LEGRENZI, Giovanni
Organista e compositore, nato a Clusone (Bergamo) verso il 1625, morto a Venezia il 21 maggio 1690. La carriera artistica del L. s'iniziò a Bergamo, con la nomina a organista in Santa Maria Maggiore e con la pubblicazione delle due prime opere: Concerti musicali a 3 e 4 voci con 2 violini, op. 1 (Venezia 1654), e Sonate a 2 e 3, op. 2 (1655). A Ferrara, il L. risiedette certamente fra il 1657 ed il 1664, giacché le musiche sue venute alla luce in questo periodo contengono, accanto al nome, la qualifica del L. come maestro di cappella dell'Accademia dello Spirito Santo in Ferrara. In questa città egli fece rappresentare, nel 1663, la sua prima opera teatrale: l'Achille in Sciro, ripresa l'anno dopo nel teatro di S. Salvatore in Venezia. Fu forse il successo dell'opera in questa città che indusse il L. ad abbandonare Ferrara per trasferirsi stabilmente a Venezia nello stesso 1664. Prima però di tentare nuovamente la sorte sulle scene veneziane, il L. fece rappresentare nel 1665, ancora in Ferrara, l'opera Zenobia e Radamisto; finché nel 1668 egli si decise a dare il Tiridate innanzi al pubblico del teatro di S. Salvatore. Intanto la fama del L. si era andata convalidando con altre pubblicazioni di musiche spirituali, quali le Compiete con litanie ed antifone, op. 7, a 5 voci (1662), Acclamazioni divote, op. 10 (1670) e con la diffusione delle sonate strumentali apparse nel 1663 e 67, rispettivamente coi titoli di Sonate a 2, 3, 5 e 6 strumenti, op. 3, e Sonate a 2 violini e violone, op. 8. Questa ragguardevole somma di attività, svolta nei varî campi della produzione musicale, procacciò nel 1672 al L. la carica di direttore del conservatorio dei mendicanti in Venezia. Da allora, più frequenti e numerosi divennero i contributi del L. alle scene liriche veneziane; sicché, quando si voglia tenere conto di alcuni lavori teatrali composti dal L. e destinati a essere rappresentati fuori di Venezia, le opere sue, di cui abbiamo notizia, salgono a diciotto. A Venezia, al L. apersero le porte i teatri dei Ss. Giovanni e Paolo, di S. Giovanni Crisostomo, oltre a quello di S. Salvatore, che rimase il preferito suo campo d'azione. Rappresentata nel 1684 l'ultima sua opera, Publio Elio Pertinace, che vide la luce in Venezia, il 23 aprile 1685 egli fu nominato direttore della cappella ducale di S. Marco; carica nella quale succedette a Natale Monferrato e che conservò fino alla morte. Non cessò per altro di manifestare quella tendenza a comporre musiche strumentali, per cui egli si conquistò una posizione speciale nello svolgimento storico delle forme nel sec. XVII. Così il L. elevò a trentotto il numero dei suonatori costituenti il corpo della cappella ducale, comprendendovi otto violini, undici violette, due viole tenori, tre viole da gamba, viola bassa, quattro tiorbe, fagotto, due cornetti e tre tromboni. Dedicò inoltre alle musiche strumentali da chiesa e da camera le pubblicazioni apparse coi titoli: La Cetra, Sonate per due a quattro strumenti (1673); Sonate a due violini e violoncello (1677); e Sonate da chiesa e da camera da due a sette strumenti (1693). Ciò non impedì al L. di coltivare anche la musica vocale da camera, nelle forme della cantata solistica e del duetto, e di offrirne saggi interessanti negli Echi di riverenza (1678-79) e nelle Idee armoniche (1678). L'oratorio La morte del cuore penitente risale al 1675.
Vista nel suo complesso, la produzione del L. comprende molte delle forme musicali dominanti nella seconda metà del '600 veneziano. In tempi che nell'opera si usavano profondere gli allestimenti più fantastici della scenografia, L. scrisse melodrammi, due dei quali rimasero a questo titolo memorabili: La divisione del mondo, posto in scena nel 1675 dal marchese Guido Rangone con ingegnose invenzioni di macchine, e il Totila di cui gli apparati scenici furono descritti nel Mercure de France. Le musiche del Totila e del Giustino ci furono conservate nei mss. contariniani della Biblioteca Marciana e da esse, come da qualche altro frammento legrenziano, si può stabilire la posizione del maestro sulla via che conduce da F. Cavalli ad A. Scarlatti, ma più vicino al primo che non ai decadentisti dell'opera veneziana dell'ultimo '600. Quanto alla musica strumentale il L. si trovò in una posizione più vantaggiosa; egli sembra infatti avere sentito meglio e prima d'altri la necessità di ricondurre alla tradizione contrappuntistica le musiche per strumenti concertanti uscite dall'avviamento monodico del primo '600. Finalmente, quale compositore di musica sacra, L. seguì il gusto instaurato da C. Monteverdi: usò cioè in chiesa lo stile concertante, e ne offrì esempî a' suoi allievi principali: C. F. Pollarolo, A. Caldara, A. Lotti e F. Gasparini, che se ne avvantaggiarono subito dopo di lui.