MAIMERI, Giovanni (Gianni)
Nacque il 21 giugno 1884 a Varano, presso Varese, da Leone, ingegnere industriale, e Zoe Bouffier (figlia di Adolphe, fondatore dell'Elvetica, una delle prime società meccaniche lombarde, costruttrice di materiale rotabile ferroviario che, nel 1886, diventò la Società italiana Ernesto Breda).
I primi anni del M. trascorsero tra Varano e Milano dove, dal 1893, frequentò parte delle elementari e del ginnasio al collegio Calchi Taleggi per passare, nel 1899, al liceo C. Beccaria.
Dal 1903 al 1917 tenne un diario in cui raccolse, oltre a note personali e considerazioni di carattere estetico sull'arte e la musica, anche alcuni disegni: paesaggi, interni, panneggi e caricature dei suoi familiari. Inizialmente intenzionato a diventare architetto, nel 1903 il M. abbandonò tale idea per dedicarsi all'arte figurativa e, appena conseguito il diploma liceale, si trasferì a Venezia con il proposito di entrare all'Accademia di belle arti. Iniziò dunque a studiare alla scuola di Vincenzo Rinaldo ma, in seguito a contrasti con questo, lasciò la scuola e proseguì gli studi di figura e di tecnica a olio presso l'atelier di Giuseppe Vizzotto Alberti. Nei due anni di permanenza veneziana frequentò il pittore Alessandro Zazzos e divenne amico di Carlo Guaita, prossimo a divenire violoncellista famoso.
Il M., spirito critico e inquieto, non amò Venezia e nel 1905, rimasto deluso dal livello delle opere italiane esposte alla Biennale, considerata "fallita" sul piano nazionale rispetto all'alto livello qualitativo degli artisti stranieri (I diari, p. 46), decise di non entrare in Accademia per tornare a Milano, dove aprì uno studio a porta Vigentina continuando la sua formazione presso Leonardo Bazzaro.
Nel capoluogo lombardo divenne amico dello scultore Antonio Carminati e legò con il Gruppo dell'orologio di cui quest'ultimo era membro. Nel luglio del 1907, durante il servizio di leva, in seguito alla morte per tisi del fratello maggiore Antonio, il M. cadde in una profonda crisi depressiva e fu riformato. Durante la convalescenza a Varano eseguì alcuni ritratti dei familiari e di Guaita e alcuni studi di paesaggio su legno (molte delle opere del M., come queste, si trovano in collezioni private). L'anno successivo il pittore Emilio Gola visitò il suo studio milanese e, da allora, divenne il suo principale punto di riferimento. Seguendo i suoi consigli il M. si dedicò allo studio della figura ponendo particolare attenzione all'incidenza della luce sui corpi e al ruolo dei colori nella composizione, considerati da Gola reali protagonisti del dipingere a prescindere da ogni contenuto. Il M. non si accostò ai temi dell'umanitarismo sociale propri della scapigliatura lombarda, ma, interessato alla musica e alla letteratura, ebbe nei confronti dell'arte un approccio idealistico e soggettivistico di tipo romantico in linea con le teorie dell'Estetica di B. Croce (De Grada, in Buccellati, 1991, p. 102). Il padre, che dal 1908 si era trasferito con la famiglia a Milano, allestì, nel 1909, uno studio per il figlio nel giardino della propria residenza in via Boscovich; in quell'anno il M. si applicò a fissare la vita notturna della città in piccoli disegni. Nel 1910 espose alla Permanente di Milano due opere con lo stesso titolo Bar (di cui un pastello) e i dipinti Lago di Antronapiana, Signora seduta, Pezzente (ubicazione incerta: i dipinti potrebbero corrispondere per iconografia ad alcune opere di proprietà della Fondazione Maimeri: Migliavacca). In quello stesso anno incontrò la modella Anna Dossena che posò per lui e che, nel 1917, divenne sua moglie; dall'unione nacquero due figli: Zoe e Leone (ibid.). Tra il 1911 e il 1912 si recò in viaggio di studio a Roma e a Firenze e partecipò alle esposizioni della Famiglia artistica a Milano e degli Indipendenti a Roma.
Il diario testimonia le sue riflessioni critiche sul futurismo e sul cubismo, considerati falsamente liberatori dalle tradizioni ottocentesche. Gli interessi del M. erano, infatti, rivolti altrove: allo studio del colore quale elemento costruttivo del dipinto, agli scritti di A. Rodin e all'impressionismo, dal quale però prese le distanze fin dal 1909, dedicando agli "Impressionisti e loro estetica sbagliata" un intero paragrafo dei suoi Diari (p. 43). Fondamento dell'arte è, per il M., non la mera riproduzione, l'imitazione di fatti reali, bensì la commozione, l'emozione interiore che si concretizza nell'espressione pittorica. Tale convinzione non mutò nel corso del tempo e l'approccio tecnico del M. risulta costantemente mutevole proprio perché guidato dall'emozione: talora, specie nelle nature morte, la pennellata costruisce volumi e si adatta alla diversa risposta delle materie alla luce, più spesso, nei paesaggi, l'impressione (intesa come interpretazione del sentimento) prende il sopravvento e la pennellata si frantuma in tocchi brevi e vibranti per descrivere la rifrazione della luce sui corpi per poi (anche all'interno di uno stesso dipinto) allungarsi e dare consistenza alla sostanza delle onde del mare o delle nuvole.
Al concorso Canonica del 1913, sul tema "Donna alla toeletta", si classificò tra i primi tre finalisti con l'opera La donna e lo specchio (esposta lo stesso anno alla Famiglia artistica e acquistata dalla Casa reale); ma l'anno seguente, il dipinto Mezzanotte, pure apprezzato da G. Previati, A. Wildt e B. Longoni, fu rifiutato dalla commissione per la Biennale di Venezia (entrambe le opere sono oggi conservate presso la Fondazione Maimeri). Il risultato delle sue approfondite ricerche cromatiche, condotte nei Notturni milanesi (alcuni conservati presso la Fondazione), ma anche sulla figura, sui paesaggi invernali e sugli scorci di Venezia dalle particolari condizioni luministiche, confluì nella sua prima personale (1918) alla galleria Geri di Milano. L'esposizione, curata da R. Giolli, ottenne un buon successo di pubblico. L'amicizia con Gola diventò più stretta quando, nel 1921, il M. lavorò per sei mesi nello studio dell'artista più anziano e affermato. Entrambi dipinsero, ognuno con il proprio stile (più legato alla grande tradizione aristocratica del ritratto borghese dell'Ottocento il primo, più intimista e dai toni familiari il secondo), gli stessi soggetti (tra cui le mogli).
Nel 1923, con il fratello minore Carlo (laureatosi nel 1908 in ingegneria chimica al Politecnico di Zurigo), nacque l'idea di fabbricare colori per uso artistico. Vennero condotte approfondite ricerche sui pigmenti minerali e sugli oli essiccativi e, nell'estate del 1924, il M. diresse la prima produzione nell'ex mulino Blondel alla Barona (periferia sud di Milano). La Società anonima Fratelli Maimeri non ebbe facili inizi e, dopo l'avvicendamento di alcuni soci finanziatori, venne liquidata una prima volta nel 1929 per poi ricostituirsi nello stesso anno come Fratelli Maimeri & C. Dopo alterne vicende economiche, la fabbrica di colori si stabilizzò a partire dal 1947.
Tra il febbraio e il marzo dipinse la serie dei Navigli milanesi dei quali il nuovo piano regolatore della città prevedeva l'interramento. Sempre nel 1929, alla III Esposizione del paesaggio di Bologna, il M. si aggiudicò la medaglia d'oro del ministero delle Comunicazioni con l'opera Fine d'inverno (dispersa). Il dipinto Afa sulla laguna fu invece acquistato dalla Provincia di Milano (irreperibile). Alla fine di febbraio 1930 fu invitato alla prima mostra della galleria Amedei; in marzo il salone del Giornale dell'arte ospitò una sua ampia personale (qui, insieme con i notturni e con le nature morte, furono esposti per la prima volta gli scorci dei navigli milanesi e l'autoritratto; quest'ultimo, conservato presso la Fondazione Maimeri); dall'aprile diresse la sezione provinciale milanese dell'Associazione nazionale del paesaggio e dei monumenti pittoreschi d'Italia (per la quale redasse il documento per la salvaguardia dei navigli minacciati dal piano regolatore e intervenne attivamente sulla stampa per mobilitare l'opinione pubblica); in maggio divenne socio della Società per le belle arti ed esposizione permanente; inoltre, in giugno, espose alla galleria Bottega dell'arte a Livorno. Tra il 1931, anno in cui iniziò a scrivere un Trattato sulla pittura (rimasto inedito), e il 1935, anno in cui la tela Carte e chicchere sul tavolo, in mostra alla Permanente, venne acquistata dal Comune di Milano (oggi alla Galleria d'arte moderna di Milano), il M. fu presente in molte gallerie italiane (a Bologna, Roma, Genova e Milano), ma subì l'umiliazione di vedere le sue opere rifiutate, oltre che alla prima Quadriennale romana, alle mostre organizzate in questi anni dal Sindacato fascista di belle arti. Solo nel 1936 fu ammesso alla VII Mostra del Sindacato e ottenne un buon successo con l'acquisto del dipinto a olio Neve da parte del podestà di Milano (conservato anch'esso nella Galleria d'arte moderna di Milano). Per la quadreria dell'ospedale Maggiore il M. dipinse i ritratti di Romolo Quaglino nel 1938 e di Maria Biraghi nel 1939 (Fiorio, tavv. 696, 713).
Frequentatore appassionato di concerti di musica classica, il M. ritrasse a carboncino molti musicisti famosi durante le loro esecuzioni pubbliche, tra questi si ricordano S. Prokof(ev nel 1934; P. Mascagni nel 1935; S. Rachmaninov nel 1937; il trio E. Calace con A. e G. Crepax nel 1939; e A. Toscanini nel 1946 (Buccellati, 1992). Diversi di questi disegni si trovano in deposito presso il teatro Dal Verme di Milano (Migliavacca).
Nel 1939, e ancora nel 1941, la galleria Gian Ferrari di Milano gli organizzò due importanti personali. Nel 1949 il M. allestì una vasta personale alla galleria Salvetti, espose alla galleria Gian Ferrari e fu costretto a vendere le tele dedicate ai navigli (le opere, acquistate dalla ditta Ramazzotti di Milano, con l'impegno ratificato nel contratto di vendita a non smembrare la serie, sono oggi disperse in collezioni private: Migliavacca). Durante l'estate trascorsa a Roma e a Ischia continuò le sue indagini cromatico-luministiche sui paesaggi. Le ultime esposizioni si tennero a Roma alla galleria La Barcaccia (1949) e a Milano alla galleria Travaglini (1950).
Il M. morì a Milano il 25 nov. 1951.
Nel 1963, alla I Mostra di artisti scomparsi alla Permanente di Milano, venne acquistato il dipinto Paesaggio lombardo (1930) per la Galleria d'arte moderna di Milano.
Fonti e Bibl.: G. Botta, G. M.: tre saggi critici, Milano 1948; Mostra personale e mostra commemorativa del Naviglio di G. M., Milano 1949; M.T. Fiorio, Musei e gallerie di Milano. Ospedale Maggiore Ca' Grande, ritratti moderni, Milano 1987, pp. 82, 85, tavv. 696, 713; G. M.: dal notturno alla luce (1884-1951), a cura di G. Buccellati, Milano 1991; I musicisti visti da G. M., a cura di G. Buccellati, Milano 1992; G. M. (1884-1951), i fiori: 50 opere inedite provenienti da collezioni private, a cura di R. De Grada - P. Manazza - S. Zuffi, Milano 1993; I diari di G. M., a cura di G. Buccellati, Milano 1996; G. M. (1884-1951), opere scelte, a cura di R. De Grada - P. Manazza, Milano 1997; C. Migliavacca, G. M., 2006, in corso di pubblicazione; A.M. Comanducci, Diz. illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani, III, Milano 1972, p. 1808.