MARSILI, Giovanni
– Nacque a Pontebba, nel Friuli, il 4 giugno 1727, da Fabiano, agiato commerciante di legname veneziano. Studiò a Venezia presso i gesuiti acquisendo un’ottima preparazione umanistica e letteraria. A Venezia fece parte dell’Accademia dei Granelleschi, sorta nel 1747 per opera di Daniele Filippo Farsetti, Gaspare e Carlo Gozzi e altri amici, che si proponeva di difendere la purezza della lingua italiana, conformandola al toscano trecentesco. Si acquistò fama di poeta bernesco e anzi attese alla compilazione d’un dizionario bernesco e alla traduzione delle commedie di Plauto in volgare fiorentino. Di tale periodo resta traccia in svariate composizioni poetiche e nelle Rime granellesche. Durante la frequenza dello Studio di Padova, con il nome di Scardassato fece parte dell’Accademia degli Orditi, di cui era stato promotore il padovano abate Giuseppe Gennari, con il quale strinse una profonda amicizia. Conseguì il dottorato in filosofia e medicina presso lo Studio di Padova nel 1747.
Dopo la laurea, spinto anche da Gennari, il M. si recò dapprima a Bologna e poi a Firenze, dove approfondì gli studi con il famoso medico e letterato Antonio Cocchi, insegnante di anatomia, apprezzato per la lingua e lo stile. Oltre a soddisfare i suoi interessi letterari, il soggiorno a Firenze fu anche l’occasione perché si rivolgesse agli studi di botanica. È verosimile che sia stato Cocchi, che il M. considerava suo amico e maestro, a indurlo a intraprendere un lungo viaggio di istruzione attraverso le principali città e accademie europee, aiutato dalla sua ottima conoscenza dell’inglese e del francese. Egli trasse profitto soprattutto dal soggiorno a Londra, dove nel 1758 fu ascritto alla Royal Society come socio estero: come tale, nel 1776 sottoscrisse la candidatura di Antonio Maria Lorgna.
Nel 1757, alla morte di Giulio Pontedera, professore di botanica e prefetto dell’orto botanico di Padova, il M. si trovava ancora a Londra. Si affrettò quindi a pubblicare, dedicandola ai Riformatori dello Studio di Padova, la sua prima dissertazione scientifica intitolata Nova, ad praxim medicam praecipue utilissima, universae Botanices rudimenta (Padova 1757). In essa, pur riconoscendo di essersi applicato fino ad allora soprattutto alla letteratura, rivendicava il suo profondo interesse per la botanica, sottolineandone l’importanza per la pratica medica, oltre a segnalare certe sue ricerche astronomiche e idrostatiche compiute privatamente. Fu così che, grazie anche all’autorevole appoggio di Marco Foscarini, procuratore di S. Marco e poi doge nel 1762, il M. fu preferito a numerosi aspiranti e in particolare a Pietro Arduino, che dopo la morte di Pontedera aveva svolto le funzioni di supplente con il titolo di custode. Con ducale del 24 genn. 1760 il M. fu nominato professore di botanica e prefetto dell’orto botanico dello Studio di Padova con lo stipendio di 400 fiorini all’anno.
Ci restano i suoi programmi d’insegnamento relativi agli anni 1761-62 (Conspectus exponendorum in Gymnasio a Ioanne Marsilio Botanices professore) e 1762-63 (Prospectus exponendorum in Gymnasio a Ioanne Marsilio Botanices professore), in cui – a differenza del suo predecessore, che era seguace del sistema di Joseph Pitton de Tournefort – si dichiara sostenitore del metodo classificatorio sessuale introdotto da Linneo. Alla dissertazione del 1757 fece seguito la Fungi Carrariensis historia (Padova 1766), primo lavoro di argomento micologico elaborato da un botanico padovano.
Già prima della laurea, il 14 giugno 1746, era stato ammesso all’Accademia dei Ricovrati di Padova. Diventato professore dello Studio, fu censore per le scienze dal 1764, principe nel biennio 1774-76, e poi consigliere. Nel 1772 fu aggregato all’Accademia agraria di Padova, istituita nel 1769, di cui fu vicepresidente nel 1773. Nel 1779 l’Accademia agraria si fuse con quella dei Ricovrati per dar vita alla nuova Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, di cui fu pensionario, direttore della classe di filosofia sperimentale nel biennio 1781-83 e presidente nel 1788-89.
Nella nuova Accademia il M. lesse numerose memorie, alcune delle quali furono pubblicate. Nella Descrizione della Firmiana albero esotico, che ha portato fiori e frutti a maturità nel pubblico giardino de’ semplici di Padova, presentata nel 1781 (Saggi scientifici e letterari dell’Acc. di Padova, I, ibid. 1786, pp. 106-116) descrisse e raffigurò una Sterculiacea originaria della Cina, coltivata nel giardino di villa Farsetti a Santa Maria di Sala (Venezia) e poi nell’orto padovano, da lui chiamata Firmiana in onore del conte Carlo Gottardo di Firmian, ora denominata Firmiana simplex (L.) Wight. Nella memoria Del genere e d’una nuova spezie di Phytolacca, presentata nel 1786 (ibid., III, 1, ibid. 1794, pp. 104-116) egli ribadiva la propria adesione al sistema linneano. All’azione terapeutica di Datisca cannabina L. è dedicata la memoria, presentata nel 1789, Dell’erba cannabina, febbrifugo nuovo e singolare (ibid., III, 2, ibid. 1794, pp. LXXXVIII-CI). Altre due memorie, Sopra la cicuta e Sopra l’elleboro, presentate rispettivamente nel 1785 e nel 1790, furono riassunte da Melchiorre Cesarotti nelle sue Relazioni accademiche (Pisa 1803, I, pp. 185-189; II, pp. 8-12). Postuma fu pubblicata la memoria Del citiso degli antichi, presentata nel 1788 (in Memorie dell’Acc. di scienze lettere ed arti di Padova, I [1809], pp. 138-147). Pregevoli sono alcuni contributi di argomento storico, pure presentati all’Accademia ma pubblicati postumi, Di Pier Antonio Michieli botanico insigne del secolo XVI e di una sua opera manoscritta (Venezia 1845), in cui sommariamente presenta il codice erbario di Michiel in cinque volumi, di sua proprietà, e Dei patrizii veneti dotti nella cognizione delle piante e dei loro orti botanici più rinomati (Padova, 1840). Postume furono pure pubblicate le Notizie del pubblico giardino de’ semplici di Padova compilate intorno l’anno 1771 (ibid. 1840).
Il M. dedicò tutte le sue energie al miglioramento e all’espansione dell’orto botanico. Oltre a restaurare l’abitazione del prefetto, egli fece innalzare tutto il terreno dell’orto per metterlo al riparo dalle frequenti inondazioni e provvide al rifacimento della grande macchina idraulica che sollevava dal vicino canale Alicorno l’acqua necessaria per l’irrigazione. Durante la sua prefettura il numero delle specie di piante coltivate fu portato a più di 4000, molte delle quali in più esemplari, cosicché le piante effettivamente coltivate superavano il numero di 12.000. Sotto la sua direzione venne impiantato un arboreto ricco di 165 alberi esotici e montani. Lusinghiere sono le testimonianze dei viaggiatori giunti a Padova in quegli anni, tra i quali Auguste-Denis Fougeroux de Bondaroy (1763), Joseph-Jérôme Le Français de Lalande (1765) e Domenico Cotugno (1765). Il 27 sett. 1786 J.W. von Goethe visitò l’orto padovano, che trovò «leggiadro e ridente», e, osservando un esemplare di Chamaerops humilis L. var. arborescens (Pers.) Steudel, impiantato nel 1585 e tuttora vivente, detta poi «palma di Goethe», formulò per la prima volta l’idea della possibile origine di tutte le specie vegetali da un’unica pianta («Urpflanze»).
L’erbario del M., conservato nell’Archivio dell’orto botanico di Padova, contiene circa 430 specie in ordine alfabetico, secondo una nomenclatura in gran parte polinomica; le etichette, salvo qualche eccezione, mancano del luogo e della data di raccolta.
In considerazione dell’impegno dimostrato nell’arricchire l’orto «di piante nuove e pellegrine» e dei «continui suoi studii», il suo stipendio annuo venne aumentato a 550 fiorini con la ricondotta del 17 apr. 1766, mentre con la terza ricondotta (25 nov. 1773) fu portato a 750, per raggiungere 950 fiorini annui con l’ultima ricondotta (14 dic. 1780). Nel 1767 e nel 1786 il M. fu prorettore e sindaco dell’Università artista. Nell’aprile 1765, in seguito alla morte di Bartolomeo Lavagnoli, fu nominato coprotettore della Natio Germanica artistarum dello Studio di Padova, su suggerimento di Giovanni Battista Morgagni, al quale nel 1770 succedette nella carica di protettore, assumendo anche le funzioni di amministratore. In tale veste fece acquistare dalla Natio Germanica la biblioteca di Cocchi, o almeno la parte d’interesse medico.
Spesso consultato dal governo veneto, il suo nome figura anche tra i firmatari di un parere richiesto nel 1776 dal magistrato alla Sanità di Venezia al Sacro Collegio dei filosofi e medici di Padova sulla questione della morte apparente. Nel 1788 fece parte della commissione di sette professori dell’Università di Padova, istituita dal magistrato alla Sanità di Venezia e presieduta da Leopoldo Marcantonio Caldani, con l’incarico di compilare la nuova farmacopea ufficiale della Repubblica di Venezia (Codice farmaceutico per lo Stato della serenissima Repubblica di Venezia, ibid. 1790).
Il M. ebbe una vasta rete di rapporti e di conoscenze: oltre ai personaggi già ricordati, tra i naturalisti egli fu in relazione con Giovanni Antonio Scopoli, Gaetano Monti, Ferdinando Bassi, Lazzaro Spallanzani e molti altri. Giustamente considerato un esperto nell’organizzazione e nella gestione degli orti botanici, il M. contribuì in maniera determinante alla fondazione degli orti botanici di Parma (1770), dove era diventato professore di botanica Giovanni Battista Guatteri, suo allievo prediletto, e di Pavia (1773), di cui un altro suo allievo, Giosuè Scannagatta, fu curatore fino alla fine del Settecento. A lui nel 1764 il medico e chirurgo veneziano Giano Reghellini dedicò una delle sue Osservazioni sopra alcuni casi rari medici, e chirurgici (Venezia 1764, pp. XXV-XXXIX). Nel 1776 gli fu richiesto di collaborare per la botanica alla Nuova Enciclopedia Italiana promossa da Alessandro Zorzi, interrotta nel 1779 per la morte prematura di questo.
Colpito «da lenta paralisi» (Cenni biografici…, p. XXII), il 28 sett. 1793 gli fu concesso come aiutante Giuseppe Antonio Bonato, già suo allievo, con il titolo di ispettore sopraintendente. L’anno successivo Bonato gli succedette nella cattedra e nella prefettura dell’orto. Il 27 ag. 1794 fu collocato a riposo con il mantenimento dello stipendio e dell’alloggio nell’orto.
Il M. morì a Padova il 9 maggio 1795 e fu sepolto nel chiostro del capitolo della basilica di S. Antonio, con un’iscrizione dettata dall’amico Gennari.
Lo studio della botanica non lo distolse mai dai suoi interessi letterari, anche se la sua produzione in questo campo ebbe un carattere occasionale. Appassionato bibliofilo, il M. possedeva una ricchissima biblioteca che alla sua morte lasciò alla sorella Santina, dalla quale l’acquistò Bonato. Questi nel 1835 ne fece donazione all’orto botanico, a eccezione del codice erbario di Michiel passato alla Biblioteca Marciana, dove attualmente si trova. Il M. ebbe anche due fratelli, Giorgio e Sebastiano, entrambi avvocati, ammessi all’Accademia dei Ricovrati rispettivamente nel 1758 e nel 1771. Amante dell’antichità e della numismatica, il M. possedeva numerosi pregevoli quadri, tra cui opere di Tiziano, G.B. Cima da Conegliano, Giovanni Bellini e G.B. Piazzetta.
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