MIGNANELLI, Giovanni. –
Figlio del giurista Mignanello di Leonardo e di Bartolomea di messer Ranieri Porrini, nacque, in località non precisata, verosimilmente entro la prima decade del Quattrocento.
Come il padre, fu avviato, agli studi di diritto presso lo Studium di Siena, dove risulta tra gli studenti della facoltà nel maggio 1427. Subito avviato alla docenza universitaria, nel dicembre 1431, fu chiamato dai Savi preposti alla gestione dello Studium a sostituire il giurista Giovanni Battista Bellanti, forse suo maestro, che aveva ricevuto un incarico diplomatico a Perugia, nonostante – recita la deliberazione – il M. «non sit doctor» (Arch. di Stato di Siena, Concistoro, 395, c. 60v).
Dopo questo primo estemporaneo incarico, compiuti gli studi, tornò, l’anno seguente, a insegnare nell’ateneo cittadino: il suo nome compare, infatti, tra i lettori dello Studium di Siena di quell’anno. Parallelamente alla carriera universitaria il M. cominciò a esercitare la professione di giurista, dapprima affiancando il più esperto giurisperito Niccolò Tedeschi, che assisté nel 1432, nella tutela dell’abate del monastero di S. Salvatore sul monte Amiata in una controversia con la vicina Comunità e di cui sottoscrisse, insieme con Filippo d’Andrea Balducci, il consilium.
Nel 1434 si trasferì a Firenze per insegnare presso lo Studium, leggendo diritto canonico con un salario di 80 fiorini, e di 100 l’anno seguente, dopo aver visto sfumare la possibilità di tornare a insegnare nella sua città. In occasione della nomina dei docenti per il 1435, i Riformatori, chiamati a scegliere tra il M. e Jacopo Tolomei per una condotta con lo stipendio di 400 fiorini, gli preferirono Tolomei, ma dovettero comunque cooptare anche il M. per un altro insegnamento perché egli compare, lo stesso anno, tra i lettori dello Studium cittadino. La sua permanenza in qualità di docente presso l’ateneo senese fu questa volta abbastanza duratura e si protrasse per tutto il decennio 1435-45, anche se continuò, nell’anno accademico 1436-37, a insegnare contemporaneamente anche a Firenze con un salario di 100 fiorini. Nel 1443 il M. compare tra i docenti chiamati a insegnare per quell’anno accademico presso lo Studium senese, mentre nel 1445 è menzionato nella condotta di diversi docenti per un biennio con un salario di 100 fiorini. Nel 1442 è attestato, in un atto notarile rogato dal notaio Francesco di Girolamo da Siena, come «legum doctor utriusque iuris».
Nel corso di questo decennio l’insegnamento non fu l’attività esclusiva del M. che continuò a esercitare l’attività di giurista e prese parte alla vita politica cittadina, assumendo incarichi di governo e importanti missioni diplomatiche. Alla fine del 1438, insieme con maestro Andrea di Sicilia, venne nominato arbitro in occasione della controversia tra l’«eximius physice et medicine doctor magister Franciscus magistri Santi de Pontanis de Roma» e Nanni di Sozzo Tolomei (Minnucci - Kos̆uta, p. 274). Nel 1439 venne chiamato a far parte di un collegium di dottori, formato da Mariano Sozzini e Filippo Lazzari, nominato dal Concistoro con il compito di stabilire a chi spettassero «meliora et potiora iura in benefitio» della chiesa di S. Arcangelo di Asciano.
Senza un mandato del suo governo, nel dicembre 1443, lasciò Siena per trasferirsi a Roma presso la Curia e ottenne dal suo governo licenza e di poter insegnare presso lo Studium romano e di poter esercitare l’attività di giurista, probabilmente in qualità avvocato concistoriale. Il legame con la Curia pontificia, e con l’entourage di Eugenio IV, non era per il M. certo improvvisato. I suoi contatti con esponenti del seguito papale sono documentati fin dagli anni del suo soggiorno fiorentino, durante i quali egli si adoperò, insieme con Jacopo di Andreuccio, presso il pontefice, per conto del governo senese, per dirimere una questione legata all’ospedale senese di S. Maria della Scala, e già in quell’occasione fu personalmente convocato da Eugenio IV. Nel marzo 1435 sempre da Firenze scrisse al suo governo per raccomandargli il figlio di Battista da Urbino, scriptor apostolico, e nipote di Serafino, avvocato concistoriale.
Ben documentata è anche la partecipazione alla vita politica cittadina, non secondaria nella sua carriera. Dal gennaio al luglio 1442 il M. assunse la carica di provveditore di Biccherna, la maggiore magistratura finanziaria del governo, nel 1449 fu uno dei Regolatori (o Riveditori delle ragioni del Comune), ufficiali incaricati di vigilare sulla buona amministrazione del governo comunale, mentre qualche anno più tardi (1455) assunse l’incarico di esecutore di Gabella dei Contratti, ufficio deputato alla percezione delle imposte e degli altri proventi del Comune. Nel 1440 egli rifiutò la nomina a podestà di Lucignano in Val di Chiana per dedicarsi all’insegnamento presso l’ateneo senese. Nel marzo 1457 venne eletto «operaio» della chiesa di S. Maria dei Servi e del convento senese di S. Domenico, cui il casato e lui stesso erano tradizionalmente legati. La nota obituaria del M., inserita nel Necrologio del convento senese dei predicatori, si apre, infatti, proprio con il ricordo del suo legame e della sua affezione all’Ordine.
Nel gennaio 1459 il M. sposò Maddalena di Mino di Tommaso Tommasi. Nel maggio dello stesso anno riceveva dal Concistoro un importante incarico diplomatico, l’ultimo della sua vita. Fu nominato, infatti, ambasciatore presso papa Pio II e rappresentante del governo e della Comunità di Siena presso la Dieta di Mantova indetta per l’inizio dell’estate nella città lombarda.
Il 5 maggio di quell’anno ricevette la commissione con le istruzioni della missione, nella quale il governo lo incaricava di recarsi a Firenze e raggiungere il papa – accompagnato fino a quel momento da altri due oratori senesi, Giorgio Luti e Lorenzo di Ghino – di seguirlo e affiancarlo per tutta la durata del viaggio verso Mantova, di partecipare alle sessioni della Dieta e di comunicare prontamente al governo le notizie in proposito. Le istruzioni prevedevano inoltre che il M. esercitasse pressioni perché, durante la discesa verso Roma, Pio II passasse da Siena, sua città natale. Egli doveva inoltre far visita a tutti i cardinali che si erano recati nella città lombarda per prendere parte all’assemblea e avere udienza con i rappresentanti dei governi delle città di Bologna e Ferrara, cercando con tutti loro di ottenere appoggi per portare avanti la questione della causa della canonizzazione di Caterina.
La missione del M. e la sua permanenza a Mantova sono a noi parzialmente note grazie ad alcune delle lettere (otto) che egli scrisse al suo governo, conservate oggi presso l’Archivio di Stato di Siena. La prima risale al 29 giugno di quell’anno e in essa il M. lamentava lo scarso afflusso di legazioni e l’aria caldissima e irrespirabile della città, che gli fu tra l’altro fatale. Il carteggio ripercorre il difficile avvio della assemblea voluta dal papa e documenta puntualmente il lavoro diplomatico messo in atto dal papa e dal suo seguito, le questioni che si andavano discutendo e affrontando, prima tra tutte quella del contrasto all’avanzata ottomana. Esse riportano inoltre notizia di una certa tensione tra l’ambasciatore e il suo governo: il M. lamentava infatti sovente al Concistoro l’ingiusta restrizione dei poteri conferitigli in qualità di ambasciatore. L’ultima missiva risale al 7 agosto.
Pochi giorni dopo, il 20 ag. 1459, il M. morì a Mantova, prima della conclusione della Dieta e del suo incarico.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Concistoro, Lettere al Concistoro, 1933, n. 99; 1935, n. 99; 1961, n. 47; 1994, nn. 59, 62, 72, 78, 81, 87, 90, 94; Concistoro, Legazioni e Commissarie, 2412, cc. 38r-39v; 2416, cc. 59v-60r; Concistoro, Copialettere, 1654, c. 18r; Concistoro, Deliberazioni, 395, c. 60r; 417, cc. 9v-10r; 424, c. 35r; 442, cc. 8v-19v; 462, c. 28r; 467, cc. 7v, 14v; 475, c. 27v; 549, cc. 6v-9v; Concistoro, 2177, c. 14v; Notarile antecosimiano, 272, c. 35v: protocollo del notaio ser Giovanni di ser Antonio Gennari; 336, c. 16v; 337, c. 20r: protocolli del notaio Francesco di Girolamo da Siena; Conventi, 4, cc. 1-11; Mss., A.55: G. Manenti, Matrimoni di famiglie nobili senesi esistenti nel 1714 tratti dai registri delle denunce della Gabella dei Contratti dal 1294 al 1714, III, c. 431; A.61: A. Falorsi, Risieduti in magistrature della Repubblica di Siena appartenenti alle famiglie originarie ed aggregate al Monte dei gentiluomini, estinte ed esistenti nel 1717, c. 55r; Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, Mss., C. III.2: Necrologio del convento di S. Domenico, c. 94r; Tre lettere inedite di messer Giovanni Mignanelli, oratore della Repubblica di Siena alla corte di papa Pio II, a cura di L. Fumi, Pisa 1869; Statuti della Università e Studio fiorentino dall’anno 1387, a cura di A. Gherardi, Firenze 1881, pp. 440 s.; O. Malavolti, Dell’historia di Siena, parte III, Venetia 1599, p. 63; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, Pistoia 1649, I, p. 139; II, p. 50; K. Park, The readers at the Florentine Studio according to communal fiscal records, in Rinascimento, s. 2, XX (1980), pp. 291-293; G. Minnucci - L. Kos̆uta, Lo Studio di Siena nei secoli XIV-XVI. Documenti e notizie biografiche, Milano 1989, pp. 274 s.; L. Zdekauer, Lo Studio di Siena nel Rinascimento, Milano 1894, pp. 163 s., 167 s.; G.B. Picotti, La Dieta di Mantova e la politica de’ Veneziani, in Miscellanea di storia veneta, s. 3, IV (1912), pp. 62, 141, 144 s., 147-149, 164, 171, 190, 328; P. Nardi, Mariano Sozzini giureconsulto senese del Quattrocento, Milano 1977, pp. 38 n., 42 n., 50 n., 77 n., 125, 129; P. Denley, Commune and Studio in late Medieval and Renaissance Siena, Bologna 2006, pp. 165 n., 167 n., 177 n., 180, 213 n.; N. Mahmoud Helmy, I Mignanelli: mercatura, impegno pubblico e intellettuale di un casato senese tra XII e XV secolo, in Bullettino senese di storia patria, CXIV (2007), pp. 64 s.
N. Mahmoud Helmy