LOSI, Giovanni
Nacque il 29 nov. 1838 a Caselle Landi, nel Lodigiano, da Luigi e da Luigia Bignani. In seguito al trasferimento della famiglia a Roncaglia, presso Piacenza, compì gli studi classici e teologici nel seminario vescovile di questa città, concentrando i propri interessi sulla teologia dogmatica e morale. Fu ordinato sacerdote il 10 dic. 1862 e per cinque anni fu coadiutore dell'arciprete don F. Stefani a Momeliano di Gazzola, nella diocesi di Piacenza. Nel gennaio del 1871 passò al seminario vescovile di Verona, ove rimase sino al luglio del 1872, quando fece il proprio ingresso nell'Istituto maschile per la Nigrizia, del quale, dal giugno del 1867, erano state gettate le basi a Verona dal missionario bresciano D. Comboni. All'origine della decisione del L. fu probabilmente proprio l'incontro con Comboni, il quale alla fine degli anni Sessanta aveva compiuto frequenti visite nelle parrocchie della diocesi piacentina per diffondere il programma del neonato Istituto, cercare sostegni e suscitare vocazioni.
Solo due mesi dopo il suo ingresso nell'Istituto il L. partì al seguito di Comboni e di altri missionari per il vicariato apostolico dell'Africa centrale, eretto dalla congregazione de Propaganda Fide nel 1846 e da questa affidato dapprima ai francescani e quindi, nel 1872, ai comboniani, dopo che i primi missionari avevano deciso di lasciare la zona a causa delle pessime condizioni climatiche. Il L. fece una tappa iniziale al Cairo, dove si fermò un anno per abituarsi al clima e apprendere la lingua araba. Il 7 ott. 1873 intraprese quindi il suo viaggio verso il Sudan, per raggiungere nel Kordofān il vicariato. Nel dicembre del 1873 giunse a Kharṭūm e dal gennaio del 1874 fino all'aprile del 1878 fu superiore della stazione missionaria di el-Obeid, capitale del Kordofān. Trasferito a Delen nel maggio del 1878, vi rimase fino al 1881, quando fu di nuovo a el-Obeid come superiore della missione di quella città.
A causa delle radicate tradizioni islamiche delle popolazioni locali, l'azione missionaria del L., in sintonia con le linee stabilite dall'Istituto e dalla stessa Propaganda Fide per il vicariato dell'Africa centrale, puntò a proporre inizialmente la missione come centro di "civilizzazione", con la prospettiva di passare, in un secondo momento, alla evangelizzazione. Ne conseguì che, benché non fosse del tutto abbandonata la prospettiva di convertire al cristianesimo la popolazione musulmana e si lasciasse un certo spazio al proselitismo, l'azione missionaria si concentrò nell'insegnamento delle lingue italiana e araba, nella diffusione di alcune tecniche agricole, nell'assistenza medica e nell'azione di riscatto degli schiavi, opera considerata fiore all'occhiello della missione.
Alcuni schiavi liberati restarono con i padri in comunità strettamente collegate alla missione e tra queste si può ricordare, nel primo periodo in cui il L. fu superiore della città, la piccola colonia agricola cattolica di Malbes, a circa 30 km da el-Obeid, composta da una ventina di giovani coppie convertite al cristianesimo. L'istituzione, che per certi aspetti si poneva nel solco della nota esperienza delle riduzioni dei gesuiti nel Paraguay del XVII secolo, mirava a garantire la conservazione della fede cristiana dinanzi alla forte presenza musulmana e al contempo rispondeva all'ambizione di dar vita a una piccola societas christiana.
Un'importante iniziativa del L. fu la redazione di un catechismo e di un dizionario di oltre tremila vocaboli della lingua nubiana, ancora pressoché sconosciuta in Europa. Con l'aiuto del confratello L. Bonomi, il L. durante la permanenza a Delen redasse il catechismo e il dizionario corredato da una piccola grammatica e da esemplificazioni di dialoghi; tale permanenza coincise con gli anni della siccità e della carestia che investirono l'Africa centrale e durante i quali la salute del missionario fu messa a dura prova da forti e prolungate febbri. Impossessarsi della lingua era giudicato dal L. assolutamente prioritario in vista dell'evangelizzazione, e fra le popolazioni nubiane la zona di Delen, in ragione della minore presenza dei musulmani, era considerata potenzialmente più ricettiva nei riguardi dell'azione missionaria. Tuttavia, quando il L. nel 1881 lasciò Delen per tornare a el-Obeid, i battezzati erano appena 16, compresi i bambini morenti.
Al di là della specifica azione missionaria, si può rinvenire nell'opera del L. un significativo contributo alla conoscenza di luoghi e popolazioni in quegli anni praticamente sconosciute. Le lettere da lui inviate a Verona, a Roma e ai sacerdoti di Piacenza sono infatti ricche di informazioni sui costumi, le credenze e le usanze delle popolazioni nubiane.
Si tratta di descrizioni che riflettono per molti versi una marcata prospettiva etnocentrica e che mirano, come avviene sovente nelle corrispondenze di tal genere, a motivare il sostegno finanziario verso le missioni. Nondimeno, si avverte talora nelle considerazioni del L. un atteggiamento di apertura nei riguardi degli indigeni non musulmani, anche se permane una decisa chiusura nei confronti dell'Islam. Le lettere inviate a Verona dai confratelli, dalle suore della vicina missione e dal medesimo mons. Comboni dipingono il L. come un sacerdote dal grande spirito di abnegazione e dalla forte spiritualità: "D. Losi - scriveva nel maggio del 1881 Comboni - quanto ad abnegazione è cosa rara. Egli non ha bisogno di nulla, non di letto, non di vestito, non di cibo; [(] per un'anima egli si priva di tutto e dice di voler morire in Africa" (a p. Sembianti, 1( maggio 1881, in Roma, Arch. gen. dei comboniani, sez. A, c. 15/119).
Le corrispondenze private di mons. Comboni costituiscono una fonte piuttosto attendibile anche in considerazione del fatto che il fondatore dell'Istituto, il quale nel 1877 era stato nominato vescovo e vicario della missione dell'Africa centrale, aveva avuto con il L. qualche motivo di contrasto, successivamente chiarito, sulla gestione della missione. Comboni giunse a dirsi confuso e stupefatto, dopo averlo constatato di persona, di come il L., oltre a non sentire la fame e la sete, dormisse su una stuoia per terra, anche in preda alla febbre, e trascorresse molte delle ore notturne nella cappella della missione a pregare. Per questo insieme di ragioni, nel luglio del 1881, pochi mesi prima di morire, lo definì il "soggetto migliore che abbiamo" (allo stesso, 16 luglio 1881, ibid., c. 15/128).
Dopo la morte di Comboni, avvenuta il 10 ott. 1881, il L. venne nominato "amministratore spirituale interino" del vicariato apostolico dell'Africa centrale. Nel 1882 il Kordofān venne investito dalla ribellione del Mahdī e il L., che in un primo momento aveva progettato di lasciare il vicariato con tutti i missionari, fu fermato dall'assedio di el-Obeid, di cui lasciò vive descrizioni nelle sue corrispondenze, e si trovò per settimane nella impossibilità di comunicare con Kharṭūm, di ricevere cibo e di abbandonare la città. Durante l'assedio alcuni missionari e suore vennero catturati, diverse residenze furono distrutte e andò disperso il dizionario del Losi.
In autunno le condizioni di salute del sacerdote, da tre mesi minate dallo scorbuto, contratto a causa della carenza di acqua e di cibo, si aggravarono fino a condurlo, il 27 dic. 1882, alla morte nella città di el-Obeid ancora sotto assedio delle truppe mahdiste.
Fonti e Bibl.: Necr., in Nigrizia, 1883, n. 1, pp. 101 s., e 1887, n. 4, pp. 135-143; Roma, Arch. gen. dei comboniani, Stato del personale, ad vocem; sez. A, cc. 20/20; 17/18/120; 17/14/121; 1/10/24; 13/61/81; 1/10/34; 27/15-20; 15/108, 111, 114, 116, 119, 124, 127, 128, 133; 16/5/23-25; 16/8/67; 20/44/4; 31/24/12; 27/17/2, 3; 27/10/2; 27/51; 31/10/1; 31/36/3; 32/19/3/7; Città del Vaticano, Arch. stor. della Congregazione de Propaganda Fide, Scritture riferite nei congressi, Africa centrale, Etiopia, Arabia, vol. 8 (1871-1880), cc. 391-392, 395-396, 1093-1095; vol. 9 (1881-1885), cc. 102-103, 161-166, 263-264, 342-345, 385-386, 408-409, 419-420, 427-428, 446-447, 455-456, 461-462, 491-492; Lettere e decreti, vol. 377 (1881), c. 555. Partenza dei missionari da Verona, in Annali dell'Associazione del Buon Pastore, 1872, n. 2, pp. 44-46; G. Losi, Lettera a D. Comboni (Gebel-Nuba, 23 genn. 1881), ibid., 1881, n. 25, pp. 60-64; Id., Lettera a Luigi Comboni (Gebel-Nuba, 22 luglio 1881), ibid., 1881, n. 26, pp. 13 s.; Id., La schiavitù in Sudan, ibid., 1882, n. 26, pp. 30-35.
J. Ohrwalder, Ten years' captivity in the Mahdi's camp (1882-92), London 1893, p. 65; C. Tappi, Cenno storico della missione dell'Africa centrale. Dal suo principio fino ad oggi, Torino 1894, pp. 126-130; A.G. Tononi, Missione di G. L. nell'Africa centrale, 1872-82, in La Rassegna nazionale, XXII (1900), pp. 540-559; G. Paladino, Missionarii italiani nel Kordofan durante la rivolta dei mahdisti, ibid., XXXVIII (1916), 5, pp. 25-32; M. Grancelli, Mons. Daniele Comboni e la missione dell'Africa centrale, Verona 1923, p. 270; A. Gilli, L'Istituto missionario comboniano: dalla fondazione alla morte di Daniele Comboni, Bologna 1979, pp. 136 s., 144 s., 254, 257-260; L. Bano, Missionari del Comboni, Roma 1982, pp. 41-55; P. Fidel González, Comboni en el corazón de la misión africana (el movimiento misionero y la obra comboniana: 1846-1910), Madrid 1993, pp. 440-442.