OLGIATI, Giovanni Maria
OLGIATI, Giovanni Maria (Gian Maria, Gianmaria). – Figlio di Giovan Ambrogio e di Bernardina dal Re, nacque con ogni probabilità a Milano intorno al 1494, come si evince dall’iscrizione posta sulla sua tomba, nella prima cappella a destra di S. Maria delle Grazie, che lo ricorda di 63 anni al momento della morte. Anteriormente al marzo 1530 sposò Caterina Enriotti dei conti di Mede Lomellina e ne ebbe un’unica figlia, Smeralda (1534 circa - 1591).
La sua carriera di ingegnere militare si svolse sempre al servizio dell’Impero asburgico e dei suoi alleati, principalmente all’interno dello Stato di Milano ma pure in Piemonte, in Liguria e in Corsica, nelle Fiandre e in Toscana. Ricordato già nel XVI secolo come valente ingegnere da Giovanni Paolo Lomazzo (1584) e da Paolo Morigia (1592, 1595), la sua opera è stata oggetto di studio solo in tempi relativamente recenti.
Poco o nulla si conosce della sua formazione, certo eminentemente ‘pratica’, maturata sul campo, ben più che teorica o libresca, e delle sue esperienze giovanili: nel 1553 l’ambasciatore veneto nelle Fiandre asburgiche Marco Antonio da Mula scriveva in un dispaccio alla Serenissima Signoria (Archivio di Stato di Venezia, Archivio proprio Germania 6, 16 luglio 1553) di aver saputo dallo stesso Olgiati che questi aveva servito la Repubblica nelle fortificazioni di Corfù e Famagosta almeno tre decenni prima e che non avrebbe disdegnato difare ritorno alle dipendenze di Venezia. Tuttavia in un’altra occasione Olgiati affermava di essere stato al servizio degli Sforza fin dal 1520, data probabilmente da intendersi come indicazione generale più che come esatta collocazione temporale (Leydi, 1989B, p. 12).
Per trovare la prima menzione certa di un suo impegno professionale si deve attendere la fine del terzo decennio del secolo, quando aveva 35 anni circa. Nel 1529 gli venne infatti affidato l’incarico, da parte del marchese Francesco Ludovico di Saluzzo, di condurre 200 fanti a Mongardino e di compiere un sopralluogo alle mura di Valfenera; mentre nel 1534 risulta certamente al servizio di Francesco II Sforza che l’anno successivo lo impiegò a Pavia. La sua partecipazione all’impresa di Tunisi (estate 1535) come ingegnere ed esperto di artiglierie al seguito di Alfonso d’Avalos deve ancora essere esplicitamente documentata (è anzi molto dubbio che si possa identificare con lui il «Giovan Maria» citato dalle fonti [Maggiorotti, 1939, pp. 32 e 212]), mentre è certo che alla morte del duca di Milano (1° novembre 1535) entrò alle dirette dipendenze dell’esercito imperiale impegnato nel Piemonte occupato dai francesi sia come ingegnere sia probabilmente come artigliere con lo stipendio di 1500 lire l’anno.
Dal 1536 ricevette l’incarico da parte della Repubblica di Genova di progettare ristrutturazioni o interventi di grande portata: prima le mura di Genova, i cui lavori si sarebbero protratti per alcuni anni comprendendo anche l’erezione della porta dell’Arco, unico esempio sopravvissuto di architettura civile a lui ascrivibile; poi, nel 1539, laconsegna del piano della città di nuova fondazione di Portovecchio (nella Corsica sottoposta al genovese Banco di San Giorgio; lo schizzo autografo è in Archivio di Stato di Como, Volpi, 91). È probabile che in tali anni si sia trattenuto a Genova, dove la Repubblica gli aveva affittato casa, con saltuarie puntate nel Milanese per sopralluoghi. In ogni modo il suo stipendio, pagato dalla Camera milanese, venne ridotto da 1500 a 1000 lire imperiali proprio per il continuo impegno ligure. Solo nel 1541 entrò stabilmente nei ruoli degli ingegneri camerali dello Stato di Milano e l’anno successivo fu nominato capitano generale dell’artiglieria (Leydi, 1989B, pp. 16, 39).
Pur continuando i sopralluoghi in varie città dello Stato per decidere riparazioni d’emergenza, dal 1542 parve concentrarsi, su ordine del governatore Alfonso d’Avalos, sulla difesa di Milano dove progettò almeno due bastioni e assunse un delicato ruolo amministrativo in qualità di deputato al controllo dei conti e delle spese che ebbe obbligo, queste ultime,di controfirmare prima che fossero messe in pagamento.
Fino alla pace di Crépy (ottobre 1544) lavorò dividendosi tra la Lombardia (dove da lui dipendevano molti cantieri), il Piemonte (al soldo dell’esercito imperiale) e la Liguria (dove per esempio progettò la fortezza di Savona); nel settembre dello stesso 1544 giunse finalmente la conferma imperiale del grado di capitano dell’artiglieria, ricoperto fino ad allora solo ‘a beneplacito’ su nomina del governatore. Con la fine del 1544, pacificata la frontiera occidentale e venuta meno la necessità di porla in difesa contro i francesi, gli impegni in Lombardia si limitarono a rapidi sopralluoghi per seguire i pochi cantieri ancora aperti; in compenso riprese la collaborazione con la Repubblica di Genova per completarne le difese della città secondo il progetto steso quasi un decennio prima.
Le morti di Carlo di Valois (settembre 1545) e di Alfonso d’Avalos (marzo 1546) portarono lo Stato di Milano a gravitare completamente nell’orbita imperiale. La scomparsa del secondogenito del re di Francia Francesco I di Valois annullò definitivamente la possibilità che la Lombardia potesse divenire la dote di una principessa asburgica da maritare con un figlio cadetto del re francese; la successiva nomina di Ferrante Gonzaga, già viceré di Sicilia e fedelissimo dell’imperatore, a governatore di Milano, rese esplicita la volontà di mantenere il Milanese all’interno dei domini di Carlo V. Anche la politica difensiva imposta dal nuovo governatore allo Stato, ormai considerato strategico per la difesa degli interessi imperiali in Italia, mutò radicalmente: i lavori di fortificazione, abbandonati nel 1544 con la fine delle ostilità franco-imperiali e non ripresi a seguito dell’avvenuto accordo tra Francesco I e Carlo V per la cessione dello Stato, furono tra le priorità politiche e militari della nuova amministrazione.
A seguito della mutata temperie politica, tra l’estate del 1546 e la fine del 1547 Olgiati venne incaricato di stendere un circostanziato rilievo delle necessità fortificatorie dell’intero Stato di Milano, impegno inframmezzato dalla direzione dell’assedio ai Fieschi (rivoltatisi contro Andrea Doria e la Repubblica di Genova) asserragliati a Pontremoli e Montoggio; mentre in questo stesso periodo è ancora da appurare un suo eventuale viaggio a Vienna per la fortificazione della capitale, da escludersi nel 1547 ma possibile nel 1544, quando mancano sue notizie dalla metà di maggio ai primi di novembre. Certamente nel 1547 accompagnò il governatore di Milano Ferrante Gonzaga in una visita alle città e ai borghi del Piemonte, a testimonianza della quale rimane un quadernetto di schizzi e appunti (Archivio di Stato di Como, Volpi, 91).
Il 1548 segnò una svolta: in tale anno si deve infatti collocare la progettazione ex novo della nuova cinta bastionata che in capo a un decennio avrebbe circondato Milano, la capitale dello Stato (Leydi, 1985).
La costruzione del circuito, di più di 11 km, inframmezzato da bastioni e piattaforme e presto collegato al vecchio castello di Porta Giovia mediante due opere accessorie chiamate ‘tenaglie’, prese ufficialmente inizio solo nel marzo 1549 con la posa della prima pietra, ma l’anno precedente Olgiati aveva preparato i piani necessari alla pubblicazione dei bandi di appalto dei lavori, la cui prima grida risale all’ottobre 1548. I due tratti di mura interessati a questa iniziale tranche di impresa compresero gli spalti da innalzare da porta Orientale a porta Comasina e da porta Ticinese a oltre porta Ludovica, mentre negli anni seguenti sarebbero state bandite le gare per l’aggiudicazione delle restanti parti, comprese le due ‘tenaglie’ del castello, risalenti al 1551-53 (Leydi, 1989A).
L’impegno milanese non esaurì però l’attività di Olgiati che progettò e seguì anche altri cantieri in Lombardia, Piemonte e Liguria; anziano e stanco declinò l’invito a recarsi nelle Baleari, ma nell’autunno del 1550 venne inviato a Siena per presiedere la progettazione della nuova cittadella, trattenendovisi per alcuni mesi, fino alla primavera del 1551, per poi farvi ritorno ancora nella primavera successiva. Il risultato di tale lungo soggiorno toscano fu il progetto di una fortezza il cui sviluppo venne fortemente condizionato dal luogo scelto per la sua erezione e nella quale Olgiati innestò una ‘tenaglia’ che, per tracciato e dimensioni, risultò quasi identica a quella che dal 1553, sempre su suo progetto, avrebbe difeso il castello di Milano protendendosi verso nord.
Negli anni seguenti fu attivo in molti cantieri aperti per il rafforzamento delle fortificazioni dello Stato di Milano, tutte innalzate su suoi progetti e poi affidate per il controllo dei lavori a altri ingegneri o soprastanti di sua fiducia. Nella primavera del 1553 venne inviato nelle Fiandre in compagnia dell’ingegnere Sebastiaan van Noyen, per un viaggio lungo delle difese imperiali poste sulla frontiera con la Francia (van den Heuvel, 1986-87), che toccò certamente le piazzaforti di Lussemburgo, Maastricht, Thionville, Marienbourg, Bouchain, Cambrai, Valenciennes, Renty e Namour, forse anche Arras e Bapaume, prolungandosi fino all’autunno (cronologicamente l’ultimo rilievo-progettoconservato nell’Archivio di Stato, Torino, sezione I, Architettura militare J b I 6, n. 18, relativo al castello di Renty, reca la data del 12 settembre). La primavera successiva, su incarico del Banco di San Giorgio, visitò le Riviere liguri e la Corsica e progettò la cittadella corsa di Calvi; fu tuttavia la grande fabbrica di Milano ad assorbire le sue energie per l’intero 1554, anno segnato anche dal richiamo a corte del governatore di Milano, Ferrante Gonzaga in quel momento al comando dell’esercito imperiale in Piemonte per contrastare l’offensiva francese e sostituito da Gómez Suárez de Figueroa.
Nel 1555 lavorò alle dipendenze di Figueroa per rinforzare le difese del fronte occidentale: la perdita di Casale Monferrato, in marzo, obbligò alla fortificazione di Novara, di Pavia e soprattutto di Valenza (Leydi, 1989B, pp. 108 s.), cui l’ingegnere si adoperò in modo continuativo soprattutto tra la fine del 1555 e i primi tre mesi del 1556 per poi trasferirsi a Cremona per progettare e discutere con i rappresentanti cittadini l’ampliamento della cinta muraria della città. Richiamato ancora a occidente per le fortificazioni di Vercelli e Asti, fu anche ad Arona; l’impegno maggiore rimase però sempre la difesa di Valenza, che tuttavia cadde in mano francese nel gennaio 1557. Non è noto se, almeno in parte, venne incolpato della perdita della città: certamente dalla primavera del 1557 i suoi impegni lavorativi si fecero molto sporadici limitandosi a una visita a Vigevano e al castello di Novi, su incarico dei Genovesi.
Morì nella sua casa di Milano il 18 ottobre 1557.
Fonti e Bibl.: G.P. Lomazzo, Trattato dell’arte della pittura, Milano, Paolo Gottardo Pontio, 1584, p. 652; Id.,Tavola de i nomi de gl’artefici più illustri […], ibid., p. 689; P. Morigia, Historia dell’antichità di Milano, Venezia, Appresso i Guerra, 1592, p. 290; Id., La nobiltà di Milano, Milano, nella Stampa del quon. Pacifico Pontio, 1595, p. 287; G. Campori, Lettere artistiche inedite, Modena 1866, pp. 26 s.; C. Promis, Gl’ingegneri militari che operarono o scrissero in Piemonte dall’anno MCCC all’anno MDCL, Torino 1871, pp. 107-114; F. Calvi, Gian M. O. inventore dei bastioni di Milano, in Archivio storico lombardo, s. 1, VII (1880), 1,pp. 140-143;L.A. Maggiorotti, Gli architetti militari,III, Gli architetti militari italiani nella Spagna, nel Portogallo e nelle loro colonie, Roma 1939, pp. 32, 98 e 212; A. Scotti, Per un profilo dell’architettura milanese (1535-1565), in Omaggio a Tiziano. La cultura artistica milanese nell’età di Carlo V (catal.), Milano 1977, pp. 97-121; S. Leydi, La linea esterna di fortificazioni di Milano, 1323-1550, inStoria urbana, IX (1985), 31, pp. 3-29; Id., Il quaderno di appunti di Gianmaria O.: le fortezze piemontesi nel marzo 1547, ibid., X (1986), 34, pp. 163-190; C. van den Heuvel, ‘Capitaine Jehan Marie et maistre Bastien d’Utrecht’, in Stichting Menno van Coehoorn Jaarboek, 1986-87, pp. 9-23; G. De Moro, Per l’immagine urbana vercellese nel Cinquecento. Una pianta di G.M. O. del 1551, inBollettino storico vercellese, XVI (1987), 1, pp. 27-35; Id., G.M. O. (1495-1557). Contributo alla riscoperta di un «inzegnero» lombardo al servizio di Spagna, in Architettura militare nell’Europa del XVI secolo. Atti del Convegno,Firenze… 1986, a cura di C. Cresti - A. Fara - D. Lamberini, Siena 1988, pp. 149-206; S. Leydi, Adeguamenti ‛alla moderna’ nell’opera di Gianmaria O., in La città e le mura. Atti del Convegno, Parma… 1987, a cura di C. De Seta - J. Le Goff, Bari-Roma 1989, pp. 207-226; Id., Le tenaglie del castello di Milano: progetti e realizzazioni, in Storia urbana, XIII (1989A), 46, pp. 59-80; Id., Le cavalcate dell’ingegnero. L’opera di Gianmaria O., ingegnere militare di Carlo V, Modena 1989B; J. Akacha - M. Garulli, Architetti e ingegneri militari italiani al presidio della goletta di Tunisi (1535-1574), in Architetti e ingegneri militari italiani all’estero dal XV al XVIII secolo, a cura di M. Viganò, Livorno 1994,pp. 79-95; F. Bouza, ‘Aulcuns deseings des places des Pays Dembas’. El cardenal Granvela y una planta de Valenciennes, fechada en 1553, del ingeniero milanés Giovan María Olgiato, in Avisos Digital. Noticias de la Real Biblioteca, II (1996), 5; S. Leydi, La fabbrica delle mura: un cantiere pavese del Cinquecento in Dentro e fuori le mura. Spazio urbano ed extraurbano a Pavia dal’età classica alle soglie del Duemila. Atti del Convegno di studi, Pavia…1998, inAnnali di storia pavese, 1999, n. 27, pp. 307-324 (n. speciale); C. van den Heuvel - B. Roosens, Los Países Bajos. Las fortificaciones y la coronacón de la defensa del imperio de Carlos V, in Las fortificaciones de Carlos V, Madrid 2001, pp. 579-605; D. Beltrame, Per la storia della fortificazione di Vercelli del primo Cinquecento. L’attività di G.M. O. (1544-1557 ca.), in Bolletti-no storico vercellese, XXXIII (2004), 62 pp. 69-98; Id., Per la storia della fortificazione di Novara. Gli interventi del primo Cinquecento, in Bollettino storico per la provincia di Novara, XCVI (2005), 1, pp. 195-268; S. Leydi, O., G.M., in Ingegneri ducali e camerali nel Ducato e nello Stato di Milano (1450-1706). Dizionario biobibliografico, a cura di P. Bossi - S. Langé - F. Repishti, Firenze 2007, pp. 94-97.