LANDO, Giovanni
Nacque, presumibilmente a Venezia, il 9 marzo 1648 da Antonio di Gerolamo ed Elisabetta Grimani di Giovanni e fu registrato il 1° aprile presso l'avogaria di Comun, con il secondo nome di Marco. Ebbe un unico fratello, Gerolamo.
Il 2 giugno 1668 sposò, a S. Cristoforo di Murano, Virginia Zenobio di Carlo, dalla quale ebbe quattro figli: Antonio, che divenne procuratore, Gerolamo (morto alla nascita), Piero ed Elena, che sposò Giovanni Correr.
Il L. iniziò la carriera politica al compimento del venticinquesimo anno di età, con l'elezione, il 12 nov. 1673, alla carica di camerlengo di Comun.
Tra il novembre 1675 e il dicembre 1677 fu per tre volte prescelto quale savio di Terraferma, incarico che alternò, tra l'aprile 1678 e il giugno 1680 con quello di cassier di Collegio. Il 30 sett. 1681 fu eletto ambasciatore in Francia, ma la sua nomina fu annullata. Tornò a ricoprire le cariche di savio di Terraferma (dicembre 1681 - giugno 1682, dicembre 1682 - giugno 1683) e di cassier di Collegio (giugno-luglio 1682, gennaio-giugno 1683) e nel luglio 1683 il Senato lo scelse quale provveditore in Zecca al pagamento dei prò, ma il 2 ottobre fu sostituito da Giovanni Giustinian.
Il L. si era ormai creato una solida fama di uomo colto e integerrimo, fedele alla Repubblica e di raro equilibrio: per queste fondate ragioni fu incaricato, il 2 dic. 1683, quale "nobile in figura privata" di una missione diplomatica ufficiosa presso la S. Sede. La sede veneziana a Roma era stata chiusa per gravi attriti con Innocenzo XI, in materia di asilo politico, che l'ambasciatore Carlo Zen non era riuscito ad appianare. Considerato uomo di esperienza e di virtù, al L. furono assegnati un dono di 1000 ducati d'oro e 200 ducati mensili per le spese. L'8 dicembre gli fu imposto di partire entro 15 giorni e gli furono affidate una lettera di ossequiosa presentazione al papa e una accompagnatoria per il cardinale segretario di Stato Alderano Cibo, con la raccomandazione di riferire diligentemente su ogni avvenimento presso la corte romana. Il L. seppe conquistare la fiducia del pontefice e svolse efficacemente la sua opera di mediazione, volta a evitare una guerra tra il Papato e la Spagna e a trattare sull'alleanza con Venezia, Austria, Polonia contro il Turco.
Il L. era tenuto in massima considerazione non solo dal papa, che ebbe modo di elogiarlo pubblicamente ("homo missus a Deo cui nomen erat Ioannes": Cicogna, 1824, p. 179), ma anche dagli altri ambasciatori a Roma, che spesso gli chiedevano consigli. Fu il L. a comunicare la morte di Innocenzo XI, subito prodigandosi per l'elezione del cardinale veneziano Pietro Ottoboni (Alessandro VIII). La Serenissima, dopo aver disposto ben tre giorni di pubblici festeggiamenti - comprendenti la nomina a cavaliere di S. Marco per il fratello del nuovo pontefice, Marco, e il nipote ex fratre, Antonio, eletto procuratore di S. Marco soprannumerario - incluse il L. tra gli otto ambasciatori straordinari inviati a Roma l'11 ott. 1689, e lo incaricò, sempre come ambasciatore straordinario, di perorare la canonizzazione del beato Lorenzo Giustinian, finalmente concessa, dopo due secoli, "a spese della liberalità della Repubblica". Sostituito da Domenico Contarini, al ritorno nella Dominante dopo circa sette anni, il 7 apr. 1691 tenne un'accurata relazione in Senato sul suo operato presso la S. Sede, tracciando un'attenta disamina sul pontificato e la situazione internazionale.
Già il 14 marzo 1691 il Senato aveva disposto per il L. l'ambasciata in Francia, ma egli vi rinunciò, come il 28 maggio 1693 rifiutò un nuovo incarico diplomatico a Roma, per il quale era stato prescelto il 28 aprile. L'intimo desiderio di non abbandonare più l'amata patria lo portò a rifiutare un'ulteriore ambasciata a Roma decisa dal Senato il 1° luglio 1694, preferendo candidarsi alla prestigiosa carica di procuratore di San Marco de ultra, elezione per cui versò l'ingente somma di 20.100 ducati.
Ritornò dunque a ricoprire vari incarichi nella Dominante: fu provveditore sopra Monasteri (10 ag. 1694), tra i sette del Collegio alle pompe (9 febbr. 1695), sovraprovveditore alle Pompe (26 genn. 1696), savio all'Eresia (22 febbr. 1696), deputato alla provvisione del denaro pubblico (22 marzo 1696), savio del Consiglio (aprile-settembre 1696, aprile-settembre 1697), provveditore all'Arsenale (19 ott. 1697), ancora deputato alla provvisione del denaro pubblico (7 nov. 1697), savio del Consiglio (29 marzo 1698). Eletto il 12 marzo 1699 ambasciatore straordinario a Costantinopoli, declinò l'incarico il 14 marzo, ma non poté esimersi da quello di ambasciatore straordinario, con Federico Corner, Sebastiano Foscarini e Pietro Venier, per manifestare le felicitazioni di Venezia in occasione dell'elezione del nuovo papa Clemente XI (27 nov. 1700). Al suo ritorno fu chiamato come savio del Consiglio (30 marzo 1701), riformatore allo Studio di Padova (16 aprile), aggiunto ai deputati alla provvisione del denaro pubblico (13 ottobre), provveditore in Zecca (18 febbr. 1702), savio del Consiglio (30 marzo 1702), savio alla Mercanzia (14 ott. 1702), savio del Consiglio (31 marzo 1703), provveditore sopra Monasteri (4 ott. 1703), ancora aggiunto ai savi alla Mercanzia (3 nov. 1703), membro di rispetto ai sovraprovveditori alle Pompe (17 nov. 1703), savio all'Eresia (1° febbr. 1704), savio del Consiglio (29 marzo 1704), correttore alle Leggi (23 sett. 1704), savio del Consiglio (31 marzo 1705), riformatore allo Studio di Padova (30 apr. 1705), deputato alla provvisione del denaro pubblico (10 ott. 1705), savio del Consiglio (30 marzo 1706), aggiunto ai provveditori alla Sanità (2 ott. 1706), aggiunto ai deputati alla provvisione del denaro pubblico (24 genn. 1707), savio del Consiglio (31 marzo 1707), ancora aggiunto ai deputati alla provvisione del denaro pubblico (3 ott. 1707).
Al di là delle numerose cariche ricoperte, la sua disincantata e concreta opinione sulla politica internazionale veneziana fu sempre seguita con attenzione dagli organi di governo: fu lui a esprimere l'idea della "neutralità armata", costante caratteristica dell'ultimo secolo di vita della Serenissima.
Il L. morì a Venezia nel dicembre 1707; il suo corpo fu inumato nella chiesa di S. Antonio di Castello, con iscrizione e busto marmoreo, già dispersi nel secolo XIX.
Il L. ha lasciato un manoscritto in 44 capitoli, Il Bacconi mentito, discorsi di Giovanni cavalier Lando patrizio veneto, rimasto inedito e passato agli eredi, e del quale si erano perse le tracce già nel secolo XVIII (Cicogna, 1824, p. 179).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Misc. codd., I, St. veneta, 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patritii veneti, IV, c. 224; III, St. veneta, 32,: G.A. Cappellari Vivaro, Campidoglio veneto, II, cc. 656-657; Avogaria di Comun, Libri d'oro nascite, reg. 60, t. X, c. 176r; Libri d'oro matrimoni, reg. 93, t. VI, c. 150; Collegio, Cerimoniali, reg. III, cc. 200v-201v; Senato, Deliberazioni, Roma ordinaria, reg. 85, cc. 25v-26r, 41v-42r; Roma expulsis papalistis, reg. 2, cc. 33r, 35r-37r, 39; Dispacci degli ambasciatori e residenti, Roma, ff. 197, nn. 1-10, 12-80; 198, nn. 81-144, 146-161; 199, nn. 162-187, 178 bis-187 bis, 188-201, 203-254, 254a; 200, nn. 255-315, 236, 316-317, 319-352; 201, nn. 353-445; 202, nn. 446-527, 529-530, 533-535, 506a, 526a, 526 bis; 203, nn. 536-624; 204, nn. 625-674, 669a; 205, n. 2; Expulsis papalistis, f. 1, 22 ott. 1689 - 6 genn. 1691; Capi del Consiglio dei dieci, Lettere ambasciatori, Roma, b. 27, nn. 390-392; Segretario alle Voci, Elezioni in Pregadi, regg. 19, cc. 9v, 10v, 11v, 12v, 38v-39r, 48r; 20, cc. 8v, 16v, 62v, 76v-77r, 79v, 99v, 145v; 21, cc. 1, 3v, 4v, 5v, 6v, 35v, 41v, 42r, 49r, 51r, 63v, 65r, 69v, 70r, 87v, 109v-110r, 138r, 145v, 147v, 149v, 150r; Elezioni in Maggior Consiglio, regg. 22, c. 14v; 24, c. 106v; 25, cc. 111v, 124r; G.A. Ninfa, Orazione nell'ingresso alla procuratia di G. L. cavaliere, Venezia 1694; A. Contarini, Orazione funebre nei funerali in Este alla memoria di G. L.…, Padova 1707; La morte ingannata. Orazione funebre nella morte dell'eccellenza di mons. Gio. L. kav. proc. di S. Marco seguita li 6 dic. 1707, Venezia 1707; Relazioni degli Stati europei lette al Senato dagli ambasciatori veneti nel secolo decimosettimo, a cura di N. Barozzi - G. Berchet, s. 3, II, Italia, Roma, Venezia 1879, pp. 405-428; E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, I, Venezia 1824, pp. 178 s., 363; Id., Saggio di bibliografia veneziana, Venezia 1847, p. 440; G. Soranzo, Bibliografia veneziana, Venezia 1885, p. 431; L. von Pastor, Storia dei papi, XIV, 2, Roma 1932, ad ind.; L. Pelliccioni di Poli, Storia della famiglia Landi patrizia veneta, Roma 1960, pp. 29 s.