GRIFFIO (Grifi, Griffi, Gryphe), Giovanni
Secondo le note genealogiche del Follini, il G. nacque, forse a Lione, intorno al 1518 e la stessa data si desume dall'Elenco di stampatori e librari tanto veneti che forestieri di E.A. Cicogna (Brown).
Discendeva da una delle dinastie di tipografi ed editori più note d'Europa nel Cinquecento, i Gryphe. Originari della Germania, si stabilirono prima a Parigi e poi a Lione (dove il famosissimo Sebastien stampò dal 1491 al 1526); raggiunsero in seguito l'Italia nordoccidentale e si insediarono intorno al 1544 a Venezia e a Padova.
È incerto se il G. fosse figlio di Sebastien, e quindi fratello di Antoine, mentre riesce assai probabile credere fossero suoi figli Cristoforo, Alessandro e Giovanni, detto il Giovane, per distinguerlo dal padre.
L'azienda del G. fu senza dubbio tra le maggiori di Venezia; il censimento nazionale delle edizioni del XVI secolo, recensisce a oggi oltre 340 edizioni. Sicuramente stampate dal G. sono anche le edizioni anonime identificate da D.E. Rhodes, che testimoniano come la sua officina fosse tra le più attive della città e lavorasse spesso su commissione di altri editori, talvolta persino di studiosi ed eruditi interessati a pubblicare proprie opere. La prima edizione datata del G. fu impressa a Venezia nel 1544: è la princeps del trattatello De potestate papae et concilii del canonista G.G. Albani, che dimostrava con l'ausilio di argomenti giuridici la tesi della preminenza del pontefice sul concilio, opera di grande attualità alle soglie del concilio di Trento.
Già dal 1549, all'apparire del Catalogo dei libri "heretici, sospetti, impii, et scandalosi" (il primo indice italiano dei libri proibiti), gli affari del G. incapparono nelle strettoie della repressione controriformistica. Nell'elenco, predisposto dal nunzio G. Della Casa, fu inclusa la traduzione della Paraphrasis in Evangelium Matthaei di Erasmo da Rotterdam realizzata da B. Tomitano e pubblicata dal G. due anni prima, sulla quale continuò a pesare la proibizione dell'indice veneziano del 1554 e di quello romano del 1559. Nel 1553 su commessa dell'editore veneziano P. Gherardo il G. diede alle stampe "una littera del Re Cristianissimo drezada alli elettori del Impero" - oggi sconosciuta agli annali tipografici del G. -, senza avere chiesto il necessario permesso alle autorità. Dai verbali del processo che ne derivò si apprende infatti come il 2 aprile dello stesso anno il G., dopo essere stato giudicato dalla magistratura dei Tre esecutori (che dal 1537 vigilava a Venezia sulle licenze di stampa), venne condannato, unitamente all'editore suo complice, al pagamento della somma di 25 ducati e a un mese di prigione. Ma non pare che ciò rappresentasse per il G. una difficoltà seria, se è vero che solo nel 1553 uscirono per i suoi tipi ben 17 edizioni.
Numerosi furono gli editori e i librai operanti a Venezia che si rivolsero al G. come tipografo, consentendogli di ampliare sensibilmente il giro d'affari legato a commesse sicure, senza rischio d'impresa: tra gli altri ricordiamo F. De Franceschi, G.F. Camocio, G.A. Sanvito, P. Da Fino, G. Giolito de' Ferrari, i fratelli F. e P. Rocca, V. Valgrisi, G. Ziletti, i Nicolini da Sabbio, G. Varisco, G. Scoto. La precoce collaborazione del G. con altre insegne editoriali lascia non di rado trapelare scelte consapevolmente rivolte a temi o materie specifiche, individuabili con facilità sulla base di generi letterari o di ambiti disciplinari. Con il "mercante di libri e filologo" Lodovico Avanzi, agli inizi della propria carriera di editore all'insegna dell'albero, produsse tra il 1556 e il 1557 quattro edizioni di testi umanistici: il Dialogo del modo de lo tradurre di Sebastiano Fausto dA Longiano, la historia di C. Crispo Sallustio novamente per Lelio Carni tradotta, la Rhetorica ad Herennium, la In Aristotelis elenchos explanatio di Alessandro d'Afrodisia. Il G. collaborò anche con l'editore e libraio P. Amadori che gestiva la succursale veneziana della casa del padre Marco, editore e libraio a Roma; è degna di menzione anche l'attività con P. Boselli, che nel 1552 gli commissionò l'edizione di tutte le opere di Agnolo Firenzuola: i Ragionamenti, il Dialogo delle bellezze delle donne, i Discorsi de gli animali, la Trinutia, i Lucidi; non furono trascurati altri novellieri o commediografi, come A. Grazzini o G.B. Gelli, dei quali il G. nel 1552 pubblicò rispettivamente la Gelosia e la Sporta "ad instantia di Pietro Boselli". Il teatro è genere prediletto dai torchi del G., a partire dalla princeps della commedia in versi dell'Ariosto, la Scolastica (1547), il cui manoscritto non sfuggì all'editore - come dichiara lo stesso G. nell'epistola prefatoria -, che lo fece immediatamente completare dal fratello dell'autore, Gabriele, per poi darne edizione con la dedica al patrizio veneziano A. Semitecolo. Collaborazione tematica fu anche quella con B. Costantini, editore al segno di S. Giorgio, per la pubblicazione - postuma - delle opere del medico G.B. Da Monte, tra cui la fortunata princeps degli Opuscula (1554), e dei classici commenti all'opera di Galeno. Sempre su commissione del Costantini il G. mise sotto i torchi opere di altri medici come B. Landi, F. Valleriola e D. Fontanon. La princeps del Dialogo nel quale de la sphera et de gli orti et occasi delle stelle minutamente si ragiona del patrizio veneziano J. Gabriel, edito nel 1545 per i tipi del G. dai fratelli Giovanni e Domenico Farri e dedicato a P. Bembo, riscosse l'elogio del grande umanista, non tanto per la profondità dell'insegnamento scientifico, quanto per l'eleganza della lingua e dello stile. Edizione importante è quella dell'Epistola super viris illustribus genere Italis, qui Graece scripserunt di Ludovico Nogarola (1559), destinata a grande fortuna non solo nel XVI secolo (almeno altre tre edizioni entro il 1596), ma anche nei secoli successivi. Elenco di circa 50 autori italiani - per lo più storiografi - che lasciarono opere in greco, il repertorio del Nogarola, legato (e sempre ripubblicato unitamente) ai lavori analoghi di G.J. Vossius, di B. Mallinkrodt, di J. Hallervord e di C. Sand, finì per costituire la più vasta bibliografia della storiografia greca e latina, pubblicata con il titolo di Supplementa et observationes ad Vossium de historicis Graecis et Latinis ad Amburgo nel 1709.
A partire dalle oltre trecento edizioni superstiti è facile individuare negli anni Cinquanta l'acme dell'attività del G., con 143 edizioni pubblicate dal 1551 al 1560; 61 risalgono al decennio precedente e 80 a quello successivo; appena 40 vennero licenziate negli anni dal 1571 al 1576, allorquando gli "heredes Io. Gryphij" pubblicarono un Terenzio e una Rhetorica ad Herennium (quest'ultima con la sottoscrizione "apud Gryphios"), prima che il figlio del G., Giovanni detto il Giovane, proseguisse l'azienda familiare con ben 76 edizioni tra il 1579 e il 1599, rifugiandosi nel sicuro porto dei classici latini (Cicerone, Terenzio, Sallustio, Valerio Massimo, Ovidio), immuni da sospetti censori.
Agli inizi degli anni Sessanta, dopo un decennio di espansione per la casa del G., il tipografo-editore pare tentasse di ampliare in Terraferma la propria impresa. Ma l'ipotesi che avesse impiantato a Padova una filiale della stamperia veneziana non viene al momento avallata da alcuna altra prova documentaria che non sia la data topica della sottoscrizione "Patavii" o "In Padoa", presente in tre edizioni tutte datate 1563 (l'Oratio di M. Roxas, il De coniuratione Catilinae di Sallustio e degli Avisi).
Il 1° apr. 1571 il G. fu sorteggiato a far parte dell'arte dei librari e stampatori, rivestendovi la carica di sindico insieme con il collega P. Da Fino.
L'attività del G. terminò nel 1576, ed è lecito supporre che egli morisse nel corso dello stesso anno, forse a causa della peste che a Venezia decimò un quarto della popolazione tra il 1575 e il 1577.
Le stampe del G. furono generalmente assai corrette e scrupolose; il senese O. Lombardelli le citò nella sua Arte del puntare gli scritti (Firenze 1586) a fianco di quelle dei maggiori editori veneziani del Cinquecento (Aldo e Paolo Manuzio, Gabriele Giolito de' Ferrari, Vincenzo Valgrisi) come "guide per l'intricata selva del puntare gli scritti", come impeccabili cioè nelle scelte relative alla punteggiatura.
Sulla marca tipografico-editoriale del G., che denunzia la stretta parentela con la dinastia lionese, campeggia un grifone che sorregge con gli artigli un parallelepipedo cui è incatenato un globo alato, simbolo del mondo (gli sono state attribuite almeno sette varianti), ovvero con una zampa sollevata, mentre passa su un prato fiorito. In sei varianti alla marca parlante è associato il motto, latino o volgare "Virtute duce, comite fortuna" o "Senza fortuna poco vale la vertù". Alcune versioni furono adoperate in Italia anche da altri tipografi (P. Bozzola, L. Cavallo, G.A. de' Antoni, C. Draconi, V. Sabio, L. Britannico), i quali è possibile fossero in società con il G. o con i suoi parenti lionesi per la diffusione europea di edizioni di classici, quando non si tratti di vere e proprie contraffazioni.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Mss., II.II.256: V. Follini, Annali tipografici di tutte le stamperie dei Grifi; Serie cronologica degli stampatori Grifi…; Albero genealogico…, 1795, cc. 177-184; Index des livres interdits, a cura di J.M. De Bujanda, III, Sherbrooke 1987, ad ind.; H.R.F. Brown, The Venetian printing press, London 1891, pp. 87, 251 s., 406; E. Pastorello, Tipografi, editori, librai a Venezia nel secolo XVI, Firenze 1924, p. 46; G.I. Arneudo, Diz. esegetico tecnico e storico per le arti grafiche, II, Torino 1925, p. 1013; E. Pastorello, Bibliografia storico-analitica dell'arte della stampa in Venezia, Venezia 1933, p. 200; G. Pesenti, Libri censurati a Venezia nei secoli XVI-XVII, in La Bibliofilia, LVIII (1956), pp. 19 s.; Enciclopedia della stampa, IV, Torino 1979, p. 125; G. Borsa, Clavis typographorum librariorumque Italiae, 1465-1600, I, Baden-Baden 1980, p. 171; F. Ascarelli - M. Menato, La tipografia del '500 in Italia, Firenze 1989, pp. 384, 448; M. Infelise, Note per una ricerca sull'editoria veneziana del '500, in La stampa in Italia nel Cinquecento, II, a cura di M. Santoro, Roma 1992, pp. 633-640; D.E. Rhodes, Silent printers: anonymous printing at Venice in the sixteenth century, London 1995, pp. 60, 79, 91, 134, 145, 147, 178, 208 s., 261; M. Zorzi, Dal manoscritto al libro, in Storia di Venezia, a cura di A. Tenenti - U. Tucci, IV, Roma 1996, pp. 930-941; G. Zappella, Le marche dei tipografi e degli editori italiani del Cinquecento, Milano 1986, I, pp. 209, 443, 456; II, figg. 698, 705, 706; Censimento delle edizioni italiane del XVI secolo. Edit16, .