GUALANDI, Giovanni
Primo dei sette figli di Domenico e di Luigia Naldi, nacque a Bologna il 1° giugno 1819, e nella sua città, dopo aver frequentato le scuole del seminario arcivescovile, si laureò in medicina. Iniziò il tirocinio presso la sezione dementi dell'ospedale bolognese S. Orsola, della quale era primario il padre.
Nel 1849 il G., insieme con i fratelli Francesco e Angelo e il pittore Alessandro Guardassoni, si recò a Parigi, ove soggiornò per circa sei mesi.
Il periodo trascorso nella capitale francese esercitò una notevole influenza sull'educazione "religiosa, politica e scientifica" del G., come egli stesso scrisse nella lunga lettera inviata il 16 nov. 1849 da Parigi all'amico di famiglia e consigliere spirituale G. Canali (Bologna, Arch. della Piccola Missione sordomuti, Giovanni Gualandi - Teresa Gnoli, sez. I, cart. 2), nella quale descrisse anche con parole entusiastiche l'incontro con il gesuita Carlo Maria Curci, allora in procinto di fondare la rivista La Civiltà cattolica. Il Curci coinvolse i fratelli Gualandi e il Guardassoni nelle fasi preparatorie del progetto, tanto che il G. e Angelo, dopo il loro rientro in Italia, svolsero per alcuni anni la funzione di gerenti responsabili della società editrice per la Legazione di Bologna con l'incarico di curare la diffusione capillare della rivista. A Parigi il G. fu anche profondamente impressionato dalle conferenze della Carità di S. Vincenzo de Paoli, di cui ebbe modo di conoscere il fondatore, lo storico e apologeta Frédéric-Antoine Ozanam, e tornato a Bologna partecipò, unitamente ai familiari, all'istituzione della prima conferenza di S. Vincenzo della città.
Il 17 sett. 1850, con un decreto della Sacra Visita e della commissione ospedaliera, il G. fu nominato medico alienista direttore residente "con l'onorario di scudi trenta mensuali" dell'ospedale S. Maria della Pietà dei poveri pazzi di Roma (Arch. di Stato di Roma, Ospedale S. Spirito, b. 833, n. 35), coadiuvato dai medici consulenti Luigi Gatti e Zefferino Galli.
Il pio istituto romano era stato fino allora caratterizzato da una gestione più religiosa che sanitaria, e il servizio clinico era affidato alla irregolare pratica dei medici del vicino ospedale di S. Spirito, dal quale l'istituto stesso dipendeva pure per la parte amministrativa ed economica. La generale riorganizzazione dell'assistenza sanitaria cittadina promossa da Pio IX prevedeva, tra l'altro, la costruzione di un nuovo manicomio, la cui gestione avrebbe dovuto essere ispirata ai moderni canoni di competenza professionale. I lavori preparatori alla trasformazione strutturale e gestionale del S. Maria della Pietà furono oggetto di studio della commissione amministrativa dell'archiospedale di S. Spirito, la cui presidenza era stata affidata, in considerazione della particolare competenza nel settore, al cardinale Carlo Luigi Morichini; questi il 14 maggio 1850 inoltrò al pontefice un rapporto contenente la proposta della nomina del G. a direttore della struttura. La scelta del medico bolognese era probabilmente legata alla notorietà acquisita dal padre in campo alienistico, oltre che all'attività che egli stesso aveva svolto nel settore: autore di una Proposta di riforma a favore dei pazzi (in Rendicontodell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna, a.a. 1846-47, Bologna 1847, sessione 20 maggio 1847, pp. 213-215, e ibid., a.a. 1848-49, ibid. 1849, sessione 8 marzo 1849, pp. 45-47), aveva contribuito con il padre alla progettazione di un manicomio pubblico.
Assunto l'incarico, il G., clinicamente orientato secondo i moderni criteri psichiatrici sviluppati Oltralpe e ormai in fase di affermazione anche in Italia, fu amaramente sorpreso nel constatare in quali condizioni, malgrado le soluzioni palliative recentemente messe in atto, versasse il nosocomio romano; più o meno le stesse che avevano suscitato i pessimi giudizi degli alienisti che lo avevano visitato, tra i quali il padre Domenico. Il suo convincimento, in sintonia con la linea riformatrice dei più autorevoli alienisti italiani, circa la necessità di una completa autonomia del medico direttore sia nel campo clinico sia in quello amministrativo, non subordinata ad alcuna altra autorità, si scontrò subito con la rigida organizzazione gerarchica esistente: ne nacquero immediatamente contrasti con alcuni esponenti della commissione ospedaliera e con lo stesso pontefice che resero impossibile qualsiasi aspirazione a istanze riformatrici. Conscio della precaria situazione nella quale si trovava, il G. riuscì a ottenere dal Morichini la facoltà di stabilire la propria abitazione nell'interno del manicomio e a introdurre nella pratica medica ospedaliera alcune innovazioni già sperimentate col padre al S. Orsola di Bologna; i primi mesi trascorsi a Roma, tuttavia, furono caratterizzati dall'isolamento e dalla tristezza, oltre che dall'irregolare corresponsione degli onorari. Il primo regolamento interno del manicomio romano, emanato nel 1858, precisò in modo definitivo le funzioni del medico direttore stabilendone la subordinazione al diretto superiore identificabile nel delegato deputato dalla commissione. I contrasti conseguenti a tale provvedimento si acuirono in seguito al parere negativo espresso dagli amministratori del S. Spirito in merito alla proposta del G. di acquisire la villa Borghese di Mondragone per stabilirvi la sede del nuovo manicomio. Il pontefice, abbandonando gli originali progetti, decise di potenziare le strutture esistenti, affidando i lavori di ristrutturazione all'architetto F. Azzurri. Il tentativo del G. di collaborare con il progettista fallì subito, perché le soluzioni che suggerì furono giudicate troppo costose dalla commissione e dal papa stesso. La situazione precipitò nel marzo 1861 quando Pio IX, conferito all'economo e segretario della R. Fabbrica di S. Pietro monsignor Domenico Giraud il titolo di visitatore apostolico del manicomio romano, gli affidò il compito di stabilire un nuovo assetto gestionale del nosocomio e soprattutto di avviare un'inchiesta che accertasse le eventuali responsabilità del G., accusato di insubordinazione agli ordini superiori tale da aver portato l'istituto sull'orlo del collasso economico. La vicenda si concluse drasticamente il 30 apr. 1861 con il licenziamento del G. e la nomina a suo successore, il successivo 6 maggio, dell'archiatra pontificio B. Viale Prelà. Interrotta così la sua carriera, il G. non ottenne altri incarichi, né proseguì l'attività scientifica iniziata nel 1847, quando era stato nominato membro onorario dell'Accademia delle scienze di Bologna (Rendiconto delle sessioni ordinarie dell'Accademia delle scienze di Bologna, I, Bologna 1845-50, p. 220); tentò ancora di partecipare al dibattito in tema di legislazione sugli alienati con il lavoro Delle riforme legislative da promoversi in favore degli alienati di mente (lettera al cav. dott. Giovanni Stefano Bonacossa), pubblicato nella rivista Archivio italiano per le malattienervose e più particolarmente per le alienazioni mentali, I (1864), pp. 381-398.
Unitosi in matrimonio con Teresa Gnoli, poetessa e sorella di Domenico, il 23 genn. 1863, l'anno successivo il G. si trasferì a Frascati, ove tentò di istituire un ricovero per dementi paganti: le difficoltà di ordine organizzativo ed economico che dovette affrontare furono però tali da far naufragare il progetto. Trasferitisi a Grottaferrata nel 1866, i due coniugi dovettero affrontare un lungo periodo di difficoltà economiche, in quanto la loro unica fonte di sussistenza era costituita dai proventi delle lezioni private impartite dalla Gnoli a studentesse romane benestanti. Quando nel 1874 monsignor Frédéric-François-Xavier de Mérode, arcivescovo di Melitene e riformatore delle scuole elementari, offrì un impiego al G. e commissionò alla Gnoli alcuni componimenti poetici, i coniugi tornarono a Roma, stabilendosi presso palazzo Altemps, residenza dello stesso Mérode. Negli anni successivi il G. si interessò al mercato dell'arte romano ove tentò di introdurre le opere dell'amico Guardassoni e in collaborazione con la moglie si dedicò al progetto, già da tempo avviato a Bologna dai fratelli Giuseppe e Cesare, di realizzare anche a Roma un istituto per l'educazione e la cura dei sordomuti. Alla morte della Gnoli, nel 1886, il G. aderì come fratello laico alla Piccola Missione per sordomuti, congregazione che avevano fondato i fratelli sacerdoti.
Il G. morì a Roma il 19 genn. 1894.
Fonti e Bibl.: Bologna, Arch. della Piccola Missione sordomuti, sez. I, cart. 2, GiovanniGualandi - Teresa Gnoli (lettere del G. ad A. Guardassoni, 3 e 7 luglio 1840, 11 e 18 ott. 1844, 8 luglio 1873 e 11 genn. 1875; a Giuseppe Canali, 16 nov. 1849; a Domenico Gualandi, 14 nov. 1864; lettera di Teresa Gnoli a Luigia Naldi, aprile 1865; lettere del G. e di Teresa Gnoli a Luigia Naldi, 21 giugno 1866, 3 sett. 1866, 19 giugno 1874; Ibid., Domenico Gualandi - Luigia Naldi (lettera di Domenico Gualandi al G., 16 ott. 1850); Arch. di Stato di Roma, Ospedale S. Spirito, bb. 833, nn. 19, 35, 38; 913, pp. 444 s.; 914, pp. 581-584; S. Maria della Pietà, n. 24; Roma, Arch. stor. S. Maria della Pietà, Arch. della Visita apostolica, bb. 92, n. 530, pp. 3, 34, 85 s., 94 s., 153 s.; Archivio sanitario, f. 2, n. 561; Roma, Biblioteca giuridica del S. Spirito, Rescritti ss.mi, 1855, anno 5, cc. 48-51.
La principale monografia sul G. è di A. Albertazzi - A. Natali, G. G. nel centenario della morte, suppl. a Effeta, 1994, n. 12, pp. 1-35; si vedano inoltre: G. Moschiano, Nel XXV anniversario della morte del prof. G. G., in Effeta, XIV (1919), 3-4, pp. 17 s., 25 s.; Id., I fratelli don Giuseppe e don Cesare Gualandi nel centenario della loro vocazione all'apostolato dei sordomuti, Bologna 1950, pp. 10, 16 s., 137-140; A. Natali - R. Rambaldi, Don Giuseppe Gualandi missionario dei sordomuti, Milano 1989, pp. 31, 35; A. Albertazzi - A. Natali, Don Giuseppe Gualandi fondatore della Piccola Missione per i sordomuti (1849-1872), Bologna 1991, pp. XII, 10 s., 15-18. Per la storia istituzionale del S. Maria della Pietà e per il periodo della direzione del G., è insostituibile L'ospedale dei pazzi di Roma dai papi al '900, I, a cura di A.L. Bonella, Roma 1994, pp. 54-70. Ulteriori riferimenti bibliografici: Memorie della Civiltà cattolica, primo quadriennio 1850-1853, Roma 1854, p. XXXII; P. Fiordispini, Rendiconto statistico-clinico del manicomio di Roma per il settennio 1874-1880, Roma 1884, p. 90; A. Giannelli, Studi sulla pazzia nella provincia di Roma, Roma 1905, pp. 110 s.; V.P. Babini et al., Tra sapere e potere: la psichiatria italiana nella seconda metà dell'Ottocento, Bologna 1982, pp. 204-207; A. Iaria - C.E. Simonetto - C. Tulelli, Aspetti e tendenze della cultura nel manicomio di S. Maria della Pietà di Roma, negli anni 1850-1890, come memoria della psichiatria in Roma, in Revue internationale d'histoire et méthodologie de la psychiatrie, 1991, n. 1-2, pp. 57-65; F. Stok, Il secondo Ottocento nella psichiatria italiana attraverso l'ospedale di S. Maria della Pietà, in L'ospedale dei pazzi di Roma dai papi al '900, II, a cura di F. Fedeli Bernardini - A. Iaria - A. Bonfigli, Roma 1994, pp. 109 s.; G. Riefolo - T. Losavio, Tra Ottocento e Novecento. La psichiatria italiana attraverso i documenti clinici di S. Maria della Pietà, ibid., p. 159; L. D'Andrea, Le trasformazioni del manicomio di S. Maria della Pietà durante la visita apostolica di mons. Giraud (1861-1868), ibid., pp. 137-139; A. Gaddini - G. Riefolo - T. Poliseno, Il manicomio di Roma nel sec. XIX attraverso le osservazioni dei visitatori, ibid., pp. 117-119; G. De Rosa, La Civiltà cattolica. 150 anni al servizio della Chiesa 1850-1999, Roma 1999, pp. 9-16.