PODERICO, Giovanni Maria
PODERICO, Giovanni Maria. – Non è possibile specificare la data di nascita di Poderico, napoletano nato probabilmente nella seconda metà del XV secolo, arcivescovo di Nazareth e poi di Taranto, e cappellano maggiore del Regno.
I Poderico erano una famiglia di antico patriziato napoletano, aggregata al seggio di Montagna. Attraverso le intestazioni feudali a seguito delle capitolazioni di Blois e del diploma del 30 maggio 1507 di Ferdinando il Cattolico, è possibile desumere che Giovanni Maria fu figlio di Giovanni Antonio e fratello di Paolo Antonio, nonché nipote ex-fratre di Berardino Poderico. Lo zio e il fratello furono signori feudali della baronia e dei casali di Salza e Manicalzati, della terra di Serra e del feudo di Stornara, ottenuti come compensazione per la perdita di Colobrano, San Mauro e Garaguso in Basilicata e di Camella nel Cilento, da restituire ai Sanseverino di Salerno. Ferdinando dispose, inoltre, che Giovanni Maria e suo fratello Paolo Antonio subentrassero come eredi nei domini di Berardino, privo di figli (Ricca, 1869, pp. 81 s.). Il fratello Paolo Antonio sposò Eleonora Piccolomini d’Aragona. I legami familiari, nonché le cariche ricoperte da Poderico, rimandano, quindi, a un contesto di sicura lealtà prima agli aragonesi napoletani e successivamente a Ferdinando il Cattolico.
Centro della vita dei Poderico fu la chiesa napoletana di S. Agnello, da cui la famiglia vantava di discendere. Due suoi esponenti furono sepolti dietro l’altare maggiore. Lo stesso Poderico fu molto devoto al santo, e per sua committenza fu ristrutturata nel 1517 la navata della chiesa e fatto erigere un sontuoso altare, sotto il quale fu traslato il corpo del santo. Sempre su committenza di Giovanni Maria Poderico, all’epoca già arcivescovo di Taranto, Girolamo Santacroce scolpì le statue dell’altare.
Nel 1491 fu eletto da Innocenzo VIII arcivescovo di Nazareth. Si trattò di un incarico di grande prestigio: come scrisse Pietro Giannone (1723, p. 528), l’arcivescovo di Nazareth risiedeva a Barletta e gli furono attribuite nel 1434 la chiesa di Monteverde e nel 1455 quella di Canne, nonché altre istituzioni ecclesiastiche sparse nelle diocesi pugliesi. Singolare prerogativa del primate di Nazareth fu la facoltà di esibire i simboli vescovili della croce, del pallio e della mozzetta per tutta la cattolicità. Dal 24 aprile 1510 fino alla sua morte nel 1524 Poderico fu inoltre arcivescovo di Taranto. Tuttavia, la più rilevante carica che l’arcivescovo ricoprì fu quella, nel 1505, di cappellano maggiore. Anche questo ufficio conferma la sua adesione al nuovo potere ispanico.
Al cappellano maggiore era, infatti, richiesta una provata fedeltà alla monarchia, venendo egli consultato per la concessione del regium exequatur ai provvedimenti della S. Sede. In tali circostanze, pur essendo solitamente un vescovo, il cappellano maggiore doveva pronunciarsi sugli eventuali pregiudizi che potessero derivare alle prerogative sovrane. L’ufficio, di origine medievale, aveva come originaria mansione la cura dell’oratorio del Re e la celebrazione delle funzioni religiose nelle cerimonie solenni tenute alla presenza del sovrano; presiedeva inoltre alla cappella palatina e alla cura spirituale della famiglia reale. La sua autorità, già dai tempi angioini, si estese a tutti i chierici del Palazzo reale, alle chiese regie del Regno e alle cappelle nelle dimore reali anche temporanee. Nel corso del tempo acquisì rilevanti prerogative giurisdizionali anche temporali. Proprio nel corso dell’esercizio di Poderico, Leone X, con una bolla emanata il 9 novembre 1519, confermò gli antichi privilegi e concesse un’ampia giurisdizione su cappellani, chierici, scolari e cantori delle cappelle regie, sottratti all’autorità dell’ordinario diocesano.
Il potere giudiziario si esercitava nella Curia e si occupava di giudicare tutte le cause criminali civili e miste e le controversie che riguardavano gli ecclesiastici addetti alle cappelle regie e alle confraternite laicali.
All’epoca aragonese, oltre alla giurisdizione amministrativa delle scuole private, si aggiunse il compito di sovrintendere allo Studio regio, di cui il cappellano maggiore era rettore e amministratore. Di fatto la nomina di Poderico coincise con la riapertura dello Studio napoletano, dopo numerosi anni di chiusura a causa delle tormentate vicende della caduta del Regno aragonese. Giangiuseppe Origlia (1754, p. 5), antico storico dello Studio napoletano, sostenne che Poderico (da lui erroneamente chiamato Roderico), già cappellano maggiore di Consalvo de Cordova, fu dal gran capitano nominato prefetto agli studi, in vista della riapertura e della riorganizzazione dei Regi studi. L’incarico fu quindi confermato da Ferdinando il 1° novembre 1506, al momento dello sbarco a Napoli del sovrano. Poderico nel 1507 si rivolse, quindi, al nuovo viceré, don Giovanni d’Aragona, perché indirizzasse allo scrivano di Ragione l’ordine per il pagamento della rata stipendiale ai professori, inserendo il catalogo dei docenti del Regio studio. Nello stesso anno ebbe per delega del re la giurisdizione amministrativa civile e criminale nell’ambito del Regio studium, cioè sui reati commessi da studenti, professori e personale. Dai bilanci del viceregno è noto che nel 1514 e nel 1515 percepì annualmente 200 ducati, cifra che è da considerare di media entità tra gli stipendi pagati dalla corte vicereale.
Come si è detto, il cappellano maggiore svolgeva una serie di cerimonie religiose di particolare rilievo. Il 6 dicembre 1517, Poderico celebrò a Napoli il matrimonio di Bona Sforza e Sigismondo di Polonia in una sfarzosa cornice che vide la partecipazione della nobiltà e delle alte gerarchie del Regno, in un clima di reviviscenza della gloria aragonese.
Morì a Napoli nel 1524. Niccolò Morelli (1852, p. 10), che però colloca, erroneamente, la morte nel 1531, indica come luogo di sepoltura del cappellano la chiesa di S. Lorenzo.
Fonti e Bibl.: B. Chioccarello, Archivio della Regia giurisdizione del Regno di Napoli, Venezia 1721, p. 15; Giuliano Passero, cittadino napoletano o sia Prima pubblicazione in stampa che delle storie in forme di Giornali le quali sotto nome di questo autore finora erano andate manoscritte, da Vincenzo Maria Altobelli…, Napoli 1735, p. 251; E. Ricca, Istoria dei feudi delle due Sicilie di qua dal faro, intorno alle successione legale de’ medesimi dal XV al XIX secolo, IV, Napoli 1869, pp. 81 s.; Consulte e bilanci del Viceregno di Napoli dal 1507 al 1533, a cura di G. Coniglio, Roma 1983, pp. 225, 359; E. Catone, Il volume 935 dell’Archivio del Cappellano Maggiore presso l’Archivio di Stato di Napoli, in Scrinia. Rivista di archivistica, paleografia, diplomatica e scienze storiche, IV (2007), 1, pp. 88-89.
P. Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli, I, Napoli 1723, p. 528; Vita de’ pittori, scultori ed architetti napoletani scritte da Bernardo de Dominici, I, Napoli 1742, p. 86; P. Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli con accrescimento di note…, III, Haya 1753, pp. 156 s.; G. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli, Napoli 1754, p. 5; N. Morelli, Vite de’ re di Napoli, II, Napoli 1852, p. 10; G. Nobile, Descrizione della città di Napoli e delle sue vicinanze, Napoli 1855, tomo II, p. 798; Notizie del bello e dell’antico e del curioso della città di Napoli raccolte dal canonico Carlo Celano […] con aggiunzioni per cura del Cav. Giovanni Battista Chiarini, IV, Napoli 1870, p. 608; N. Cortese, L’età spagnola, in Per la storia dell’Università di Napoli, Napoli 1924, p. 220; R. Trifone, L’Università di Napoli dalla fondazione ai giorni nostri, Napoli 1954, p. 42; G. Galasso, Il Regno di Napoli - Il Mezzogiorno spagnolo, in Storia d’Italia, XV, tomo II, Torino 2005, pp. 254, 295.