MUSSI, Giovanni
– Nacque a Pontoglio (Brescia) il 13 febbraio 1835 da Francesco e da Barbara Donati.
Compì i primi due anni degli studi di giurisprudenza a Pavia nel 1853-55, poi, per motivi politici, si trasferì a Torino, dove completò il terzo anno e da dove, a causa della morte del padre, dovette tornare in Lombardia. Si sposò ed ebbe due figli.
Dopo aver insegnato dal 1860 nel ginnasio di Chiari, nell'aprile 1862 entrò nel ministero dei Lavori pubblici, presso la direzione generale delle poste, dove rimase fino al 1° maggio 1866, quando decise di dimettersi per dedicarsi completamente al giornalismo. La sua carriera giornalistica era iniziata già da qualche anno con la collaborazione a varie testate vicine alla sinistra e poi con la direzione di alcune di esse: la prima fu Il Pungolo di Leone Fortis, un settimanale umoristico-letterario di orientamento progressista e anti-austriaco che si pubblicò a Milano dal marzo 1857 all'aprile 1858; vennero poi la direzione de Il Sole e successivamente de Il Diritto, giornale della democrazia italiana, fondato a Torino nel 1854 da Cesare Correnti, Agostino Depretis, Raffaele Pareto, Giuseppe Robecchi e Lorenzo Valerio, che trasferì la sua sede, al seguito degli spostamenti della capitale, nel 1865 a Firenze e nel 1871 a Roma. Dopo l’Unità divenne uno dei principali giornali italiani e Mussi, che lo diresse nella seconda parte del periodo fiorentino, ebbe modo attraverso di esso di entrare in stretto contatto con Depretis, il quale ebbe un ruolo importante nel suo successivo impegno politico. Nel settembre 1870 Mussi andò a dirigere La Libertà, un nuovo giornale romano, che dopo soli due mesi si fuse con La Gazzetta. Fu quindi la volta de L’Unione, quotidiano politico-letterario nato il 2 settembre 1876, giornale di sinistra ma moderato, considerato assai vicino alle posizioni di Depretis, che Mussi diresse fino al 4 marzo 1877.
Nel frattempo, nel 1870, aveva ricevuto l’incarico di commissario governativo per le scuole estere presso il Consolato generale d’Italia ad Alessandria d’Egitto, dove si occupò del riordinamento delle scuole elementari. In quella occasione accettò anche il mandato di visitare i terreni che il viceré possedeva nel basso Egitto e che intendeva aprire alla colonizzazione europea, nella fattispecie quella italiana, secondo una promessa formale che era intercorsa da tempo con il governo e con Vittorio Emanuele II. Molto più nota è un’altra missione, che fu condotta in Tunisia per incarico di Benedetto Cairoli nel 1878, quando in Italia, così come negli altri paesi europei, si cercava uno sbocco coloniale in Africa. Nell’estate di quell’anno Mussi, che nel 1876 era stato eletto deputato e che si era già recato nel paese africano nel mese di marzo per mandato di Depretis, vi tornò con l’incarico della reggenza del consolato di Tunisi in sostituzione del funzionario appena collocato a riposo.
Non è del tutto chiaro il vero motivo di questa missione. I giornali italiani e stranieri dell’epoca la interpretarono in vari modi: secondo alcuni fu finalizzata alla ricerca di un accordo di alleanza e di amicizia con il bey di Tunisi, che avrebbe riconosciuto la supremazia dell’Italia vanificando le mire francesi di instaurare un protettorato sulla Tunisia; secondo altri si trattò di un affare puramente privato. Da un promemoria di Mussi risulta che la Francia non risparmiava i mezzi per imporre il proprio controllo sulla Tunisia o per fare di essa uno Stato neutrale e istituire a Biserta un porto franco. Egli riteneva invece che l'Italia non facesse tutto lo sforzo necessario per consolidare la propria posizione, sebbene la colonia fosse numerosa, considerevoli gli interessi, frequenti le comunicazioni, assicurate dai piroscafi della società Rubattino. Per esempio, egli pensava che sarebbe stato utile fondare una colonia agricola per gli emigranti italiani. In ogni caso questa seconda missione, in cui sembra Mussi abbia chiesto la concessione della rada di Biserta, non ebbe successo, ed egli fu richiamato in patria.
La carriera di Mussi come deputato durò soltanto due anni, quelli della XIII legislatura (1876-1878), quando fu eletto nel collegio di Chiari. Il resto della sua vita lo vide impegnato nella carica di prefetto, alla quale venne chiamato da Depretis e destinato prima a Udine (22 maggio 1879 - 5 dicembre 1880), poi a Bologna (fino al 1° settembre 1882), infine a Venezia (fino al 15 novembre 1887). A Bologna seguì le attività dei partiti extralegali con grande sospetto, soprattutto per quanto riguardava il diritto di riunione e di associazione; la questione fu giocata da parte dei cattolici e dei socialisti soprattutto con l’iscrizione nelle liste elettorali, anche con metodi illegali, cui fece riscontro un controllo più accurato delle liste e la registrazione di potenziali elettori liberali. A Venezia Mussi dovette immediatamente occuparsi dello scioglimento del consiglio comunale e della formazione di una nuova maggioranza: dette il suo appoggio a una coalizione di progressisti e liberali moderati che riuscì a vincere le elezioni. Tuttavia la sua gestione viene ricordata soprattutto per la pesante ingerenza nel processo tenuto presso la corte di assise di Venezia nel 1885 contro il movimento de «La Boje», cui avevano dato vita i braccianti mantovani.
Depretis voleva fortemente la repressione dei movimenti contadini, fiducioso nella acquiescenza della magistratura, ma Mussi si mostrò subito preoccupato, in quanto l’accusa mossa non era quella di eccitamento allo sciopero, più facile da dimostrare, bensì quelle di attentato alla sicurezza interna dello Stato, «titolo difficilissimo a provarsi» e di ribellione. Le recriminazioni del prefetto si rivolsero poi contro il presidente della Corte e il sostituto procuratore incaricato di sostenere l’accusa; inoltre svolse un’azione di controllo sui funzionari di pubblica sicurezza chiamati a testimoniare al processo. Sembra anche che Mussi non fosse nuovo a tentativi di influenzare la magistratura e già altre volte avesse reclamato contro le sentenze dei giudici veneziani.
Comunque la valutazione complessiva sul suo operato nel ruolo di prefetto fu del tutto positiva. Così egli veniva descritto da uno stretto collaboratore di Crispi che preparò i profili dei prefetti in carica per il nuovo presidente del Consiglio: «Scelta indovinata. Mente svegliata, intelligenza pronta, coltura molta. Laboriosissimo, è abile in tutti i rami del servizio. Ha energia, tatto e prudenza. A Bologna ha fatto bene e ne uscì con onore. […] A me pare che qualunque provincia dovrebbe essere soddisfatta d’avere un prefetto come lui» (Arch. centr. dello Stato, Carte Crispi, Roma, f.. 225).
Morì poco dopo, il 15 novembre 1887 a Rovato (Brescia).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero Poste e telegrafi, Dir. gen. Segretariato, Fascicoli del personale, vers. 1925, pos. M 180; Ministero della Pubblica istruzione, Personale, 1860-1880, b. 1449, f.. «M. G.»; Ministero dell’Interno, Dir. gen. affari generali e del personale, Div. personale, I serie, b. 585, f.. 69926; Ministero Grazia e giustizia, Dir. gen. affari penali, grazie e casellario, Div. affari penali, 1885-86, b. 76, f.. 771/2 e 8; Fondo Depretis, serie I, sc. 22, f.. 71; Fondo Depretis, serie II, b. 22, ff. 71 e 75; Carte Crispi, Gabinetto, 1887, f.. M 27; ibid., b. 6, f. 1801; Carte Crispi, Roma, f.. 225. T. Sarti, I rappresentanti del Piemonte e d’Italia nelle tredici legislature del Regno, Roma 1880, p. 595; L. Chiala, Dal 1858 al 1895. Pagine di storia contemporanea, II, Tunisi 1878-1881, Torino-Roma 1892, pp. 104-106; F. Giarelli, Vent’anni di giornalismo (1868-1888), Codogno 1896, p. 275; A. Brunialti, Le colonie degli italiani, Torino 1897, p. 365; C. Dossi, Note azzurre, Milano 1912, n. 5183; L. Del Piano, La penetrazione italiana in Tunisia (1861-1881), Padova 1964, ad ind.; C. Rotondi, Bibliografia dei periodici toscani (1864-1871), Firenze 1972, ad ind.; F. Scalambrino, Giudici e contadini. I grandi scioperi agrari nel Mantovano del 1885, in I magistrati italiani dall’Unità al fascismo. Studi biografici e prosopografici, a cura di P. Saraceno, Roma 1988, pp. 121-223; G. Farinelli et al., Storia del giornalismo italiano, Torino 1997, ad ind.; N. Randeraad, Autorità in cerca di autonomia. I prefetti nell’Italia liberale, Roma 1997, ad ind.; F. Della Peruta, Il giornalismo italiano del Risorgimento dal 1847 all’Unità, Milano 2011, ad ind.