GRASSI (Crassus, de Grassis), Giovanni
Figlio di Melchione, nacque verosimilmente agli inizi del Quattrocento; con tutta probabilità era originario di Ivrea (o della vicina località di Castelnuovo Nigra).
Di famiglia agiata, ebbe come fratelli Marco, giurista e conte, Luca pure giurista e cavaliere e Galeotto, commerciante a Ivrea; sposò una certa Beatrixina: sono schegge di un mosaico a noi trasmesse dall'atto di fondazione del torinese collegio Grassi, dovuto alla magnanimità del G. stesso.
Il G. seguì probabilmente il cursus honorum comune a tanti altri giuristi dell'epoca: un Giovanni Grassi compare rettore nell'ateneo ticinese dal 23 nov. 1425 al 1428, ma non è certo che la notizia riguardo al rettorato concerna proprio il G.; i rotoli pavesi rinviano a una sua attività didattica svolta già tra il 1422 e il 1426, data al 23 nov. 1425 la designazione del G., qualificato all'epoca come studente "in iure civili", a tenere la lectura extraordinaria iuris civilis in festis, come successore di Antonio De Ricci promosso alla prelatura. Nel 1427, elevato a una cattedra di maggior prestigio immediatamente prima ricoperta da Cristoforo Pescari, passò alla lettura del Liber sextus e delle Clementinae; il 9 ottobre dello stesso anno conseguì il dottorato in utroque iure e, tra il 1427 e il 1428, ascese alla lettura ordinaria di diritto civile in sostituzione di Guarniero Castiglioni, giurista di una certa fama e consigliere ducale di Filippo Maria Visconti.
Il 24 maggio 1428 il G. figurava come professore dello Studio di Torino nella sede di Chieri insieme con Francesco Gastaldi di Boves e Cristoforo da Velate. Risale a pochi mesi dopo, esattamente al 25 ottobre, l'avvio a Chieri della sua Lectura in primum librum Decretalium, conservata manoscritta in un codice ginevrino (Bibliothèque publique et universitaire, Lat. 71). È di qualche anno successiva l'immatricolazione nel Collegio dei giuristi pavese, documentata in data 11 nov. 1434.
Non sembrerebbe invece il G. il Giovanni Grassi (iuniore) con patria milanese, che nel 1435 risultava inserito nei rotoli dell'ateneo ticinese come titolare della lectura extraordinaria iuris civilis in festis, ma che poco dopo, già nell'anno accademico 1439-40, fu sostituito da Bartolomeo Ghiringhelli: si può congetturare di due diversi giuristi omonimi, ma rimane un'ombra di dubbio.
Il G. ricompare nelle fonti il 3 ag. 1436 come dottore di diritto a Savigliano insieme con Ludovico de Monteolo, entrambi rettori dello Studio trasferito da Chieri nella nuova sede: in tale data il G. e Ludovico scrivevano al Consiglio lamentandosi delle precarie condizioni in cui versavano professori e studenti a causa degli affitti troppo elevati, della scarsità di letti, di carne, candele, grano e vettovaglie, della cattiva manutenzione delle strade, oltre a denunciare il macello comune tra ebrei e cristiani, considerata cosa deprecabile. La risposta fu immediata perché già il 6 agosto il Consiglio ducale, facendo riferimento alle proteste dei due dottori, ordinava al vicario e ai sindaci di Savigliano di assicurare allo Studio migliori condizioni di sussistenza. Poco dopo, nonostante i buoni propositi dei cittadini, il Consiglio ducale decise l'abbandono della sede di Savigliano e il trasferimento dello Studium a Torino.
Mancano del G. dati biografici sul versante propriamente accademico per il periodo 1436-40, ma ci sono prove documentarie di un suo impegno nel 1437 come avvocato difensore del capitolo della cattedrale pavese; nello stesso anno, il 28 giugno, abitava a Torino nel quartiere di Porta Doranea con il suo "famulus" Gillio da Novara e rilasciava insieme con la moglie una quietanza per beni siti a Bollengo presso Ivrea, di cui il G. era detto civis.
Si sono conservate tracce di un suo impegno didattico a Torino per gli anni successivi: un decreto ducale del 27 sett. 1445 lo nomina alla cattedra ordinaria di diritto canonico, incarico che gli venne riconfermato per un ulteriore quinquennio in data 15 genn. 1450. Il 2 maggio 1456 Ludovico di Savoia, nell'occuparsi dei salari di Luchino da Genova, Giovanni di Mombaruzzo e Ambrogio da Vignate, professori dello Studio torinese da anni, riconfermava semplicemente le retribuzioni degli altri docenti, tra cui quella del G., più elevata rispetto a quella degli altri colleghi.
Nel 1457, quando fondò a Torino, in una parte della sua casa di Porta Doranea, il collegio Grassi, destinato a ospitare quattro studenti poveri, il G. si qualificava conseguentemente "iuris utriusque doctor et comes legens ordinariam iuris canonici de mane in hoc felici studio Thaurinensi"; all'atto partecipò anche la moglie, che dichiarava di consentire al lascito del G., dichiarazione obbligatoria a causa dell'ipoteca gravante sui beni del G. in favore della consorte. La permanenza a Torino del collegio, del cui funzionamento si faceva carico nell'atto di fondazione sin nei minimi dettagli, come si può constatare dalla lettura del documento pubblicato da Vallauri, era subordinata al proseguimento nella città dell'insegnamento universitario: in caso contrario se ne prevedeva il trasferimento a Pavia, nelle case che il G. possedeva nella parrocchia di S. Niccolò di Verzario. Deciso a scegliere in vita i quattro studenti beneficiari della sua generosità, designò, in sua mancanza, a svolgere questo compito i tre fratelli Marco, Luca e Galeotto. Risale al 17 genn. 1460 una nuova condotta per gli anni successivi.
Negli anni '60 il legame del G. con l'ateneo torinese si dovette spezzare se, nel 1465, troviamo il suo nome indicato nei rotoli dello Studio ticinese a copertura della lectura ordinaria iuris civilis et canonici assegnatagli per decreto ducale di Francesco Sforza il 27 sett. 1465; in tale ruolo compare ancora nel 1469: Prelini gli attribuisce anche un incarico come consigliere ducale.
Gli ufficiali dello Studio fiorentino, avvalendosi delle capacità di trattativa di Oliviero Arduini, lo condussero nel 1473 a Pisa, dove avrebbe dovuto insegnare "ragion canonica, la mattina" (più precisamente, decretali) per l'anno accademico 1473-74 e per altri tre anni con un salario di 650 fiorini larghi l'anno, salario assai elevato, di poco inferiore a quello allora percepito (800 fiorini) nello stesso Studio da Bartolomeo Socini, giurista di indubbia fama.
La morte improvvisa del G. impedì di concretizzare un rapporto più stretto con la Sapienza pisana: il 20 ag. 1473 il fiorentino Ugolino Micheli De Regolini, studente di diritto canonico a Pisa, scriveva da Pavia a Lorenzo de' Medici per informarlo della scomparsa del G. avvenuta la notte precedente a Valenza Po (Valenza, presso Alessandria), mentre era in procinto di recarsi nella sua nuova sede universitaria.
L'attività scientifica del G. è di vario livello: accanto a lavori meno impegnativi come i "Sommari", compaiono anche repetitiones, trattati e consulti. Al primo gruppo appartengono i sommari sul Decretum, noti dalla tradizione manoscritta, fra questi un Summarium Decretorum, ora conservato a Praga (Biblioteca nazionale e universitaria, Mss., VII.A.6), recante la data 18 marzo 1449, quando il G. insegnava a Torino.
Si può attribuire al periodo torinese un altro Summarium Aurei voluminis decretorum, compreso nella miscellanea del manoscritto vaticano (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 11548, cc. 76v-83v), ove si analizza con precisione la struttura del Decretum Gratiani, sul cui ruolo di pietra miliare del diritto canonico e base imprescindibile di studio per un canonista e per un giurista dell'età medievale non si devono spendere molte parole. In questo Summarium il Decretum veniva atomizzato nella divisione in tre parti e nelle ulteriori suddivisioni, fornendo di ciascuna di queste il contenuto tematico.
Al Decretum Gratiani il G. dedicò poi varie repetitiones, approfondimenti interpretativi di ben altro spessore scientifico, che miravano a far emergere il pieno significato dei frammenti (c. quo iure: c. 1, D.VIII; c. cleros: c. 1, D.XXI; c. in nomine: c. 1, D.XXIII; c. unumorarium: c. 3, D.XXV; c. si Papa: c. 6, D.XL); al centro dell'indagine vennero poi pubblicate nel primo volume delle Repetitionesin universas fere iuris canonici (Coloniae Agrippinae 1618, pp. 62-75). In esse, secondo il costume in uso tra i giuristi per tale genere letterario, lo scavo esegetico è diffuso e capillare e si svolge nei canali del metodo del commento che il G. mostra di seguire. Pur dando conto delle posizioni dottrinali dei predecessori (da Giovanni Teutonico e Bartolomeo da Brescia a Giovanni da Faenza, da Lorenzo Ispano a Uguccione da Pisa, da Enrico da Susa a Innocenzo IV, da Guido da Baisio ad Antonio da Budrio e Niccolò de' Tedeschi detto il Panormitano, non escluso qualche grande dottore civilista della levatura di Bartolo da Sassoferrato) citati parcamente e senza mai indulgere a una monotona litania di rinvii, il G. riesce non di rado a scrollarsi di dosso il peso dell'autorevolezza dei grandi canonisti per esprimere le sue convinzioni, salvo aderire quasi incondizionatamente alle opinioni di Niccolò de' Tedeschi, qualificato "dominus meus" ("de quo tamen me remitto ad dominum meum, dominum Panormitanum in suo tractatu edito in Concilio Basiliensi de reformatione illius concilii et causa, et incipit, quoniam verborum veritas": ad c. si Papa, p. 75). I momenti delicati e tormentati vissuti dalla Chiesa all'epoca del concilio di Basilea ritornano nelle sue pagine (la scelta dei canoni da scomporre e analizzare in tutta la pregnanza del loro dettato non sembra casuale), ove non esita ad affrontare temi rilevanti e scottanti per la struttura costituzionale ecclesiastica quali i poteri del papa e dei concili, a fronte dei poteri dell'imperatore nel rapporto con il pontefice, proponendo soluzioni equilibrate.
Sempre il Decretum veniva fatto oggetto di riflessione attraverso il filtro interpretativo di un illustre canonista quale Domenico da San Gimignano, nelle Adnotationes del G. ai Super Decretorum volumine commentaria dell'autore toscano, edite poi a Venezia nel tardo Cinquecento (1577-78). Le decretali sono invece al centro del suo lavorio interpretativo nella Lectura in primum librum Decretalium (datata 1428), contenuta nel codice ginevrino già ricordato.
Il G. si occupò anche di argomenti di diritto processuale, probabilmente congeniali alla sua formazione di giurista "specializzato" in diritto canonico: è conosciuto il suo Tractatus de cessione iuris et actionis finienda, presente nella raccolta veneziana del 1584 dei Tractatus universi iuris (III, 2, cc. 72v-73r).
Nella rappresentativa silloge della scienza giuridica dell'epoca si trova pure come suo un trattatello De substantialibus procuratoris (III, 1, c. 366), che aveva già visto la luce intorno al 1475-78, probabilmente a Esslingen, con il titolo Forma procuratorii (Gesamtkatalog…, 11335) e fu oggetto di un'edizione veneziana del 1516 con il titolo Opusculum rarissimum quod refugium advocatorum laurarium vocitatur: come si ricava dal frontespizio dell'opera il G. era allora "ordinarius almi studii papiensis", ma il lavoro, come si può leggere nelle ultime righe, nasceva dalla lettura di un canone del Decretum avviata a Torino nel 1443, poi "recollecta" nel periodo del suo magistero pavese, pochi anni prima di morire. Testimoni manoscritti sullo stesso tema (Lille, Bibliothèque municipale, ms. 145 pars posterior, cc. 1-6v, che contiene una sua Lectura instrumentum procuratorium; Monaco, Universitätsbibliothek, Mss., 2° Cod. 298, con una sua repetitio de instrumento procuratorii et mandati; Friburgo in Brisgovia, Universitätsbibliothek, Mss., 226, cc. 191vb-206rb, manoscritto di provenienza pavese datato al 1474, contenente un De substantialibus procuratorii, oltre a un frammento conservato nella Hessische Landesbibliothek di Fulda, D.30) sono utile strumento per una conoscenza migliore della storia di questo lavoro.
I Tractatus universi iuris tramandano inoltre un suo De rescriptis apostolicis (III, 2, cc. 31r-34v), la cui redazione manoscritta è probabilmente attestata dal ms. 145 pars posterior della Bibliothèque municipale di Lille (cc. 16v-24) appena menzionato, ove, subito dopo la Lectura sulla procura, compaiono delle Lecturae ad materiam rescriptorum, datate Pavia 1469, accanto ad altre sue Lecturae di vario contenuto, tra cui una con un Arbor iurisdictionum, datata Pavia 1489, successiva alla sua morte.
Il Fontana attribuisce in effetti al G. un Arbor iurisdictionum, ugualmente presente nei Tractatus universi iuris (III, 1, cc. 22r-29r) ma, se il titolo a noi tramandato (Arbor iudiciorum praestantissimi utriusque iuris monarchae domini Ioannis de Grassis opusculum domesticum) farebbe propendere per una paternità del G., già le prime righe del Praeludium devono indurre a una maggiore cautela: "putavi tempus esse aliquas ex horis quibus ociari liceret […] plurima ad practicam conferentia, et omnium quae in arbore iudiciorum versantur, nodos aperire. Quod non tam ex me quam ex maiorum nostrorum scriptis me facturum polliceor, et praesertim praestantissimi iuris utriusque monarchae domini Ioannis de Grassis quo satis aetas mea laetari potest quod eo vivo, variis sententiis frui licuit" (c. 22). L'esposizione si snoda con ordine e chiarezza offrendo una visione sintetica ma efficace delle diverse fasi del processo. È quanto si può rilevare laddove l'autore si preoccupa di individuare le modalità di presentazione del libello e i destinatari dello stesso: si identificano così tre pratiche, di cui la prima prevede una trasmissione del libello da parte dell'attore direttamente al convenuto, la seconda una spedizione al giudice perché costui lo trasmetta poi al convenuto, la terza una citazione del convenuto al cospetto del giudice e l'esibizione del libello nel giorno fissato per l'udienza. A proposito della seconda ne viene ricordato l'utilizzo nella prassi rotale, sulla scorta della testimonianza del G. ("et dicebat Iohannis de Grassis quod ista est naturalis practica, quae tollit inducias deliberationis"), riferimento che porterebbe a escludere una diretta redazione a opera del G. di questo Arbor e indurrebbe a ritenerne autore un allievo dello stesso Grassi. A quest'ultimo va forse attribuito anche un Arbor iudiciorum conservato presso la Universitätsbibliothek di Monaco (5357, cc. 193-211v), nonché quello presente nel già ricordato manoscritto di Lille, che presenta vistosi punti di contatto con l'edizione nota nei Tractatus.
Del G. sono inoltre rimaste delle Recollectae super quibusdam titulis libri XII Digestorum: iniziate il 4 nov. 1465, quando insegnava a Pavia, esse prendono a oggetto di capillare interpretazione i titoli si certum petatur; de contrahenda emptione del Digestum vetus (D.12.1; D.18.1) e sono conservate nel manoscritto 193 della Biblioteca del Collegio di Spagna di Bologna, che reca tracce anche di un utilizzo da parte del maestro della lingua volgare, come si ricava dalla c. 28v, ove sono riportate, a opera dello studente-trascrittore di turno, le parole pronunciate dal G. alla fine di una sua lezione ("Mi m'ò rotta la testa, or te basta").
Il G. svolse anche attività di consulenza: potrebbe proprio rientrare nella sfera delle attribuzioni connesse all'ufficio di consigliere ducale, di cui dà notizia Prelini, un parere da lui sottoscritto, senza data, conservato nell'Archivio di Stato di Torino con l'intestazione "Consulto in iure dato al Duca Galeazzo M. Sforza dal Dottor Giovanni Grassi Lettore dell'Università di Pavia sopra il dubbio se il suddetto Duca fosse obbligato in virtù de capitoli della Lega d'Italia agiutare il Re di Napoli contro il Turco", che reca in fine la classica formula di sottoscrizione del Grassi. Il parere può essere perciò datato agli anni successivi al 1466, quando Galeazzo Maria Sforza era succeduto al padre Francesco e governava il Ducato di Milano, che doveva reggere fino al 1476, anno di morte; la Lega italica, costituita nel 1454 tra Venezia, Milano e Firenze, poi estesa al papa Niccolò V e al re di Napoli Alfonso d'Aragona, rispondeva allo scopo di conservare l'assetto territoriale stabilito dalla pace di Lodi. Il giurista richiesto del suo autorevole parere, esaminati i fatti all'origine della richiesta di aiuto da parte di Ferdinando d'Aragona, che si sentiva minacciato dai Turchi impadronitisi da poco dell'isola di Negroponte, escludeva l'obbligo dello Sforza di intervenire avvalendosi di una ricca messe di auctoritates soprattutto canonistiche, ma anche civilistiche, per concludere a favore di una visione dei rapporti tra fedeli e infedeli dominata da spirito di non belligeranza. Il G. sapeva di toccare, in tale occasione, una questione carica di insidie pure per lui, oltre tutto canonista e, nell'esprimere con prudenza il punto di vista personale, non mancava di protestare in sostanza la sua buona fede e l'intenzione di non offendere la religione cristiana: "Licet haec res sit ardua, et longa consideratione digna maxime quia Theucer est infidelis, et protestatione praemissa quod nil contra fidem nec contra catholicam Ecclesiam dicere intendo nec contra Christianam religionem". Della sua attività di consulenza rimane traccia in diverse testimonianze manoscritte (cfr. Dolezalek).
Fra i fratelli del G. è ricordato Luca, anch'egli giurista di un certo rilievo, che compare nelle fonti iscritto il 31 ag. 1438 nel Collegio dei giuristi di Pavia e che fu molto attivo nella locale vita accademica. Nel 1439 Luca era impegnato nella lectura Sexti mentre nel 1441-42 gli fu assegnata la lectura extraordinaria Digesti novi partecipando, nel corso del 1442, a diversi esami e cerimonie di laurea. Fra il 1443 e il 1446 fu impegnato nella lectura Decretalium per passare poi in quell'anno alla lectura ordinaria iuris civilis, incarico ricoperto con tutta probabilità fino all'anno accademico 1449-50. Nel 1454 Luca tenne invece la lectura extraordinaria iuris civilis, con un salario che ammontava a 600 fiorini, salario confermatogli anche nel 1456. Non si hanno più notizie sul suo conto fino al 1477, quando gli ufficiali dello Studio di Firenze lo contattarono per un'eventuale sua "condotta" in Toscana. In questa occasione Luca cercò inutilmente, richiamandosi a quanto pattuito a suo tempo dal G. (650 fiorini), di ottenere un salario ancora più elevato. É questa l'ultima notizia che abbiamo sul suo conto.
Di Luca sono rimaste diverse opere inedite: due codici della Biblioteca del Collegio di Spagna (manoscritti nn. 206, cc. 1r-181v; 260) contengono rispettivamente una sua Lectura super prima parte Digesti novi e una Lectura super prima parte Infortiati, mentre un altro testimone (ms. 262) contenente una Lectura super secunda parte Digesti novi, tenuta a Pavia da Gerolamo Torti nel 1465, dà notizia di Luca e della sua attività didattica. La Biblioteca universitaria di Pavia (Mss.Aldini, 186) conserva una sua lectio in materia dotale, datata 1459: in questa occasione il giurista si rivela interessato a studiare le garanzie da predisporre a favore della moglie di fronte a un marito che metta in pericolo i beni dotali a causa della sua indigenza. Due consulti sottoscritti da Luca sono infine presenti nella raccolta curata da Giovan Battista Ziletti, Responsorum quae vulgo consilia vocantur ad causas ultimarum voluntatum…, I, Venetiis 1581, alle cc. 130v, 148rv.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Fondo protocolli ducali, 84, c. 37rv; 92, cc. 1r, 165r; 98, cc. 15r, 435v; Torino, Archivio arcivescovile, 6, 29, c. 93r; 34, c. 253r; Pavia, Biblioteca universitaria, Mss. Ticinesi, 38: S. Comi, Quaderno E, c. 26v; 757: G. Parodi, Syllabus lectorum, sub nomine; 759: Id., Rotuli Studii Ticinensis, cc. 141, 143 (queste ultime tre fonti per Luca); Codice diplomatico dell'Università di Pavia…, a cura di R. Maiocchi, II, 1, Pavia 1913, p. 224 n. 3439 (II, 2, pp. 430 s. n. 564; 447 n. 587; 451 n. 592; 467 n. 609; 468 s. n. 611; 480 n. 623; 483 n. 627; 494 n. 640; 524-526 n. 673; 536 s. n. 688; 546 n. 694; 558 n. 700 per Luca); A. Verde, Lo Studio fiorentino 1473-1503. Ricerche e documenti, Firenze 1973, I, p. 298; II, pp. 358 s.; J.W. Freymon, Elenchus omnium auctorum sive scriptorum, qui in iure tam civili quam canonico vel commentando vel quibuscumque modis explicando et illustrando ad nostram aetatem usque claruerunt…, Francofurti ad Moenum 1585, adind.; A. Fontana, Amphitheatrum legale… seu Bibliotheca legalis, I, Parmae 1688, col. 443 (col. 444 per Luca); Codices manuscripti Bibliothecae Regii Taurinensis Athenaei per linguas digesti et binas in partes distributi…, Taurini 1749, p. 10; J. Senebier, Catalogue raisonné des manuscrits de Genève, Genève 1779, p. 202; T. Vallauri, Storia delle Università degli studi del Piemonte, I, Torino 1845, pp. 318-325; C. Prelini, Serie dei professori, in Memorie e documenti per la storia dell'Università di Pavia e degli uomini illustri che vi insegnarono, I, Pavia 1877, p. 45; J.F. von Schulte, Die Geschichte der Quellen und Literatur des canonischen Rechts…, II, Stuttgart 1877, pp. 302 s.; C. Turletti, Storia di Savigliano, II, Savigliano 1879-88, p. 437; E. Besta, Fonti: legislazione e scienza giuridica…, in Storia del diritto italiano, a cura di P. Del Giudice, I, 2, Milano 1925, pp. 881, 893; C. Bollea, Umanesimo e cultura in Piemonte e nell'Università torinese, in Boll. storico-bibliografico subalpino, XXVIII (1926), pp. 377-380; G. Vinay, L'umanesimo subalpino nel secolo XV. Studi e ricerche, Torino 1935, pp. 34, 38, 84; G. Dolezalek, Die handschriftliche Verbreitung von Rechtssprechungssammlungen der Rota, in Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte, Kanonistische Abteilung, LVIII (1972), p. 75; G. di Renzo Villata, Scienza giuridica e legislazione nell'età sforzesca, in Gli Sforza a Milano e in Lombardia e i loro rapporti con gli Stati italiani ed europei (1450-1530). Convegno internazionale… 1981, Milano 1982, pp. 67, 92 s. n. 35 (per Luca); E. Bellone, I primi decenni della Università a Torino: 1404-1436, in Studi piemontesi, XIII (1983), 2, pp. 352-369; Id., L'Università di Torino a Chieri (1427-1434) e a Savigliano (1434-1436), ibid., XIV (1985), 1, pp. 24-33; Index repetitionum iuris canonici et civilis, a cura di M. Ascheri - E. Brizio, Siena 1985, p. 93; A. Belloni, Professori giuristi a Padova nel secolo XV…, Frankfurt a.M. 1986, pp. 254 s.; I codici del Collegio di Spagna di Bologna, a cura di D. Maffei et al., Milano 1992, pp. 582-584, 713, 715 (per Luca); G. Colli, Per una bibliografia dei trattati giuridici pubblicati nel XVI secolo. Indice dei "Tractatus universi iuris", a cura di F. Bianchi, Milano 1994, p. 222; D. Maffei, Manoscritti giuridici napoletani del Collegio di Spagna e loro vicende, in Id., Studi di storia delle università e della letteratura giuridica, Goldbach 1995, p. 341; E. Bellone, Saggi di prosopografia piemontese 1400-1750 circa, Torino 1996 [in CD-ROM], ad vocem; M. Bellomo, Legere, repetere, disputare…, in Id., Medioevo edito e inedito, I, Scholae, Universitates, Studia, Roma 1997, pp. 54, 91 s.; A. Zannini, Stipendi e status sociale dei docenti universitari. Una prospettiva storica di lungo periodo, in Annali di storia delle università italiane, III (1999), pp. 9-38; A. Santangelo Cordani, La giurisprudenza della Rota romana nel XIV secolo, Milano 2001, ad ind.; L. Hain, Repertorium bibliographicum…, I, 2, n. 7873; W.A. Copinger, Supplementum…, I, n. 5811; G. Dolezalek, Verzeichnis der Handschriften zum römischen Rechts…, ad ind.; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, IX, n. 11335.