LORETI, Giovanni
Nacque il 31 maggio 1686 a Fano da Domenico e da "Donna Mattia sua moglie". Suoi padrini furono due esponenti della nobiltà fanese: il conte Giovanni Montevecchio e Laura Boccacci. Secondo di quattro figli, rimasto orfano di padre a soli otto anni, il L. si avviò "giovanissimo" all'arte della pittura (Ricci, p. 417).
Sulla vita del pittore si hanno notizie discontinue; risulta ancora incerta la cronologia di molte delle sue opere. Frequentò la scuola bolognese di Carlo Cignani e ne fu discepolo insieme con Francesco Mancini, con il quale rimase sempre in "amichevole corrispondenza" (ibid.). Sassi riferisce di una "testimonianza giurata" non meglio specificata (p. 186) nella quale lo stesso artista avrebbe affermato che, oltre a essere stato allievo di Cignani, avrebbe condotto studi approfonditi a Bologna, a Roma e in altre città italiane, traendo ispirazione dai grandi maestri come Gentile da Fabriano, il Perugino e Raffaello, e studiando "con diligenza" i dipinti di Giotto ad Assisi.
Ancora molto giovane, si trasferì a Fabriano dove svolse la maggior parte della sua attività (ibid.). Seppur lacunosi, i documenti conservati nell'Archivio della diocesi di Fano indicano comunque che nel 1706 il L. era in questa città per contrarre matrimonio con Maria Cinzia Galari.
Ebbe tre figli, che egli stesso istruì nell'arte della pittura: David, ricordato come abile ritrattista e morto probabilmente a Roma dopo il 1760, di cui rimane un'unica opera firmata, il ritratto di una principessa Rospigliosi Pallavicini nella galleria Pallavicini di Roma (Zeri); Eugenio (Fabriano, 1725-62), del quale vengono menzionate alcune opere, non rintracciabili, in un manoscritto privato, oggi anch'esso disperso, dell'archivio Miliani di Fabriano (Sassi); e infine Rosalba (morta a Fabriano nel 1762), sposata con Nicolò Miliani, "delicata pittrice" della quale viene ricordata una tela con la Vergine e il Bambino nella dispersa collezione Fornari (ibid., p. 187). Oltre ai figli viene indicato tra i suoi allievi Ulisse Lucci (Marcoaldi, 1867, p. 13).
Tra le opere giovanili Ricci cita una tela con i Ss. Enrico Re e Antonio Abate eseguita per l'ospedale di Perugia (oggi non rintracciabile). Probabilmente intorno al 1728, in occasione dell'elevazione della chiesa di S. Venanzo a Fabriano a cattedrale, il L. ne affrescò la conca absidale con S. Venanzo incoronato dalla Fede per intercessione di s. Giovanni, indicato comunemente anche come Trionfo della Fede (Droghini). L'opera, in cui i personaggi campeggiano in un ampio spazio affollato di cherubini, denota una certa fragilità compositiva, ma l'importanza della commissione rivela quanto fosse apprezzata l'attività del L. a Fabriano.
La chiesa di S. Lucia (oggi di S. Domenico) conserva due tele del L.: un S. Michele Arcangelo e un S. Vincenzo Ferrer che assiste un moribondo (1733). Nella stessa chiesa si trovavano le stazioni della Via Crucis (datate 1758) provenienti dalla chiesa di S. Caterina (furono donate alla chiesa di S. Lucia dal priore di S. Domenico tra il 1785 e il 1790; dal 1995, dopo il furto della quattordicesima stazione, sono conservate nel deposito della curia vescovile).
Con il passare del tempo il prestigio del L. non venne meno se, nel 1742, a un anno dal terremoto che aveva fatto crollare il campanile della cattedrale distruggendone parte del tetto, gli venne affidata la decorazione a fresco della nuova volta della tribuna con l'Incoronazione della Vergine, e le quattro Virtù cardinali nelle vele.
La Temperanza, probabilmente degradatasi nel corso degli anni, venne sostituita da un dipinto su tela attribuito a Michelangelo Miliani (figlio di Rosalba, educato dalla madre alla pittura) e forse ridipinto sulla base del cartone realizzato nel 1742 dallo stesso L. (la tela, danneggiata durante la seconda guerra mondiale, venne in parte ridipinta e variata rispetto all'originale: Droghini). L'affresco della volta, compositivamente meglio organizzato rispetto a quello della conca absidale, è impostato su toni chiari e tinte pastello, riflessi di quel linguaggio, connotato dal rinnovamento dell'eredità classicista, che la pittura marchigiana andava mutuando in quegli anni dalla scuola romana, attraverso le personalità di Cignani e Mancini. Diversamente dallo stile di questi pittori, quello del L. risulta meno classico, più sensibile al rococò.
Sempre per porre rimedio ai danni provocati dal terremoto del 1741, il L. fu incaricato di restaurare gli affreschi realizzati da Giuseppe Malatesta nella tribuna e nel coro di S. Biagio. Per la stessa chiesa (nella cui parrocchia il L. risiedeva all'epoca della nascita del figlio Eugenio), l'artista realizzò inoltre quattro dipinti di cui solo il primo datato: il Miracolo di s. Albertino che risana un bambino, commissionatogli dall'abate Andrea Filippo Fattorini il 25 giugno 1747 (Sassi, p. 187), S. Parisio mentre impone la veste camaldolese a una giovane donna, Il commiato dei ss. Mauro e Benedetto (1750 circa: Mossetti) e la Crocifissione con i ss. Giovanni Battista e Romualdo. Diversamente dagli affreschi, nelle pale d'altare, per le quali il L. è ampiamente lodato dalla critica (Ricci; Sassi; Molajoli), il pittore adotta un'impronta bolognese: attinge direttamente a fonti carraccesche distinguendosi così dal classico equilibrio di Cignani.
Il L. dipinse inoltre le grandi pale d'altare per la chiesa del Sacro Cuore (detta anche del Gesù o, ancora, chiesa del seminario) con S. Luigi Gonzaga e la Predica di s. Francesco Saverio. A Sanseverino Marche, dei diversi soggetti in tela indicati da Sassi e a lui attribuiti, non risulta traccia, ma in S. Maria del Glorioso si trovano un S. Giovanni Battista e una S. Caterina da Siena, e nella sacrestia di S. Agostino (duomo nuovo) è conservata una piccola tela con l'Addolorata (Piangatelli).
La maggior parte dell'opera pittorica del L. rimane dunque a Fabriano, dove il pittore morì il 13 dic. 1760. Venne sepolto nella cappella della Madonna della Misericordia all'interno della cattedrale, parrocchia del L. al momento della sua morte.
Fonti e Bibl.: Fano, Arch. stor. della diocesi, Parrocchia S. Andrea, Battesimi, 1686; Morti, 1694; Matrimoni, 1706; Stati delle anime, 1721; Fabriano, Arch. della diocesi, Parrocchia S. Venanzo, Battesimi, V, 1725, c. 148; Morti, IX, 1760, c. 72; 1762, c. 78; A. Ricci, Memorie storiche delle arti e degli artisti della Marca di Ancona, II, Macerata 1834, pp. 417-419; C. Ramelli, Indicazione degli oggetti d'arte in Fabriano, Fabriano 1852, p. 14; O. Marcoaldi, Quadri della Pinacoteca fabrianese: cenni descrittivi, Fabriano 1862, schede XIII, XXV; Id., Sui quadri di pittori fabrianesi raccolti e posseduti dal sig. Romualdo Fornari, Fabriano 1867, pp. 11-13; Id., Guida e statistica della città e comune di Fabriano, Fabriano 1873, pp. 61, 102 nn. 220, 223; V.E. Aleandri, Nuova guida di Sanseverino Marche, Sanseverino 1898, pp. 125, 139, 144; R. Sassi, Pittori fabrianesi del periodo barocco, secoli XVII e XVIII, in Rassegna marchigiana, III (1924-25), pp. 186-188; B. Molajoli, Guida artistica di Fabriano (1936), Fabriano 1990, pp. 15, 34, 100, 120, 135, 137, 149, 153, 155; F. Zeri, La Galleria Pallavicini in Roma, Firenze 1959, pp. 165 s.; C. Mossetti, in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, pp. 772 s.; P. Zampetti, Pittura nelle Marche, IV, Firenze 1991, p. 321; G. Piangatelli, San Severino Marche, San Severino 1993, pp. 21, 45; M. Droghini, G. L. e suo nipote Michelangelo Miliani. Due generazioni di pittori a confronto nella decorazione della zona absidale, in La cattedrale di Fabriano, a cura di B. Cleri - G. Donnini, Fabriano 2003, pp. 204-211; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, p. 394.