PRIMAVERA, Giovanni Leonardo
PRIMAVERA, Giovanni Leonardo. – Nacque a Barletta, presumibilmente intorno al 1540. Nei primi anni Sessanta era a Napoli presso il principe di Venosa, Fabrizio Gesualdo. A questi dedicò un primo libro di madrigali in un’edizione oggi perduta, ch’egli stesso ricordò poi molti anni dopo nell’indirizzare a Carlo Gesualdo, figlio di Fabrizio, il suo settimo libro di madrigali a 5 voci (Venezia, Scotto, 1585; salvo diversa menzione, la produzione a stampa di Primavera fu tutta edita dagli Scotto). È probabile che una parte almeno di questa prima raccolta, accresciuta di un secondo libro, sia poi confluita nella stampa del 1565.
Dopo il periodo trascorso con i Gesualdo, Primavera dovette trasferirsi nel nord d’Italia, stabilendosi a Venezia. Qui fu dapprima al servizio di Nicolò Contarini e di suo figlio Luigi, com’egli stesso ricorda nel dedicare a quest’ultimo il primo libro di canzoni napolitane a 3 (1565). In assenza di documentazione diretta, la presenza di Primavera a Venezia negli anni successivi è suggerita dalla produzione a stampa. Oltre ai due già citati, tra il 1565 e il 1570 Primavera diede alle stampe altri quattro libri, tutti licenziati da Venezia (del terzo libro di villotte alla napolitana a 3 voci resta però soltanto un’edizione del 1570 priva di dedica, probabile ristampa d’una prima edizione del 1566; cfr. Bernstein, 1998, p. 821) e riconducibili a patrocinatori di questa città o dell’entroterra. Il primo e secondo libro di madrigali a 5 e 6 voci (1565) è dedicato a Brunoro Zampeschi, capitano d’armi al servizio della Repubblica, non scevro di interessi letterari (suo un coevo trattato di comportamento, L’innamorato); il primo libro di napolitane a 4 voci (1569) a un giovane gentiluomo friulano, Guido della Torre. Nel 1566 un suo madrigale a 4 voci compare in una collettanea veneziana, Il desiderio, curata da un cantore di S. Marco, Giulio Bonagiunta. Nello stesso anno la dedica del secondo libro di canzoni napolitane a 3 voci (Venezia, Merulo e Betanio) a Francesco Maria del Monte e del terzo libro di madrigali a 5 e 6 voci (Venezia, Rampazetto) a Giovanni Vincenzo Gonzaga deve spiegarsi, invece, col fatto che i due giovani aristocratici, entrambi destinati alla carriera ecclesiastica, erano in quegli anni iscritti all’università di Padova.
È possibile che la relazione con i Contarini sia durata poco. Il terzo libro di madrigali dedicato al Gonzaga mostra infatti come Primavera fosse alla ricerca di un nuovo patrocinatore. Il madrigale d’apertura, su versi dello stesso musicista, esprime una chiara richiesta di protezione rivolta al giovane dedicatario, col quale Primavera potrebbe aver avuto una più antica consuetudine, considerati gli interessi meridionali della famiglia Gonzaga (Giovanni Vincenzo deteneva il priorato di Barletta, città natale di Primavera, mentre il fratello Cesare aveva ereditato dal padre il feudo di Molfetta). Il libro esibisce le competenze letterarie di Primavera ricordate anche nella lettera di dedica, qualità che gli poterono forse tornare utili nella scrittura delle villanelle, dove non mancano, sotto la scorza ruvida propria del genere, gli stereotipi petrarcheschi (cfr. Einstein, 1949, p. 377).
Nel 1570 a Loreto, dov’era giunto da Venezia, Primavera fu implicato in uno scandalo che coinvolse la cappella musicale e il clero della Santa Casa (cfr. Sherr, 1991): accusato di sodomia, riuscì a sfuggire all’arresto. Nei primi anni Settanta fu a Milano, maestro di cappella del nuovo governatore, Luis de Zúñiga y Requesens: vi fa riferimento il frontespizio del quarto libro di madrigali a 5 voci, intitolato I frutti (1573), dove il musicista si qualifica come «maestro di capella del […] commendator maggiore di Castiglia, governatore dello stato di Milano». La raccolta termina con un dialogo encomiastico a 10 voci all’indirizzo dello Zúñiga, versi di Benedetto Guidi, monaco benedettino della congregazione cassinense di S. Giorgio Maggiore a Venezia. In realtà, quando Primavera licenziò il libro (settembre 1573), il rapporto col governatore volgeva al termine: un mese dopo, questi lasciò Milano alla volta delle Fiandre. La raccolta è dedicata a Colantonio Caracciolo, marchese di Vico, un aristocratico napoletano in esilio a Venezia, già dedicatario del primo libro di madrigali a 4 voci di Filippo di Monte (1562). Primavera ricorda nella lettera di dedica di averlo conosciuto da tempo: la relazione doveva risalire agli anni napoletani trascorsi presso i Gesualdo (Caracciolo aveva sposato una sorella di Fabrizio, Maria).
Negli anni seguenti Primavera diede alle stampe altri due libri entrambi sottoscritti da Venezia. Il quarto libro di canzoni napolitane a 3 voci (Venezia, Bariletto, 1574) è dedicato ad Antoine de La Baume, un prelato francese allora in Italia; il quinto libro di madrigali a 5 voci (1578) è indirizzato a Piero Gabuzio, ancora un uomo d’armi al servizio della Repubblica: tra i testi intonati figurano di nuovo rime d’encomio del benedettino Guidi. La raccolta mette in risalto anche l’esercizio dilettevole della versificazione da parte di una cerchia di gentiluomini cui Primavera doveva sentirsi legato a Venezia (sono musicate rime dello stesso Gabuzio, di Zampeschi e di Marcantonio Viaro).
Agli inizi degli anni Ottanta Primavera tornò a Napoli. Il settimo libro di madrigali a 5 voci (1585) è dedicato a Carlo Gesualdo, allora non ancora ventenne e da poco subentrato, morto il fratello primogenito Luigi, nella successione dei titoli feudali della famiglia. Nella raccolta figurano composizioni di musicisti locali (due madrigali del napoletano Pompeo Stabile e uno di un Ludovico Primavera, del quale null’altro si sa). Un’impronta meridionale si ravvisa fors’anche nelle scelte poetiche: Primavera intona cinque stanze dall’Arcadia di Sannazaro nonché un’intera sestina e un sonetto (quest’ultimo in morte di Giovanni d’Austria) di Raffaele Bonello, un predicatore nato a Barletta, arcivescovo di Ragusa, i cui versi erano apparsi a stampa un paio d’anni prima.
Dopo il 1585 di Primavera non si hanno più notizie. Può darsi che sia rimasto presso Carlo Gesualdo a formare quel gruppo di musicisti, più tardi ricordato in chiave mitografica, che costituì il primo riferimento dei notevoli interessi musicali del principe.
Primavera diede alle stampe complessivamente undici libri, sette di madrigali (il sesto è perduto) e quattro di canzoni napolitane o villotte. Nei suoi libri figurano alcuni brani d’altri musicisti (come Alessandro Striggio, Francesco Portinaro, Giuseppe Guami, Massimo Troiano, un «Roscello» che potrebbe essere François Roussel alias Rosselli), indizi di una florida rete di relazioni professionali. I libri di madrigali presentano, accanto a scelte poetiche consuete (Petrarca, Sannazaro), soluzioni meno scontate (Tansillo, Bernardo Tasso) e numerose prime intonazioni, a volte uniche, di rimatori contemporanei: Chiara Matraini, Giovan Battista Strozzi il Vecchio, Cesare Carafa, Sperone Speroni, Tarquinia Molza, Girolamo Parabosco, oltre ai già citati Guidi e Bonello. A partire dal terzo libro – circostanza non usuale – le stampe segnalano gli autori dei versi.
Tra i madrigali, il più noto è Nasce la gioia mia (1565, a 6 voci), più tardi utilizzato dal Palestrina come modello per una messa (libro V, Roma, Coattino, 1590). Il tramite di questa scelta potrebbe essere ravvisato nel citato La Baume, dedicatario tanto d’un libro di Primavera quanto dell’ultima stampa palestriniana, gli Offertoria del 1593. Lo stesso madrigale, intavolato per liuto, compare, erroneamente attribuito ad Animuccia (Giovanni?), nella prima edizione del Fronimo di Vincenzo Galilei (Venezia, Scotto, 1568).
Seguito più ampio ebbero le canzoni napolitane. Alle raccolte di Primavera spettò un ruolo di rilievo nella fioritura di canzoni napolitane a 3 voci nei primi anni Sessanta, dovuto a compositori meridionali trapiantati come Primavera a nord, ma anche a musicisti non napoletani. In generale la produzione di Primavera contribuì a definire i tratti dominanti del genere in quegli anni. La raccolta più influente fu di sicuro il primo libro di canzoni napolitane a 3 voci, spesso ristampato: in esso Primavera fece conoscere anche una nuova generazione di compositori napoletani, in particolare Giovanni Leonardo Mollica dell’Arpa. Il secondo libro testimonia invece l’acclimatazione veneta della produzione di Primavera, nella presenza di alcune villanelle con i giuochi verbali tipici della villotta (cfr. Cardamone, 1981, p. 154).
La fortuna delle napolitane di Primavera è testimoniata dal frequente riutilizzo dei testi da parte d’altri compositori, dall’elaborazione di parodie, dalla riscrittura per liuto alle quali esse furono frequentemente assoggettate. Se ne trovano intavolate nel Turturino di Cornelio Antonelli (Venezia, Scotto, 1570) e nel libro di liuto di Cosimo Bottegari (Modena, Biblioteca Estense, ms. C.311); i testi delle sue napolitane furono utilizzati, tra gli altri, da Giovanni Ferretti, Jacob Regnart e Lambert de Sayve, che ne ricalcarono a volte anche la musica. Quest’ultima circostanza suggerisce che le canzoni di Primavera fossero conosciute nelle corti asburgiche, dove Regnart e Sayve furono attivi, e pare confermata dalla circolazione in area tedesca dei suoi libri a stampa (cfr. Lewis Hammond, 2007, p. 46) e dalla comparsa di una napolitana del primo libro in un dipinto del Tintoretto (sei donne musiciste, oggi a Dresda) forse concepito ab origine per Rodolfo II (cfr. Slim, 1987).
Fonti e bibl.: G.M. Monti, Le villanelle alla napoletana e l’antica lirica dialettale a Napoli, Città di Castello 1925, pp. 283 s.; C. Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, II, Milano 1929, pp. 315 s.; A. Einstein, The Italian madrigal, Princeton 1949, pp. 377, 576-580, 689; B.M. Galanti, Le villanelle alla napolitana, Firenze 1954, pp. 176-178; P. Sorrenti, Musicisti di Puglia, Bari 1966, pp. 238 s.; D.G. Cardamone, The canzone villanesca alla napolitana and related forms, 1537 to 1570, Ann Arbor, Mi., 1981, pp. 112, 153 s.; R.I. DeFord, The evolution of rhythmic style in Italian secular music of the late sixteenth century, in Studi musicali, X (1981), pp. 43-74; K.A. Larson, The unaccompanied madrigal in Naples from 1536 to 1654, Harvard University, Ph.D. dissertation, 1985, pp. 287-293, 376-382; H.C. Slim, Tintoretto’s “Music-making women” in Dresden, in Imago musicae, IV (1987), pp. 50-52, 62, 76; R. Sherr, A canon, a choirboy, and homosexuality in late sixteenth-century Italy, in Journal of Homosexuality, XXI (1991), pp. 1-22; L. Bianchi, Antoine de La Baume ultimo mecenate del Palestrina, in Nuova Rivista musicale italiana, XXVI (1992), pp. 85-89; C. Assenza, La canzonetta dal 1570 al 1615, Lucca, 1997, pp. 164 s.; J.A. Bernstein, Music printing in Renaissance Venice: the Scotto press (1539-1572), New York - Oxford 1998, pp. 670-674, 687 s., 789 s., 818-822; P. Canguilhem, Fronimo de Vincenzo Galilei, Paris - Tours 2001, pp. 153-158; The New Grove. Dictionary of Music and Musicians, XX, London 2001, pp. 321 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XIII, Kassel-Basel 2005, coll. 937 s.; S. Lewis Hammond, Editing music in early modern Germany, Aldershot 2007, pp. 46, 94.