MORANDI, Giovanni Maria
MORANDI, Giovanni Maria (Giammaria). – Figlio di Ottavio (Baldinucci 1681), nacque a Firenze con ogni probabilità nel 1620, poiché dal necrologio romano risulta morto all’età di 97 anni (Waterhouse, 1967, p. 117, n. 7).
Secondo Lione Pascoli (1736) sarebbe nato invece il 30 aprile 1622, notizia che, a sua volta, non trova conferma nella biografia di Nicola Pio (1724) secondo la quale Morandi, nato a Firenze nel 1621, sarebbe morto nel 1719 all’età di 92 anni: affermazione che, costringendo a posticipare la data di nascita al 1627, risulta in palese contraddizione con l’asserto iniziale.
Della formazione fiorentina, dell’alunnato presso Giovanni Bilivert e del periodo di studio presso Sigismondo Coccapani, citato solo da Baldinucci (1681), non esistono documenti. Paggio presso i Medici durante la giovinezza secondo Pier Leone Ghezzi (Sansone, 2000), appena terminato l’apprendistato, venne condotto a Roma dal duca Jacopo Salviati. Documentato nel 1650 tra i fratelli dell’Arciconfraternita di S. Giovanni Decollato in Roma, fu assente dalla vita del sodalizio dal giugno 1651 al 1° gennaio 1655 e, dalla città, fino al 1654 (Sansone, 2000), periodo in cui forse compì il viaggio d’istruzione citato dai biografi a partire da Pascoli. Per volontà del duca Salviati si sarebbe infatti recato in Umbria, nelle Marche e in Romagna, sostando qualche mese a Bologna, a Modena, a Padova, a Milano, Torino, Mantova, Verona, Vicenza e Venezia.
Al rientro a Roma, grazie all’intercessione del duca, si fece notare come ritrattista e consulente artistico, attività documentata dai rapporti con il cardinale Decio Azzolino, per conto di Cristina di Svezia (Sansone, 2000), con Leopoldo de’ Medici, tramite Paolo Falconieri (Petrucci, 1998) e con padre Sebastiano Resta (Fusconi - Prosperi Valenti Rodinò, 1983-84). Scelto nel 1655 da papa Alessandro VII Chigi come ritrattista, adottò uno stile orientato alla fissità e al decoro «che cristallizzano i personaggi in una dimensione di impassibile fissità» (Petrucci, 1998, p. 135) rispetto alle novità marattiane. Una tecnica accuratamente descrittiva caratterizza il dipinto Alessandro VII alla processione del Corpus Domini (Nancy, Musée des beaux-arts) e i ritratti, più morbidi, di Angela Chigi e Sigismondo Chigi bambini (Roma, coll. privata) databili al 1656. Allo stesso periodo possono essere riportati il gruppo di sei piccoli ritratti di bambini della famiglia Chigi, oggi nel palazzo Chigi di Ariccia, e i cinque ritratti di antenati, a figura intera, sempre ad Ariccia, tra i quali compaiono i genitori di Alessandro VII.
Il 1° luglio 1657 entrò all’Accademia di S. Luca. Principe nel 1671 e nel 1680, ne fu membro attivo svolgendo attività d’insegnamento e partecipando, nel 1673, con Giovanni Battista Gaulli, Filippo Lauri, Fabrizio Chiari, Guillaume Courtois, Pietro Del Po, Lazzaro Baldi, Giovanni Bonatti, Domenico Maria Canuti, al perduto dipinto collettivo per il cardinale Gaspare Carpegna, raffigurante il Battesimo di S. Giovanni alla folla terminato entro il mese di luglio 1674 (De Marchi, 1987).
Alla seconda metà degli anni Cinquanta risale il ritratto del cardinale Giulio Rospigliosi (Roma, Galleria naz. d’arte antica di Palazzo Barberini; una replica, già ritenuta autografa, è al Museo Fabre di Montpellier) ripreso nell’incisione da Giuseppe Maria Testana per la serie dei cardinali pubblicata da Giovanni Giacomo De Rossi nel 1657-58 e, nel 1666, in quella di Nicolas Bonnart che lo ritiene invece opera di Nicolas Poussin. Discussa è l’attribuzione a Morandi del Ritratto di Bernardino Spada nell’omonima galleria, mentre ancora alla seconda metà degli anni Cinquanta vengono datati i ritratti di Mario Chigi e di Maria Virginia Borghese, entrambi conservati nel palazzo di Ariccia; agli ultimi mesi del 1659 risalgono pagamenti per i ritratti del Cardinale Flavio Chigi della Biblioteca apostolica Vaticana e per quello di Mario de’ Fiori nel palazzo Chigi di Ariccia (Petrucci, 1998).
Intorno al 1657, su pressioni del duca Salviati, Alessandro VII commissionò al pittore, per S. Maria della Pace, la tela con la Morte della Madonna, sua prima opera pubblica, posta nella parte superiore della crociera ottagonale della chiesa, e un dipinto, mai realizzato, per S. Carlo ai Catinari. La prima, di cui si conserva il bozzetto alla Galleria Borghese, fu terminata al ritorno dell’artista da Vienna dopo l’agosto 1667. Al 1659 circa risale probabilmente l’esecuzione della Visitazione nel transetto meridionale di S. Maria del Popolo, di cui esistono alcuni disegni preparatori nel Museum der bildenden Künste di Lipsia (Schleier, 1998A). A questo stesso periodo sembrerebbero potersi riportare le due versioni della Predica di s. Francesco di Sales, una già nella collezione Chigi, e l’altra in quella della Banca popolare di Modena (ibid.). Nel 1660 realizzò il sobrio ritratto commemorativo di S. Giuseppe Calasanzio (Roma, S. Pantaleo) per il preposito generale Camillo Scassellati e il 28 settembre 1662 ricevette 90 scudi per «otto ritratti di diverse grandezze» (Golzio, 1939, p. 285).
Fama e origini fiorentine furono probabilmente alla base del soggiorno del pittore a Vienna, ove fu chiamato da Leopoldo I intorno alla metà degli anni Sessanta. Tra i molti ritratti che secondo Pascoli il pittore realizzò in questa città, sono stati identificati quello del Granduca Sigmund Franz, della Granduchessa Isabella Clara, della Granduchessa Anna de’ Medici e dell’imperatrice Claudia Felicitas come Diana cacciatrice, tutti conservati al Kunsthistorisches Museum.
Richiamato a Roma dal neoeletto Clemente IX Rospigliosi, già ritratto come cardinale (Roma, Galleria naz. d’arte antica di Palazzo Barberini), Morandi lasciò Vienna il 21 agosto 1667. A Roma, dopo la conclusione di un burrascoso rapporto sentimentale, realizzò il ritratto del pontefice «in figura intera, maestosamente assiso » (Pascoli, 1736, p. 580), perduto ma noto attraverso le incisioni di Albert Clouwet e di Conrad Waumans, che gli fruttò, oltre al pagamento, varie regalie. Ulteriori rapporti di Morandi con la famiglia Rospigliosi sono documentati dai ritratti del cavaliere Tommaso, per la villa di Pistoia, di Giovanni Battista, di Camillo, dell’abate Felice e del cardinal Giacomo, tutti noti attraverso incisioni (Sansone, 2000).
Allo stesso periodo, secondo Pascoli, risalgono i dipinti di Morandi in palazzo Salviati a Roma, il cui ampliamento era incominciato nel 1657 per volontà del figlio di Jacopo, Francesco Maria. Citate erroneamente come affreschi (Waterhouse, 1967), le tre opere, su tela secondo Nicola Pio, raffiguranti Arianna e Bacco, Aurora e Cefalo e il Tempo divora le Ore sono andate perdute nel 1883, quando le stanze del palazzo furono adibite a dormitorio del collegio militare. Intorno al 1675 dovrebbe risalire il quadro con l’Annunciazione eseguito per la chiesa di S. Maria della Scala a Siena, del quale si conservano una serie di disegni preparatori (Schleier, 1998A).
Nonostante l’ascesa di Gaulli e Ferdinand Voet, Morandi continuò a svolgere l’attività di ritrattista anche sotto i papati di Innocenzo XI Odescalchi, Alessandro VIII Ottoboni, Innocenzo XII Pignatelli.
Al 1677 risalgono i pagamenti per un ritratto di Innocenzo XI noto dalla stampa di Clouwet, e, per quello, perduto, di Baldassarre Odescalchi (Villa, 1996); tra il 1689 e il 1691 dipinse due ritratti di Alessandro VIII Ottoboni, identificati da Flavia Matitti (1997) e quelli di Innocenzo XII Pignatelli noti da stampe (Petrucci, 1998).
Alla fine degli anni Settanta risalgono i due Autoritratti (Roma, Galleria dell’Accademia naz. di S. Luca; Firenze, Galleria degli Uffizi), e il ritratto di Giovan Battista De Luca (Roma, Palazzo canonicale di S. Maria Maggiore).
Nel 1680, forse per il legame con padre Sebastiano Resta (Warwick, 2000), che nel 1672 lo aveva proposto per la decorazione della cappella Spada alla Chiesa Nuova (Barbieri - Barchiesi - Ferrara, 1995), il pittore entrò ufficialmente in contatto con gli oratoriani realizzando, su commissione del priore Angelo della Ciaja, il dipinto con S. Filippo Neri per il duomo di Siena (Sansone, 1995). Databili tra il 1680 e il 1683 sono i due dipinti nella sagrestia di S. Maria dell’Anima a Roma, raffiguranti lo Sposalizio della Vergine e l’Annunciazione, ai quali seguirono le tele che Morandi realizzò a Napoli nella chiesa dei Gerolamini con S. Pietro di Alcantara in estasi e S. Antonio da Padova che bacia i piedi del Bambino Gesù, i cui studi si trovano nell’album del Museo di Lipsia (Schleier, 1998A). Tornato a Roma, nel 1684 donò all’Arciconfraternita di S. Giovanni Decollato una tavoletta «di sua mano», identificabile con quella in cui sui due lati compaiono rispettivamente la Preghiera nell’orto e la Flagellazione, conservata nella camera storica del sodalizio. Nel 1686, secondo Filippo Titi, Morandi realizzò la Madonna del Rosario per la cappella d’Elci nella chiesa di S. Sabina, oggi nell’annesso Museo, stilisticamente prossima alla Pentecoste realizzata dal pittore alla Chiesa Nuova in sostituzione della pala di Wenceslas Cobergher (Barbieri - Barchiesi - Ferrara, 1995). Terminato il lavoro, dopo una visita a un fratello in Romagna e una sosta a Bologna, è documentato a Firenze dove, accolto dal granduca Cosimo III, ritrasse la granduchessa Margherita Luisa d’Orléans. Al dipinto, perduto, seguirono altre committenze che il pittore soddisfò solo in parte con l’aiuto dell’allievo Pietro Nelli. Tornato a Roma nel 1689 (Negro, 1993, p. 26) terminò un dipinto con S. Ranieri (Pascoli, 1736, p. 581) promesso al granduca.
Un soffuso naturalismo caratterizza il Ritratto di Federico Zuccari dipinto nel 1695 in pendant con quello di Girolamo Muziano di Giuseppe Ghezzi in occasione del centenario dell’Accademia di S. Luca e qui conservato (Lo Bianco, 1985). Tra il 1696 e il 1698, realizzò, per un pagamento di 300 scudi, la tela con i Ss. Valentino e Ilaro adoranti il Sacramento per il duomo di Viterbo e, probabilmente nello stesso periodo, Le Marie al sepolcro della collezione Lemme (Schleier, 1998B), entrambi forse identificabili con le opere esposte nel 1696 a S. Salvatore in Lauro per la festa della Santa Casa di Loreto.
Membro dell’Accademia dell’Arcadia nel 1699 con il nome di Mantino Agoriense, fu presente alle mostre della chiesa dei Piceni negli anni 1704, 1708, 1710 (quando espose per conto proprio la Flagellazione di Cristo), 1713 e 1714. Alla Flagellazione, spedita a Firenze ai padri oratoriani e nota solo da un’incisione (Lastri, 1795, f. 79) seguì, secondo Pascoli, l’esecuzione di due dipinti in S. Pietro in Montorio raffiguranti S. Francesco e S. Antonio.
Il 12 luglio 1712 redasse il testamento in cui disponeva alcuni legati di quadri e nominava eredi gli oratoriani di S. Filippo a Firenze (De Marchi, 1987).
Morì a Roma il 18 febbraio 1717, come risulta dal citato necrologio romano, e fu sepolto nella chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini. Tra i molti allievi figurano Paolo de’ Mattei, Pietro Valentini, Pietro Nelli e Odoardo Vicinelli.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio della Arciconfraternita di S. Giovanni Decollato, Rubricella generale, coll. prov. F.b.10; Libro della rassegna delli Offitiali della ven. Archiconfraternita di S. G. Decollato… dal dì primo gennaio 1651, coll. prov. F.c.5; Libro della rassegna delli Offitiali della ven. Archiconfraternita di S. G. Decollato… dal dì primo gen. 1678, coll. prov. B.a.23; F. Titi, Studio di pittura, scoltura, et architettura, nelle chiese di Roma (1674-1763), a cura di B. Contardi - S. Romano, I, Firenze 1987, pp. 24, 38, 204, 217, 2; N. Pio, Le vite di pittori… (1724), a cura di C. Enggass - R. Enggass, Città del Vaticano 1977, pp. 54 s.; L. Pascoli, Vite de’ pittori… (1736), Perugia 1992, pp. 578- 586, s.v. (a cura di D. Gallavotti Cavallero); M. Lastri, L’Etruria pittrice, Firenze 1795, cc.79rv; F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno da Cimabue in qua (1681), con nuove annotaz. e suppl. per cura di F. Ranalli (1845-1847), IV, Firenze s.d. (ma 1974), p. 316; VII, Appendice, a cura di P. Barocchi, Firenze 1975, p. 96; V. Golzio, Documenti artistici sul Seicento nell’Archivio Chigi, Roma 1939, pp. 266 s., 278, 280, 285; H. Zerner, On the portrait of Giulio Rospigliosi, and its attribution to Poussin, in The Burlington Magazine, CIII (1961), pp. 66 s.; E. Waterhouse, A note on G.M. M., in Studies in Renaissance and Baroque art presented to Anthony Blunt on his 60th birthday, London 1967, pp. 117-121; G. Fusconi - S. Prosperi Valenti Rodinò, Un’aggiunta a Sebastiano Resta collezionista: il ‘Piccolo preliminare al Grande Anfiteatro Pittorico’, in Studi in onore di L. Grassi, in Prospettiva, 1983-84, nn. 33-34, pp. 237-256; A. Matteoli, Due ritratti del card. Acciaioli e precisazioni sulla ritrattistica cardinalizia del ’600, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXVIII (1984), 3, pp. 423-433; A. Lo Bianco, Pier Leone Ghezzi pittore, Palermo 1985, pp. 136 s., n. 82, fig. 82; G. De Marchi, Mostre di quadri a S. Salvatore in Lauro (1682-1725). Stime di collezioni romane. Nota e appunti di Giuseppe Ghezzi, Roma 1987, p. 86, n. 10; S. Ciofetta, in La pittura in Italia. Il Seicento, Milano 1989, II, pp. 822 s.; A. Negro, S. Giuseppe Calasanzio, in Quadri dal silenzio. Dipinti da conventi e istituti religiosi romani (catal., 1993-94), Roma 1993, pp. 26-28; C. Barbieri - S. Barchiesi - D. Ferrara, S. Maria in Vallicella. Chiesa Nuova, Roma 1995, p. 74; R. Sansone, in La regola e la fama. S. Filippo Neri e l’arte (catal., Roma), Milano 1995, pp. 568-570, n. 126; E. Villa, Un episodio sconosciuto della ritrattistica del ’600: Clemente X, Bernini e Gaulli e altre novità sulla committenza Rospigliosi, Altieri e Odescalchi, in L’ultimo Bernini 1665-1680, a cura di V. Martinelli, Roma 1996, pp. 152 s.; F. Matitti, Le antichità di casa Ottoboni, in Storia dell’arte, XC (1997), pp. 201-249; E. Schleier, Disegni di G.M. M. nelle collezioni pubbliche tedesche: l’album del Museo di Lipsia con alcune note sulla provenienza di Andreas Stolzenburg, in Studi di storia dell’arte, IX (1998A), pp. 247- 276; Id., in Il Seicento e Settecento romano nella collezione Lemme (catal., Parigi-Milano-Roma, 1998-99), Roma 1998B, pp. 197-199; F. Petrucci, Sull’attività ritrattistica di G.M. M., in Labyrinthos, XVII (1998), 33-34, pp.131-174; R. Sansone, G. M. e i Rospigliosi, in Paesaggio e figura. Nuove ricerche sulla collezione Rospigliosi, a cura di A. Negro, Roma 2000, pp. 17-25; G. Warwick, The arts of collecting. Padre Sebastiano Resta and the market for drawings in early modern Europe, Cambridge 2000, pp. 24, 80, 86, 91, 123; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 120.