PORTA, Giovanni Giacomo
– Nacque a Pelio Superiore, in Val d’Intelvi nei pressi di Como, da Antonio, nel 1595, come si deduce da un atto notarile del 3 dicembre 1660 in cui dichiarava di avere sessantacinque anni (Alfonso, 1985, p. 128).
La sua presenza a Genova si inserisce in quel flusso di maestranze di origine lombarda che nella prima metà del Seicento detennero il monopolio della produzione in marmo per le chiese e i palazzi, in virtù di una stretta collaborazione tra botteghe. Entro la corporazione degli scultori di ‘nazione lombarda’, Porta risultò consigliere nel 1637, nel 1641 e nel 1652 (Belloni, 1988, p. 43). Specializzato nei lavori di decorazione marmorea, si legò a Giovanni Domenico Casella, più incline alla scultura di figura. Quest’ultimo fu padrino al battesimo del figlio, Giovanni Battista Porta, celebrato nella chiesa genovese di S. Siro il 17 marzo 1626 (Belloni, 1988, p. 43). Nel 1627 è documentato l’acquisto, da parte di Giovanni Giacomo Porta, di marmo rosso di Francia che avrebbe dovuto eguagliare, per qualità, quello delle colonne eseguite, su committenza di Giacomo Lomellini, per il totale rinnovamento della chiesa della Ss. Annunziata del Vastato a Genova (Alfonso, 1985, p. 335): dunque la cospicua fornitura di rosso di Caunes per la chiesa francescana – dove Porta operò accanto a Giovanni Domenico Casella per il rivestimento del pavimento, dei pilastri divisori tra le cappelle e delle colonne della precedente chiesa gotica – era già iniziata da alcuni anni, in particolare tra il 1620 e il 1624 (Belloni, 1988, p. 43; Franchini Guelfi, 2005, pp. 42 s.), impegnando i due collaboratori fino alla metà del secolo. Alla morte di Casella, nel 1648, venne steso un inventario dei marmi esistenti nella bottega dei due scultori, utile per comprendere che, a quella data, la zona dell’altare maggiore non era ancora conclusa (Alfonso, 1985, pp. 333 s.). La realizzazione di questa impresa fu ricordata da Soprani nella biografia di Taddeo Carlone (di cui Casella fu allievo), il quale «in compagnia di Giacomo Porta servì li Signori Lomellini nelli ornamenti di marmi e mischi, colonne e altro che fecero fare nella Chiesa della Santissima Annonciata» (Soprani, 1674, p. 295). In particolare a Porta, in qualità di capo d’opera e progettista, si devono le pareti del presbiterio, il pulpito (ordinato dalla famiglia Chiavari nel 1625-30), la cappella di S. Antonio da Padova e le cappelle in capo alla navata destra.
Nel 1630, anno in cui venne tassato con dodici lire in occasione dell’imposta straordinaria per l’erezione delle nuova cinta muraria, Porta si rifornì ancora di marmo francese (Belloni, 1988, p. 43). Il 24 luglio 1635 stipulò il contratto, unitamente a Tomaso Orsolino, per la conduzione di due cave di alabastro presso il monte Gazzo di Genova Sestri Ponente (Alfonso, 1985, p. 54).
Con Porta Casella assunse l’incarico, il 13 novembre 1639, di realizzare un ornamento di altare per la parrocchiale di S. Giovanni Battista a Loano (Belloni, 1988, p. 44). L’8 gennaio 1640, unitamente a Giovanni Battista Orsolino, fu eletto arbitro per la dichiarazione e tutela degli interessi dei fratelli 'marmorari' Giuseppe e Giovanni Battista Ferrandino, redigendo l’inventario dell’abitazione e della bottega (Alfonso, 1985, p. 80). Dal 13 aprile 1641 si occupò della decorazione marmorea della cappella dedicata al Rosario nella cattedrale di Ventimiglia (Belloni, 1988, p. 44). Il 6 gennaio 1645 comprò, insieme a Tomaso Orsolino e a Giovanni Battista Orsolino di Giovanni, quattro colonne di marmo mischio di Francia giunte per mare dal porto di Narbonne (Alfonso, 1985, p. 64). Il 7 aprile dello stesso anno i tre acquistarono, presso due rivenditori carraresi, un ingente quantitativo di marmo bianco di Carrara e 'mischio' di Francia, giacente al ponte degli Spinola presso il porto genovese (p. 66). Il 21 giugno Porta, a nome suo e del Casella «compagno in solidum», era tra i firmatari di un contratto, sottoscritto anche da Tomaso Orsolino, Stefano Lombardelli e Giovanni Battista Orsolino, finalizzato a inviare «due huomini in Francia, cioè in Narbona, a cavar pietre mischie» (Alfonso, 1985, pp. 66 s.) e nel quale si stabiliva di non sciogliere la società fino all’esaurimento dello scavo da parte dei due operai. Il 3 agosto 1648 comparve come garante alla stesura dell’atto a favore di Tomaso Casella e di Tomaso Orsolino per alcuni lavori nella zona presbiteriale della chiesa del Gesù, di giuspatronato dei Pallavicini (p. 124). L’11 gennaio 1649 riscosse da Giovanni Francesco Granello il pagamento per aver eseguito la sepoltura del nobile nella distrutta chiesa di S. Domenico (Piastra, 1970, p. 29; Alfonso, 1985, p. 340). Nel marzo dello stesso anno fu remunerato per le decorazioni marmoree condotte nel palazzo di Giovanni Battista Lomellini, nell’omonima via di Genova (Alfonso, 1985, p. 341): la bottega Porta-Casella fu dunque la ditta di fiducia per la famiglia Lomellini anche per le residenze private. Il 10 novembre 1649 accettò di occuparsi degli ornamenti in marmo di una cappella che Pier Francesco Costa, vescovo di Albenga, possedeva a Lusignano (Belloni, 1988, p. 44). Nel 1652, quando fu eletto console della corporazione dei marmorari (Alfonso, 1985, p. 94), prese parte alla lavorazione dell’altare maggiore della chiesa di S. Francesco da Paola di Savona (Galassi, 1988, p. 82). Il 23 marzo 1653 ricevette un acconto per dodici colonne di marmo di Carrara destinate alla chiesa dei Ss. Nicolò ed Erasmo di Genova Voltri (p. 82).
Il 27 aprile 1654 Porta comparve come testimone alla stipula del contratto a favore di Carlo Antonio Orsolino, in assenza del cugino Tomaso Orsolino, per l’acquisto e il trasporto di marmi da Massa (Alfonso, 1985, p. 76). Nel 1655 accettò di realizzare un lavatoio, ornato di teste angeliche e dello stemma francescano, per una destinazione imprecisata ma comunque non genovese, dato che il manufatto doveva essere imbarcato (Belloni, 1988, p. 44).
Il 13 aprile 1657 comparve come garante per il gruppo di lapicidi, composto da Giuseppe e Giovanni Battista Ferrandino e da Giovanni Battista Orsolino, che aveva ricevuto l’incarico, spartito con un altro gruppo di origine luganese, di posare la pavimentazione della cattedrale di San Lorenzo (Alfonso, 1985, p. 79). Alla morte di Carlo Sala, nipote di Tomaso Orsolino, Porta fu nominato, insieme allo stesso Orsolino, suo fidecommissario (p. 164). Nel 1659 realizzò il perduto altare per la chiesa di S. Gerolamo di Castelletto (p. 349). Il 3 dicembre 1660 rilasciò testimonianza, insieme a Giovanni Battista Orsolino, che i marmi utilizzati per la decorazione interna della chiesa di S. Bernardo erano stati forniti e manifatturati da Tommaso Orsolino, il quale non venne interamente pagato (p. 128).
Nel 1661 Porta, Tomaso Orsolino e il cugino Giovanni Battista inviarono marmi di Francia a Napoli per l’edificazione della chiesa e delle cappelle della casa professa dei Gesuiti, ai sensi di un contratto stipulato tra il savonese Giovanni Maria Sormano e il prefetto della fabbrica, Giovanni Battista Casilio, il 15 maggio dell’anno precedente (Alfonso, 1985, p. 83). Nel 1662, insieme a Giovanni Battista Casella, accettò di innalzare, per Giulio della Rovere, l’altare maggiore della chiesa savonese di S. Teresa delle monache carmelitane: del grandioso complesso, costituito da quattro colonne tortili che reggono un timpano spezzato sormontato da un gruppo scultoreo, eseguito da Casella, raffigurante il Carro di Elia (ora nella cattedrale di Savona), è noto anche il bellissimo disegno allegato all’atto (Alfonso, 1985, p. 345; Lamera, 1988).
Dalle tre mogli, Livia, Faustina e Placidia, ebbe un numero elevato di figli, di cui una andò in sposa a Dionisio Corte, discepolo, collaboratore e continuatore dei lavori nel cantiere della Ss. Annunziata del Vastato. Ebbe inoltre come discepoli Giorgio Lazzari, Carlo Francesco Ceresola, Carlo Alessandro Aprile, Giorgio Scala e Anselmo Quadro.
Morì a Genova, nella parrocchia di San Marcellino, il 27 dicembre 1665 e fu seppellito nella chiesa della Ss. Annunziata (Belloni, 1988, p. 45).
Fonti e Bibl.: R. Soprani, Le vite dei pittori, scoltori et architetti genovesi, Genova 1674, p. 295; V. Belloni, L’Annunziata di Genova, Genova 1965, pp. 106-115, 122, 130, 137, 153, 155, 158, 171, 196, 247, 279; W. Piastra, Storia della chiesa e del convento di San Domenico in Genova, Genova 1970, pp. 29, 203; L. Alfonso, Tomaso Orsolino e altri artisti di ‘Natione Lombarda’ a Genova e in Liguria dal secolo XIV al XIX, Genova 1985, pp. 54, 64, 66 s., 76, 79, 80, 83, 85, 90, 94, 124, 128, 164, 333-350; V. Belloni, La grande scultura in marmo a Genova (secoli XVII e XVIII), Genova 1988, pp. 43-45; M.C. Galassi, Giovanni Giacomo Porta, in La scultura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, Genova 1988, pp. 82 s.; F. Lamera, La scultura per la macchina d’altare, in La scultura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, Genova 1988, p. 113; F. Franchini Guelfi, La scultura del Seicento e del Settecento. Statue e arredi marmorei sulle vie del commercio e della devozione, in Genova e la Francia. Opere, artisti, committenti, collezionisti, a cura di P. Boccardo - C. Di Fabio - P. Senechal, Cinisello Balsamo 2003, pp. 179, 181; F. Franchini Guelfi, La decorazione e l’arredo marmoreo, in L’Annunziata del Vastato a Genova. Arte e restauro, a cura di G. Rossini, Venezia 2005, pp. 41-45.