GUARINO AMELLA, Giovanni
Nacque l'8 ott. 1872 a Sant'Angelo Muxaro, in provincia di Girgenti (odierna Agrigento), da Calogero Guarino e Giuseppina Amella, in una famiglia di piccoli proprietari terrieri.
Dopo la morte del padre la famiglia del G. si trovò ad affrontare un periodo di ristrettezze economiche che costrinsero la madre a vendere la piccola proprietà al barone F. Lombardo di Canicattì. Fu poi proprio questi a prendersi cura del giovane G., sostenendolo economicamente negli studi fino a consentirgli l'iscrizione alla facoltà di legge dell'Università di Palermo.
Durante il soggiorno palermitano il G. partecipò intensamente alla vita culturale e politica, maturando sentimenti di solidarietà per la causa delle classi lavoratrici. Dopo la laurea fece ritorno a Canicattì, dove, insieme con il barone Lombardo, si adoperò per alleviare le tristi condizioni di tanta parte della popolazione. In questo contesto sociale esplosero, nel dicembre 1893, i primi tumulti che alimentarono il movimento dei Fasci siciliani. Il G. partecipò alla fondazione dei Fasci nella provincia di Girgenti e dopo la proclamazione dello stato d'assedio per sottrarsi all'arresto si rese latitante, protetto dai contadini e dal barone Lombardo.
In seguito il G. intraprese l'attività forense divenendo uno dei più valenti avvocati del foro agrigentino e, abbandonati il ribellismo e le vaghe simpatie socialiste della prima gioventù, si avvicinò al radicalismo cavallottiano, considerandolo forza in grado di scardinare il blocco agrario dominante.
Egli condusse la sua difficile e aspra lotta politica a Canicattì e a Girgenti, in un ambiente di grande arretratezza economica e culturale, caratterizzato da rapporti di tipo feudale e da un notabilato locale chiuso in difesa dei privilegi, mentre la legge elettorale impediva l'accesso al voto a gran parte della classe lavoratrice. Gli interlocutori privilegiati del G. divennero allora gli intellettuali, gli artigiani, i piccoli proprietari, ai quali egli si rivolse affinché prendessero coscienza dei gravi problemi che affliggevano la società civile e si unissero a lui in un'opera non di sovversione ma di risanamento.
Il 13 apr. 1902 il G. fu eletto consigliere comunale di Canicattì, e poi, l'8 luglio 1906, fu eletto al Consiglio provinciale di Girgenti.
Intorno al G. si era coagulato un gruppo di democratici, intransigenti e decisi a condurre la lotta al latifondo, contro la delinquenza e per lo sviluppo dell'istruzione elementare.
Un momento importante di questo impegno fu la convocazione, nel 1911 a Girgenti, del I Congresso nazionale contro la delinquenza e l'analfabetismo, promosso dalla Federazione democratica girgentina con la partecipazione di esponenti di primo piano della cultura e della politica nazionale, come L. Luzzatti, N. Colajanni, S. Sonnino, F.S. Nitti, F. Turati, A. Loria.
Nello stesso 1911 il G. divenne presidente della Deputazione provinciale di Girgenti, provocando la risentita reazione degli sconfitti, che cercarono sostegno nella prefettura giolittiana. Nonostante un'inchiesta avesse riscontrato la correttezza dell'operato della Deputazione e del suo presidente, il Consiglio provinciale venne sciolto e in sua vece fu nominata una regia commissione.
Il G. ingaggiò allora una serrata lotta contro G. Giolitti e i suoi seguaci siciliani, anche dalla pagine del settimanale Il Moscone, da lui fondato in quell'anno.
Alle elezioni politiche del 1913, le prime a suffragio universale maschile, il G. fu tra i promotori del Blocco popolare, che ebbe il sostegno delle associazioni operaie e contadine e consentì all'avvocato socialista palermitano G. Marchesano di sconfiggere il deputato uscente C. Gangitano.
Dal 14 ag. 1914 e per tutto il periodo bellico il G. ricoprì la carica di pro-sindaco di Canicattì, realizzando una serie di opere pubbliche, tra cui l'acquedotto che approvvigionava finalmente la popolazione di acqua potabile. Il vasto consenso acquisito agevolò la sua elezione a deputato per il collegio di Girgenti nelle elezioni politiche del 16 nov. 1919.
Alla Camera, dove fu segretario del gruppo parlamentare radicale, continuò a battersi per il riscatto della Sicilia dall'oppressione del latifondo.
Confermato deputato nelle elezioni del 15 maggio 1921, aderì al gruppo della Democrazia sociale (DS), costituito da ex radicali ed ex combattenti, moltissimi dei quali, come il G., affiliati alla massoneria. Dal 13 al 15 nov. 1921 i demosociali siciliani, guidati da G. Colonna di Cesarò, si riunirono a Palermo per avviare la costituzione di un partito organizzato e fissarne le linee programmatiche.
In relazione al problema del latifondo emersero profondi dissidi, essendo in molti contrari al suo frazionamento in piccole proprietà. Il G. fu tra quanti sostenevano che "il diritto di proprietà andava riconosciuto e protetto solamente quando aveva una "funzione sociale", perché urgeva soddisfare le attese del proletariato agricolo, che altrimenti avrebbe indirizzato sempre più le proprie simpatie verso il Partito socialista e verso il Partito popolare" (D'Angelo, 1990, p. 246). Queste posizioni furono infine recepite in un ordine del giorno approvato a larga maggioranza, ma le divergenze manifestatesi a Palermo incisero sulla decisione di rinviare il congresso costitutivo della DS, che si riunì a Roma dal 27 al 29 apr. 1922 ed elesse il G. nel consiglio nazionale.
Il G. condivise la partecipazione della DS al primo governo Mussolini, ma all'inizio del 1923, mentre una parte dei demosociali siciliani, capeggiati da A. Abisso, confluiva nel partito fascista "l'ala facente capo ai deputati Guarino Amella e Pancamo condizionava ancora il proprio atteggiamento allo spazio lasciatole dai fasci per l'esercizio delle vecchie posizioni di potere, pur riconoscendo che la Democrazia sociale e il fascismo concordavano per la comune preferenza di "metodi di energia e di prontezza"" (Miccichè, p. 166). I rapporti tra il partito e il fascismo erano tuttavia destinati a deteriorarsi.
L'8 genn. 1923 i fascisti aggredirono ad Agrigento il fattorino del quindicinale Il Fuoco, diretto dal G., dando alle fiamme il pacco dei giornali che trasportava; il giorno successivo tentarono di assalire la sezione demosociale.
Questi fatti, il 24 gennaio, furono oggetto di un incontro tra B. Mussolini e alcuni dirigenti della DS, tra cui il G., che confermarono la loro leale collaborazione al governo. Nel febbraio 1924, dopo l'uscita di Colonna di Cesarò dal governo, il G. assunse una posizione "prudente e moderatamente critica nei confronti del fascismo" (Miccichè, p. 175 n.); il 6 aprile dello stesso anno fu rieletto deputato e, dopo il delitto Matteotti, prese parte alla secessione dell'Aventino, svolgendo le funzioni di segretario del comitato delle opposizioni. A novembre aderì all'Unione nazionale di G. Amendola e il 5 apr. 1925 partecipò a Palermo a un incontro, al quale intervennero tra gli altri Colonna di Cesarò, A. De Gasperi e A. Cianca, per reclamare una pronta restaurazione delle libertà statutarie. Il 9 nov. 1926 fu dichiarato decaduto dal mandato parlamentare e da allora non svolse attività politica, dedicandosi alla professione di avvocato civilista. Nel 1935 venne radiato dall'elenco degli oppositori del regime e nello stesso anno diede la propria adesione alla campagna per l'"oro alla patria".
Il 17 luglio 1943 il G. fu nominato dagli Alleati sindaco di Canicattì (carica che mantenne fino all'8 sett. 1944) e il 28 dello stesso mese fu tra i promotori del Comitato per l'indipendenza della Sicilia.
Il 9 dic. 1943, insieme con altri ex parlamentari siciliani, sottoscrisse un appello al governo militare alleato per chiedere che fosse "risparmiata alla Sicilia la sciagura di essere consegnata al cosiddetto governo Badoglio".
Il G. tentò anche di rilanciare l'iniziativa della Democrazia sociale, convocando, per il 21-22 maggio 1944, un congresso che decise la confluenza nel nuovo Partito democratico del lavoro (PDL). Convintosi dell'impraticabilità del separatismo, il G. divenne deciso fautore dell'autonomia facendo parte, dal 28 dic. 1944, della Consulta regionale siciliana e, dal 1° sett. 1945, della commissione per l'elaborazione dello statuto; fu anche membro della Consulta nazionale, in qualità di ex deputato aventiniano.
Stese, inoltre, un progetto di statuto d'ispirazione quasi federalista, che, se accolto, avrebbe conferito alla Regione siciliana una più marcata autonomia. Il 9 ott. 1946 fu nominato presidente della commissione paritetica per la definizione delle norme attuative del trasferimento di attribuzioni dallo Stato alla Regione.
La mancata elezione del G. alla prima Assemblea regionale siciliana, il 27 apr. 1947, pose fine alla sua carriera politica. Il 21 genn. 1948 intervenne al consiglio nazionale del PDL, approvando l'adesione al Fronte democratico popolare.
Il G. morì a Palermo il 19 ott. 1949.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Casellario politico centrale, b. 2558, f. 3768; Il programma e l'azione della democrazia sociale secondo il pensiero dell'on. G., in Il Secolo, 18 ag. 1921; Gli equivoci del riformismo in Sicilia (Intervista con l'on. G.), in Giornale dell'Isola, 27 sett. 1921; P. D'Antoni, G. G.A., Palermo 1950; Storia della Sicilia post-unificazione, III, G. Raffiotta, La Sicilia nel primo ventennio del secolo XX, Palermo 1959, ad ind.; G. Salemi, Lo statuto della Regione siciliana. I lavori preparatori, Padova 1961, pp. 126-131 (riportano il testo del progetto Guarino Amella); S. Di Matteo, Cronache di un quinquennio: anni roventi, la Sicilia dal 1943 al 1947, Palermo 1967, pp. 352 s., 356, 364, 366, 368-371, 383 s., 386, 429, 458, 481, 483, 552; S.M. Ganci, L'Italia antimoderata. Autonomisti, radicali e socialisti dall'Unità a oggi, Parma 1968, pp. 382-387, 444-448; G. Giarrizzo, Sicilia politica 1943-1945. La genesi dello statuto regionale, in Arch. stor. per la Sicilia orientale, LXVI (1970), pp. 40 s.; G.C. Marino, Partiti e lotta di classe in Sicilia da Orlando a Mussolini, Bari 1976, ad ind.; S. Attanasio, Sicilia senza Italia. Luglio - agosto 1943, Milano 1976, pp. 184 s., 285; G. Miccichè, Dopoguerra e fascismo in Sicilia, 1919-1927, Roma 1976, ad ind.; G. Barone et al., Potere e società in Sicilia nella crisi dello Stato liberale. Per una analisi del blocco agrario, Catania 1977, ad ind.; M. Jacoviello, La Sicilia. Dalle lotte per l'indipendenza all'autonomia regionale, 1943-1948, Napoli 1978, ad ind.; G.C. Marino, Storia del separatismo siciliano, 1943-1947, Roma 1979, ad ind.; M. Ganci, La Sicilia contemporanea, Napoli-Palermo 1980, ad ind.; L. D'Angelo, Ceti medi e ricostruzione: il Partito democratico del lavoro (1943-1948), Milano 1981, ad ind.; M. Saija, Un "soldino" contro il fascismo. Istituzioni ed élites politiche nella Sicilia del 1923, Catania 1981, ad ind.; S. Nicolosi, Sicilia contro Italia, Catania 1981, passim; S. Attanasio, Gli anni della rabbia: Sicilia 1943-1947, Milano 1984, ad ind.; La Sicilia, a cura di M. Aymard - G. Giarrizzo, Torino 1987, ad ind.; O. Cancila, Palermo, Roma-Bari 1988, ad ind.; L. D'Angelo, La democrazia radicale tra la prima guerra mondiale e il fascismo, Roma 1990, ad ind.; S. Di Matteo, Gli accadimenti di Sicilia, Palermo 1991, pp. 255-264.