BOLDÙ, Giovanni Maria
Nacque a Venezia il 7 sett. 1547 da Nicolò di Girolamo e dalla seconda moglie di questo, Dianora di Francesco Longin. Il padre del B., vissuto tra il 1515 e il 1571, fu rettore a Tine, ufficiale alle Cazude, commissario alle Fabriche di Padova, della Zonta del Pregadi, e, nel 1558-1560, capitano e podestà di Feltre. Il fratello del B., Girolamo (1549-1627), fu tra i quaranta nobili prescelti per intrattenere - nel corso del suo soggiorno veneziano del luglio 1574 - Enrico di Valois che ritornava in Francia dalla Polonia; anch'egli ricoprì la carica di ufficiale alle Cazude.
Nemmeno la carriera del B. ebbe un forte rilievo: giudice d'esaminador nel 1572, l'anno dopo entrò nella Quarantia in seguito a un versamento in danaro per la guerra contro i Turchi. Nel 1577 fece parte del Collegio dei Dodici, nel 1578 divenne "auditor vechio".
Nel 1586-87 fu capitano a Zara, la più importante città dalmata: mentre sul conte, allora Antonio Pesaro, gravavano incombenze amministrative e giudiziarie, i compiti del B. erano d'ordine militare, di difesa e salvaguardia della piazzaforte, di presidio e custodia del territorio circostante. Poteva esercitare la giustizia, tanto nell'ambito civile quanto criminale, solo nei confronti dei suoi diretti sottoposti e delle loro famiglie. Il suo operato non fu esente da critiche: gli si rimproverò, fra l'altro, d'essersi lasciato sfuggire due imbarcazioni uscocche. Oltre che dei normali compiti di vigilanza e d'ispezione e dei difficili rapporti con le autorità turche, si occupò della sovrintendenza ai grossi lavori allora in corso a Zara - alzata di terrapieni e parapetti, allargamenti di fossati, riattamenti e rafforzamenti, consolidamenti e scavi, nuove robuste costruzioni difensive - affidati, per la parte tecnica, alla competenza dell'ingegnere fiorentino Buonaiuto Lorini. Tornato a Venezia, il B. tenne al Collegio, il 22 dic. 1587, una relazione sul suo reggimento densa di considerazioni d'insolita franchezza, data anche la modestia della carica da lui ricoperta e la sede in cui parlava: severa e appassionata disamina con acute osservazioni, con pungenti suggerimenti, implicita critica ad atteggiamenti spesso miopi della Serenissima.
Più enunciabili che rilevabili le successive fasi della carriera e della vita del B.: venne eletto il 17 nov. 1602 ufficiale alle Rason nove, il 19 giugno 1605 avogador di Comun (in tale veste istruì i primi capi d'accusa contro il canonico Scipione Saraceni e l'abate Marcantonio Brandolin, il giudizio sui quali da parte dell'autorità civile fu una delle cause dell'interdetto di papa Paolo V), il 6 ag. 1608 nuovamente avogador di Comun. Nel marzo-aprile 1618 prese parte alla non pacifica elezione del doge Nicolò Donà: fu tra i dodici elettori dei venticinque e dei quarantuno elettori finali. Morì nel febbraio 1624.
Dal suo matrimonio, del 19 gen. 1574, con Elisabetta di Bernardo Navagero, nacque Nicolò (1582-1636); questi, a sua volta sposatosi, l'11 febbr. 1607, con Elisabetta di Nicolò Tiepolo, venne eletto visdomino al fontego dei Tedeschi il 30 sett. 1607; il 5 giugno 1615 fu ammesso alla Quarantia Criminal, l'11 giugno 1620 al collegio dei Venti Savi; fu anche sopracomito. La sua carriera non ebbe ulteriori sviluppi perché "bandito per intaco di cassa".
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun, Libro d'oro nascite, II, 3937, c. 386v; Ibid., Collegio. Relazioni, b. 72/X; Ibid., Senato Mar, reg. 47, c. 243r; reg. 48, c. 47v, 53v-54r, 57v-58r; Venezia, Civico Museo Correr, cod. Cicogna 2555 (non num.) c. 3204/XXI; Venezia, Bibl. Naz. Marciana, cod. Ital., cl. VII, 925 (8594): M. Barbaro, Genealogie delle famiglie patrizie venete, I, c. 145r; Ibid., cod. Ital., cl. VII, 151 (8036): Magistrature di Venezia e reggimenti dall'anno 1597 fino al 1630, cc. 14, 22, 269, 284, 310; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, VII, Venezia 1858, p. 25; E. Cornet, Paolo V e la Republica veneta. Nuova serie di documenti, in Archivio veneto, V (1873), pp. 53 s.; G. Ferrari-Cupilli, Scritti storici e letterari, I, Zara 1889, p. 155; A. de Benvenuti, Zara nella cinta delle sue fortificazioni, Milano 1940, p. 256.