MOCENIGO, Giovanni
MOCENIGO, Giovanni. – Nacque a Venezia nel 1345 dal futuro procuratore Pietro e da Elena, il cui casato è sconosciuto.
Gli esordi della carriera politica del M. non sono facilmente ricostruibili, a causa dell’omonimia con un fratello di suo padre, la qual cosa trasse in inganno Priuli e, sulla scia, Predelli e Thomas che attribuiscono al M. un cursus honorum eccessivamente precoce. Il M. fu certamente podestà a Capodistria nel 1369, ma dopo questo esordio il suo nome più non compare nei documenti per oltre un decennio; probabilmente si dedicò alla mercatura, secondo la prassi allora in uso. Sposò Caterina Loredan di Bernardo di Marchesino, con cui il 7 luglio 1371 ebbe Elena, che diventerà moglie di Andrea Molin (un fratello del M., Leonardo, aveva a sua volta sposato una Molin, Francesca). È possibile che Caterina sia morta di parto, dal momento che fece testamento subito dopo la nascita di Elena e che il M. non ebbe altri figli legittimi.
Forse, come gran parte dei suoi concittadini, il M. si batté contro i Genovesi nel corso della cosiddetta guerra di Chioggia del 1379-80, ma senza ricoprire il ruolo di provveditore in armata che gli attribuisce Priuli, riconducibile invece all’omonimo zio. Successivamente (13 giugno 1382) fu eletto savio all’Estimo, in occasione di una tassazione straordinaria imposta dai dispendi del conflitto; quindi da luglio a settembre figura savio agli Ordini.
Dall’ottobre 1383 risulta abitare a S. Giovanni Crisostomo, nel sestiere di Cannaregio; il 17 ag. 1384 venne nuovamente eletto tra i deputati a tassare la città, nel corso dell’ottava guerra di Zara. La sua carriera politica, sin qui decisamente normale, conobbe un’improvvisa accelerazione nel 1385, allorché suo padre divenne procuratore di S. Marco de citra; e in Procuratia, a due passi da palazzo ducale, il M. stabilì la sua dimora, nell’abitazione assegnata al genitore.
Nel 1387 fece parte di una commissione di sessanta membri, creata per tutelare gli interessi veneziani sulla costa orientale dell’Adriatico: il re d’Ungheria, Sigismondo di Lussemburgo, cui spettava la sovranità su gran parte della Dalmazia, era infatti coinvolto in una situazione resa complessa da questioni dinastiche e dalle rivalità che dividevano Zara e le altre città costiere nei confronti del re bosniaco e dei feudatari croati. Venezia aveva formalmente rinunciato alla sua autorità nella regione sin dal 1358; era un’estromissione esiziale per i suoi commerci ed essa non poteva accettarla indefinitamente, ma dopo l’impegnativa guerra di Chioggia la sua politica doveva essere improntata a cautela. I frutti di questa condotta volta a una lenta, progressiva riaffermazione della presenza veneziana nell’area, di cui il M. fu uno degli assertori, sarebbero maturati un ventennio dopo, quando il governo marciano poté finalmente ripristinare il suo dominio in Dalmazia.
Negli anni seguenti, fra 1388 e 1398, il M. sembra defilarsi nuovamente dall’attività politica, probabilmente per dedicarsi a quella economica; sappiamo infatti che negli anni 1391-93 fu presente nel commercio di stoffe con Damasco, in unione con il fratello Tommaso, il futuro doge.
Fu l’uscita di scena del padre, nel 1396, a ricondurre il M. a Palazzo ducale, dove figurò come savio del Consiglio per un anno intero, dall’ottobre 1398. Entrò quindi a far parte del Consiglio dei dieci dall’ottobre 1399 al settembre 1400 ed era ancora savio del Consiglio dall’ottobre 1400 al settembre 1401; in quel periodo il M. spostò la sua residenza a S. Samuele. Nell’autunno 1401 entrò a far parte di una commissione di quaranta senatori incaricati di assistere il Collegio nelle trattative per l’acquisto di alcune località greche, tra le quali Corfù, che Venezia ottenne da Ladislao d’Angiò Durazzo il 16 ag. 1402. Data l’importanza dell’isola, la fase conclusiva del negoziato venne affidata al M., in unione con altri due colleghi.
Negli anni 1402-03 il M. fu costantemente presente ai vertici dello Stato, alternandosi tra i savi del Consiglio e il Consiglio dei dieci; nel marzo-aprile 1403 figurò anche avogador di Comun; dopo di che (maggio 1403) venne eletto bailo a Durazzo, ma rifiutò; qualche mese dopo (9 agosto) fece parte di una commissione incaricata di trattare con il vescovo di Castello, Francesco Bembo, questioni inerenti alle decime del clero. Due settimane più tardi, il 25 agosto, era ancora una volta nominato savio del Consiglio, ma pochi giorni dopo optò per la carica di avogador di Comun. Eletto savio sopra l’Estimo cittadino (9 dic. 1404), si dimise qualche mese dopo, il 18 luglio 1405, per malattia. Un mese dopo entrò nuovamente a far parte dei savi del Consiglio e, contemporaneamente, del Consiglio dei dieci; il 22 nov. 1405 era fra i testimoni ducali della dedizione di Padova. Nel gennaio 1406 abbandonò il saviato del Consiglio e il Consiglio dei dieci a causa delle sempre più precarie condizioni fisiche; tuttavia accettò ancora una volta entrambe le cariche nell’ottobre 1407, per un anno, ma non portò a termine il mandato, da cui si dimise il 30 apr. 1408.
Morì di lì a poco, presumibilmente a Venezia, dopo aver dettato il testamento il 28 maggio 1408; in esso il M. lasciava al fratello Tommaso la «casa granda» con orto a S. Samuele, dove abitava, «que fuit de cha Nadal».
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Miscell. codd. I, St. veneta 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii …, V, p. 186; Segretario alle voci, Misti, regg. 1, cc. 1r, 5v, 24r, 38r, 67r; 2, cc. 1r, 18r, 25r; 3, cc. 33v, 35v, 40v, 43r, 45v; Senato, Misti, reg. 46, cc. 1v, 71v, 95v; ibid., Secreti, reg. 2, cc. 75r, 128v, 142v; Collegio, Notatorio, reg. 4, cc. 2v, 5r, 16v; Notarile, Testamenti, b. 575/V/782 (Atti Giorgio Gibellino; testamento del M.); b. 573/216 (testamento della moglie, datato 7 luglio 1371); Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti …, II, cc. 216v-217r; R. de Caresinis, Chronica, a cura di E. Pastorello, in Rer. Ital. Script, 2ª ed., XII, 2, pp. 10, 13, 15 s., 18, 59; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, III, Venezia 1883, pp. 286, 311, 327 s.; G.M. Thomas, Diplomatarium Veneto-Levantinum, I, Venetiis 1899, pp. 269, 275, 280, 285, 287; D. Chinazzo, Cronica de la guerra da Veneziani a Zenovesi, a cura di V. Lazzarini, Venezia 1958, p. 51; Duca di Candia. Ducali e lettere ricevute (1358-1360; 1401-1405), a cura di F. Thiriet, Venezia 1978, pp. 102, 172; M. Sabellico, Historiae rerum Venetarum, in Degl’istorici delle cose veneziane …, I, Venezia 1718, p. 381; B. Betto, Linee di politica matrimoniale nella nobiltà veneziana fino al XV secolo. Alcune note genealogiche e l’esempio della famiglia Mocenigo, in Archivio storico italiano, CXXXIX (1981), pp. 41, 45 s., 60; D. Girgensohn, Kirche, Politik und adelige Regierung in der Republik Venedig zu Beginn des 15. Jahrunderts, II, Göttingen 1996, pp. 873-879.