INTERDONATO, Giovanni
Noto come "il colonnello" e cugino dell'omonimo magistrato, nacque a Roccalumera, presso Messina, nel 1813 (lo smarrimento della p. 77 del registro dei battesimi non consente di individuare il giorno esatto) da Paolo, proprietario, e Angela Coglitore Pomar.
Il suo nome si lega alle vicende dell'insurrezione antiborbonica di Messina nel 1848. Fin dallo scoppio dei moti, con l'aiuto di alcuni congiunti e di A. Rombes l'I. organizzò squadre di uomini armati che si segnalarono in alcune vivaci azioni militari (28 e 29 gennaio, 1° febbraio). Intanto era membro di un circolo politico, L'Opinione, fondato da vecchi carbonari messinesi e la cui intransigenza surriscaldò il clima politico al punto da indurre il commissario governativo D. Piraino ad accusare il presidente del circolo, E. Pancaldo, di fomentare la rivalità tra la guardia nazionale, a maggioranza monarchica e conservatrice, e le squadre di guardia mobile, di tendenza repubblicana.
La sera del 5 maggio l'I. e Pancaldo subirono un agguato. Per difendere l'amico aggredito a coltellate, l'I. intervenne, deviò i colpi e disarmò il sicario che sembra avesse per mandante il colonnello E. Fardella di Torrearsa, fratello del ministro degli Esteri, marchese Vincenzo. Sull'onda dell'indignazione, espressa anche attraverso una protesta dei circoli messinesi, l'I. fondò il 2 giugno il club repubblicano La Bilancia, con il programma "di suscitare la coscienza popolare, istruire il popolo ad esercitare il diritto di petizione".
L'I. ebbe poi una parte di rilievo nella resistenza della città al ritorno dei Borboni, prima opponendosi in località Scaletta a un tentativo di sbarco (22-23 giugno 1848), infine guidando il 6 sett. 1848 una squadra di volontari ad affrontare le truppe regie in località Carrubbare. In relazione a tale episodio l'I. sarebbe stato accusato di avere eluso i combattimenti e sarebbe entrato in conflitto anche con il fratello Stefano, ma si sarebbe difeso sostenendo di avere eseguito gli ordini impartitigli.
Dopo la caduta di Messina nel settembre 1848, l'I. trasferì nel Taorminese le proprie truppe inquadrate ora dal generale L. Mieroslawski nel III battaglione volontari, ma nessuno degli scontri cui partecipò tra il marzo e l'aprile del 1849 ebbe esito fortunato. Costretto alla ritirata, poco prima del 19 aprile ripiegò su Palermo, dove i suoi uomini vennero sottoposti a misure di polizia e disarmati con modalità narrate in modo divergente da testimoni e scrittori.
Riparato a Malta insieme con il fratello Stefano, l'I. divenne il luogotenente di P. Calvi, scrisse articoli per Il Mediterraneo e partecipò alla fioritura memorialistica, di intonazione polemica, rivelatrice dei dissidi interni al fronte rivoluzionario. Nel 1851, in dissenso con N. Fabrizi, formò, insieme con T. Masaracchio Jacona, un comitato ribelle che si pose in contatto con quello di Parigi, e avviò progetti cospirativi per rafforzare il movimento insurrezionale e porre in esecuzione il progetto di sbarco in Sicilia, ideato da P. Calvi.
Il suo nome tornò alla ribalta quando, nel maggio 1854, organizzò con G. Scarperia di Castelvetrano una infelice spedizione sulla costa siciliana. L'azione ebbe proporzioni limitatissime e si concluse con l'arresto dei suoi protagonisti, costituitisi il 7 giugno per evitare rappresaglie alle famiglie. Il gesto dei due fuorusciti, ignorato dai più sul teatro stesso dell'azione, acquistò risonanza dopo che un breve cenno apparso sul Giornale officiale di Sicilia fu ripreso dalla stampa periodica che ne enfatizzò la portata. Nel processo intentatogli l'anno dopo davanti alla Gran Corte criminale di Messina l'I. fu condannato a trenta mesi di reclusione per infrazione delle leggi sanitarie e forse scontò una parte della pena a Ustica, dove il 16 maggio 1858 sposò la diciassettenne Teresa Longo.
Al momento dell'impresa dei Mille l'I. sedò una ribellione ad Alcara Li Fusi. Assunto il comando di una compagnia di volontari e ricongiuntosi alla colonna di N. Fabrizi, il 20 luglio a Spadafora e Gesso attaccò 3000 regi, costringendoli a tornare nella cittadella di Messina; quindi, precedendo di poco Garibaldi, entrò in Messina con la sua colonna il 27 luglio 1860.
In vista della formazione dell'esercito meridionale l'I. ebbe da Garibaldi, con ordine del 2 ag. 1860, l'incarico di radunare i disertori, formare un battaglione e proporre i nomi degli ufficiali. Forse per vecchi dissensi con N. Fabrizi, nominato segretario di Stato per la Guerra, i candidati proposti dall'I. non furono approvati, sebbene fossero stati dichiarati idonei da una apposita commissione. L'I. se ne risentì e, convinto di essere stato vittima di una grave ingiustizia, il 25 apr. 1861 si dimise dall'esercito.
Per interessamento dell'I. nel 1863 il Comune di San Ferdinando, sul quale gravitavano da tempo gli interessi terrieri della sua famiglia, cambiò in onore di Garibaldi il vecchio nome, che ricordava quello del passato re, con quello di Nizza di Sicilia, di cui l'I. fu sindaco dal 1877 alla morte.
L'I. morì a Nizza di Sicilia l'8 febbr. 1889.
L'I. fu un appassionato agrumicoltore. Con i nomi di "limone speciale" o "frutto fine, interdonato" è chiamato un apprezzato ibrido d'innesto di cedro e limone, da lui ottenuto nel suo agrumeto in contrada Reitano.
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