GIOVANNI Ircano
Figlio di Simone Asmoneo, successe al padre nella dignità di sommo sacerdote e di etnarca dei Giudei (135 a. C.), scampando alla strage che di Simone e dei suoi aveva compiuto Tolomeo figlio di Ḥabūb, genero di lui. Antioco VII Sidete, re di Siria, fece una spedizione in Giudea, a quanto pare nel primo anno del governo di Giovanni Ircano, per ricondurre i Giudei sotto la dominazione sira. L'assedio posto a Gerusalemme si concluse con la sottomissione d'Ircano, il quale dovette riconoscere la sovranità sira, restituire ad Antioco le città di Gazara e di Giaffa, pagargli un tributo e obbligarsi a prestargli aiuto militare in caso di guerra. Antioco però, convintosi che non era possibile da parte sua continuare la politica di coazione religiosa, assicurò ai Giudei la libertà di religione e riconobbe la dinastia sacerdotale degli Asmonei. Vinto e ucciso Antioco Sidete nella guerra contro i Parti (129), Ircano, che coi suoi combatteva nell'esercito siro, poté salvarsi. La debolezza in cui cadde allora il regno di Siria gli permise di riacquistare la sua indipendenza, di riprendere Gazara e Giaffa, assicurandosi così lo sbocco al mare, e di svolgere tutta una politica di conquiste territoriali in Transgiordania, in Idumea, in Samaria, nella valle di Yizrĕ'ēl e, per quanto pare, anche in Galilea. Le sue fortunate campagne ebbero per conseguenza un tale ampliamento del territorio del suo stato quale dal tempo di Salomone in poi non si era più avuto. Egli riuscì anche a ottenere dai Romani il riconoscimento della sua indipendenza, un efficace appoggio contro i Siri e un trattamento di favore per l'esportazione palestinese. Batté, come già suo padre, propria moneta, e, secondo un'opinione recentemente emessa, assunse la dignità regia. Le necessità della politica interna ed estera lo indussero ad accostarsi all'antica aristocrazia sacerdotale dei Sadducei, dalle cui famiglie soltanto poteva trarre i suoi funzionarî e i suoi generali, allontanandosi invece dai Farisei, partito popolare strettamente fedele alla tradizione religiosa nazionale e abituato a tenersi lontano dalla cultura straniera e ad astrarre da ogni rapporto con l'estero. D'altra parte i Farisei erano già malcontenti di lui perché non sembrava loro adatto per il sommo sacerdozio. Su questo distacco di G. I. dai Farisei la fantasia delle generazioni successive ricamò racconti leggendarî tramandatici in forme alquanto diverse da Giuseppe Flavio e dal Talmūd. Ircano morì nel 104 a. C. Una cronaca del suo pontificato è ricordata nel primo libro dei Maccabei, ma a quanto sembra era già perduta al tempo di Giuseppe Flavio.
Bibl.: E. Schürer, Gesch. des jüdischen Volkes im Zeitalter Jesu Christi, I, 5ª ed., Lipsia 1909, pp. 254-273; Pauly-Wissowa, Real-Encycl., suppl. IV, coll. 786-788, e bibliografia ivi citata; V. Aptowitzer, Parteipolitik der Hasmonäerzeit, Vienna 1927, pp. 13-17, 34-39, e passim; A. Momigliano, Prime linee di storia della tradizione maccabaica, Roma 1930, passim.