MAYDA, Giovanni Matteo
– Nacque da Antonio, probabilmente a Palermo, in data ignota da collocare nei primi decenni del XVI secolo; sconosciuto è anche il nome della madre.
Antonio esercitò l’arte tipografica a Palermo tra il 1522 (Martyrium sanctorum trium fratrum Alphii Philadelphi et Cyrini, stampa di S. Sigonio) e il 1537 (C.M. Arezzo, De situ insulae Siciliae libellus; V. Barbaro, Divi Alberti confessoris vita), per un totale di circa venti opere. Superata è l’ipotesi di lavori eseguiti anteriormente al 1522: le iniziali (A. M.) che contrassegnano i Capitula del Regno di Sicilia del 1511 sono da riferite ad altro tipografo; così come è improbabile che sia Antonio lo stampatore dei Carmina de Drepano, dicata iuratis Drepani anno 1518, forse del 1521 (F. Evola, p. 22, ma non se ne conoscono esemplari). Resta incerta pure l’attribuzione di alcune stampe successive al 1537, tra le quali De rebus Netinis di Vincenzo Littara. I Mayda (forma latinizzata di Maida) dovevano essere imparentati con una omonima famiglia della piccola aristocrazia palermitana, che dimorava nel quartiere Fori veteris (oggi Fieravecchia) e i cui membri tra il XIV e il XVII secolo furono titolari di cariche cittadine. La marca tipografica che il M. adottò per la stamperia paterna – uno scudo con cinque monti disposti su due fasce che attraversano orizzontalmente il campo – ricorda infatti da vicino lo stemma di quella famiglia. Di un Francesco Mayda libraio a Messina nel 1511-12 dà notizia Oliva (p. 362), senza indicare i legami di parentela con Antonio.
Tra le opere stampate da Antonio spiccano gli scritti del medico e umanista mazarese Gian Giacomo Adria; in particolare il De fluminibus Selinunti et Mazaro, l’Epistola admodum Latina, il De laudibus Christi contra haereticos pubblicati tra il 1527 e il 1529. Solo la Vita sancti Angeli martyris (1527) risulta realizzata da Antonio in società con il consocius Petruccio Spira, con il carmelitano Nicolò Audeto in qualità di finanziatore. L’attività di Antonio si distingue soprattutto per l’illustrazione, in virtù della quale egli, insieme con i contemporanei Giovanni e Antonio Pasta, palermitani, e Giorgio e Petruccio Spira, messinesi, contribuì a delineare le caratteristiche delle cinquecentine siciliane. L’impronta personale consistette nell’introdurre, accanto alle cornici con fregi fitomorfi, immagini di carattere sacro che si rifacevano a modelli pittorici. Notevole è, a questo proposito, la xilografia dei santi Alfio, Filadelfo e Cirino nel citato Martyrium, tavola che fu ripresa successivamente dal figlio. Anche il De laudibus di G.G. Adria presenta soluzioni innovative per l’epoca, poiché, come in una vera e propria opera illustrata, la sequenza delle immagini accompagna il contenuto dello scritto.
Per la data di morte di Antonio, ignota, vale il termine del 1537, anno delle ultime edizioni a lui attribuite.
La prima stampa certa del M. è costituita dalle Constitutiones sinodales della diocesi di Patti, «Impressa industria nobilium Ioannis Mathei de Mayda, Antonini de Nay et Pisani de Blasio calchographorum» nel 1544 (dubbia rimane l’attribuzione dei Capitoli et constitutioni della Confraternita et devota Compagnia di Bianchi, 1542). Resta pertanto inspiegata, allo stato delle ricerche, la sospensione nell’attività della stamperia familiare dal 1537 fino a questa data. Del 1545 è l’opuscolo del protomedico Giovanni Filippo Ingrassia, Praegrandis utilisque medicorum omnium decisio, stampato di nuovo con il messinese Antonio Anay («Impressum in aedibus n. Ioannis Matthei de Mayda, per n. Antonium de Nay Messanensem»). Questi non aveva una propria officina né una marca tipografica e fu attivo a Palermo probabilmente con un’attrezzatura mobile.
Il M. risulta aver stampato oltre 80 stampe, l’ultima delle quali (Historia nova di l’amanti fidili…) risale al 1578. I generi frequentati non si discostano da quelli degli altri tipografi palermitani dell’epoca: religioso, letterario, grammaticale, storico-filosofico, scientifico, giuridico. Alcune opere di contenuto normativo, tra le quali Iura municipalia foelicis urbis Panhormi e Constitutiones super officiis et salariis officialium urbis Panormi, entrambe del 1558, furono commissionate dalla Municipalità; nel 1559 la città di Messina commissionò la stampa delle Consuetudines nobilis civitatis Messanae. In queste, come spesso nelle opere giuridiche e nei testi ufficiali, i frontespizi recano lo stemma imperiale. Rientrano tra le disposizioni legislative e regolamentari abitualmente diffuse a stampa dai governi viceregi anche le Constitutiones super salariis tabellionum e le Ordinationi della militia del Regno di Sicilia, del 1560. Per opere istituzionali e di contenuto religioso normalmente le spese della stampa erano assunte dai committenti; in qualche caso, come per le Prediche quadragesimali di Girolamo Fazello, fratello del più famoso Tommaso, stampate nel 1575, l’iniziativa fu presa dall’autore.
Dal 1558 al 1560 il M. lavorò in società con Giovanni Francesco Carrara, stampatore di origine veneziana attivo a Palermo, che in quattro stampe risulta editor. L’officina comune era sita «In via Guzecta, quae ducit ad Praetorium sub leonis insigni» (T. Fazello, De rebus Siculis decades duae, 1560), l’odierna piazza S. Anna, nel centro storico di Palermo. L’unica altra menzione di una sede si trova nelle Decades stampate dal M. da solo nel gennaio 1568 «apud Sanctum Dominicum», il convento palermitano dove risiedeva e insegnava l’autore, religioso di quell’Ordine.
Oltre alle Decades, certamente l’opera più nota della produzione del M. (un’altra stampa con Carrara nel 1560), si possono ricordare ancora i Dialogi grammaticae… di Fabrizio Bertulio del 1559, le opere letterarie di Littara (Ars literaria e De literis et accentibus opus del 1572), i testi scientifici di Ingrassia. Uno dei trattati sull’epidemia di peste, Informatione del pestifero et contagioso morbo… (1576) contiene una tavola considerata un esempio significativo di cartografia parziale del territorio, che riproduce nei particolari il sistema logistico che il protomedico aveva organizzato per il trasporto, il ricovero e la cura degli ammalati nella contrada palermitana tra Porta Nuova e la Cuba. Ancora di Ingrassia è il Trattato assai bello delli doi mostri… (1560), notevole per le xilografie che descrivono il fenomeno della nascita di due gemelli siamesi. Tra i numerosi testi illustrati è anche il Tractatus de agnoscendis assertionibus Catholicis et haereticis di Arnaldo Albertini, vescovo di Patti, del 1554 (o 1555), che presenta figure a piena pagina di soggetto religioso. Il M., come già a suo tempo il padre, fu sollecito a interpretare le nuove tendenze della tipografia in ambito figurativo, non limitandosi a impiegare cornici ornamentali che inquadrano il frontespizio e pagine interne, ma usando di frequente anche illustrazioni con figure umane.
Per la data di morte del M., avvenuta presumibilmente a Palermo, l’unico riferimento è costituito dalla citata Historia… del 1578.
Già da qualche anno prima della morte, il M. aveva coinvolto i figli nell’azienda familiare, se al 1574 risale l’Emblematon propilayon di I. D’Ippolito con la sottoscrizione «Apud Maydas». Dopo la sua morte si colloca l’attività degli «Heredi di Mayda», operanti con certezza tra il 1580 e il 1582. Dubbie sono infatti attribuzione e data delle Allegationes pro magnificis secretariis di G. Iveglia, opera nota solo attraverso repertori che la datano al 1577; per il 1582 non può essere accertata la paternità di una Gerusalemme liberata, mentre di sicura attribuzione è la Regola dell’Ordine benedettino, sebbene rechi come luogo di stampa Monreale, ritenuto non veritiero. Della collaborazione degli eredi con un altro tipografo, Giovan Pietro Sartoia, rimane l’edizione delle Rime di Bartolomeo Bonanno (1580). Soltanto uno dei figli, il canonico Giovanni, sottoscrisse con il proprio nome le sue edizioni – una decina in tutto, eseguite tra il 1572 e il 1580 – tra le quali bandi della regia Corte, i Capitoli della Compagnia del Crocifisso, detta de’ Bianchi, un’opera di Ingrassia e una grammatica di Littara. L’epilogo della stamperia di famiglia dei Mayda data al 1583, quando Carrara rilevò l’attrezzatura, come emerge dal confronto dei caratteri.
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