da Guglielmo Little e dalla Storia letteraria deitrovatori del Millot per la figura di Bertrando del Bornio, ma alla fine, onestamente, riconosce che nessun testo consultato chiarisce in modo definitivo la posizione di Bertrando rispetto ai figli di Enrico, per cui anche la sua interpretazione rimane non più che un'ipotesi.
Fonti e Bibl.: Milano, Bibl. Ambrosiana, ms. A 216 sup.:L. Gramatica, Note biografiche su sacerdoti milanesi, f. 56; G. Sacchi, Rivista di opere sull'educazione popolare, in Rivista europea, n. s., III (1845), pp. 189-204; Biographie des hommes vivants, Paris 1816, II, p. 57; I. Cantù, Le vicende della Brianza e de' paesi circonvicini, II, Milano 1852, pp. 302 s.; F. Predari, Biogr. enciclopedica milanese, Milano 1857, ad vocem;C.Cantù, L'abate Parini e la Lombardia nel secolo passato, Milano 1892, p. 359; R. Germano, Di alcuni scolari di Giuseppe Parini, Lucca 1919, pp. 58-61; Pedagogisti ed educatori, a cura di E. Codignola, Milano 1939, p. 125; C. vonWurzbach, Biographisches Lexikon des Kaiserthums Oesterreich, II, pp. 290 s.