LERCARI, Giovanni
Nacque a Taggia il 22 ott. 1722, da Francesco Saverio e Maria Maddalena Berruti; fu battezzato lo stesso giorno nella collegiata dei Ss. Giacomo e Filippo con il nome di Giovanni Pietro Antonio. Divenne suddiacono il 21 dic. 1748, diacono e prete il 22 marzo 1749; si addottorò in diritto nella Sapienza romana l'11 ag. 1749. Rimasto a Roma come prelato di Curia, fu referendario delle due Segnature, prelato domestico del pontefice e membro della congregazione per la Visita apostolica; si dedicò in particolare alla riforma dei monasteri femminili e ottenne un canonicato in S. Maria Maggiore. Il 21 dic. 1760 fu nominato vescovo di Adrianopoli in partibus. Nel 1767, morto Giuseppe Saporiti, arcivescovo di Genova, il Senato lo designò come successore; Clemente XIII accordò la nomina il 10 luglio 1767.
Il L. si presentò alla diocesi con una Epistula pastoralis (Romae 1767), e l'anno successivo iniziò la visita pastorale del territorio diocesano. Il 1° febbr. 1771 emanò un decreto che richiedeva un contributo del clero per riparare i danni della guerra del 1747 e, successivamente, gestì la liquidazione dei beni della soppressa Compagnia di Gesù, punendo con la scomunica chi li avesse usurpati.
Altri aspetti dell'episcopato del L. si inserirono nella situazione della Chiesa di antico regime; così il 23 ag. 1783, sollecitato dal governo, chiese a Pio VI una riduzione delle festività. All'interno della tendenza settecentesca al disciplinamento della mendicità è da segnalare una nota che proibì la questua nelle chiese (10 marzo 1789) e il permesso di mangiare carne in quaresima per i membri della Compagnia del soccorso (6 febbr. 1790). A seguito del conflitto giurisdizionale si occupò, come i predecessori, della collocazione del trono del doge in cattedrale, tollerando che fosse in posizione preminente per evitare maggiori disordini. Nella linea di governo del L. non notiamo differenze sostanziali rispetto al predecessore. Fu la rivoluzione a segnare il suo rapporto con la città e con la parte del clero legata al giansenismo. Negli anni precedenti rafforzò anzi le tendenze in atto; come il Saporiti, governò la diocesi servendosi dei vicari foranei, dei quali ribadì l'autorità il 4 sett. 1778 (Institutiones et facultates pro vicariis foraneis, Genuae 1778); mantenne, finché poté, una posizione di equidistanza tra le fazioni filogesuita e giansenista del clero. Nel 1792 si giunse a uno scontro aperto tra il clero legato all'arcivescovo, agli ex gesuiti e a Roma e quello vicino alle posizioni della massima figura del giansenismo ligure, E. Degola. Professore di teologia nel seminario di Genova era stato fino a quel momento G.B. Lambruschini, acceso antigiansenista. Dopo aver a lungo agito dietro le quinte i giansenisti, facendo pressione sul L., riuscirono ad allontanare dall'insegnamento il loro avversario facendolo sostituire con S. De Gregori. La carriera di quest'ultimo fu comunque breve; accortosi delle sue simpatie gianseniste, il L. lo sostituì con B. Rivara, seguace del Lambruschini e avversario dei degoliani.
I problemi e le tensioni provenienti dalla Francia si fecero sentire anche a Genova, già prima che la rivoluzione abbattesse l'antica Repubblica aristocratica. La situazione internazionale fu recepita da una lettera pastorale del L. dell'8 marzo 1794, volta ad ottenere da Roma un giubileo speciale per la pace: "Considerando il governo serenissimo i gravissimi mali che inondano di presente e opprimono l'Europa, nonché la nostra Italia, ci ha ultimamente insinuati a promuover istanza alla Sua Santità affinché degnasse, in tempi sì calamitosi, di concedere un particolare e straordinario giubileo". È da notare come il L. fissasse, quale condizione per lucrare l'indulgenza, la visita alle chiese cittadine di S. Lorenzo, della basilica delle Vigne e di S. Siro, precisando poi, per le zone extraurbane, di deputare i "Vicari foranei acciocché, ognuno per tutti quelli che sono sotto la sua vicaria, assegni rispettivamente la chiesa o le chiese". Emergeva qui la già accennata gestione della diocesi attraverso i vicari, che caratterizza tutto il Settecento genovese.
Con il 1797 la rivoluzione si estese alla Liguria, mettendo in crisi le antiche strutture e coinvolgendo la Chiesa genovese. Nel maggio scoppiava una rivolta in seminario ispirata ai principî rivoluzionari: i seminaristi chiedevano, con una dichiarazione firmata, la sospensione del rettore e di altri superiori. Il L. dovette accettare l'ultimatum dei giovani chierici. Nell'estate si giunse a una prima stesura della costituzione della neonata Repubblica Ligure per la quale, con una lettera pastorale apposita, il 16 giugno 1797 il L. implorò l'aiuto divino.
La discussione ferveva, quando la politica statale contro i beni della Chiesa suscitò reazioni nella popolazione. Il 4 sett. 1797 scoppiò in Val Polcevera una rivolta di contadini, chiamata dei "Viva Maria" dal grido di guerra adottato, che si estese in poco tempo all'intero Genovesato. Il giorno dopo l'arcivescovo emanò una lettera pastorale per scongiurare la guerra civile e rassicurare la popolazione sull'accettabilità del nuovo governo. Poi, pressato dalle autorità, si incontrò con i rivoltosi rassicurandoli che il nuovo progetto di costituzione non violava i diritti della religione.
Ma nello stesso mese le tensioni con il governo rivoluzionario precipitarono; il L. fu arrestato e il suo vicario generale, A. Schiaffino, condannato a due anni di esilio. Il L. scelse per sostituirlo il Lambruschini, parroco della basilica delle Vigne, ma l'opposizione giansenista fece sentire la sua voce. Su pressione delle autorità dovette tornare indietro e gli furono proposte quattro persone: G.B. Moscini, G. Sobrero, l'ex filippino V. Palmieri e L. Pittaluga. Il L. prese tempo, nominando provicario G.A. Ferrando e secondo provicario B. Morchio. Le pressioni del governo si fecero a questo punto più forti, e gli fu dato l'ultimatum di scegliere uno dei nomi presentati, che fu il Moscini. Emanò poi il 23 marzo 1798 una lettera pastorale Ai parroci e a tutti i sacerdoti della diocesi, nella quale esortava il clero alla fedeltà alla nuova Repubblica, indicandola come compatibile con il cristianesimo. Tornò sull'argomento con una nuova lettera pastorale del 4 dic. 1798, Al clero e al popolo della diocesi di Genova.
Tuttavia pochi giorni dopo, il 18, fu arrestato e confinato a Novi. Nel gennaio 1799 un decreto del Direttorio ligure ingiunse al L. di trasmettere al Moscini tutti i poteri canonici. Nel 1799 si arrivò alla nomina di un vescovo coadiutore, che sarebbe dovuto succedergli. Quando il governo propose una scelta tra V. Palmieri e G.F. Calleri egli scrisse al papa per chiedere come coadiutore il secondo, ma fu prevenuto presso Pio VI da una lettera del Lambruschini, fortemente avversa al Calleri. Nel momento di massima crisi della Chiesa, solo, abbandonato dai suoi collaboratori, il L. accettò la proposta dei degoliani scegliendo il Calleri. Tuttavia il tentativo del Degola per arrivare all'ordinazione del Calleri, messo in atto il 23 febbr. 1799, non ebbe seguito, probabilmente per la defezione imprevista del vescovo di Brugnato, G.L. Solari.
Dopo l'assedio conclusosi con la capitolazione delle forze francesi e repubblicane genovesi il 4 giugno 1800, l'esercito austriaco entrava in Genova.
I primi atti del L. furono la destituzione del vicario scelto al posto del Calleri, G.B. Moscini, al quale intimò di non presentarsi più in episcopio, e la promulgazione di una lettera pastorale di ringraziamento per la liberazione dal giogo rivoluzionario. In una lettera dell'11 giugno 1800 invocò una raccolta di fondi per aiutare l'ospedale cittadino danneggiato dalla guerra. Pubblicò quindi, il 9 giugno, una notificazione nella quale annunciava di avere eletto vicario generale in spiritualibus il Lambruschini e destituito Moscini. Il L. e il Lambruschini, con la mediazione del fratello barnabita di quest'ultimo, Luigi, riproposero al papa (ora Pio VII) la nomina di un coadiutore. A seguito di questi passi il 17 ag. 1800 Lambruschini fu ordinato vescovo titolare di Azotus. La vittoria del L. e dei suoi era stata però di breve durata, perché già il 24 giugno 1800 le truppe francesi avevano ripreso possesso di Genova. Tuttavia anche per i giansenisti i tempi erano ormai cambiati e la speranza di un rinnovamento della Chiesa in direzione antichizzante si sarebbe mostrata inapplicabile.
Il L. morì a Genova il 18 marzo 1802. Fu seppellito nella chiesa della missione, al Fassolo.
Le lettere pastorali del L. si conservano come fogli volanti a Genova, presso la Biblioteca universitaria, l'Archivio storico diocesano, la Biblioteca Franzoniana. Le Institutiones et facultates pro vicariis foraneis… sono state edite in: Synodi diocesanae et provinciales editae atque ineditae S. Genuensis Ecclesiae. Accedunt acta et decreta visitationis Francisci Bossi episcopi Novarensis, Genuae 1833, pp. 901-909.
Fonti e Bibl.: Taggia (Imperia), Arch. della parrocchia dei Ss. Giacomo e Filippo, n. 1546 (atto di battesimo); Genova, Archivio storico diocesano, Decreti, 1768-71, nn. 32-33; Relazioni visite pastorali, 1768-71, nn. 34-36; Varie, n. 37; Relazioni parrocchie, 1770, nn. 38-39; Relazioni visite, 1771-83, nn. 40-44; Miscellanea Lercari, n. 45; Ibid., Arch. del Seminario arcivescovile, armadio 2, piano G, nn. 7-12; Arch. di Stato di Genova, Arch. segreto, Iurisdictionalium, 1773-79, n. 1421; 1766-72, n. 1422; 1757-69, n. 1423 (sulla soppressione dei gesuiti); nn. 1266-1333; Repubblica Ligure, nn. 202-203; E. Codignola, Carteggi dei giansenisti liguri, I-III, Firenze 1941-42 (sul L. si veda l'indice analitico, III, p. 886); Il giansenismo in Italia, a cura di P. Stella, I, 2, Piemonte, Zürich 1970, p. 190; II, 1, Roma, Roma 1995, p. 652; G.B. Semeria, Secoli cristiani della Liguria, Torino 1843, I, pp. 229-335; L. Levati, Pagine di storia ecclesiastica genovese: giansenismo e rivoluzione durante l'episcopato di mons. L., in Rivista diocesana genovese, XII (1920), pp. 245-249, 294-297, 363-365; P. Savio, Devozione di mons. Adeodato Turchi alla S. Sede. Testo e DCLXXVII documenti sul giansenismo italiano ed estero, Roma 1938, pp. 844, 931s., 935; A. Colletti, La Chiesa durante la Repubblica Ligure, Genova 1950, pp. 51-155; C. Da Langasco, Un esperimento di politica giansenista, la Repubblica Ligure, in Analecta Gregoriana, XXXI (1954), pp. 211-229; L. Morabito, Il giornalismo giacobino in Liguria, Milano 1972, pp. 168, 198, 204; A. Ronco, Storia della Repubblica Ligure, 1797-1799, Genova 1986, pp. 140-369; P. Fontana, Pranzi e processioni. La polemica del giansenismo ligure contro le confraternite (1781-1824), in Ricerche teologiche, IV (1993), 2, pp. 314-316; E. Marantonio Sguerzo, La politica ecclesiastica della Repubblica Ligure, Milano 1994, pp. 20, 61, 68; P. Fontana, Chiesa e rivoluzione in Liguria. Le devozioni e le profezie, in Loano 1795. Tra Francia e Italia dall'Ancien Régime ai tempi nuovi. Atti del Convegno, Loano… 1995, a cura di J. Costa, Bordighera 1998, pp. 371-382; Id., Tra illuminismo e giansenismo: il Settecento, in Il cammino della Chiesa genovese dalle origini ai nostri giorni, a cura di D. Puncuh, Genova 1999, pp. 378-397; Hierarchia catholica, VI, pp. 66, 241.