NUYTZ, Giovanni Nepomuceno
NUYTZ (Nuyts), Giovanni Nepomuceno. – Nacque a Torino l’8 maggio 1800 dall’avvocato Onorato Maria, luogotenente del Genio, e da Scolastica Gastinelli.
Il fatto che avesse come nome di battesimo quello del compatrono di Praga – il cui culto dopo la canonizzazione si era diffuso in Piemonte per la pietà della regina Polissena d’Assia, moglie di Carlo Emanuele III – indusse molti nell’errore di considerarlo boemo. In realtà la famiglia era originaria delle Fiandre: Pietro, il capostipite, dal Brabante si era trasferito a Torino nel 1684 come aiutante di guardaroba della principessa Anna d’Orléans, sposa del duca di Savoia Vittorio Amedeo II. Un secolo dopo, Vittorio Amedeo Nuytz fu nella stessa posizione al servizio del principe di Piemonte, il futuro re Vittorio Amedeo III; altri discendenti, in crescente ascesa sociale, si dedicarono all’avvocatura, come Giuseppe Antonio Nuytz (1785-1837), autorevole senatore e poi primo presidente del Senato di Piemonte, la cui moglie, Teresa Boccardi, era pittrice di pregio e di colta e ricca famiglia. Buone alleanze matrimoniali e una solida posizione, umile ma strategica, nella corte torinese assicurarono col tempo una certa agiatezza alla famiglia.
L’ambiente nel quale Nuytz crebbe era quello caratteristico del ceto forense subalpino, di tradizione lealista e ossequiosa della religione cattolica, congiunta però all’anticurialismo di maniera sabauda che era stato mutuato da suggestioni variegate provenienti dal gallicanesimo, dal giansenismo politico e dalle correnti più progredite del giurisdizionalismo europeo. Trascorse tutta la sua esistenza a Torino, senza crearsi una famiglia, appassionandosi all’agricoltura e all’enologia nelle residenze collinari dei suoi avi. Immerso nello studio e nel lavoro, svolse qualche attività politico-amministrativa soltanto da consigliere comunale della città: con tale ruolo nel 1856 propugnò l’allontanamento dei Fratelli delle scuole cristiane dalle scuole comunali, pur elogiandone l’esemplarità di vita e di costumi.
Studiò leggi nell’Ateneo torinese e seguì le lezioni di diritto canonico di Giovanni Bartolomeo Marenco. Laureatosi nel 1824, l’anno seguente fu ammesso al collegio dei dottori della facoltà legale, presentando delle tesi che denotavano in lui già una forte impostazione giurisdizionalista, influenzato soprattutto dalle teorie di Giovanni Battista Agostino Bono (Ut in amplissimum iurisconsultorum collegium cooptetur in r. taurinensi Athenaeo anno 1825 die 24 novembris, Theses ex commentariis excerptae, Ex iure ecclesiastico, De potestate Ecclesiae, Torino 1825, pp. 86-90). La carriera accademica, avviatasi sotto la protezione dello zio, il senatore Giuseppe Antonio, proseguì senza ostacoli, segnata dalle tappe usuali dello Studio torinese: nel 1830 fu ripetitore nella facoltà giuridica e nel collegio del Carmine; dal 1836 fu nominato professore straordinario di leggi; infine dal 1844 divenne professore effettivo di diritto canonico e mantenne la cattedra fino al 1852.
Il conflitto con la S. Sede innescato dalla politica giurisdizionalista del Regno di Sardegna, intensificatasi dopo l’adozione dello Statuto albertino, s’era sviluppato in modo crescente dopo la chiusura della nunziatura torinese, la denuncia del concordato e l’approvazione delle leggi Siccardi. Dal contesto politico emergeva sempre più netta la volontà del governo di disciplinare unilateralmente la materia ecclesiastica.
Nella crisi delle relazioni tra Torino e Roma, complicata dai fermenti risorgimentali, l’insegnamento di Nuytz venne individuato da Roma come il sostanziale puntello giuridico e culturale dell’azione governativa subalpina antiecclesiastica. Con l’obiettivo di colpire un capro espiatorio esemplare, il 22 agosto 1851 papa Pio IX emanò la lettera apostolica Ad apostolicae sedis fastigium in cui condannò come eterodossa l’opera di Nuytz – condanna poi ripresa dal Sillabo e, in parte, ancora dall’enciclica Arcanum del 1880 di Leone XIII – comminando al docente la scomunica. Le censure pontificie indirettamente equivalsero a un giudizio politico ed etico sul governo di Torino, da cui il docente ottenne immediato sostegno, e favorirono dichiarazioni di solidarietà da parte dei colleghi e degli studenti dell’ateneo, culminate in manifestazioni di piazza. Nuytz si difese diffondendo il libro Il professore Nuyts ai suoi concittadini (Torino 1851) – che fu stampato l’anno stesso anche in lingua francese – dove ricapitolò in lingua volgare, anziché nel latino accademico, l’intero complesso delle proprie dottrine.
Il testo fu elogiato da Vincenzo Gioberti, mentre fu oggetto di confutazione integrale da parte dell’intransigente don Giacomo Margotti. Nuytz, attingendo al tradizionale arsenale ideologico giurisdizionalista, respinse tutte le censure pontificie, compresa la validità della scomunica, personale e nominale, anche perché non munita dell’exequatur della magistratura piemontese; tuttavia adottò subito l’astuto espediente di mutare la grafia del cognome in Nuyts.
A causa del clamore suscitato dalla condanna romana e per scongiurare l’ulteriore deterioramento dei rapporti con la S. Sede, nel marzo 1852 venne trasferito alla cattedra di diritto romano. Nel 1854 il ministro della Pubblica Istruzione Luigi Cibrario definì il giurista «astro dei professori anziani della facoltà di legge» (Lupano, 1943, p. 514), designandolo rettore dell’Università di Torino, titolo mantenuto dal dicembre 1854 all’agosto 1857. Vistosi problemi di salute indussero nel 1858 la facoltà giuridica a chiederne la giubilazione e il ritiro dall’insegnamento; da quell’anno fino alla morte, Nuytz rivestì la carica di direttore generale della Reale Società d’assicurazione mutua, di cui in precedenza era stato vicepresidente del Consiglio d’amministrazione.
Morì a Torino il 30 luglio 1874, dimenticato da tutti, ricevendo gli ultimi sacramenti da don Domenico Cumino, futuro vescovo di Biella.
La sua produzione scientifica, finalizzata sempre alla didattica, è costituita dalle Iuris ecclesiastici institutiones, Torino 1844; dai trattati In ius ecclesiasticum universum tractationes, ibid. 1844-48 e De obligationibus, ibid. 1853, quest’ultimo predisposto per il corso di diritto romano (non per le lezioni canonistiche, come scrivono sia Von Schulte, 1880, p. 548, sia Van Hove, 1945, p. 581).
Nuytz riassunse le dottrine dei suoi predecessori alle cattedre torinesi di diritto canonico (Francesco Antonio Chionio, Carlo Sebastiano Berardi, Innocenzo Maurizio Baudisson e Bono), adattandole ai suoi tempi e preparando un efficace sostegno storico-giuridico alla politica ecclesiastica del Regno di Sardegna. Nelle sue opere utilizzava idee antiche giurisdizionaliste che però rivitalizzava nel nuovo contesto politico: rimpiangeva l’assetto della Chiesa primitiva, ammetteva la natura esclusivamente spirituale della Chiesa, riconoscendola priva di qualunque potere nella materia temporale e sottoposta allo Stato per molti aspetti; negava l’infallibilità del sommo pontefice per assegnarla al concilio ecumenico; esaltava il ‘concilio nazionale’ in una sorta di trasposizione ecclesiale di quel principio di nazionalità che stava alla base degli ideali unitari risorgimentali e che, col valore di concetto politico-giuridico, veniva propugnato da Pasquale Stanislao Mancini proprio nell’Ateneo torinese; sulla scia del pensiero giansenista di Pietro Tamburini e delle dottrine febroniane riconosceva la possibilità di traslare la sede pontificia da Roma in altra località, facendo arbitri della scelta sia il concilio ecumenico sia la «volontà di tutti i popoli della cristianità» (Il professore Nuyts ai suoi concittadini, 1851, p. 73) e favorendo così apertamente la posizione del governo subalpino nella Questione romana; inoltre professava la dottrina dualistica del matrimonio e distingueva il sacramento dal contratto civile, quest’ultimo attribuito alla giurisdizione esclusiva dello Stato: elementi quanto mai opportuni alla politica del Parlamento sardo che nel 1852 discusse dell’introduzione del matrimonio civile, accantonando alla fine il progetto di legge in seguito all’opposizione del re; infine, ed è questo merito singolare riconosciutogli dalla canonistica, configurava il beneficio ecclesiastico come vera persona giuridica.
Sebbene Schulte e Hurter, insieme a Margotti, giudichino severamente Nuytz, le sue opere sono fondamentali alla comprensione della cultura giuridica subalpina del XIX secolo, poiché sono il punto d’arrivo più maturo e più avanzato del giurisdizionalismo torinese di cui Nuytz rappresenta l’epigono. Il vivo interesse dimostrato per il diritto patrio, per i concordati, per la giurisprudenza delle supreme magistrature subalpine costituisce un punto di riferimento importante sia per la storia giuridica sia per la fondazione del futuro diritto ecclesiastico dell’Italia unita.
Fonti e Bibl.: L. Cibrario, Notizie biografiche di Giuseppe Antonio Nuitz, in Gazzetta Piemontese, 23 maggio 1837, n. 166; G. Margotti, Processo di N. N., Torino 1852; G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, Venezia 1840-61, LIII, p. 232, LXXVII, p. 236, LXXXIII, p. 316; In morte del commendatore avvocato N. Nuyts direttore generale della Reale Società d’assicurazione mutua contro gl’incendi. Elegia popolare di frate Anacleto, Torino 1874; J.F. Von Schulte, Die Geschichte der Quellen und Literatur des Canonischen Rechts…, III, Stuttgart 1880, pp. 547 s.; C. Dionisotti, Storia della magistratura piemontese, II, Torino 1881, pp. 294 s.; T. Chiuso, La Chiesa in Piemonte, IV, Torino 1892, pp. 86-90; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae…, VI, Innsbruck 1911, col. 1778; La Società reale Mutua di assicurazioni ed i suoi cent’anni di vita 1828-1928, Torino 1929, p. 93, con un ritratto togato del canonista; E. Ruffini Avondo, Il canone 1409 del C.J.C., in Il diritto ecclesiastico, XXI (1930), pp. 544 s.; A. Van Hove, Prolegomena ad C.J.C., Malines-Roma 1945, p. 581; L. Lupano, Il quarto d’ora di celebrità di G.N. N., in Salesianum, X (1943), 3, pp. 503-515; G. Ferroglio, Il processo di N. N., in Il diritto ecclesiastico, LIX (1948), pp. 149-171; G. Spadolini, L’opposizione cattolica da Porta Pia al ’98, Firenze 1954, p. 23; A. Bertola, N.,Jean-Népomucene, in Dictionnaire de Droit canonique, VI, Paris 1957, coll. 1041-1043, poi riedito quasi completamente in Id., N. (G. N.), in Novissimo Digesto italiano, XI, Torino 1965, pp. 530 s.; P. Stella, Giurisdizionalismo e giansenismo all’Università di Torino nel secolo XVIII, Torino 1958, p. 41; F. Traniello, Cattolicesimo conciliatorista religione e cultura nella tradizione rosminiana lombardo-piemontese (1825-1870), Milano 1970, pp. 168 s.; E. Gribaudi Rossi, Ville e vigne della collina torinese, Torino 1975, I, pp. 283 s.; II, pp. 443 s.; E. Genta, Senato e senatori di Piemonte nel secolo XVIII, Torino 1983, pp. 105, 121, 270; A. Lupano, Verso il giurisdizionalismo subalpino. Il De regimine Ecclesiae di Francesco Antonio Chionio nella cultura canonistica torinese del Settecento, Torino 2003, pp. 391-417.