NICCOLINI, Giovanni
NICCOLINI, Giovanni. – Nacque a Firenze il 6 marzo 1544 da Agnolo di Matteo e da Alessandra di VincenzoUgolini.
Dopo la morte prematura del fratello primogenito Matteo (1534-1551), avviato alla carriera ecclesiastica, rimase l’unico erede maschio della casata. La posizione del padre – diplomatico di fiducia del duca Cosimo, governatore di Siena (1557-67) e, dopo la vedovanza, arcivescovo di Pisa (1564) e poi cardinale (1565) – e il favore mediceo si manifestarono fin dalla più tenera età con l’assegnazione di una pensione (1552) sull’ospedale di S. Iacopo di Altopascio. Non sappiamo molto della sua formazione ma certamente coltivò ampi interessi soprattutto in campo artistico e letterario. Fu di sicuro al fianco del padre negli ultimi anni del governo di Siena.
Nel 1570 sposò Caterina di Filippo Salviati, da cui ebbe numerosi figli. Arrivarono all’età adulta Alessandra (1572), Maria (1574), Lucrezia (1577), Francesco (1584-1650) e Filippo (1586-1666).
La carriera pubblica iniziò nel 1570 quando fu ammesso fra i gentiluomini di corte al seguito del duca Cosimo nel viaggio a Roma per ricevere dal pontefice la corona granducale. Nel 1574 fu inviato a Mantova per comunicare la notizia della morte di Cosimo alla corte dei Gonzaga. Nel 1584 fu nominato plenipotenziario del granduca Francesco I per accompagnare a Mantova la figlia Eleonora, destinata sposa al duca Vincenzo Gonzaga.
Intanto, dopo la morte del padre, nel 1567, e dell’amministratore Taddeo Zati, si era dedicato alla gestione dell’eredità paterna.
Al di là dell’investimento non del tutto soddisfacente di capitali in imprese commerciali condotte dal cugino Raffaello (si autodefinì «animo alieno dal intrigarmi in mercatura»; Firenze, Archivio Niccolini, Ricordanze, 37, cc. 36r-41r), fu soprattutto nel settore immobiliare che si dimostrò un abile e attento amministratore. Acquisì importanti proprietà in Casentino; acquistò dai Ciaini di Montauto i poderi e il castello nella zona di Grassina vicino Firenze (1572); altri acquisti furono poi effettuati a Gonfienti nel Pratese, case e botteghe nella capitale. Da segnalare soprattutto l’acquisto (1576) dagli stessi Ciaini del palazzo con giardino di via dei Servi, che sarebbe divenuto la sontuosa residenza cittadina dei Niccolini. Alla sua morte il patrimonio era cresciuto arrivando al valore di circa 85.000 scudi.
Si dedicò inoltre a promuovere ed esaltare la memoria familiare. Volle una cappella gentilizia in S. Croce dedicata alla Madonna Assunta, dove accogliere i sepolcri del padre Agnolo e dell’avo Giovanni, arcivescovo di Amalfi e Verdun, patriarca di Atene (m. 1504). Il proposito maturò fra gli anni Settanta e Ottanta con grande dispiego di capitali e il coinvolgimento di artisti di primo piano. L’architetto Giovanni Antonio Dosio fu il responsabile del disegno, mentre per la decorazione furono impiegati il fiammingo Pietro Francavilla, che realizzò cinque sculture, e il pittore Alessandro Allori, che portò a compimento due grandi tavole dedicate alla Vergine. I lavori, iniziati nel 1582, terminarono nel 1588 con la cappella ancora incompiuta per quanto riguardava la decorazione e gli affreschi. L’impresa fu poi terminata dal figlio Filippo alla metà del secolo successivo.
Anche sul piano letterario volle esaltare il ricordo e la gloria del casato scrivendo una storia della famiglia rimasta tuttavia manoscritta (ibid., Biografie, 1, n. 9).
Intorno alla metà degli anni Ottanta la carriera di Niccolini ebbe una svolta. Dopo essere stato ammesso fra i senatori fiorentini il 20 marzo 1587, il 25 ottobre fu inviato a Roma per comunicare al pontefice Sisto V la notizia della morte di Francesco I, cui successe il fratello Ferdinando, rinunciando alla porpora cardinalizia. La missione si trasformò in ambasceria permanente e Niccolini ricoprì la carica di ministro residente presso la S. Sede fino al 1610.
Si trattava di una carica di elevata responsabilità e di grande delicatezza, che richiedeva l’assoluta fiducia del principe. Niccolini, subito apprezzato per le sue qualità dal pontefice Sisto V, si impegnò nel disbrigo delle molteplici incombenze che spettavano al ministro residente, il quale doveva assicurare una presenza costante e un’attività instancabile nell’ambiente politico romano, come documentano ampiamente i suoi voluminosi carteggi con il granduca che teneva informato costantemente (spesso giorno per giorno) sugli andamenti e sugli umori della politica romana (i principali volumi di carteggi sono in Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 1319, 1343, 3297-3325, 3486, 3490, 3491, 3498, 3540-3556; da integrare con le filze nel suo archivio personale, cfr. Firenze, Archivio Niccolini, Fondo antico, Lettere, 224-231).
Il bilancio della sua ambasceria fu estremamente positivo; «riuscì mirabilmente nell’intento d’influire nei conclavi, perché in quel tempo tre toscani furono eletti pontefici» (Passerini, 1870, pp. 59-60); si distinse nell’assicurare una stretta collaborazione fra Roma e Firenze per fronteggiare e reprimere il grave fenomeno del banditismo che sconvolgeva l’Italia centrale, in particolare l’affaire Alfonso Piccolomini (Polverini Fosi, 1985); infine, per quanto riguarda la politica internazionale, esercitò un ruolo non trascurabile nel favorire la riconciliazione fra papa Clemente VIII e il re di Francia Enrico IV di Navarra passato al cattolicesimo, il cui successivo matrimonio con Maria de’ Medici, figlia di Francesco I, segnò uno dei punti più alti del successo internazionale della diplomazia medicea (17 dicembre 1600). Ma non mancarono momenti meno favorevoli, come per esempio il tentativo nel 1596, su espressa richiesta del granduca, di riesaminare, espurgare e riammettere le opere di Machiavelli colpite dall’Indice dei Libri Proibiti, tentativo bloccato dal cardinale Giulio Antonio Santori, ma sul quale lo stesso Niccolini aveva espresso forti dubbi: «che essendo dannato insieme con l’opere il nome et la memoria di detto autore quest’è una cosa che non si concederà mai» (Procacci, 1995, pp. 109, 112).
Il lungo ministero diplomatico ispirò la compilazione di alcune opere interessanti, rimaste tuttavia inedite. In primo luogo un voluminoso Diario nel quale l’ambasciatore condensò le vicende da lui osservate in prima persona tra il 1° gennaio 1588 e il 30 aprile 1593 (Firenze, Archivio Niccolini, Serie antica, 35, di cui è in preparazione l’edizione critica a cura di A. Zagli). Si tratta di uno scritto di carattere politico, composto probabilmente in presa diretta mettendo a frutto le conoscenze derivanti dalla sua intensa attività diplomatica come documentano le lettere scritte al granduca. Costituisce una fonte di notevole interesse perché offre un vivido spaccato della politica internazionale del papato, in un periodo estremamente complesso e attraverso l’occhio di un osservatore competente, attento e coinvolto nelle vicende descritte (l’andamento dei conclavi, il cerimoniale della corte papale, la pesante influenza spagnola, gli equilibri della politica italiana, i conflitti religiosi in Francia e nelle Fiandre, la grave carestia dei primi anni Novanta, il problema del banditismo e dell’amministrazione dello Stato ecclesiastico). Stese, inoltre, una storia delle guerre di religione in Francia intitolata Catholicon (Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Capponi, cod. LXXVII, 270 cc.).
Gli anni della residenza a Roma furono importanti anche per l’ascesa sociale della famiglia. Niccolini trovò adeguati partiti per le figlie: Alessandra sposò nel 1589 Ascanio Iacobilli, di una nobile famiglia originaria di Foligno, mentre Lucrezia si unì a Adriano Ceuli, di una cospicua famiglia romana. In secondo luogo cercò di assicurare una posizione prestigiosa nella curia romana per il primogenito Francesco; l’altro figlio Filippo, invece, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto seguire gli interessi del patrimonio in patria, ma il rapporto tutt’altro che idilliaco che ebbe con lui lo obbligò più volte a tentativi di appianare le divergenze, tanto da indurlo infine, nel 1610, a rientrare a Firenze.
Durante gli anni romani si segnalò, inoltre, per il suo instancabile collezionismo e mecenatismo in campo artistico. Fu una personalità di riferimento per artisti e mercanti d’arte e realizzò una pregevole collezione di monete, statue, busti e marmi preziosi. Notevole anche la sua presenza nell’editoria romana: grazie alle conoscenze che poteva vantare nelle alte sfere della corte papale partecipò alla ristampa del Pontificale romano (ottenendo una privativa di vendita trentennale) investendo capitali in una compagnia (Raimondo, Valentino, Parasole) che fu attiva fra il 1595 e il 1602 per poi sciogliersi e cedere a Niccolini stesso tutte le ragioni.
Rientrato a Firenze nel maggio 1610, vi si spense il 7 luglio 1611 e fu sepolto pochi giorni dopo nella sontuosa cappella di famiglia in S. Croce.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio Niccolini, Fondo antico, Spogli cartapecore, XII, nn. 499-501; XV, n. 611; XVII, n. 707; XVIII, n. 748; Miscellanea, 19, nn. 33-34, 49-50, 67, 76, 81; 20, n. 12; Matrimoni, 3, n. 27; Testamenti, 10, n. 102; 11, n. 61; Ricordanze, 37, cc. 1r-44v; Istruzioni, 36; Lettere, 224-231; Diari di G. N., 35; Fondo antico, Biografie, 1, nn. 9, 10: F.L. Del Migliore, Istoria della Famiglia de’ Niccolini già Sirigatti (fine sec. XVIII); Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 1319, 1343, 3297-3325, 3486, 3490, 3491, 3498, 3540-3556; Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Capponi, cod. LXXVII, 270 cc.; E. Gamurrini, Genealogia della famiglia N., in Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane et umbre, I, Firenze 1668, pp. 508-523; L. Passerini, Sommario storico delle famiglie celebri toscane, II, Firenze 1862, pp. 3 s.; Id., Genealogia e storia della famiglia N., Firenze 1870, pp. 58-60; J.A.F. Orbaan, How Pope Sixtus V lost a road: illustrated, in Town Planning Review, XIII (1928), 2, pp.121-12; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medioevo, IX-XII, Roma 1942-43, ad indices; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del Principato (1537-1737), Roma 1953, ad ind.; I. Polverini Fosi, La società violenta: il banditismo dello Stato pontificio nella seconda metà del Cinquecento, Roma 1985, ad ind.; R. Spinelli, Il Pantheon privato tra tardo Rinascimento e Barocco. La cappella N., in Il Pantheon di S. Croce a Firenze, Firenze 1993, pp. 83-143; G. Procacci, Machiavelli nella cultura europea dell’età moderna, Roma-Bari 1995, pp. 109, 112; La Corte di Roma tra Cinque e Seicento: “teatro” della politica europea, a cura di G Signorotto - M.A. Visceglia, Roma 1998; A. Moroni, L’Archivio privato della famiglia N. di Camugliano, in Archivio storico italiano, CLVIII (2000), pp. 307-348; R. Spinelli, Documenti artistici dall’archivio N. di Camugliano. I. Marmi antichi e «moderne pitture» di Giovanni di Agnolo (1544-1611), in Paragone, s. 3, LVI (2005), 61, pp. 80-103; Id., Precisazioni su alcune opere della collezione di G. N., ibid., LX (2009), 86, pp. 76-83.