MIGLIARA, Giovanni
MIGLIARA, Giovanni. – Nacque il 15 ott. 1785 ad Alessandria dall’ebanista Pietro a da Anna Bandera. La storiografia riporta, senza supporti documentari, un primo apprendistato presso lo scultore Giuseppe Maria Bonzanigo a Torino.
Sicuramente dedito alla carriera di intagliatore fu il fratello Giuseppe, di cui si hanno notizie nella capitale sabauda sino al 1825 (Thieme - Becker, p. 544).
È accertata la presenza del M., per volontà del padre, a Milano nel 1801-02 presso lo scultore in legno Luigi Zuccoli, (Mensi, 1937, p. 9). Parallelamente frequentò all’Accademia di Brera i corsi di ornato di Giocondo Albertolli e di architettura di Giuseppe Levati. Nel periodo di formazione eseguì, secondo un gusto promosso a Milano da Giuseppe Bossi, copie dalle incisioni dei disegni di Leonardo pubblicate da Agostino Gerli (1784). Intorno al 1804, il M. passò nello studio di Gaspare Galliari lavorando come scenografo, prima al teatro Carcano e poi alla Scala, sotto la direzione di personalità quali Giovanni Perego, Alessandro Sanquirico e Paolo Landriani.
Gli studi scenografici, conservati presso la Pinacoteca civica di Alessandria e la Galleria d’arte moderna di Torino, mostrano forti influenze dello stile di Galliari, erede della tradizione scenotecnica settecentesca juvarriana, cui il M. aggiunse accenti pittoreschi e neoclassici.
Tra il 1808 e il 1810, a seguito di una grave malattia polmonare, fu costretto a interrompere tale attività, ma l’interesse per il mondo teatrale si mantenne costante, come dimostrano un acquerello rappresentante una Scenografia datato 1822 (Alessandria, Cassa di risparmio) e alcune serie di fogli su cui sono tracciati costumi ispirati a modelli medievali e orientaleggianti per tragedie e balletti. Il M. si volse quindi alla produzione di opere da cavalletto e di piccolo formato, miniature su seta sottovetro (fixé) e su avorio. I primi soggetti furono i cosiddetti capricci ispirati al Settecento veneziano: da Canaletto a Guardi. I temi derivati dalla pittura veneziana del Settecento, unitamente a paesaggi e scorci tratti dal vero del territorio milanese e lombardo costituiranno due filoni costanti nella sua produzione. Nel 1812 presentò all’esposizione dell’Accademia di Brera quattro vedute urbane milanesi (Porta Nuova, Atrio di S. Ambrogio, Piazza Duomo, Piazza delle Erbe) e due composizioni ideali, forse riconoscibili nel Palazzo con tabernacolo e Veduta di città con una chiesa, firmate e datate 1812, in collezione Liechtenstein a Vienna, che gli valsero immediatamente il favore del pubblico.
L’attività espositiva presso l’istituzione milanese costituì un appuntamento annuale per il M. che vi presentò una variegata produzione anche dal punto di vista tecnico: oli su tela, acquerelli, tempere e miniature. Crescente fu il successo di critica e di ordinazioni, annoverando esponenti della nobiltà e dell’alta borghesia milanese, quali Gian Giacomo Trivulzio, Enrico Mylius, Luigi Balsamo Crivelli.
Nel 1813 il M. pubblicò un Trattato di geometria descrittiva. L’anno successivo sposò Felicita Baldoni. Al 1815 risalgono le prime acqueforti incise su suo disegno dal veneziano Tranquillo Orsi; successivamente l’interesse del M. si rivolse alle novità della litografia e della pratica dell’illustrazione. Nel 1817 espose tre opere al Salon di Parigi e presentò a Brera il primo interno monastico, soggetto largamente ripetuto e richiesto. Tra il secondo e il terzo decennio dell’Ottocento il M. si affermò indiscutibilmente, nella vivace e sofisticata temperie culturale della Milano romantica, con un genere nuovo costituito dalla rappresentazione prospettica di monumenti urbani e di interni monumentali, prediligendo soggetti milanesi ridotti a minute dimensioni.
Tale produzione si presenta di difficile ricostruzione cronologica in quanto spesso eseguita in serrata successione, con una serie di varianti compositive, talvolta minime. A partire dal 1818 si cimentò nella riproposizione di scene di genere in costume contemporaneo, secondo una moda diffusa in Francia, derivate dallo studio della pittura fiamminga e olandese del XVII secolo, che gli valse ulteriori manifestazioni di approvazione da parte del pubblico e della critica.
Dal 1822 fu socio dell’Accademia di Brera. Pur rifiutando nel 1825 la cattedra di prospettiva dell’istituto milanese, per i troppi impegni lavorativi, almeno dal 1823 tenne una scuola privata, analogamente ad artisti quali Francesco Hayez e Pelagio Palagi. Nello stesso anno intraprese un primo viaggio di aggiornamento in Toscana ed Emilia, cui seguirono soggiorni a Verona e Venezia; nel 1828 si trasferì in Liguria.
Numerosi album e taccuini attestano il consistente materiale raccolto da cui derivarono vedute prospettiche dal vero e d’invenzione neomedievale, spesso arricchite da scene di genere o episodi storico-letterari di ispirazione romantica (Natale, 1993, p. 414).
Dagli anni Venti sono documentati i contatti con il Piemonte, dove tra i suoi primi e maggiori collezionisti furono il conte Gaetano Bertalazzone d’Arache e l’intendente di Finanza Pietro Baldassarre Ferrero. Nel 1823 il re Carlo Felice di Savoia acquistò, per la prediletta residenza del castello di Govone, un quadro in stile fiammingo per il quale il M. ottenne in dono una tabacchiera d’oro contenente 30 luigi (Dalmasso, 1978, pp. 12 s.). Negli stessi anni, il notaio alessandrino Antonio Maria Viecha entrò in contatto con il M. durante i suoi soggiorni milanesi. Nel 1829 la città natale gli dedicò una medaglia incisa dallo scultore Alessandro Putinati. Nel 1832 il M. intraprese un trionfale viaggio in Piemonte e Savoia, dopo essere stato, l’anno precedente, insignito dal re Carlo Alberto del titolo di cavaliere dell’Ordine al merito civile di Savoia. Nello stesso anno partecipò, per la prima volta, alla pubblica esposizione dei prodotti dell’industria dei Regi Stati, tenutasi al castello del Valentino, dove presentò quindici opere tra cui Il duca Amedeo VIII riceve in Ripaglia l’annunzio della sua esaltazione al pontificato (1439).
Prima di una serie di opere di storia sabauda destinate a ornare le sale di palazzo reale su richiesta dello stesso sovrano, essa fu trasferita (1898), unitamente a Il conte Pietro riceve l’anello di s. Maurizio dall’abate del monastero di tal nome in Vallese (1244), nell’appartamento regio della residenza annessa alla basilica di Superga.
Il 12 genn. 1833 fu nominato pittore di genere del re di Sardegna e parallelamente ricevette la commissione dalla regina vedova Maria Cristina di Borbone Napoli di una Veduta esterna della badia di Altacomba, ov’esistono i sepolcri de’ conti e duchi di Savoia e dell’Interno della cappella detta di Bellei in Altacomba, dove riposano le ceneri di s.m. Carlo Felice (Racconigi, castello), opere esposte a Brera in quello stesso anno. Nel 1834, insieme con altri artisti, partecipò alla realizzazione di un album di acquerelli per il sovrano (Torino, Biblioteca reale). In tale periodo la sua produzione si arricchì di temi tratti da opere letterarie di Dante Alighieri e W. Shakespeare, quali Il conte Ugolino e Romeo e Giulietta (Ibid., Galleria d’arte moderna) che riflette, nell’accentuazione teatrale, tipiche istanze del gusto troubadour (Natale, 1993, p. 96). Tra il 1831 e il 1836 rappresentò, con una serie di schizzi, La torre gotica di Desio della villa Tittoni Traversi, probabilmente seguendo Palagi nella realizzazione della stessa. Nel 1834-35 soggiornò a Roma e Napoli.
Il M. morì a Milano il 18 apr. 1837.
L’ultimo dipinto, incompiuto, il Dottor Dulcamara che vende l’elisire, fu acquisito dal collezionista Viecha. All’esposizione torinese del Valentino del 1838 gli venne dedicata un’ampia commemorativa. Nel 1839 il Municipio di Alessandria commissionò a Carlo Caniggia il busto del M. da collocare nella sala del Consiglio comunale e nel 1840 Francesco Somajni eseguì un monumento commemorativo per il palazzo di Brera.
Molti furono gli artisti che frequentarono la scuola del M., tra i quali i pittori Federico Moja, Giovanbattista Dell’Acqua, Giovanni Renica e Luigi Bisi, definito dalla critica il vero erede del M. (Pinto, 1986, p. 139). Tra questi, un posto particolare spetta alla figlia Teodolinda (Milano, 1816 - Varese, 1866) che affiancò il padre e dopo la morte ne imitò il linguaggio in numerosi dipinti, soprattutto di interni. Per lascito testamentario della donna il patrimonio di famiglia, comprendente diciannove album di disegni e schizzi, venne devoluto alla Pinacoteca civica di Alessandria.
Fonti e Bibl.: G.A. De Giorgi, Notizie sui celebri pittori e su altri artisti alessandrini, Alessandria 1836, p. 101; D. Sacchi, G. M.: discorso letto nel camposanto al momento della tumulazione del defunto la mattina del 21 aprile 1837, s.l. 1837; Catalogo dei prodotti dell’Industria de’ Regi Stati ammessi alla pubblica esposizione dell’anno 1838 nelle sale del R. Castello del Valentino …, Torino 1838, pp. 44, 54, 58 s., 61-64; T. Vallauri, Galleria di quadri moderni di s.m. il re Carlo Alberto, Torino 1845, pp. 37-40; C. Rovere, Descrizione del Reale Palazzo di Torino, Torino 1858, p. 156; A. Caimi, Delle arti del disegno e degli artisti nelle province della Lombardia dal 1777 al 1862. Memoria di Antonio Caimi segretario della R. Accademia di belle arti di Milano …, Milano 1862, p. 108; A. Bertolotti, Passeggiate nel Canavese, III, Ivrea 1869, pp. 30 s.; G. Gallenga, All’egregia signora Luigia Roux-Migliara il di 6 aprile 1876, Torino 1876; A. Stella, Pittura e scultura in Piemonte 1842-1891, Torino 1893, pp. 646, 648; L. Callari, Storia dell’arte contemporanea italiana, Roma 1909, pp. 155, 187; F. Gasparolo, I quadri del M. e la Pinacoteca civica di Alessandria, Alessandria 1916; R. Ghezzi, Un album di disegni di G. M., in Rivista di storia, arte e archeologia per la Provincia di Alessandria, XLIII (1934), pp. 3-10; Id., G. M., pittore (1785-1837), Alessandria 1935; A. Mensi, G. M. (1785-1837), in Alexandria. Rivista mensile della provincia, II (1934-35), 7-11, pp. 5-36; G. M. Catalogo della mostra commemorativa ordinata nella Pinacoteca civica di Alessandria, Alessandria 1937; E. Sioli Legnani, Bibliografia ragionata delle poesie libere di Carlo Porta, Milano 1951, ad ind.; Schede Vesme, II, Torino 1966, pp. 690-696; Acquerelli e disegni di G. M. (catal.), a cura di A. Saracco, Alessandria 1970; M. Gozzoli, G. M., in Mostra dei maestri di Brera (catal.), a cura di E. Bairati et al., Milano 1975, pp. 211-216; M.C. Gozzoli - M. Rosci - G. Sisto, L’opera grafica di G. M. in Alessandria, Alessandria 1977; F. Dalmasso, Lettere di un filantropo amante dell’arte. Un contributo alla storia della committenza nell’Ottocento, in Studi piemontesi, VII (1978), 1, pp. 144-149; M. e la cultura del suo tempo. Atti della Tavola rotonda … 1978, Alessandria 1978; Mostra della grafica di G. M. (catal.), a cura di M.C. Gozzoli - M. Rosci, Torino 1979; S. Pinto, L’Ottocento, in Il Museo e la Pinacoteca di Alessandria, a cura di C. Spantigati - G. Romano, Torino 1986, pp. 133-143; S. Pinto, Dalla Rivoluzione alla Restaurazione, in Arte di corte a Torino da Carlo Emanuele III a Carlo Felice, a cura di S. Pinto, Torino 1987, pp. 126-128; V. Natale, Le esposizioni a Torino durante il periodo francese e la Restaurazione, ibid., p. 310; La pittura in Italia. L’Ottocento, Milano 1991, I, ad ind.; II, p. 919; V. Natale, G. M., in Galleria civica d’arte moderna e contemporanea. L’Ottocento. Catalogo delle opere esposte, a cura di R. Maggio Serra, Torino 1993, p. 414; P. Manchinu, in Pittori dell’Ottocento in Piemonte. Arte e cultura figurativa 1800-1830, a cura di P. Dragone, Torino 2002, pp. 345 s.; G. M. (catal.), Alessandria 2006; A. Mensi, G. M. (1785-1837), Bergamo s.d. [forse 1937]; U. Thieme - F. Becker, Künsterlexikon, XXIV, p. 544.
L. Facchin