TABACCHI, Giovanni Maria Francesco
– Nacque a Mirandola (Modena) il 26 settembre 1838 da Enrico e da Adele Boselli.
Di famiglia agiata, nel 1859, mentre era studente di ingegneria, espatriò con altri giovani verso il Piemonte ed entrò nella Scuola militare di Torino. Con l’esercito sardo prese parte alla seconda guerra d’indipendenza tra i bersaglieri e rassegnò le sue dimissioni con il grado di sottotenente dopo l’armistizio di Villafranca. Nel maggio del 1860 partì da Quarto tra i Mille, arruolato nella 7ª compagnia comandata da Benedetto Cairoli. Ferito a Calatafimi, tornò a combattere e raggiunse il grado di capitano nella divisione Bixio.
Come molti altri ex garibaldini, nei primi anni postunitari, conclusi gli studi di ingegneria, fu schedato dal ministero dell’Interno: si trattava di un monitoraggio che, ancor prima di fotografare i territori dell’antagonismo politico, esprimeva una diffidenza preventiva degli apparati governativi nei confronti della militanza risorgimentale in camicia rossa, con sospetti che talvolta finivano per colpire anche figure di orientamento politico moderato. Nel profilo che ne redigeva il prefetto di Modena nei primi anni Sessanta, Tabacchi era comunque giudicato di opinioni repubblicane, in stretti e solidali rapporti con un altro garibaldino mirandolese, Augusto Merighi, per contribuire al cui sostentamento economico, a quanto pare, aveva chiesto di poter beneficiare dell’assegno spettante ai Mille di Marsala. Secondo il prefetto, oltre al suo commilitone, in quegli anni frequentava assiduamente «altri due o tre soggetti del medesimo pensare, sui quali soltanto esercita una illimitata influenza». Le scelte messe in atto da Tabacchi nel decennio postunitario testimoniavano in effetti un orientamento antimoderato e un legame persistente con reti di relazione consolidate dall’esperienza del 1860. Nell’estate del 1862 prese parte assieme a Merighi all’impresa garibaldina che mirava a raggiungere Roma, fermata il 29 agosto sull’Aspromonte dall’esercito regolare.
A questa iniziativa, che gli costò un periodo di prigionia, è legato un episodio che Tabacchi avrebbe ricordato nella sua futura vita parlamentare, rievocando dal seggio di Montecitorio le asprezze materiali e il clima cameratesco della sua giovinezza garibaldina: durante la marcia attraverso i monti della Calabria, torturati dalla fame, i volontari si gettarono su un piccolo campo di patate a Gambarie, località nel comune di Santo Stefano in Aspromonte. Anni dopo, Tabacchi rimproverò scherzosamente in Parlamento l’ex commilitone Giulio Adamoli, anch’egli ormai deputato, per avergli divorato in quell’occasione mezza patata, senza neppure ringraziarlo d’avergliela offerta.
Nel 1866 si unì di nuovo a Giuseppe Garibaldi, arruolandosi nel battaglione comandato da Enrico Cairoli, nel 9° reggimento del Corpo volontari italiani. L’anno successivo, assieme ad altri sette mirandolesi, tornò a combattere con le camicie rosse nella spedizione dell’Agro romano, svolgendo un ruolo di primo piano negli scontri di Villa Glori, una delle iniziative che si inscrivevano nel progetto di far insorgere la popolazione romana in vista dell’arrivo di Garibaldi. La sera del 20 ottobre 1867 un drappello di 80 volontari si mosse da Terni, una sorta di quartier generale garibaldino in quei frangenti: li comandava Enrico Cairoli e Tabacchi guidava la prima di cinque sezioni. Al momento della partenza l’impresa, che mirava a sostenere l’azione dei rivoluzionari romani, fu definita disperata dalla stesso comandante. La colonna sostò il giorno dopo a Cantalupo per rifocillarsi e riposare, si fermò la sera a Ponte Sfondato e la mattina del 22 riprese la marcia verso Passo Corese. Lì i volontari si imbarcarono e attraverso le acque del Tevere raggiunsero la confluenza con l’Aniene, nei cui pressi sbarcarono all’alba del 23 ottobre, risalendo un’altura dei monti Parioli, nei pressi della fontana dell’Acqua Acetosa. Presero posizione a Villa Glori, casale fortificato originariamente adibito a spazio rustico legato alla viticoltura e alla caccia. Il fatto d’armi che prese il nome da quel luogo si risolse quel giorno in poco più di un’ora di scontro a fucilate e alla baionetta tra i volontari e le truppe pontificie: passò alla storia soprattutto per il grave ferimento di Giovanni Cairoli, le cui conseguenze l’avrebbero condotto a concludere la sua esistenza a Belgirate nel 1869, e la morte del fratello Enrico, dopo l’uccisione del quale Tabacchi assunse il comando dell’intera colonna, riuscendo a portare in salvo molti feriti.
Allo stesso contesto di iniziative volte a far sollevare la popolazione romana, facevano riferimento anche l’attentato alla caserma Serristori, nel rione Borgo, compiuto da Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti il 22 ottobre 1867, e, tre giorni più tardi, gli scontri del lanificio Ajani, in via della Lungaretta a Trastevere, quando una pattuglia di zuavi pontifici irruppe nell’edificio in cui si era riunita una quarantina di patrioti per organizzare una sommossa, causando la morte di nove persone, tra cui Giuditta Tavani Arquati, icona del Risorgimento femminile.
Nel 1868 gli eventi dell’anno precedente divennero occasione di un’aspra polemica – finita di fronte a un giurì d’onore – con un altro garibaldino mirandolese, Celso Ceretti, approdato a posizioni politiche internazionaliste, accusato da Tabacchi e da altri suoi ex commilitoni di essersi condotto in modo disonorevole, avendo sostanzialmente abbandonato la colonna che sostenne lo scontro di Villa Glori dandosi alla fuga.
Il contrastato rapporto con Ceretti accompagnò i decenni successivi di Tabacchi, tornato a stabilirsi nella sua città natale, dove nel 1871 sposò Climene Montanari, dalla quale ebbe due figli.
Negli anni Ottanta e Novanta fu a più riprese consigliere comunale a Mirandola, occupando dal 1891 anche un seggio nel Consiglio provinciale di Modena.
Nel 1885 si candidò alle elezioni politiche nel collegio del capoluogo, ma non venne eletto anche perché Ceretti gli contrappose il sostegno alla candidatura di Stefano Canzio, celebre camicia rossa e genero di Garibaldi. Ciò determinò una frattura in seno alla Società dei reduci dalle patrie battaglie di Mirandola, di cui Ceretti e Tabacchi erano personaggi di spicco e figure di riferimento per gruppi di ex garibaldini di diverso orientamento politico. L’anno dopo Felice Cavallotti convinse tuttavia Ceretti ad appoggiare Tabacchi, che venne eletto in una lista unitaria di sinistra nel collegio di Modena. In Parlamento si schierò dapprima all’opposizione, ma ebbe una condotta ritenuta ambigua da alcuni dei suoi elettori, finendo per votare la fiducia al primo governo Crispi. Nel 1890 fu confermato per lo stesso collegio alla Camera, dove tornò anche nel 1892, posizionandosi all’estrema sinistra, dopo essere stato eletto per il collegio di Mirandola in una lista appoggiata dai radicali e sostenuta anche da Ceretti, con il quale nel frattempo i rapporti si erano ulteriormente distesi.
Venne candidato una quarta volta alle elezioni politiche del 1895, di nuovo per il collegio di Mirandola, ma venne sconfitto al ballottaggio dal socialista Gregorio Agnini, figura di spicco del partito non solo a livello locale.
Il 3 giugno 1908, in qualità di deputato eletto per tre legislature, venne nominato senatore.
La militanza garibaldina e l’attività parlamentare non esaurirono l’impegno pubblico di Tabacchi che, come imprenditore e come ingegnere, contribuì al progresso agricolo del Modenese e del Ferrarese con una gestione illuminata e opere di bonifica.
Morì nella sua città natale il 5 marzo 1918.
Il Comune, in quel momento retto dai socialisti, fece affiggere un manifesto nel quale si rendeva omaggio all’avversario politico, definito «soldato della Rivoluzione Italica» e «uomo di somma modestia», che «sempre diede e mai nulla richiese per sé».
Negli anni Venti del Novecento fu intitolata alla sua memoria una strada nel centro di Mirandola, nei pressi del teatro Nuovo, già denominata via del Mercato.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Biografie dei sovversivi (1861-1869), f. 163; I Mille di Marsala, b. 30, f. 965; Archivio storico del Senato della Repubblica, Senato del Regno. Segreteria, Atti relativi alla nomina dei senatori, Fascicoli dei senatori, b. 54.
Spedizione dei Monti Parioli (23 ottobre 1867) raccontata da Giovanni Cairoli, Milano 1878, pp. 52, 92, 102, 104, 108, 114, 128, 175; T. Sarti, Il parlamento subalpino e nazionale. Profili e cenni biografici di tutti i deputati e senatori eletti e creati dal 1848 al 1890, Terni 1890, p. 903; G. Adamoli, Da San Martino a Mentana. Ricordi di un volontario, Milano 1892, p. 216; P.V. Ferrari, Villa Glori. Ricordi e aneddoti dell’autunno 1867, Roma 1899, pp. 50, 60, 70, 72, 95 s., 189, 195, 213, 230; G. Castellini, Eroi garibaldini, II, Da Palermo a Digione (1860-1870), Bologna 1911, p. 170; Necrologio, in Corriere della sera, 7 marzo 1918; E. Michel, G. T., in Dizionario del Risorgimento nazionale dalle origini a Roma capitale. Fatti e persone, a cura di M. Rosi, IV, Milano 1937, p. 369; G. Fonterossi, Per Giovanni Emiliani e per la verità, in Rassegna storica del Risorgimento, XLIX (1962), pp. 86 s.; F. Focherini, Cattolici ed anticlericali a Modena. 1859-1900, Bologna 1965, p. 142; S. Poletti, Garibaldi e le camicie rosse mirandolesi, s.l. 1980, pp. 25, 29, 39, 59; F. Verri, Celso Ceretti garibaldino mirandolese, Verona 2007, pp. 40, 111, 139, 141, 146, 179, 195-198; F. Montella, Un secolo fa moriva T. Garibaldino, deputato e senatore, in L’indicatore mirandolese, giugno 2018, n. 11, p. 25. Si vedano inoltre: Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/giovanni-tabacchi-18380927; Archivio di Stato di Torino, Banca dati multimediale, Alla ricerca di garibaldini scomparsi, http://archiviodistatotorino.beniculturali.it/work/garb_detl.php?garb_id=15447; Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, s.v., http://notes9.senato.it/web/senregno.NSF/T_ l2?OpenPage.