ANCINA, Giovanni Giovenale
Nacque in Fossano (Cuneo) il 19 ott. 1545 da Durante, magistrato, e da Lucia Araudini. Il casato Ancina vantava un passato di nobiltà e godeva in Fossano del privilegio d'una casa merlata per avere un tempo esercitato signoria sul vicino centro di Mellea. L'A. ebbe un fratello, Matteo, e due sorelle, Marta e Brigida, alle quali spesso fa cenno nella corrispondenza epistolare. Fu educato cristianamente e ricevette in casa la prima istruzione letteraria. In età di quattordici anni, fu inviato a Montpellier per la continuazione degli studi; ma un ordine di Emanuele Filiberto che richiamava tutti i sudditi temporaneamente residenti all'estero, lo costrinse a tornare in patria. Si iscrisse all'ateneo torinese trasferito provvisoriamente a Mondovì, frequentando i corsi di medicina, filosofia e retorica. Si crede che in quel tempo apprendesse anche la musica, poiché, tra i centodiciotto argomenti discussi per la sua laurea, cinque riguardano tale materia. In Mondovì, con i tipi di Leonardo Torrentino, il 30 apr. 1565 pubblicò il suo primo saggio letterario, il poemetto latino De Academia Subalpina, inneggiante a Emanuele Filiberto e allo studio monregalese. L'anno successivo, trovandosi a Padova per perfezionare gli studi di medicina, scrisse un breve poema, Naumachia Christianorum Principum, dedicato al doge veneziano Girolamo Priuli, sulla urgenza di difendere il mondo cristiano dalla minaccia dei Turchi. Il 29 genn. 1567 si laureò brillantemente a Torino "in artibus et medicina", presso l'università nuovamente restituita alla capitale sabauda. Il risultato fu tanto lusinghiero che l'A. venne aggregato, pochi mesi dopo, al "collegium doctorum" dello stesso ateneo in qualità di lettore straordinario di teorica: probabilmente come assistente dell'Argenterio. L'insegnamento durò tre anni, con molto successo. Intanto esercitava anche la professione di medico, suscitando l'ammirazione di alcune personalità dei tempo, quali il Cordella, medico del duca di Savoia, il Castellani, medico del papa Gregorio XIII, il Brianzale, Pietro d'Arezzo, ecc. Sul finire del 1570, abbandonato l'insegnamento, l'A. si trasferì in casa del conte Madruzzi di Challant, come precettore e medico, rimanendovi per un decennio.
In quest'epoca ebbe una crisi religiosa profonda, a cui contribuiva anche il continuo pensiero della morte e della caducità delle cose terrene. In un giorno imprecisato del 1572, durante un'officiatura funebre, fu colpito dall'intonazione della sequenza iacoponica Dies irae, dies illa e decise di abbandonare il mondo e di darsi allo stato religioso.
Il 10 nov. 1574, l'A. dovette seguire a Roma l'ambasciatore del duca di Savoia, il conte Madruzzi, ed ebbe così modo di avvicinare, sia pure nel fastoso ambiente della corte, eminenti uomini della Chiesa, Roberto Bellarmino, il cardinale Sirleto, il Possevino, il Pererio, il Toledo e altri, con i quali iniziò lo studio della teologia e delle scienze sacre. Nella primavera del 1576 avvenne l'incontro con Filippo Neri, che così grande influsso esercitò su di lui, come si rileva in vari punti dell'epistolario. Da allora, l'A. si pose interamente sotto la guida spirituale del Neri, frequentando assiduamente gli "esercizi dell'oratorio" presso la chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini. Il 10 ott. 1580 egli ed il fratello Matteo entrarono ufficialmente a far parte della Congregazione dell'Oratorio, e il 9 giugno 1582 l'A. fu ordinato sacerdote in S. Giovanni in Laterano. Gli venne assegnato l'ufficio della predicazione e dell'insegnamento della teologia ai giovani studenti dell'Oratorio, mentre monsignor Girolamo della Rovere, arcivescovo di Torino, insisteva perché il neo-sacerdote tornasse nella terra natale. Offrì più volte, a tale scopo, vistosi benefici che sempre vennero dall'A. rifiutati. Questi si adoperò, invece, su richiesta del municipio e del capitolo fossanese, a ottenere che la S. Sede erigesse in diocesi la città di Fossano, il che avvenne pochi anni più tardi.
Il 29 ott. 1586 il Neri inviò l'A. nella casa di Napoli, recentemente fondata, ed ivi l'A. ebbe l'incarico della predicazione e delle confessioni all'Oratorio, al duomo, e al monastero di S. Gaudioso. La sua attività caritativa, non limitata al soccorso minuto, ma estesa nelle forme più efficaci di organizzazione, lo rese largamente popolare: fondò a Napoli quattro sodalizi, dei dottori, degli studenti, dei mercanti e degli artigiani, per soccorrere i bisognosi e assistere gli infermi. Nei momenti di libertà, particolarmente d'estatc nella villa di Capodimonte, egli componeva versi e canzonette spirituali.
Appartengono a questo periodo molti componimenti latini e volgari, conservati oggi manoscritti presso la Biblioteca Vallicelliana in Roma. Tra essi è degno di nota il ms. 0,36, che raccoglie parecchi testi poetici "travestiti", destinati ad alimentare una grandiosa opera che l'A. aveva progettato di stampare: Il Tempio Armonico non è che la prima parte di essa; avrebbe dovuto far seguito una seconda raccolta di brani laudistici a quattro e cinque voci, e una terza a sei, sette, otto e dodici voci. Queste non videro mai la luce, anche perché l'A. si accorse del mutato orientamento musicale sulla fine del secolo.
Sono probabilmente di quest'epoca anche le sue cinque composizioni musicali, inserite nell'ultima parte del Tempio Armonico, unica testimonianza della sua attività di compositore. In realtà, l'A., più che a creare nuove musiche, si dedicava con ardore a raccogliere e diffondere i migliori brani madrigalistici dei più noti maestri: F. e G. F. Anerio, G. M. e G. B. Nanino, G. e P. Animuccia, L. Marenzio, R. Giovannelli, G. Macque, ecc. Egli "travestiva" queste composizioni profane, mutandone il testo poetico da licenzioso in spirituale. La parte musicale, rimasta intatta, per la sua larga notorietà era garanzia di sicuro successo.
Tra i molti travestimenti, famoso è quello della canzone L'amorosa Ero, ottenuto mutando semplicemente il nome di Ero in Gesù e quello di Narciso in Pietro. I travestimenti dell'A., però, sono per lo più totali rifacimenti della parte poetica, condotti con arte sull'identico schema metrico dell'originale. Con tale lavoro intendeva operare una salutare riforma nel campo della musica popolaresca. Suo scopo, afferma in più luoghi, era di "smorbar l'Italia dalla contagiosa peste et pestifero veneno delle maledette canzoni profane, oscene, lascive et sporche...", e in tal senso non mancò di assumere atteggiamenti decisi. Il compositore fiammingo G. Macque si vide un giorno restituire a pezzi una nuovissima raccolta di madrigali poco castigati, offerti in omaggio all'Ancina. La celebre cantante di musica leggera Giovanna Sancia, detta "sirena napoletana", fu da lui indotta a mai più intonare se non laudi e cantici spirituali.
All'A. si deve pure l'istituzione in Napoli de "l'Oratorio dei Principi", un trattenimento letterario, musicale e religioso sulla traccia degli esercizi filippini, ma attuato nell'abitazione stessa dei signori. Ammalatosi sul finire del 1589, l'A. poté riprendere tuttavia le sue attività consuete. Nell'autunno del 1596 venne richiamato a Roma, probabilmente perché Cesare Baronio era stato creato cardinale. Nel ducato di Savoia si erano intanto rese vacanti le diocesi di Nizza, Vercelli, Saluzzo e Mondovì, ed era corsa voce che il pontefice Clemente VIII pensasse all'A. per una di esse. Il 29 nov. 1597 l'A. ebbe infatti l'annuncio di tale proposito da un messo papale; volle allora sottrarsi con la fuga all'onore che gli veniva offerto. Vagò per l'Umbria e le Marche, sostando a Narni, Sanseverino, Fermo e Loreto. P, di questo tempo un'ode curiosa, dal titolo Il Pellegrino errante. Novo cantico di Giovenale Ancina peccatore per la briga et tentatione del Vescovado (manoscritta nella Bibl. Vallicelliana di Roma, cod. 0,27); in essa egli narra, con lingua mista di inflessioni dialettali, le vicende della sua fuga. Tornò a Roma quando Clemente VIII era a Ferrara e la pratica delle sedi vacanti era stata differita. Ripreso il normale lavoro, gli fu affidato anche l'ufficio di bibliotecario presso la sede vallicelliana dell'Oratorio. In fine, a un nuovo.categorico invito del pontefice, l'A. dovette arrendersi e accettare la diocesi di Saluzzo, che presentava notevoli difficoltà per le gravi condizioni religiose. La proclamazione avvenne nel concistoro del 26 ag. 1602, e la consacrazione episcopale il 10 settembre successivo. Giunto a Torino il 17 ottobre l'A. non poté, tuttavia, entrare nel territorio di Saluzzo a causa di alcune questioni riguardanti il beneficio. Nell'attesa, si recò a Fossano, ove rimase cinque mesi sino al definitivo ingresso a Saluzzo, esercitandovi il ministero della predicazione. Memorabile, a quanto riferiscono le cronache, fu in quell'anno a Fossano il camevale, mutato in una serie di manifestazioni religiose con sermoni, processioni e concerti musicali. L'A. poté infine entrare ufficialmente nella sua diocesi il 6 marzo 1603.
Particolarmente diffuso era nel territorio di Saluzzo il valdismo, penetratovi dal Pinerolese. L'A. intraprese un'azione di riforma, con la preghiera e la penitenza più austera, in contrapposizione agli abusi orniai usuali nel clero e nel popolo. Riordinò la curia diocesana, assicurandosi collaboratori meritevoli; fondò il seminario per la formazione degli aspiranti al sacerdozio, secondo le disposizioni del concilio di Trento, e si adoperò con ogni mezzo per risollevare le sorti della vita religiosa. La grandiosa celebrazione del martedì santo nella cattedrale di Saluzzo, ancor oggi viva, è di istituzione dell'A.; a lui sono anche da attribuirsi gli esercizi di pietà popolare detti "la compuntiva" e la diffusione delle SS. Quarantore solenni.
In poco più di un anno di ministero episcopale, l'A. lasciò in Saluzzo un'orma profonda. La sua morte avvenne in circostanze ancor oggi misteriose. Invitato il 20 agosto 1604 a mensa nel monastero dei minori conventuali della città, per la festa di s. Bernardo, egli fu colto da atroci dolori. Dopo pochi giorni, il 30 ag. 1604, l'A. morì.
Sembra che un religioso di quel convento, poco tempo prima rimproverato dall'A. per la condotta scandalosa, gli abbia in quell'occasione propinato il veleno. Il fatto, accertato da medici curanti, sarebbe stato tenuto segreto, a causa di persone influenti compromesse nello scandalo. La fama di santità di cui godeva l'A. vivente andò crescendo dopo la morte. A vent'anni appena dalla sua scomparsa, i magistrati e il capitolo di Saluzzo presentarono formale istanza al papa Urbano VIII per la canonizzazione del loro vescovo: istanza che fu affiancata dalla città di Napoli. Dopo diverse interruzioni della causa, il 29 genn. 1870 Pio IX proclamò l'A. venerabile, e Leone XIII il 9 febbr. 1890 lo iscrisse tra i beati. Le sue spoglie riposano nella cattedrale di Saluzzo, e nella sacrestia capitolare del duomo di Fossano vi è un suo ritratto, attribuito al pittore fossanese G. Barroto, e un altro ancora, opera del Rollini, si trova nel santuario mariano di Cussanio.
L'intera attività poetica e musicale dell'A. viene giudicata dall'Alaleona priva di valore, non essendo essa che una documentazione della "mancanza di forza intellettuale e d'originalità" del suo tempo. Bisogna convenire che l'A., uomo eclettico, fu scarsamente profondo. Sembra però che l'opera sua non manchi di lati positivi ragguardevoli. Come poeta egli fu assai apprezzato al suo tempo e nei secoli immediatamente successivi. La critica moderna si è spesso volta contro i suoi "travestimenti", giudicati artificiosi, come nel caso del travestimento de L'amorosa Ero più sopra citato. In realtà, solo pochissime volte l'A. è ricorso a procedimenti aridi e meccanici; nella maggioranza dei casi, la sua è autentica poesia, a cui nessun merito è da togliere per il fatto che l'autore si sia assoggettato a schemi di componimenti preesistenti. Né si può troppo insistere sulla mancanza di originalità d'un tale procedimento: la notorietà della melodia costituiva un eccellente mezzo divulgativo e di sicura efficacia per gli intenti riformatori del Neri e dei suoi collaboratori. Quanto all'A. compositore (egli stesso afferma piùvolte di non aveme mai fatta espressa professione), mancano elementi per un giudizio sicuro. Cinque suoi brani musicali pervenutici sono troppo poca cosa; tuttavia essi rivelano una sicura padronanza tecruca e una espressività piena di grazia spontanea, tanto da potersi collocare fra le più belle composizioni dell'intera raccolta. Ma il merito principale dell'A. sta nell'opera di raccoglitore e di propagatore della lauda filippina, che così uscì dalle ristrette mura dell'Oratorio, tentando di penetrare il gusto ormai già affermato della musica madrigalistica.
Tra le opere letterarie, oltre a quelle già citate, sono da ricordare due elegie, conservate manoscritte presso la Biblioteca capitolare di Fossano, Serenissimo Sabaudiae Duci Carolo Emanueli... gratulatio, e In obitum Caroli Borromaei Cardinalis. Numerose altre composizioni latine si trovano nei codici 0,26; 0,27; 0,60 della Biblioteca Vallicelliana di Roma, dove si conservano anche le sue opere musicali: Regole del canto figurato e del contrapunto (cod. 0,29), trattatello scritto di pugno dell'A., ma difficilmente suo, sebbene l'Eitner e l'Alaleona glielo attribuiscano; Solfeggiamento e studi di musica (cod. 0,30), di dubbia attribuzione; Lamentationes Hieremiae prophetae (cod. 0,31), raccolta di responsori polifonici e monodici di E. De Cavalieri, D. Isorelli, C. Festa e di anonimo; Canzonette spirituali (cod. 0,32), raccolta di composizioni da 5 ad 8 voci, molte delle quali di G. Animuccia (dovevano servire per la seconda e terza parte dei Tempio Armonico); L'amorosa Ero fatta spirituale (cod. 0,35), contiene la musica a 4 voci didiciotto autori diversi sul testo della celebre canzone travestita dall'A.; Raccolta di versi e canzonette spirituali (cod. 0,36), contenente poesie religiose destinate all'intonazione, fra le quali diverse sono di A. Manni, altre dell'A. e di altri; Tempio Armonico della Beatissima Vergine, Roma, Niccolò Mutij, 1599 (codd. 0,45 e 0,46), costituisce l'opera principale dell'A.: consta di centoventidue laudi a 3 voci di autori dell'epoca, tra cui figurano nomi celebri. Le ultime cinque composizioni (All'Annunciata di Fossano, A s. Maria del Salice in Fossano, A s. Maria detta l'Incoronata, Alla devotissima Madonna dei Campi di Fossano, A N. Signora del Popolo in Roma), testo poetico e musica, sono dell'A. stesso, al quale inoltre sono da attribuirsi i testi poetici d'una metà circa dell'intera raccolta.
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