GIOVANNI GIUSEPPE Della Croce, santo
Nacque a Ischia il 15 ag. 1654 da Giuseppe Calosirto e da Laura Gargiulo, terzogenito di otto figli, di cui sei maschi e due femmine.
Battezzato con il nome di Carlo Gaetano, ricevette dalla madre, donna di severi costumi, un'educazione religiosa ispirata ai principî del pietismo. Grande influenza esercitarono su G. i continui contatti con i padri agostiniani presenti sull'isola; alla loro scuola, presso S. Maria della Scala, apprese le principali conoscenze umanistiche, il latino, la retorica e, probabilmente, la lingua spagnola. Fu intorno al 1669, all'età di quindici anni, che si verificò la vera svolta nella vita di G.: l'incontro con due padri francescani dell'Ordine dei frati minori di S. Pietro d'Alcantara. Attratto dalla vita che essi conducevano, G. decise nel 1670 di recarsi a Napoli presso il convento di S. Lucia al Monte. Vestito, il 18 giugno, l'abito di novizio e assunto il nome di fra Giovanni Giuseppe della Croce, trovò in G. Robles, maestro dei novizi, una valida e sicura guida. Pronunciò la professione il 24 genn. 1671 e il 15 luglio 1674 fu inviato, insieme con undici confratelli, presso il santuario di S. Maria Occorrevole a Piedimonte d'Alife (Caserta), dove partecipò alla costruzione del convento.
Fu in quegli anni che la chiesa del monastero divenne meta di pellegrinaggio da parte di fedeli e curiosi, attirati dalla crescente fama delle estasi e delle levitazioni di Giovanni Giuseppe. Ordinato diacono il 19 sett. 1676 e sacerdote il 18 sett. 1677 dal vescovo di Alife Giuseppe de Lazara, due anni più tardi, nel 1679, fu chiamato a Napoli come maestro dei novizi e il 16 sett. 1680 fu eletto guardiano del convento di Piedimonte.
Furono questi, per G., anni di intensa attività, dedicati soprattutto all'apostolato e alla cura dei poveri e degli infermi. Probabilmente a questo periodo risale anche la composizione di un trattato di teologia morale che, rimasto manoscritto, è andato smarrito. Tra il 1687 e il 1690 fu impiegato dal provinciale dell'Ordine, in diversi periodi, come guardiano a S. Maria Occorrevole e come maestro dei novizi a Napoli. Nel 1693 fu eletto, per la terza volta, guardiano del convento di Piedimonte d'Alife. Nel 1696 fu quindi trasferito a Napoli, presso il convento di S. Lucia al Monte, senza un preciso incarico. In questi anni continuò a dedicarsi alla cura dei malati e dei poveri, divenendo guida spirituale per numerosi fedeli.
Le mortificazioni corporali e i lunghi digiuni ai quali costantemente si sottoponeva ridussero G. quasi in fin di vita; parzialmente ristabilitosi, dopo un breve periodo trascorso a Ischia, rientrò a Napoli e il 25 apr. 1699 fu eletto definitore provinciale.
Nel 1702, nel corso del capitolo generale della provincia (22 maggio) scoppiò una grave crisi in seno alla Congregazione tra spagnoli e italiani, che costrinse il papa, Clemente XI, a promulgare un breve pontificio, il 15 sett. 1702, che sanciva la definitiva separazione tra i frati delle due nazioni. Alla cura pastorale degli spagnoli furono affidati i conventi napoletani di S. Lucia al Monte e di Portici, aggregati alla provincia di S. Pietro d'Alcantara di Castiglia. Agli italiani andarono le restanti otto case e la facoltà di costituirsi in provincia (22 dic. 1702), di aprire nuovi conventi e accogliere novizi. In seguito a questi avvenimenti, G. fu trasferito nel convento di S. Maria di Capua.
Nel corso del capitolo del 1703, riunito a Grumo Nevano (Napoli) dal 16 al 20 aprile, gli alcantarini italiani elessero all'unanimità G. loro primo provinciale. Superate alcune difficoltà iniziali, egli si trasferì a Napoli nel 1704.
Durante il suo governo G. prestò particolari cure alla riforma dei costumi e della disciplina ecclesiastica, richiamò i confratelli alla esatta osservanza della regola; nominò persone degne e preparate ai diversi uffici e visitò i conventi che ricadevano sotto la sua giurisdizione. Inoltre, probabilmente avvalendosi della collaborazione dell'archeologo A.S. Mazzocchi, riordinò il corso degli studi. Quindi, nel 1706, dopo aver richiesto e ottenuto dalla congregazione dei Vescovi e regolari il decreto apostolico che lo privava della voce attiva e passiva in seno all'Ordine, rinunciò alla carica di provinciale.
G. poté così finalmente dedicarsi a tempo pieno alla sua missione prediletta: soccorrere le famiglie più povere, visitare e consolare gli infermi. In questi anni ricevette dall'arcivescovo di Napoli, Francesco Pignatelli, l'incarico di guida spirituale dei monasteri femminili della Chiesa metropolitica. Analogamente fece, poco dopo, il cardinale Innico Caracciolo, vescovo di Aversa, in seguito al trasferimento di G. nel convento di S. Caterina a Grumo. In questi anni la fama delle estasi e dei miracoli di G. cresceva in misura considerevole e a lui si rivolgevano numerose personalità del clero e della nobiltà napoletana che lo scelsero come guida spirituale, come Alfonso Maria de' Liguori, Francesco de Geronimo e il filosofo Giambattista Vico.
Il 22 giugno 1722 Innocenzo XIII emanò il breve con il quale riunificava i due rami dell'Ordine, spagnolo e italiano, in un'unica provincia: G. raggiungeva così il suo ambito obiettivo, perseguito sin dal 1702.
Rientrato nel convento napoletano di S. Lucia al Monte, nonostante le precarie condizioni fisiche lo riducessero all'immobilità, egli continuò la sua instancabile opera dal confessionale. Degno rappresentante di quella spiritualità che si rifaceva a s. Pietro d'Alcantara e soprattutto a s. Francesco d'Assisi, G. dedicò la sua vita alla costante ricerca del contatto con le persone più umili e più povere, fino a rinunciare per esse a ogni incarico in seno alla Congregazione. L'apostolato, l'assoluta povertà (indossò per tutta la vita il saio che aveva ricevuto al momento dell'ordinazione), le costanti mortificazioni corporali e le frequenti estasi e levitazioni a lui attribuite lo fecero apparire ai contemporanei un santo già in vita. Tuttavia, per G. manca ancora, nonostante i più recenti studi, una biografia ragionata, e non agiografica, capace di inserire il santo nel contesto storico-culturale napoletano della prima metà del XVIII secolo.
G. morì a Napoli il 5 marzo 1734 e fu sepolto nella chiesa di S. Lucia al Monte. Beatificato da Pio VI il 15 maggio 1789, fu canonizzato da Gregorio XVI il 26 maggio 1839.
Fonti e Bibl.: Casimiro di S. M. Maddalena, Vita del padre fra G. della C., Napoli 1734; Diodato dell'Assunta, Saggio storico della vita del b. G. della C., Roma 1839; D. Caruso, La casa natale di s. G. della C. al Ponte d'Ischia, Napoli 1934; I. Rostoli, Vita di s. Gian G., Roma 1939; A.M. Salvatore, S. G. della C., Napoli 1954; D. Ambrasi, G. della C., in Bibliotheca sanctorum, VI, Roma 1965, coll. 1009-1012; V. Gervasi, S. G. della C.: breve profilo, Napoli 1975; S.G. della C. (1654-1734). Studi nel 250° della morte del santo, Napoli 1988 (in partic.: G. Mascia, S.G.G. della C.: bibliografia, pp. 1-99; T. Cerrinara, La spiritualità di s. G. della C., pp. 240-250); Enc. cattolica, VI, col. 628, sub voce (G. Edoardi).