RUTINI, Giovanni Marco (in alcuni documenti: Giovanni Maria o Giovanni Placido)
Compositore e clavicembalista, nato circa ìl 1730 a Firenze, ivi morto il 7 dicembre 1797. L'alternarsi dei nomi (G. Maria, G. Placido, G. Marco) da documento a documento fece attribuire a tre maestri il complesso dei suoi lavori. Considerazioni varie, sia d'ordine estetico (l'identità dello stile) sia documentario (l'assenza di doppioni nei numeri d'opera) inducono oggi a respingere tale pluralità.
Il R. studiò probabilmente a Napoli presso quel Conservatorio di S. Onofrio. Nel 1748 era a Praga, insegnante di cembalo; circa il 1754 passò a Dresda, ove rimase fino al 1756, anno nel quale visitò Berlino e ritornò a Praga, riprendendovi la sua attività d'insegnante; nel '58 fu a Pietroburgo; nel'62 rientrò in Italia, passando da Bologna (ove fu accolto alla Filarmonica e trasse profitto dai consigli di G. B. Martini) a Firenze, Venezia (1763), Livorno (1764), Modena (ove, assunto dal duca, rimase circa 8 anni), Firenze (a corte, dal 1774 alla morte).
Durante la sua carriera, varia come quella di tanti Italiani del tempo, egli ebbe modo d'illustrarsi non soltanto quale insegnante e virtuoso, ma anche quale compositore, e d'altra parte questa fama ci risulta dovuta - se esaminiamo le sue musiche - non a contingenze ma ad intrinseci valori d'arte.
Nella produzione del R., assai ricca e varia (opere teatrali, cantate, composizioni per cembalo, ecc.) si notano infatti - concretati in fervido lirismo - alcuni caratteri storicamente importanti. Il R. è soprattutto un clavicembalista, e al suo strumento dedica la maggior parte del suo lavoro, preferendovi un tipo di sonata formalmente più ampio e complesso dello scarlattiano. Come G. Platti e altri cembalisti italiani, il R. lascia infatti lo schema a un solo tempo per quello a tre: allegro-adagio-allegro; pluralità di tempi che era stata in Italia più propria della composizione per archi (soli o d'insieme) che della cembalistica, e che ben risponde ai sensi di drammatismo che - come ha mostrato F. Torrefranca - animano gli sviluppi sonatistici del settecento italiano. Sensi, questi, che d'altra parte sono evidenti, nell'opera rutiniana, non soltanto nella concezione generale del tipo sonata ma anche nel discorso e nella scrittura, assai ricca di varietà ritmiche e meliche.
Composizioni principali. - Teatro: Il caffè di campagna (1762); Ezio (1763); L'Olandese in Italia (1765); L'amore industrioso (1765); Gli sposi in naschera (in collaborazione con altri; 1765); Nitteti (1769); Vologeso (1775); Sicotencal (1776); Zulima (1777); Semiramide (partitura a Norimberga). - Cantate: Lavinia e Turno (pubbl. a Praga nel 1756), Grazie agli inganni tuoi (pubbl. a Lipsia nel 1758), ecc. - Musica strumentale: Sonate per cembalo (op. I, 1748; II, 1754; III, 1756; V, 1758; VI, 1759; VII, 1765; VIII, 1774; XIII, 1782; raccolte di 6 per ogni numero d'opera; più altre singole), Sonate per cembalo con violino obbligato (op. X, XI, XIV). - Edizioni moderne di molte sonate si hanno a cura di C. Perinelli, F. Balilla Pratella, Vitali, G. Benevuti, tutte a Milano per i tipi Carisch, Istituto editoriale italiano e Ricordi.
Bibl.: F. Torrefranca, R., in Rivista musicale italiana, XXVI; F. Balilla Pratella, Composizioni italiane per clavicembalo, in Il pensiero musicale, IV; A. Della Corte, L'opera comica, ecc., Bari 1923.