TURRINI (Turini), Giovanni Maria
TURRINI (Turini), Giovanni Maria. – Nato nel 1611, era figlio di Pietro (1590 ca.-1646), originario del territorio bresciano, al pari di molti altri librai operanti a Venezia tra la fine del XVI secolo e i primi decenni del successivo.
Non risultano relazioni dirette dei due con Antonio Turrini, tipografo a Venezia tra il 1609 e il 1620 e primo tipografo di Trieste, dove pubblicò gli statuti della città (1625) e le opere storiche di Biagio Rith (1629) e dove morì nel 1645. Pietro, in precedenza addetto alla lavorazione di panni lana, aveva avviato un modesta impresa di fabbricazione di carte da gioco e nel 1636 aveva ottenuto l’immatricolazione all’arte della stampa veneziana dopo aver portato a termine la consueta trafila di garzone e lavorante, obbligatoria per chi non era figlio di un capomaestro. Da subito ritenne opportuno coinvolgere nelle attività il figlio maggiore Giovanni Maria, che, giovanissimo, aveva dato buona prova di sé nel commercio librario. Tra il 1630 e il 1633 aveva infatti soggiornato a Napoli come responsabile della libreria ‘della Gatta’ degli eredi di Giovanni Marino, per la quale effettuò vari viaggi d’affari in Spagna, Sicilia e altre parti del mondo, creandosi un’ampia rete commerciale e riscuotendo buoni profitti che reinvestì nelle attività editoriali, una volta ritornato a Venezia.
Già dal 1637 Pietro aveva quindi formalmente associato il figlio nell’impresa editoriale che da allora sino al 1669 si presentò sui frontespizi dei libri prevalentemente con la denominazione di ‘Turrini’ e la marca della torre assieme al motto «Deus fortitudo et turris mea». Nel 1646, alla morte di Pietro, Giovanni Maria assunse la direzione completa, inserendo tuttavia i due giovani fratelli Francesco e Giacomo dei quali era tutore, tutti residenti nella casa nella contrada di San Martino nel sestiere di Castello, ove aveva sede anche la tipografia. L’azienda disponeva inoltre di una fornita libreria all’insegna della torre in Spadaria a San Zulian, nei pressi di piazza S. Marco, e di un’altra libreria a Bologna, alle scale di S. Petronio, con la medesima denominazione, diretta dal piemontese Giovanni Francesco Vico.
L’armonia tra i fratelli tuttavia presto si ruppe e nel 1658 si arrivò a una divisione con Giacomo; Francesco nel frattempo aveva accettato l’incarico di agente della ditta dei fratelli Mora a Lisbona, dove morì nel 1684 gestendo intensi rapporti commerciali con Venezia, tramite il porto di Livorno.
Nel campo editoriale l’attività tra il 1640 e il 1666 fu molto intensa. Nel 1643 i Turrini si collocavano per imposizioni fiscali al settimo posto tra gli immatricolati all’arte della stampa veneziana. A quell’epoca disponevano di un solo torchio tipografico. Divennero tre negli anni successivi e nel 1656 Turrini risultava il terzo contribuente della corporazione, preceduto solo da Francesco Baba e Niccolò Pezzana. Egli appare in questi anni un imprenditore dotato di capitali propri, alla guida di un’azienda solida, in grado di investire direttamente nell’attività editoriale, correndo tutti i rischi d’impresa, sottoscrivendo dettagliati contratti scritti con autori e lavoranti in cui erano precisati compensi e obblighi delle parti. Aveva inoltre interessi in una cartiera nel Trevigiano, anche se diversificava gli acquisti rifornendosi di carta anche a Fabriano, quando era necessario per ragioni di qualità. Dalle sue carte d’ufficio conservate (Archivio di Stato di Venezia, Ospedali e luoghi pii diversi, bb. 576-577) traspare inoltre come figura sicura di sé e del suo ruolo, in grado di esibire, a differenza di buona parte degli altri colleghi del tempo, una certa statura culturale, attestata anche dalla pubblicazione come autore di un volume intitolato Costumi, leggi, riti, et usi antichi et moderni de’ popoli d’Europa (1656) e dedicato al piemontese Domenico Francesco Tarino, che aveva conosciuto in uno dei suoi viaggi d’affari. Il contenuto non privo di interesse rifletteva esattamente il titolo ed era presentato dall’autore come l’esito della lettura di «vari libri» e preludio, qualora ne avesse trovato il tempo, di una prosecuzione analoga sui costumi d’Asia, Africa e America, che non risulta però mai uscita.
Il punto di forza del catalogo di Turrini, al pari dei principali tipografi del suo tempo, era costituito dai libri liturgici, chiamati Rossi e Neri essendo stampati in inchiostro rosso e nero. Era un tipo di produzione che richiedeva notevole perizia tecnica e l’uso di materiali di ottima qualità, proprio per questo riservato alle figure più solide del mondo dell’editoria del tempo, ma in grado di garantire ampio spaccio commerciale in tutta l’Europa cattolica. Nel 1656 il catalogo specifico di Turrini comprendeva cinquantasei titoli tra breviari, offici, diurni, rituali in vari formati. A tali materiali si affiancavano altri strumenti molto ricercati dalla clientela ecclesiastica come lo Scrutinium sacerdotale di Fabio Incarnato, le edizioni dei decreti del Concilio di Trento, l’Indice dei libri proibiti e gli aggiornamenti dal 1596 all’ultimo pubblicati con il falso luogo di stampa di Roma e l’indicazione della Reverenda Camera Apostolica, al fine di eludere i divieti veneziani nei riguardi delle disposizioni della Congregazione dell’Indice che ledevano la sensibilità giurisdizionale della Repubblica (Elenchus librorum omnium post indicem Clementis VIII in decretis sacrae indicis congregationis vsque ad annum 1644, Romae 1644). Del resto la libreria bolognese poteva offrire una sponda nello Stato della Chiesa per simili operazioni.
La sicurezza garantita dalla produzione liturgica ed ecclesiastica consentì a Turrini di affrontare in autonomia il mercato editoriale in anni di drammatica crisi per l’editoria veneziana. Tra i circa duecento titoli prodotti tra il 1640 e il 1666 spiccano opere di Giovanni Ambrogio Marini, di Anton Giulio Brignole Sale, l’Historia del cavalier perduto di Pace Pasini, vari romanzi di Luca Assarino, la traduzione di Francesco Pona dell’Argenide di John Barclay, l’Antilucerna dello stesso Pona, le ristampe delle Opere permesse di Ferrante Pallavicino, i volumi di storia contemporanea di Alessandro Zilioli, Galeazzo Gualdo Priorato, Maiolino Bisaccioni, Giovanni Battista Birago Avogadro, Girolamo Brusoni, Giuseppe Ricci. Era inoltre consueta un’intensa collaborazione con altri librai del tempo attestata dalla presenza nei suoi magazzini di centinaia di esemplari di edizioni in cui egli non risultava formalmente coinvolto. Più in generale era anche rilevante l’attività commerciale con enormi assortimenti di libri di ogni provenienza e in ogni disciplina, pur prevalendo i generi di maggior spaccio, come la medicina e le opere per le scuole.
Tra i nomi degli autori pubblicati compaiono vari scrittori vicini all’Accademia degli Incogniti, la principale accademia del tempo posta sotto il controllo di Giovanni Francesco Loredan, da cui dipendeva buona parte del sistema editoriale veneziano, caratterizzato in quegli anni di crisi da una miriade di piccole figure che non avevano altra risorsa che accettare le proposte di Loredan. È da sottolineare la sostanziale indipendenza di Turrini che era in grado di non subire imposizioni da parte di altri. Si spiega così l’impegno condotto a partire dal 1648, e ancor più tra il 1654 e il 1655, nella ristampa delle Opere permesse di Ferrante Pallavicino, queste ultime introdotte da una biografia dello scrittore decapitato ad Avignone nel 1644 scritta da Girolamo Brusoni, che tra le righe accusava Loredan di avergli attribuito opere quali il Divorzio celeste che non sarebbero state sue. Può essere collocata quindi all’interno di un conflitto sotto traccia esistente tra anime diverse del libertinismo veneziano l’accusa che venne rivolta a Turrini nell’agosto del 1655, proprio mentre si concludeva l’edizione delle opere di Pallavicino, di essere «poco christiano» e di stampare «tutto il giorno libri eretici e contro il nostro principe», pubblicando sia opere proibite dagli indici romani, sia eludendo le disposizioni della censura veneziana, ricorrendo all’uso di falsi luoghi di edizione (Archivio di Stato di Venezia, Inquisitori di Stato, b. 638). In specifico si ricordavano le Decisiones S. Rotae Romanae (1652) raccolte da Clemente Merlino e il Tractatus de officio, et iurisdictione datarii, et de stylo datariæ (1654) di Teodoro Ameyden, che mantenevano parti che la censura di Stato veneziana aveva ritenuto lesive delle prerogative dell’autorità della Repubblica. Nel primo caso Turrini aveva pubblicato separatamente un fascicolo con falso luogo di stampa di Torino (Decisiones omissae in editione veneta Clementis Merlini, Augustae Taurinorum, Tipys Francisci Ferrofini, 1652) nel quale erano presenti tutte le parti omesse, nel secondo aveva ignorato i tagli che erano stati imposti. In entrambe le circostanze non risultano conseguenze che lasciarono tracce.
Turrini morì senza eredi diretti il 20 settembre 1665, dopo due anni di malattia.
L’attività tipografica e libraria passò al fratello Giacomo, che tuttavia la ridusse consistentemente, associandosi talvolta per alcune specifiche imprese con altri librai quali Lorenzo Baseggio. Nel 1680 pubblicò una ristampa non ufficiale della seconda edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca. Giacomo scomparve senza eredi nel 1702.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Arti, b. 163, 166, 178, c. 1r-2r; Giudici di Petizion. Inventari, 399, f. 42; Inquisitori di Stato, bb. 527, 3 agosto 1655, 638, 3 agosto 1655; Notarile atti, b. 10908; Ospedali e luoghi pii diversi, bb. 576, 577; Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, B.1875: Liber expeditorum S.ti Officii Bononiae 1635-1660, c. 43r. Cataloghi coevi delle edizioni Turrini sono talvolta allegate a esemplari delle edizioni degli anni Cinquanta.
P. Kandler, Di Antonio Turini primo tipografo in Trieste e di Giovan Maria Petreuli scrittore delle prime storie di Trieste date alle stampe, Trieste 1860; Le edizioni veneziane del Seicento: censimento, a cura di C. Griffante, Venezia-Milano, 2003-2006, ad ind.; E. Rebellato, La fabbrica dei divieti. Gli indici dei libri proibiti da Clemente VIII a Benedetto XIV, Milano, 2008, pp. 109 s., 324 s.; M. Infelise, Chi stampava i primi libretti d’opera (Venezia 1637-1645)? , in Itinerari del libro nella storia: per Anna Giulia Cavagna a trent’anni dalla prima lezione, Bologna 2017, pp. 141-150.