BIANCONI, Giovanni Lodovico
Nacque a Bologna il 30 sett. 1717 da Antonio Maria, fratello del teologo Giovanni Battista, e da Isabella Nelli.
Compiuti i corsi di umanità e appresa la lingua greca sotto la guida severa dello zio, seguì gli studi di matematica, avendo per maestro Eustachio Zanotti. Terminatili, in età di diciannove anni, si dedicò con passione alla medicina. Fu assistente nell'ospedale bolognese di Santa Maria della Vita; conseguì la laurea in filosofia e medicina nel 1741, e già l'anno seguente venne iscritto fra i membri dell'Istituto delle Scienze. Fra il 1743 e il 1744 pubblicò la traduzione dell'allora classico trattato di anatomia di J. B. Winslow,Exposition anatomique de la structure du corps humain, e si acquistò tale rinomanza nella medicina che, con le raccomandazioni di papa Benedetto XIV e di Laura Bassi, nel 1744 venne chiamato dal langravio di Assia Darmstadt, principe vescovo di Augusta, alla sua corte in qualità di medico personale.
Mentre esercitava la professione non rinunciò ad occuparsi di altre ricerche scientifiche già in parte avviate negli anni bolognesi. In forma di lettere indirizzate a S. Maffei scrisse due dissertazioni, una di meccanica e l'altra di acustica (questa riprendeva una lezione tenuta già all'Istituto di Bologna), e le pubblicò a Venezia nel 1746 col titolo Due lettere difisica al sig. marchese Scipione Maffei. Ma la sua principale benemerenza è quella di aver dato vita a Lipsia (figurava, però, stampato ad Amsterdam) al Journal des savans d'Italie: un periodico di cultura, del quale uscirono soltanto i primi tre tometti negli anni 1748 e 1749, che aveva lo scopo d'informare i lettori tedeschi della situazione degli studi scientifici e letterari in Italia.
Vi si davano rendiconti di recenti pubblicazioni di vario argomento, da scritti di materia storica e religiosa a opere scientifiche e letterarie e ad edizioni recenti di testi antichi: tra l'altro, nel primo tomo furono recensiti il Saggio sopra la durata de' regni de' re di Roma di F. Algarotti e gli Annali d'Italia di L. A. Muratori; nel secondo gli Opuscoli ecclesiastici diS. Maffei e il De ortu et progressu iuris Mediolanensis di Gabriele Verri; nel terzo, scritti d'antiquaria dell'ammirato Maffei; e in tutti e tre i tomi era contenuto un repertorio di notizie sulle ultime pubblicazioni e sulle iniziative culturali italiane. Nel secondo tomo venne inserita anche la Lettre sur l'Electricité écrite par Mr. Bianconi à Mr. le comte Algarotti, datata 3 nov. 1747, uno scritto che venne contemporaneamente divulgato in forma di opuscolo a sé, con la medesima indicazione di luogo dei Journal (Amsterdam 1748), e fu due anni più tardi diffuso in traduzione tedesca a Basilea: opera apprezzata, che valse all'autore l'iscrizione a socio corrispondente nell'Accademia delle Scienze di Berlino (4 sett. 1750).
Mentre attendeva alla sua tranquilla operosità scientifica il B. visse una vicenda sentimentale, che per la conclusione ebbe forse parte nella sua decisione di interrompere la pubblicazione del Journal.
Egli aveva apprezzato nella giovinetta Sophie Gutermann (colei che ebbe tanta parte nella vita di Wieland e sarebbe poi divenuta famosa come scrittrice col nome di Sophie La Roche) doti eccezionali d'intelligenza, e s'era proposto di educarla alle lettere, alle arti e alle scienze. Dalla relazione nacque un idillio che sembrava doversi concludere col matrimonio, senonché il padre della fanciulla, intransigente luterano, impose condizioni tali circa l'educazione religiosa dei figli che il B. dovette rinunziare alle nozze. La stessa Sophie raccontò la sua storia sentimentale molti anni più tardi nella lettera autobiografica a Melusina, premessa all'ultimo dei suoi romanzi.
Forse anche per l'amarezza lasciatagli dalla conclusione di questo amore, il B. pensò nel '49 di tornare a stabilirsi in Italia, ma il proposito non ebbe seguito; anzi, con una raccomandazione di Benedetto XIV, egli passava l'anno seguente alla corte di Dresda, presso l'elettore di Sassonia e re di Polonia, Augusto III, che gli assicurò una posizione privilegiata, nominandolo suo medico personale, conferendogli il titolo di consigliere aulico, e creandolo più tardi suo bibliotecario.
La corte di Dresda era delle più fastose di tutta Europa, forse seconda soltanto a quella di Parigi, e il principe, appassionato di belle arti e di musica, era tutto inteso a rendere splendida la sua capitale. Già s'era servito dell'Algarotti per acquistare in Italia opere d'arte per la famosa Galleria e il medesimo incarico conferì al B., il quale tuttavia per adempierlo non viaggiò come il suo predecessore, ma si valse dell'aiuto di corrispondenti. Tra i vari dipinti che per opera sua furono acquistati in Italia il più famoso è la raffaellesca Madonna di San Sisto, entrata nella Galleria di Dresda nel 1753.
A legare il B. ancora più saldamente alla Sassonia contribuì il matrimonio, nel 1753, con Eleonora Essen, figlia del gran balì di Dresda, ma non meno la vita felice che poté allora condurre, allietata dall'amicizia di artisti e letterati quali il Canaletto, Giovanni Ambrogio Migliavacca, il contraltista Domenico Anniballi, il Mengs, che stava iniziando la sua fortunata carriera di pittore, e il Winckelmann. Quando questi scese in Italia per la prima volta (novembre 1755) fu ospitato a Bologna in casa Bianconi, per interessamento del B., che fu il suo mecenate e colui che riuscì a introdurlo nella società di corte e dei dotti in Germania e in Italia. Al Winckelmann dobbiamo notizie sulla vita del B. in quel tempo, sulla sua casa ospitale, la più gradevole in Dresda, la sola dove si potesse trovare una compagnia garbata e immune dalla fastidiosa presenza dei pedanti.
Ma la guerra dei Sette anni non tardò a sconvolgere anche la pacifica Sassonia: quando entrarono le truppe prussiane a Dresda, il B. seguì il principe ereditario Federico Cristiano prima a Praga e poi in Baviera. Ebbe allora anche un incarico diplomatico a Parigi presso la corte di Francia, e al suo ritorno, sulla fine dell'anno 1760 e il principio del '61, egli dovette anche intraprendere un viaggio in Italia, per motivi che non ci sono conosciuti.
Il soggiorno a Monaco di Baviera fu per il B. soprattutto importante in quanto gli offrì l'occasione di raccogliere notizie sul paese e di stendere un resoconto, che, arricchito di osservazioni sui costumi tedeschi, doveva costituire il più fortunato dei suoi scritti: le Lettere al marchese Filippo Hercolani sopra alcune particolarità della Baviera ed altri paesi della Germania. Egli compose prima un'unica ampia trattazione, che doveva servire all'amico per informarlo sulle bellezze artistiche di Monaco e dei dintorni, quando nel 1762 si disponeva a lasciare Vienna e a tornare in Italia attraverso la Baviera ma per dare all'operetta una veste più agile la riscrisse poi, dividendola in dieci lettere fittizie.
La varia cultura dell'amatore di opere d'arte, del curioso di notizie storiche, dello studioso di codici antichi rende alquanto farraginoso lo stile delle prime lettere, ma quanto più si procede nella lettura, tanto meglio si scoprono l'acume e l'equilibrio dell'osservatore, che sa raccontare e giudicare con serenità, ma pur sempre con partecipazione e interesse umano, scrivendo in una forma chiara, elegante, priva di affettazioni. In effetti l'affiatamento con il pensiero contemporaneo meglio risalta dove il discorso cade su ciò che più propriamente appartiene ai costumi degli uomini e alle idee. La fede cattolica non impediva, per esempio, al B. di riconoscere la funzione esercitata dal protestantesimo luterano nella formazione della moderna Germania, e pertanto egli non esitava a dichiarare più costumati i luterani che i cattolici tedeschi. Mentre il suo pensiero correva spontaneamente ad un confronto con l'Italia, rilevava come in Germania i cittadini di qualunque condizione sentissero l'autorità delle leggi, contro le quali protezioni, patenti, livree, privilegi ecclesiastici o nobiliari nulla potevano, essendone l'applicazione affidata a magistrati di specchiata onestà, che per l'esecuzione delle loro decisioni potevano disporre di soldati integri e non di "gentaglia, che sovente è più colpevole dei delinquenti medesimi, e in conseguenza quasi sempre loro protettrice e compagna".
Per siffatti pareri e per qualche osservazione sulla vita del clero cattolico, dettata non da spiriti riformatori ma solo da serena spregiudicatezza, l'autore, dando l'incarico all'Hercolani di pubblicare l'operetta in Italia, dovette preoccuparsi di non stamparla in città in cui la censura ecclesiastica fosse troppo rigorosa: egli stesso pertanto suggerì Lucca, dove le Lettere vennero edite, anonime, nel 1763 dal Riccomini.
Intanto si concludeva la guerra tra l'Austria e la Prussia, che portò anche in Sassonia contraccolpi politici ed economici notevoli. Di quello che avvenne allora nel paese d'adozione il B. diede minuti ragguagli in varie lettere all'Hercolani, che sono tra i suoi scritti più vivaci: discorreva della corte, del desiderio di tutti, nobili e popolani, d'una vita pacifica e festosa; dipingeva se stesso come un felice epicureo, conservando nel racconto dei suoi casi un distacco ironico che molto giova alla freschezza di queste pagine. Ma il 17 dicembre 1763 l'elettore Federico Cristiano, succeduto da appena due mesi al padre, moriva. Il B. fu addolorato di tanta perdita, che, aggiunta alle ristrettezze di cui soffriva per causa della guerra, gli fece desiderare il ritorno definitivo in patria. Nel 1764 accettò pertanto la carica di ministro di Sassonia presso la Santa Sede, una sinecura onorifica, che gli consentì di vivere il resto della sua esistenza a Roma dedicandosi agli studi prediletti.
Un'attività letteraria più continua caratterizza gli anni romani del B., che si volse esclusivamente alla ricerca erudita, alla divulgazione elegante, allo studio dell'antiquaria e delle belle arti. Già negli anni di Dresda aveva cominciato ad occuparsi degli scritti di Celso, ma questo lavoro di molto impegno si concluse solo con le Lettere sopra A. Cornelio Celso al celebre ab. Girolamo Tiraboschi (Roma 1779): in esse il B. volle dimostrare con grande sfoggio di dottrina che il medicorum Cicero appartenne ai primi anni dell'età augustea, ma diede pure positivi contributi alla conoscenza dei codici e alla storia della critica celsiana. Altra opera di solida erudizione, pubblicata solo dopo la sua morte (Roma 1789), fu la Descrizione dei Circhi particolarmente di quello di Caracalla; ma su argomenti di antiquaria, nell'ambiente di Roma molto propizio a quegli studi, egli compose vari altri scritti minori, per lo più stesi in forma di lettere a questo o a quel dotto amico.
La molteplicità d'interessi, che nel B. s'era manifestata già in anni giovanili sotto l'impulso della scuola bolognese, lo portò a dedicarsi con impegno al giornalismo letterario. Nel 1772 si fece promotore delle Efemeridi letterarie, fu poitra i promotori del Nuovo Giornale dei Letterati d'Italia, collaborò agli Anecdota litteraria, e attivamente alla Antologia romana, nella quale pubblicò non solo articoli firmati ma altri non pochi con lo pseudonimo di "Amatore delle belle arti". Trattò pure di questioni di fisica e di medicina, e tra l'altro scrisse sull'idrofobia e sull'innesto del vaiolo. Le due lettere, del resto pregevoli, su Pisa e Firenze indirizzate al principe Enrico di Prussia potrebbero indicare i limiti di questi scritti, e meglio la seconda che non la prima, soprattutto per quello che vi si legge su Dante, lodato sì, ma in sostanza non amato. L'incomprensione per Dante, che ebbe punte estreme nel Bettinelli, ma, ove si eccettuino il Vico e l'Alfieri, fu comune a tutti gli uomini colti del sec. XVIII, nel B. trovava motivazioni dentro una poetica neoclassica, la quale, meglio che nei suoi pareri sugli scrittori, si espresse nelle sue non poche pagine di critica d'arte, sia in giudizi occasionalmente esposti in lettere del tempo in cui si occupava di arricchire la Galleria di Dresda, sia in più impegnati scritti degli anni romani. Spiccano fra tutti l'Elogio storico del cav. Giambattista Piranesi (1779) e, per i pregi letterari, ancor più l'Elogio storico di Anton Raffaele Mengs (1780), corredato da una minuziosa descrizione delle opere del pittore.
È specialmente nella prima parte che l'Elogio riesce una gradevole testimonianza, dove cioè tratta di quel bizzarro uomo che fu il padre di Anton Raffaele, il pittore e ceramista Ismaele Mengs, dell'educazione tirannica impartita al figlio e alle due figlie, tutti da lui destinati alla sua professione, del modo nel quale, a causa della grande passione che nutriva per la musica, invitò in casa sua l'Anniballi che poté così scoprire il talento del giovinetto. In queste pagine il B. si rivela ancora scrittore acuto, abile nel cogliere la psicologia dei personaggi e nel rendere con verità un ambiente familiare, che fa pensare a tratti a certe scene di commedie goldoniane.
Non sono neppure da trascurare tra gli scritti d'arte le Otto lettere risguardanti il così detto Terzo Tomo della Felsina pittrice del can. Luigi Crespi, che vennero pubblicate postume dal fratello Carlo nel terzo volume dell'edizione milanese delle Opere: la poetica neoclassica, con la sua incomprensione del primitivismo in arte, con il concetto d'imitazione idealizzatrice e con i confronti, a volte avventati a volte acuti, tra artisti del pennello e poeti, trova qui una nuova applicazione coerente.
Gli Elogi del Piranesi e del Mengs e le Otto lettere sono tra gli ultimi scritti del B.: a Perugia, presso la figlia prediletta Federica, sposata al conte R. Ansidei, egli morì il 1º gennaio 1781.
Opere: Furono raccolte in 4 volumi a Milano, Tipografia de' Classici italiani, 1802. A questa edizione fu premesso l'Elogio funebre composto dall'amico Annibale Mariotti, già stampato a Perugia nel 1781. Ilmeglio degli scritti venne ristampato nel vol. di Operette scelte, a cura di B. Gamba, Venezia, Alvisopoli 1824. Una lettera del 1744alla Bassi, in Lettere inedite alla celebre Laura Bassi,scritte da illustri italiani e stranieri, Bologna 1885. I Ricordi di G. L. B. in occasione del matrimonio di sua figlia Federica, (1775)furono pubblicati per nozze Castracane Staccoli-Ansidei a Perugia nel 1872(testo originale francese e traduz. italiana). Scelte abbastanza nutrite delle Lettere bavaresi in Viaggiatori delsettecento, a cura di L. Vincenti (Torino 1950), e in Letterati memorialisti e viaggiatori del settecento, a cura di E. Bonora (Milano-Napoli 1951).Una traduzione in tedesco è stata recentemente stampata a cura di H. Rüdiger,Briefe an den Marchese Hercolani über die Merkwürdigkeiten Bayerns und anderer deutscher Länder, Mainz und Berlin s.d. (ma 1964).
Fonti e Bibl.: J. J. Winkelmann,Lettere italiane, a cura di G. Zampa, Milano 1961,ad Indicem; G. M. Mazzuchelli,Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 1197-1198; G. Fantuzzi,Not. degli scritt. bolognesi, II, Bologna 1787, pp. 191-197; F. Carrara, in Diz. degli uomini illustri, Bassano 1796;B. Gamba,Not. intorno alla vita e alle opere di G. L. B., in Operette scelte, Venezia 1824; E. Sassoli,Vita e opere di G. L. B., Bologna 1885; G. Cavazzuti, Tra eruditi e giornalisti del sec. XVIII (G. Tiraboschi e il "Nuovo giornale dei letterati"), in Atti e Memorie della Deputaz. di st. patria per le prov. modenesi, s. VII, III(1924), pp. 131-134; L. Emery, G. L. B. in Germania (1745-1764), in Studi e Memorie per la storia dell'Università di Bologna, XV, Bologna 1942, pp. 115-176; Id., G. L. B., Il primo amore di Sofia La Roche. II. G. L. B., "sàssone", in Piccola morena, Bologna1958(ristampa di due articoli apparsi sotto pseudonimo Myrmex nell'Illustrazione italiana del 20ag. 1933, pp. 276ss., e del 19 nov. 1933, pp. 780-81); G. Roversi, Il commercio dei quadri a Bologna nel Settecento, inL'Archiginnasio, LX (1965), pp. 462, 466 s., 479 s., 494-502.