GUICCIARDI, Giovanni Orazio
Proveniente da una nobile famiglia reggiana forse di origini valtellinesi, il G. nacque a Reggio nell'Emilia nel 1665 da Orazio e da Laura Bisi. Fu battezzato il 10 giugno dello stesso anno, ed ebbe come padrino il ricco e potente marchese Nicola Zoboli - segno del prestigio di cui allora la famiglia godeva in città.
Il battesimo precedette di un mese l'omicidio del padre, audace imprenditore e mercante di sete e altri tessuti preziosi, con un vasto raggio d'affari tra Parigi, Lione e le Fiandre. Orazio era un prezioso collaboratore dei duchi di Modena e Reggio, che gli avevano affidato diverse missioni diplomatiche, e godeva della fiducia della duchessa Laura Martinozzi, vedova di Alfonso IV d'Este e reggente del Ducato, che lo nominò consigliere di Stato e gentiluomo di camera. Tanti privilegi gli procurarono il rancore di alcuni concittadini, uno dei quali (forse il conte Giovanni Maria Crispi) commissionò l'omicidio. Dopo l'assassinio, avvenuto il 15 luglio 1665, il G. fu educato da precettori privati sotto l'attenta guida materna. All'età di dodici anni raggiunse il fratello Fabrizio (di tre anni più vecchio) a Roma, nel collegio dei Somaschi. Qui i due fratelli intrecciarono numerose amicizie con i rampolli di illustri famiglie patrizie. Al termine degli studi umanistici, e dopo un breve soggiorno a Reggio, i fratelli Guicciardi furono mandati dalla madre in Francia, all'Accademia di Blois, per essere istruiti nelle arti cavalleresche. L'educazione dei due giovani fu completata da un lungo viaggio attraverso l'Europa, durante il quale ebbero modo di fare l'ingresso nelle corti italiane, in Francia, Olanda, Inghilterra, Germania, Austria e Polonia.
Dopo aver trascorso alcuni mesi a contatto con gli ambienti intellettuali parigini il G. tornò a Reggio, dove il 18 ott. 1688 sposò Isabella dei conti Cassoli, da cui ebbe tredici figli, sei dei quali raggiunsero l'età adulta. Il matrimonio, che lo legava a una delle più importanti e antiche famiglie reggiane, offrì al G. l'opportunità di entrare nella cerchia più esclusiva dell'aristocrazia cittadina. Di profondi interessi culturali, amico di Ludovico Antonio Muratori, appassionato d'arte e patrono di noti pittori e architetti, il G. fu assiduo frequentatore delle principali accademie scientifiche e letterarie emiliane: partecipò alle riunioni di casa Manfredi e di casa Marsili a Bologna e ai salotti letterari del marchese Gian Giuseppe Felice Orsi a Modena.
Nel 1694 ricevette dal duca Rinaldo d'Este un primo e delicato incarico diplomatico riguardante il matrimonio del duca stesso, che alla morte del suo predecessore, Francesco II, aveva lasciato l'abito cardinalizio e desiderava unirsi in matrimonio con una principessa austriaca. Rinaldo sperava così di ottenere la protezione della corte asburgica in modo da poter prendere le distanze dall'ormai pesante tutela di Luigi XIV; secondo il duca le nozze avrebbero potuto facilitare il recupero dell'antico dominio dinastico della famiglia, devoluto alla S. Sede alla fine del Cinquecento. La dama prescelta da Rinaldo era la vedova di Odoardo Farnese, Sofia Dorotea di Neuburg, che si affrettò però a impalmare il cognato Francesco, rendendo vani gli sforzi diplomatici del Guicciardi.
Nel 1697, insieme con il fratello Fabrizio, il G. acquistò dal duca di Modena il piccolo feudo di Cervarolo con titolo comitale, grazie al quale i due fratelli miravano ad accedere a corte, oltre che a usufruire di qualche esenzione dai carichi fiscali che li opprimevano, particolarmente gravosi per coloro che non appartenevano all'aristocrazia. In questo periodo il G. divenne erede universale della ricca e pia zia paterna, Giacoma Guicciardi, e trascorse quegli anni prevalentemente a Reggio curando il patrimonio e i crediti che la famiglia vantava presso varie banche e la Comunità cittadina; fu inoltre giudice delle Strade e dei Canali del contado reggiano.
Nel 1702, di fronte all'invasione delle truppe francesi, Rinaldo d'Este abbandonò il Ducato e il G. ne approfittò per intraprendere lucrosi commerci con le truppe transalpine. Nel 1706, dopo la riconquista austriaca di Reggio, il duca poté tornare in possesso dei suoi territori, senza mai ricevere alcun risarcimento dei danni, né alcun premio per la sua fedeltà all'Impero.
Nel frattempo la perdita della moglie, nel 1706, aveva spinto il G. ad accettare alcune missioni diplomatiche in rappresentanza della città. Nel 1708, dopo essere stato nominato gentiluomo della Camera segreta, accettò un delicato incarico presso la corte di Vittorio Amedeo II di Savoia, che aveva sconfitto a Torino l'esercito francese e godeva di un'altissima considerazione presso le corti europee.
Il duca di Modena desiderava guadagnarsi l'appoggio sabaudo per ottenere la restituzione dei territori compresi nella Legazione di Ferrara, allora sotto occupazione austriaca, in virtù della fedeltà dimostrata all'imperatore. Inoltre, Rinaldo sperava di poter contare sul consenso di Vittorio Amedeo per la sua designazione a governatore della Lombardia austriaca.
Nel corso di questa ambasceria il G. stese una relazione dettagliata sul proprio operato alla corte sabauda e sullo stile di vita che vi si praticava, tratteggiando l'immagine di un ambiente semplice, scevro da formalismi, e indicando le matrici francesi della politica assolutistica di Vittorio Amedeo (v. ed. Campori). Durante il suo soggiorno a Torino, inoltre, il G. intrecciò con alcuni notabili e cortigiani rapporti di amicizia destinati a consolidarsi e a legare la sua famiglia alla dinastia sabauda.
Nel febbraio 1709 rientrò a Reggio e di lì si recò a Modena per informare il duca sugli esiti della missione: il duca di Savoia approvava la restituzione dei territori ferraresi a Rinaldo, ma non la nomina a governatore di Milano.
In aprile, accompagnato dal figlio Giovanni, il G. raggiunse a Barcellona il fratello Fabrizio, con l'incarico di ottenere l'investitura del duca a governatore di Milano da parte di Carlo d'Asburgo, III come re di Spagna, duca di Milano, fratello dell'imperatore Giuseppe I, che aveva espresso il desiderio di concedere la carica a Rinaldo. L'imperatore morì nell'aprile del 1711 e gli successe il fratello che prese il nome di Carlo VI; il G. ottenne di poterlo seguire quando questi - affidato il governo della Catalogna alla moglie, Elisabetta Cristina - partì alla volta della Germania. Si recò ad Augusta e a Francoforte, dove ebbe luogo la cerimonia di incoronazione, poi in Ungheria e Boemia, per le rispettive incoronazioni. Il G., che aveva seguito l'imperatore durante tutto il suo viaggio, giunse a Vienna alla fine del 1712. Nella primavera del 1715 sposò una ricca vedova di Amburgo, di umili natali ma assai ben inserita nella cerchia aristocratica che contava a corte.
Fra il 1713 e il 1722 il G. svolse a Vienna diversi incarichi diplomatici, spesso in competizione con due ambasciatori inviati dal duca d'Este, Carlo Antonio Giannini e Agostino Soragni.
Durante il lungo soggiorno austriaco, costante fu la corrispondenza con l'amico Muratori, di cui il G. si impegnò a diffondere le opere letterarie in Europa. Nei rapporti con il duca, gli ultimi anni del G. a Vienna furono segnati da diffidenze e incomprensioni, che non di rado indussero Rinaldo a rifiutarsi di risarcirgli le spese sostenute per mantenere dignitosamente la sede diplomatica.
In quegli anni il G. rimase nuovamente vedovo; durante una missione diplomatica presso il re di Polonia, Augusto II, aveva conosciuto una delle più ricche e illustri dame dell'Impero, la contessa Sofia Luigia Haugwitz, vedova del conte Ottone Enrico von Zinzendorf, potente ministro di Carlo VI; la sposò a Dresda nel settembre 1719.
Nel frattempo si erano aggravati i dissapori fra Rinaldo d'Este e il G., che non condivideva la grande stima del duca per il suo nuovo protetto, il marchese Benedetto Selvatico. Rinaldo richiamò il G. in patria nel 1722 per evitare che questi, a Vienna, ostacolasse l'ascesa dei figli del Selvatico presso la corte imperiale; il G., temendo si ordisse una vendetta alle sue spalle, rifiutò di tornare. Il duca non tollerò la ribellione: il G. fu espunto dall'albo della nobiltà ed espropriato del suo feudo di Cervarolo. Continuò però a godere della stima dell'imperatore, che in segno di solidarietà lo nominò gentiluomo della Camera imperiale e cavaliere della Chiave d'Oro. Durante gli ultimi anni del soggiorno viennese il G., attraverso le altolocate amicizie della moglie, ebbe modo di favorire l'ascesa di due figli, Francesco e Filippo, che l'avevano raggiunto a Vienna.
Nel luglio 1726 si trasferì con la moglie a Genova, in qualità di ambasciatore imperiale presso la Repubblica e con l'incarico di tenere l'imperatore informato sulle novità di Spagna, Savoia e Corsica, paesi da cui riceveva costantemente notizie attraverso una capillare rete di informatori; doveva inoltre trattare con le banche genovesi al fine di ottenere prestiti per le sempre esauste casse imperiali.
Durante il suo lungo soggiorno genovese il G. evitò di rientrare a Reggio per non incorrere nelle ire ducali (vi aveva fatto una sosta solo nel 1724): il ritorno nella città natale gli era stato infatti espressamente precluso, nonostante tre dei suoi figli vi risiedessero ancora. Insieme con la moglie, nel 1736 visitò molte città tedesche fra cui Dresda, città di origine di Sophia.
Alla morte del duca Rinaldo, nel 1737, il suo successore Francesco III d'Este reintegrò i Guicciardi nel loro possesso del feudo di Cervarolo. Nel 1739, dopo una lunga malattia, moriva anche la terza moglie del G., lasciandolo erede universale di un immenso patrimonio.
Alla fine del regno di Carlo VI il G. si adoperò per permettere alla Repubblica genovese di conservare il territorio di Finale, acquistato nel 1713 dall'imperatore, e di cui si cominciava allora a ventilare l'ipotesi di annullare il contratto di vendita. Consigliò inoltre i Genovesi a non acquistare Massa e Carrara da Alderano Cibo Malaspina, e sollecitò invece il figlio Giovanni, anch'egli uomo di fiducia del duca d'Este, a spendersi per concludere il matrimonio fra Maria Teresa Cibo ed Ercole Rinaldo d'Este, in modo da consentire alla dinastia estense di entrare in possesso del Ducato di Massa e Carrara.
Dopo la morte di Carlo VI, il 20 sett. 1740, il G. fu rimosso dall'incarico di ambasciatore imperiale a Genova (aprile 1741). In settembre rientrò a Reggio, ma sopravvisse pochi mesi all'inattività: fu stroncato da un infarto cardiaco il 20 febbr. 1742. La salma fu tumulata nella tomba di famiglia, nella chiesa reggiana di S. Bartolomeo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Archivio Guicciardi, Carteggi di principi e signori, filza 1313; Modena, Biblioteca Estense e universitaria, Archivio Muratoriano, Sez. VII, Corrispondenza del Muratori, f. 54 (lettere di Fabrizio Guicciardi); 55 (lettere del G.); 56 (lettere di Orazio Guicciardi); La corte di Torino nel 1708. Relazione del conte Orazio Guicciardi, inviato straordinario di Rinaldo duca di Modena a Vittorio Amedeo II duca di Savoia, a cura di G. Campori, in Atti e memorie delle R. Deputazioni di storia patria per le provincie dell'Emilia, n.s., I (1877), pp. 99-124; D. Silvagni, Un capitano di ventura in Roma nel 1700, in Nuova Antologia, 16 apr. 1889, pp. 638-660; 16 maggio 1889, pp. 329-355; 1° giugno 1889, pp. 530-558; O. Rombaldi, Gli Estensi al governo di Reggio. Dal 1523 al 1859, Reggio Emilia 1959; A. Balletti, Storia di Reggio nell'Emilia, Roma 1968, pp. 466, 472, 513, 659, 705; A. Barbieri, Modenesi da ricordare, Modena 1973, pp. 13 s., 64 s., 68, 72; M.V. Mazza Monti, Le duchesse di Modena, Reggio Emilia 1977, pp. 91-108; C. Barigazzi, I Guicciardi. La dinastia di Giulietta, l'amata da Beethoven, Reggio Emilia 1986, ad ind.; L. Simeoni, L'assorbimento austriaco del Ducato estense e la politica dei duchi Rinaldo e Francesco III, a cura di O. Rombaldi, Modena 1986, pp. 9-18; O. Rombaldi, Aspetti e problemi di un secolo di governo estense a Modena e a Reggio Emilia. Da Alfonso IV a Rinaldo I, 1658-1737, Modena 1995, pp. 105-128.