MASSA, Giovanni
– Nacque ad Alba il 9 maggio 1850 da Filippo e Angela Tallone.
Dopo essersi diplomato, il M. si trasferì a Novara, dove, fra il 1874 e il 1882, insegnò ragioneria e computisteria all’istituto tecnico O.F. Mossotti, nonché contabilità e computisteria presso la scuola tecnica Ferraris.
A Novara il M. cominciò a professare idee politiche democratiche e fin dagli anni Settanta fu tra gli animatori delle locali associazioni operaie (nel 1880 il suo nome compare tra i fondatori del Consolato operaio novarese), organizzazioni ancora prevalentemente mutualistiche, nell’ambito delle quali fu uno dei rappresentanti della minoranza di idee democratiche più avanzate. Vicepresidente, nel 1882, dell’Associazione democratica della provincia di Novara – il cui presidente onorario era F. Cavallotti – il M. fece parte di un ambiente politico tipicamente radicale, che si batté per il suffragio universale, la piena libertà di stampa e d’associazione, l’istruzione pubblica laica e obbligatoria, le imposte progressive.
Iscritto a partire dagli anni Ottanta alle logge massoniche Ugo Foscolo e Indipendenza, il M. nel 1897 fu capolista della coalizione dei partiti «popolari» alle elezioni amministrative di Novara, che videro la sconfitta dei liberal-conservatori, travolti da uno scandalo finanziario; fu eletto sindaco dapprima G. Tosi al quale successe, dal 1898, A. Brughera. Nel 1897 il M. presentò la propria candidatura anche alle elezioni politiche, ma con esito negativo. Venne invece eletto deputato per il collegio di Novara nella XXI legislatura (1900-04).
Tuttavia, oltre che per l’attività politica, tutto sommato occasionale ed epidermica, il M. va ricordato principalmente come figura importante della ragioneria italiana e, più in generale, della professione contabile. Affascinato dall’indirizzo «personalistico» di F. Marchi nonché da quello «logismografico» propugnato da G. Cerboni, il M. infatti partecipò all’acceso scontro teorico che tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento caratterizzò la ragioneria italiana, determinando in larga parte lo sviluppo ulteriore di questa disciplina e della stessa economia aziendale. Il M. fu un seguace della cosiddetta scuola toscana, che, capitanata da Cerboni, si affermò in Italia nella seconda metà del XIX secolo ed ebbe tra i suoi epigoni F.A. Bonalumi, M. Riva, E. Mondini, G. Rossi, A. Sanguinetti, V. Gitti e C. Bellini.
Come tale, pertanto, il M. può essere inserito fra gli studiosi convinti che la dottrina dei conti dovesse avere prevalentemente un «fondamento giuridico o pseudo-giuridico» (Masi, p. 301) e non esclusivamente economico. In tal senso la logismografia (metodo di contabilità, che fu adottato in Italia dalla Ragionieria generale dello Stato dal 1877 al 1892) si oppose alle innovative teorie di F. Besta e dei suoi discepoli, egemoni nella Scuola superiore di commercio di Venezia e indicati, non a caso, come «scuola veneta». Questa, infatti, a partire dagli anni Ottanta scardinò e in certo modo ribaltò gli assiomi della scuola toscana, giudicati incapaci di dar vita a una scienza contabile aderente alla complessa realtà aziendale capitalistica, nonché troppo dipendenti dal ruolo e dalle funzioni, in Cerboni invece prioritari, dello Stato.
Ciò nondimeno il M., dopo un’iniziale rifiuto delle teorie di Besta, man mano che l’indirizzo della scuola veneta si affermava, non fu tra coloro che, come Bonalumi e Riva, si arroccarono in una sterile difesa del primato della logismografia. Al contrario, avendo annotato fin dal 1884 che l’indirizzo di Cerboni e dei suoi seguaci non era affatto un’«opera perfetta» e presentava «non pochi né lievi» difetti (cit. in Luchini, p. 102), il M. può essere annoverato tra i logismografi che accolsero progressivamente la lezione di Besta.
In quest’ottica alcune delle concezioni espresse dal M. nei suoi scritti appaiono segnate da tale percorso critico e si impongono quindi per la loro parziale modernità o, se non altro, per la loro lungimiranza: per esempio la separazione netta della «ragioneria» dalla «contabilità», dalla «computisteria» e dalla stessa «logismografia»; ma anche «l’idea d’una ragioneria come disciplina cognitiva che trova la sua ragion d’essere nel controllo aziendale […] o il tentativo di collegamento con i fondamenti dell’economia politica, [o], infine, la proposta di tripartizione in ragioneria generale, applicata e professionale» (Costa, p. 38). È così che il M., avendo «certamente un’idea esatta della diversità esistente fra gli studi di amministrazione e quelli di ragioneria, facendo anche espliciti riferimenti al concetto di amministrazione economica e a quello di amministrazione economico-aziendale, […] si espresse in modo tale da far credere che in lui si fossero già formati i moderni criteri di convenienza economica» (Giannessi, 1965, pp. 101 s.).
Oltre che per gli aspetti teorici, il M. va menzionato per la sua instancabile opera di diffusione della ragioneria. Egli infatti fu tra gli organizzatori della prima grande mostra della ragioneria dell’Italia unita in occasione dell’Esposizione nazionale di Torino del 1884. Fondò e diresse fra Ottocento e Novecento: la Rivista di contabilità, Il Ragioniere (con V. Gitti), L’Allievo ragioniere e Il Monitore dei ragionieri. La sua attività di editore, che esercitò a Milano – dove fu principalmente attivo dalla fine dell’Ottocento –, gli consentì di dare alle stampe nel 1911 il volume Opere antiche di ragioneria, contenente gli scritti dei grandi predecessori della scienza contabile italiana.
Il M. fu anche un energico difensore, non solo in Parlamento, della categoria e della professione. Attivo nel Collegio dei ragionieri di Milano, assieme a C. Bellini si distinse per la determinazione con cui osteggiò nel 1885 la proposta di garantire alle sole Università il conferimento del diploma di ragioniere, schierandosi in difesa degli istituti tecnici. Questo atteggiamento, nel complesso intransigente e per certi versi «corporativo», fu accentuato dal M. in occasione d’un progetto di legge, presentato nel maggio del 1902, di cui egli stesso si fece relatore, che mirava a disciplinare in maniera rigida la professione di ragioniere. Il progetto non fece in tempo a essere approvato nella XXI legislatura e fu ripresentato, sebbene non più dal M., nella successiva. Modificato dai vari passaggi parlamentari, che ne attenuarono l’originario rigore normativo, esso divenne comunque, nel luglio del 1906, l’importante legge ordinamentale istitutiva della professione di ragioniere.
Allontanatosi progressivamente dalla politica e colpito profondamente nel 1914 dalla scomparsa della moglie Adele, il M. morì a Milano l’8 apr. 1918.
Opere: un elenco esaustivo delle opere del M. si trova in E. Giannessi, Corso di economia aziendale, VI, Appendice. Rassegna bibliografica, Pisa 1966, pp. 103, 125 s. Fra le più rilevanti si ricordano: Trattato completo di ragioneria, I-V, Milano 1883-92 (in collab. con V. Gitti); La ragioneria all’Esposizione nazionale di Torino del 1884, ibid. 1884; Trattato completo di ragioneria, I-XII, ibid. 1905-08.
Fonti e Bibl.: Atti parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, legisl. XXI, 1ª sessione, 1900-02, pp. 20, 87, 99, 163, 169; 2ª sessione, 1902-04, pp. 24, 98, 100-102, 124, 128, 160, 167, 214, 303, 363; In memoria di G. M., in Il Monitore dei ragionieri, IX (1918), 16, pp. 213-224; F. Melis, Storia della ragioneria, Bologna 1950, pp. 766, 769 s., 841; E. Giannessi, Corso di economia, cit., V, I precursori, Pisa 1965, pp. 99-113, 115; G. Barbero, Il Novantotto a Novara, in Boll. stor. per la provincia di Novara, LXX (1979), 1, p. 17; C. Bermani, Dalla Grande Associazione degli operai di Novara al Circolo operaio agricolo della Bicocca: un secolo e mezzo di associazionismo a Novara, Novara 1983, pp. 94 s., 103, 107 s., 119, 122, 127, 163 s.; E. Luchini, Storia della ragioneria italiana, Bari 1990, pp. 102 s., 169, 204; S. Gambino, Carteggio Fabio Besta - Giovanni Rossi (1880-1915), in Annuario dell’Istituto tecnico-commerciale Jaci di Messina, II (1991), pp. 187, 190 s.; V. Masi, La ragioneria nell’Età moderna e contemporanea, Milano 1997, p. 374 e ad ind.; M. Martini, «Per tutelare gli alti interessi di ordine generale». L’associazionismo dei ragionieri dal 1860 all’ordinamento professionale del 1906, in Colletti bianchi. Ricerche su impiegati, funzionari e tecnici in Italia tra ’800 e ’900, a cura di M. Soresina, Milano 1997, pp. 323 s.; P.A. Toninelli, Ragioneria e aziendalismo a Milano fra Otto e Novecento, in Milano e la cultura economica nel XX secolo, a cura di P.L. Porta, Milano 1998, ad ind.; L. Serra, Storia della ragioneria italiana, Milano 1999, pp. 39, 258, 298; M.S. Chiucchi, G. M.: alcuni approfondimenti relativi al «Trattato completo di ragioneria», in Facoltà di economia dell’Università di Pisa, Quaderni del dottorato di ricerca di economia aziendale, Ritratti d’autore, n. 2, Siena 2000, pp. 43-58; M. Costa, Le concezioni della ragioneria nella dottrina italiana. Profili storici e storiografici nella sistematica delle discipline aziendali, Torino 2001, ad ind.; A. Amaduzzi, Storia della ragioneria: percorsi di ricerca tra aziende e contabilità, dottrine e professioni, Milano 2004, pp. 177, 189, 208 s., 246; R. Camodeca, Le professioni economiche in Italia dall’ascesa ai problemi della globalizzazione, in Soc. italiana di storia della ragioneria, Cultura aziendale e professionale tra passato e futuro. Atti del VII Convegno nazionale, Soc. italiana di storia della ragioneria, Bari… 2003, Roma 2005, I, p. 170; L.A. Ferrari, I collegi e le associazioni istituite nel sec. XIX e la regolamentazione della professione di ragioniere, ibid., pp. 471, 473-475, 477;. Enc. biografica e bibliogr. «Italiana», A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 170.