LANFRANCO, Giovanni
Pittore, nato a Parma il 26 gennaio 1582, morto in Roma il 30 novembre 1647. Fu allievo dei Carracci, soprattutto d'Annibale, con il quale lavorò a Roma. Morto il maestro (1609), tornò a Bologna e vi dipinse quadri sacri per alcune chiese o per quelle di Piacenza. Ritornato a Roma verso il 1612, vi rimase fino al 1631, occupato da molte commissioni: la pala di S. Giuseppe a Capo le Case, la decorazione della Cappella Bongiovanni (S. Agostino, 1616); i fregi della Sala Paolina eseguiti nel Quirinale con il Saraceni e il Tassi. Fra questi e altri dipinti decorativi emerge la cupola di S. Andrea della Valle iniziata nel 1621. L'attività romana del L. terminò con le Scene della Passione in S. Giovanni dei Fiorentini (cappella Sacchetti) e con gli affreschi di S. Pietro (cappella del Crocifisso). Fra il 1633 e il '34, il L. si trasferì a Napoli, dove compì lavori di singolare grandiosità, tra cui gli affreschi della Certosa di S. Martino, quelli con il Martirio degli apostoli nella chiesa omonima e la cupola di S. Gennaro nel duomo, ricominciata dopo la morte del Domenichino (1641). Nel 1646 il L. passò di nuovo a Roma e vi intraprese la Gloria del Paradiso nell'abside di S. Carlo a' Catinari finita nel 1647. Noti e clamorosi furono i suoi contrasti con il Domenichino e il Guercino, ma le ambizioni dell'uomo giovarono al franco ingegno dell'artista. Con la facilità di contrastare le masse e con la potenza drammatica delle azioni si fa spesso perdonare i riflessi troppo correggeschi e una certa ostentazione d'originalità. Gli si diede colpa di plagi anche insussistenti, ma benché le sue folle aeree manchino spesso di coesione e richiamino senza scrupoli forme e movimenti altrui, egli si distingue per magico colorismo e per potenza di contrasti. Ebbe il fasto dell'epoca e s'impose nella pittura dell'Italia centrale e meridionale, che cominciò ad allargare i suoi modi compositivi e a intendere le più energiche leggi del chiaroscuro. La sua concitazione esteriore non si può confondere con il genio dinamico e con la passione del Bernini, ma giovò al rigoglio del barocco.
Bibl.: H. Voss, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXII, Lipsia 1928 (con la bibliografia precedente); N. Pevsner-O. Grautoff, Barockmalerei in den romanischen Ländern, Wildpark-Postdam 1928, pp. 161-63; A. De Rinaldis, La pittura del Seicento nell'Italia meridionale, Monaco e Firenze 1929, passim; D. Cavaliere, G. L. a Parma, in Aurea Parma, XV (1931), pp. 218-923; id., Il pittore G. L. a Piacenza, in Boll. stor. piacentino, XXVII (1932), pagine 3-9.