BARBIERI, Giovanni Maria
Erudito e filologo di quella bella schiera di cinquecentisti (Iacopo Corbinelli, G. V. Pinelli, A. Colocci, P. Bembo, ecc.) che promosse e coltivò le ricerche sull'antica poesia italiana, francese e provenzale. Nacque a Modena nel 1519. In gioventù esercitò l'arte notarile, finché il conte Claudio Rangoni, protettore a Modena delle lettere e dei letterati, non lo chiamò a educare con altri il figlio Fulvio, e, come pare, anche Ludovico Pico di Galeotto, che in quella nobil casa era stato accolto per esservi istruito. Certo è che, quando Ludovico fu mandato dal padre, nel settembre del 1538, a Parigi, alla corte del re, il B. lo accompagnò e rimase là circa otto anni, traendone profitto per addestrarsi nel francese, che gli fu poi mezzo a imparare il provenzale. Tornato in Italia nel 1560, dopo alcuni anni fu nominato cancelliere della comunità di Modena, ufficio che tenne fino alla morte (9 marzo 1574). Scrisse versi italiani e latini, ma di scarso valore; fu amoroso raccoglitore di cronache, iscrizioni romane e medievali della sua città. Ma il vero campo dei suoi studî fu la filologia moderna. Conobbe il provenzale, il francese, lo spagnolo e attese con grande passione alle letterature rispettive e all'italiana, applicando per il primo il metodo storico nelle ricerche letterarie. Documento della sua conoscenza del francese è la versione o meglio il compendio non privo di eleganza di una parte del vasto poema franco-italiano su Attila di Nicolò da Càsola (anonimo, Ferrara 1568; col nome dell'autore, Parma 1843). Maggiore importanza hanno anche oggi, per gli studî romanzi, le sue indagini sui poeti antichi italiani e provenzali, dei quali conobbe alcuni canzonieri in parte ben noti e in parte perduti. Dei poeti provenzali mise insieme una raccolta di sei volumi, purtroppo perduta; tradusse molte poesie, procurandosi giusta fama di essere il miglior conoscitore della lingua dei trovatori. Negli ultimi anni della vita, il meglio delle sue ricerche letterarie raccolse e coordinò nell'opera rimasta incompiuta, Dell'arte del rimare, che più di due secoli dopo la morte dell'autore fu pubblicata dal Tiraboschi (1790) col titolo Dell'origine della poesia rimata, suggerito allo storico modenese dal desiderio di presentare il libro come un contributo all'opinione da lui seguita, ma allora molto combattuta, dell'origine araba della rima. L'Arte del rimare è il primo tentativo d'una storia dell'antica lirica neolatina, fatta con materiali attinti alle fonti genuine, come dimostra anche meglio di quel libro il recente ritrovamento delle carte del Barbieri. Egli fu tra quegli Italiani che, come ebbero il merito di raccogliere e conservare la maggior parte dei canzonieri provenzali, così furono i primi a studiarne i poeti e a rivelarli, si può dire, alla patria stessa d'origine.
Bibl.: G. Bertoni, Giovanni Maria Barbieri e gli studi romanzi nel sec. XVI, Modena 1905; A. F. Massera, Ancora dei codici di rime volgari, ecc., in Studî medievali, II (1906); Debenedetti, Gli studî provenzali in Italia nel Cinquecento, Torino 1911; G. Bertoni, Note varie modenesi, Modena 1912; V. De Bartholomaeis, Le carte di G. M. B. nell'Archiginnasio di Bologna, Bologna 1927.