BARTOLI, Giovanni Guglielmo
Nato a Livorno nella prima metà del sec. XVIII, entrò giovanissimo nella Congregazione di S. Marco, dell'Ordine dei domenicani. Fornito di grande dottrina ed erudizione, insegnò per alcuni anni nel convento di Montepulciano, dove scrisse la Istoria di s. Agnese di Montepulciano,Siena 1779. In seguito, mentre era lettore nel convento di S. Marco in Firenze, pubblicò l'Istoria dell'arcivescovo s. Antonino e de' suoi più illustri discepoli coll'apologia di f. Girolamo Savonarola, Firenze 1782, in tre libri: l'ultimo libro, dedicato interamente all'apologia del frate ferrarese, suscitò un largo interesse nel mondo ecclesiastico dell'epoca.
Il B., infatti, non indugia a raccontare ai lettori le vicende esteriori della vita del Ravonarola, ma si limita a respingere, servendosi talora spregiudicatamente dell'autorità di scrittori poco ortodossi, quali il Pufendorf, il Montesquieu e il giansenista Van Espen, le accuse più importanti rivoltegli nel corso dei secoli, specialmente dagli scrittori ligi alla Santa Sede. Si trovano in nuce in quest'opera tutte le affermazioni che porteranno il giansenismo toscano a vagheggiare una sorta di chiesa nazionale, indipendente da Roma e devota al principato, considerato come vescovato esteriore; il B. afferma perentoriamente che un sovrano ha il diritto e l'autorità di convocare un concilio anche contro la volontà del papa e che in generale l'esteriore disciplina della Chiesa "può avere dei gran rapporti colla sanzione del Principato" (ibid., p. 319). L'attacco al centro dell'unità cattolica era evidente, quando il B. lodava il Savonarola per aver ubbidito ai magistrati civili, "perché il resistere alle ordinazioni di questi è un resistere a quella di Dio" e giustificava la sua disobbedienza al papa in quanto aveva voluto "seguire i dettami della giustizia e della carità pel pubblico bene" (p. 349).
Perseguitato dai confratelli per queste idee, il B. si rivolgeva, nel maggio del 1784, a Scipione de' Ricci, perché appoggiasse presso il granduca la sua richiesta di secolarizzazione e lo impiegasse nella sua diocesi. Secondo i suoi desideri, nel settembre dello stesso anno fu creato priore della chiesa dello Spirito Santo di Pistoia. In tale qualità, a pieno diritto, egli partecipò al sinodo di Pistoia, e all'apertura di esso, il 18 sett. 1786, in un'atmosfera piena di solennità, pronunciò l'orazione inaugurale: in essa, lamentata la decadenza della Chiesa e dei costumi, il risorto pelagianismo, il dominio del casismo e del probabilismo sulla "sana dottrina", annunciava che vicino era il conforto di Dio, perché il principe, "formato secondo il cuore di Dio, il Vescovo esteriore del suo Popolo" (Atti e decreti, p. 31),sottoponendo ai vescovi del suo stato i 57 punti della proposta riforma, voleva ricondurre nelle chiese della Toscana "lo, spirito degli aurei secoli del Cristianesimo".
Particolarmente interessante è l'appello che il B. rivolse ai suoi confratelli parroci, in cui, seguendo le punte più avanzate del parrochismo, già ripreso in Italia dal Cornaro e dal Guadagnini, li esortò ad erigersi a "giudici della fede", con l'autorità di esaminare e stabilire tutto ciò che non era stato innalzato a dogma dal voto della Chiesa universale adunata o dispersa: in conseguenza di ciò, affermava che nessuna diocesi era tenuta ad osservare decreti, sentenze o definizioni di altre diocesi, anche maggiori.Nei lavori del sinodo, il B. fu membro di una delle due congregazioni intermedie, incaricate di preparare gli schemi dei decreti conclusivi, e fece parte della congregazione speciale, deputata ad esaminare i motivi di dissenso degli oppositori ai decreti stessi. L'arditezza delle sue affermazioni procurarono al B. critiche aspre e censure: nella stessa bolla Auctoremfidei comparivano condannate quattro proposizioni estratte dall'orazione inaugurale, e precisamente l'XI, la XIII, la XIV e la LXXIX. Poco prima dell'apertura del sinodo, il B. aveva iniziato la pubblicazione, per ordine del de' Ricci, de Il Nuovo Testamento con delle riflessioni morali sopra ciascun versetto,Pistoia 178689, traduzione, in sei volumi, della celebre opera del Quesnel: le rare note che accompagnavano il testo univano ai motivi più schiettamente giansenistici affermazioni regalistiche, come quella che "il Principe è l'immagine più viva del Padre universale, che è Iddio" (III, p. 118), o tali da avvicinare addirittura il B. alla schiera degli "illuministi cattolici", come quando, nel combattere lo smodato culto delle reliquie, sostiene che contraddice "il puro, il ragionevole ossequio che dobbiam rendere a Dio* (I, p. 132).Il B., rimasto prudentemente nell'ombra nel periodo della crisi del movimento ricciano, nel 1799, seguendo molti altri del gruppo giansenista toscano, dimostrò un atteggiamento favorevole alle idee democratiche, pubblicando una Istruzione pastorale del cittadino curato Gio. Gugliemo Bartoli al suo popolo della Chiesa sotto il titolo dello Spirito Santo,Pistoia, ristampata lo stesso anno a Firenze e lodata dal Mengoni nel Monitore Fiorentino, (30 apr- 1799). Restaurato il governo granducale, egli pagò caro questo suo comportamento con una condanna alla reclusione al Falcone di Portoferraio e con la sospensione dalla reggenza della chiesa dello Spirito Santo. Scontata la pena, chiese invano al vescovo mons. Falchi e al suo successore, mons. Toli, di essere reintegrato nell'antica carica. La morte lo colse all'ospedale di Pistoia nell'ottobre 1804.
Fonti e Bibl.: Qualche notizia biografica e accenni all'attività svolta dal B. in seno al gruppo giansenista ricciano si trovano nelle Carte Ricci dell'Archivio di Stato di Firenze: Carteggio,busta 79, ff. 112, 135, 152; Copialettere,registrl: 47, ff. 192, 289; 52, ff. 507, 532-535; 54, ff. 104, 271-272, 330; 59, ff. 417, 421, 1021; 62, ff. 434, 452; 65, ff. 1336, 1369; 66, 315; inoltre cfr.: S. de' Ricci, Memorie,a cura di A. Gelli, Firenze 1865, I, pp. 391 s.; F. Pera, Ricordi e biografie livornesi, Livorno 1867, p. 1; G. Beani, I vescovi di Pistoia e di Prato dall'anno 1732 al 1871, Pistoia 1881, pp. 95, 184; R. Mazzetti, Relazioni fra il giansenismo pavese e il giansenismo toscano, in Miscellanea pavese,Torino 1932, p.. 195; B. Matteucci, Scipione De Ricci. Saggio storico teologico sul giansenismo italiano,Brescia 1941, pp. 177 e n. 26, 178 n. 28; E. Codignola, Carteggi di giansenisti liguri, I, Firenze 1941, p. LXXXVIII; II, ibid. 1941, pp. 130, 188 e n. 2; III, ibid. 1942, pp. 224, 233; Id., Il giansenismo toscano nel carteggio di Fabio De Vecchi, Firenze 1944, 1, p. 116 n. 1; sulla partecipazione del B. al sinodo di Pistoia, oltre agli Atti e decreti del Concilio diocesano di Pistoia dell'anno MDCCLXXXVI, Pistoia s. d. (ma 1788), pp. 10, 20, 22, 101 s. (alle pp. 28-40 l'oraz. inaugurale), cfr. specialmente: G. A. Rasier Gosé Fuensalida), Analisi del Concilio diocesano di Pistoia Assisi 1790, 1, pp. 37-93, e F. E. Guasco, Izionario ricciano e antiricciano,Vercelli 1794, DI). 47-49 e passim; sul B. apologista del Savonarola, cfr. D. Moreni, Bibliografia storico ragionata della Toscana, Firenze 1805, I, pp. 91 s.; V. Marchese, Lettere inedite di fra, Girolamo Savonarola,in Arch. stor. ital., App. VIII, Firenze 1850, pp. 78 n. 4, 86 n. 3, 95; G. Schnitzer, Savonarola,Milano 1931, 11, pp. 54, 564; R. Ridolfi, Vita di Girolamo Savonarola, Roma, 1952, II, p. 64.