GNIFETTI, Giovanni
Nacque ad Alagna Valsesia, presso Vercelli, il 2 apr. 1801 da Cristoforo, spaccapietre, e da Anna Maria Ghiger. Di famiglia non modesta, soprattutto per parte di madre, seguì studi superiori presso il seminario di Gozzano e completò quelli teologici a Novara, dove nel 1823 venne ordinato sacerdote. L'anno prima, l'assegnazione di un beneficio ecclesiastico a Riva Valdobbia gli aveva permesso di ritornare nella valle nativa; dopo breve tempo venne nominato cappellano e quindi, tra il 1830 e il 1834, viceparroco e parroco della parrocchia di Alagna, che resse per tutta la vita.
I pochi cenni biografici sulla sua missione pastorale restituiscono l'immagine di un sacerdote benvoluto dai parrocchiani, che promosse l'istruzione, favorì il mantenimento e lo studio della tradizionale parlata germanofona walser, in uso tra le popolazioni locali, sostenendo al contempo la diffusione del progresso sociale ed economico.
Fu lo stesso G. a ricostruire, nella sua opera più famosa, le tappe della sua vocazione alpinistica. Se dagli anni più verdi una passione istintiva per la montagna lo aveva spinto a salire le pendici dei monti, fu tuttavia la lettura "con non ordinaria avidità e piacere" dei resoconti delle ascensioni del gressonese J. Zumstein ad alcune importanti cime del gruppo del Rosa, a fargli nascere il desiderio di calcare le più alte vette. Un ruolo non irrilevante dovette poi giocarlo lo spirito di emulazione nei confronti di quei compaesani che avevano legato il loro nome a qualche cima. Infatti tutto il periodo pionieristico dell'esplorazione e della scoperta del massiccio del Rosa può essere letto alla luce della rivalità che contrappose alpigiani di Gressoney e di Alagna.
Già nel 1778, prima ancora dunque della salita al monte Bianco con cui suole aprirsi la storia dell'alpinismo (agosto 1786), un gruppo di gressonesi si era spinto fino al colle del Lys (4248 m). Dopo le esplorazioni del torinese C.L. Morozzo della Rocca e del naturalista ginevrino H.-B. de Saussure, la replica alagnese era giunta dal medico P. Giordani che aveva salito, da solo, la punta posta a 4046 m che avrebbe preso il suo nome. Le ascensioni nel 1819 del gressonese J. Vincent alla piramide omonima (4215 m), e soprattutto la scoperta della via che conduce al cerchio sommitale più alto con l'ascensione alla punta Zumstein (4561 m), attendevano negli anni Trenta ancora risposta.
Un primo tentativo venne condotto nell'estate del 1834, quando una comitiva guidata dallo G. e composta da quattro alagnesi adeguatamente equipaggiati e forniti di abbondante scorta di viveri, giunse poco oltre quota 4100, ma fu costretta a rinunciare per disturbi dovuti all'altitudine e all'incauto consumo di alcolici di conforto. Meno comprensibile appare la motivazione addotta per il fallimento, due anni dopo, della seconda spedizione diretta alla cosiddetta punta del Segnale (Signalkuppe), la cima più alta del territorio di Alagna, che lo Zumstein aveva individuato come ideale punto per una misurazione trigonometrica. Giunti in condizioni meteorologiche ideali a mezz'ora soltanto dalla vetta, il parroco e i suoi compaesani si resero conto di aver dimenticato i ramponi ("graffi") e gli attrezzi ferrati indispensabili per incidere il ghiaccio. Nel 1839 un terzo tentativo fu frustrato dalle avverse condizioni del tempo.
Per l'ascensione vittoriosa del 1842 l'ormai quarantunenne parroco scelse come compagni di salita non più esperti suoi coetanei, bensì un gruppetto di universitari ventenni, provenienti da famiglie del ceto medio della società alagnese, "pratici tutti egualmente in varcare montagne e perfettamente disposti per fisiche facoltà ed energie". La spedizione, composta in tutto da otto persone tra cui due portatori, si mosse l'8 ag. 1842, con tempo stabile, salendo al colle d'Olen e quindi pernottando in prossimità del ghiacciaio del Lys. La mattina seguente, oltrepassato il colle del Lys, pervenne per suggestivo ambiente d'alta quota in prossimità della punta Zumstein da dove, piegando verso sud, salì alla sommità della punta del Segnale. G. Farinetti, chierico e futuro personaggio di spicco del Club alpino italiano, e G. Giordani, ambedue nipoti dello G., si arrampicarono a issare sul pinnacolo di vetta una grande bandiera rossa, visibile da tutta l'alta Valsesia.
Il resoconto delle quattro spedizioni guidate dallo G. è noto grazie alle sue Nozioni topografiche del monte Rosa ed ascensioni su di esso (Torino 1845, e numerose ristampe), un classico della fase pionieristica dell'alpinismo, dal quale risalta con evidenza la sua poliedrica e originale personalità. L'intento di osservazione scientifica, addotto nei primi tempi quale motivazione primaria per le salite dei monti, vi risulta a detta dello stesso G., che pure era appassionato raccoglitore di dati sull'estensione dei ghiacciai, nettamente secondario rispetto alla "sola naturale vaghezza di contemplare più davvicino la magnificenza delle opere del Sommo Creatore". La sua non è, tuttavia, una dimensione mistica di contemplazione della natura: l'afflato religioso risulta nel complesso secondario rispetto a una sensibilità prettamente romantica, dove a prevalere sono cioè i moti dell'animo e l'attrazione verso una natura dalla sconvolgente bellezza, oltre che un già formato spirito di competizione alpinistica.
Due altri aspetti contribuiscono a caratterizzare la figura dello Gnifetti. Innanzitutto la sua posizione politica manifestamente liberaleggiante, come si evince dal racconto del raggiungimento della punta del Segnale, accolto dalla comitiva di amici con "unanimi e spontanei […] evviva di Carlo Alberto e della Reale Famiglia Sabauda". In secondo luogo, e in contrasto con la tradizionale diffidenza verso gli stranieri, la sua lungimirante aspirazione a promuovere lo sviluppo del turismo nella sua vallata, auspicando il miglioramento delle comunicazioni stradali, stimolando la costruzione di alberghi e stendendo progetti di una guida turistica alle bellezze della Valsesia, di cui a ben guardare le Nozioni topografiche altro non furono che un abbozzo compiuto.
Grazie anche alla pubblicità che provenne dai resoconti di viaggio di vari alpinisti anglosassoni accompagnati dal parroco in escursioni e salite, il numero di visitatori di Alagna crebbe significativamente attorno a metà secolo, così come la fama del sacerdote-alpinista, che ricevette onorificenze pubbliche e nel 1865 fu tra i primi soci onorari del Club alpino italiano, fondato a Torino nel 1863. Negli ultimi anni della vita egli ebbe finalmente modo di soddisfare, seppure in parte, quel desiderio di conoscere terre e paesi diversi che sempre lo aveva accompagnato: compì il giro intero del monte Rosa e si recò a Milano.
Invitato da alcuni compaesani all'esposizione internazionale di Parigi, non riuscì ad arrivarvi perché morì, dopo breve malattia, a Saint-Étienne il 20 ott. 1867.
I resti furono traslati nel paese natale un secolo dopo. Sulla cima di quota 4554 m che porta il suo nome, da lui vinta nel 1842, venne costruito a fine Ottocento il rifugio capanna Margherita, ancor oggi il più alto d'Europa.
Fonti e Bibl.: T. Farinetti, Necrologio. Al parroco G. G., in Boll. del Club alpino italiano, III (1867), pp. 379-383; B. C., G. G., in Club alpino italiano - Sez. di Varallo, Comunicato ai soci, 1926, nn. 1-3, pp. n.n.; F. Cavezzani, Primati italiani sul monte Rosa, in Le Vie d'Italia. Riv. mensile del Club alpino italiano, LX (1954), 7-8, pp. 221-227; S. Saglio - E. Boffa, Monte Rosa, Milano 1960, pp. 210, 241 s.; M. Mila, Cento anni di alpinismo italiano, in C.-E. Engel, Storia dell'alpinismo, Torino 1965, pp. 252, 254; Montagne di parole. Antologia di alpinisti italiani, a cura di S. Ardito - G. Battimelli, Torino 1986, p. 357; G. Buscaini, Monte Rosa e Mischabel, Milano 1991, pp. 60 s., 410 s.; E. Farinetti - P.P. Viazzo, G. G. e la conquista della Signalkuppe. Alagna nell'800. Alpinismo, cultura e società, Milano 1992; La montagna. Grande enciclopedia illustrata, IV, Novara 1977, pp. 296 s.; VII, ibid. 1977, p. 137. Per le ascensioni di Zumstein cfr. L. von Welden, Der Monte-Rosa. Eine topographische und naturhistorische Skizze, nebst einem Anhange der von Herrn Zumstein gemachten Reisen zur Ersteigung seiner Gipfel, Wien 1824.