DOLCEBONO, Giovanni Giacomo
Nacque probabilmente a Milano (Annali d. Fabbrica..., III, 1880, p. 62) poco prima del 1450 da Ambrogio e compì il suo apprendistato di lapicida presso Giovanni Solari, nell'ambito della Fabbrica del duomo, come è documentato nel 1467 (Morscheck, 1986).
Ricordato come lapicida del duomo nel 1471 (Annali, II, 1877, pp. 271 s.), nel 1472 risulta tra i "maestri" addetti agli ornamenti dell'altare di S. Giuseppe (ibid., pp. 276 s.), la cui realizzazione era stata affidata a Guiniforte Solari, che probabilmente incaricò G. A. Amadeo di eseguire il modello.
Il D. fu pagato per sedici giorni di lavoro "in mensurando et designando maiestatem altaris". Tale indicazione non sembra riguardare né la realizzazione del progetto (Malaguzzi Valeri, 1904, p. 44), né il semplice disegno dell'ingombro di una pala sulla parete (Borlini, 1970, p. 27), ma, data la quantità dei giorni lavorativi, può riferirsi all'effettiva impostazione di una Maestà marmorea.
Nel 1473 sottoscrive un contratto di collaborazione con L. Palazzi, G. A. Amadeo, G. A. Piatti ed Angelo da Lecco, in previsione di offerte di lavoro per la facciata della certosa di Pavia e in tutto il dominio sforzesco (Schofield-Shell-Sironi, 1989, pp. 99 s.). Nello stesso anno troviamo il D. impegnato, "con uno garzono" e un salario superiore, nella decorazione della cappella sorta presso S. Celso a Milano, a cui partecipava anche Lazzaro Palazzi (Caffi, 1888; Annali, II, p. 281). Nel 1474 compare, come lapicida, quale testimone di una vendita di terre presso la certosa di Pavia (Maiocchi, 1937, p. 208) e in una controversia con le monache del monastero Maggiore a Milano, confinante con la sua abitazione, per problemi connessi con la stabilità della stessa, risolti da Giovanni e Guiniforte Solari (Caffi, 1878). La rappacificazione avvenne comunque solo nel 1493 (Sannazzaro, 1988, p. 127).
L'assenza di testimonianze riguardanti questi anni, se si escludono quella sulla troppo prolungata attività per la decorazione della cappella presso S. Celso e le notizie non verificabili di lavori al monastero della Pusterla in Pavia e alle terracotte del chiostro grande della certosa (Calvi, 1865, p. 188), non permette di seguire l'artista se non nella polemica che lo vede associato nel 1481 a Giacomo Del Maino, per l'elezione di Pietro Antonio Solari e dell'Amadeo ad architetti della Fabbrica del duomo (Malaguzzi Valeri, 1904, p. 91), e nell'inefficace contratto di collaborazione con Giovanni Maier per la costruzione del tiburio del duomo (Schofield, 1989, pp. 79 s.).
Nel dicembre 1488 fu pagato insieme con Bramante per un sopralluogo al duomo di Pavia "pro modellis et designiis factis" (Maiocchi, 1937, p. 334): non è possibile stabilire con esattezza l'entità dell'intervento, ma certamente si può rilevare l'affidabilità che il "maestro" aveva ormai assunto fra gli ingegneri sforzeschi.
Tale funzione di controllo delle fabbriche fu esercitata dal D. anche nei riguardi dell'Incoronata di Lodi, dove fu chiamato nell'aprile del 1489, insieme con Lazzaro Palazzi, a verificare le fondamenta e l'avvio della costruzione della chiesa e dove rimase a sovrintendere la fabbrica (Novasconi, 1974, p. 45).
La critica risulta pressoché unanime nel riconoscere a G. Battaggio l'impostazione della pianta ottagonale e l'ordine inferiore delle cappelle e al D. la parte superiore della costruzione, racchiusa fra due cornicioni, il cui carattere distintivo si rileva soprattutto negli elementi in cotto, probabilmente prodotti da una bottega dello stesso maestro (Calvi, 1865, p. 181); è stata ipotizzata la paternità del D. anche per il campanile (Borlini, 1970, pp. 29 s.).
Frattanto la collaborazione con l'Amadeo andava sempre più intensificandosi, come dimostra in maniera inequivocabile la comune elezione il 13 apr. 1490 ad architetti per la costruzione del tiburio del duomo di Milano (Ann., III, p. 55), dopo le fallimentari esperienze di Giovanni Nexemperger di Strasburgo (1483-1486) e il conseguente concorso.
Nella riunione del 27 giugno, con un decisivo intervento di Ludovico il Moro, esaminati i modelli di Francesco di Giorgio Martini, Simone de Sirtori, Giovanni Battaggio, Amadeo e il D., questi ultimi venivano incaricati di eseguire un modello definitivo con la partecipazione di Francesco di Giorgio (Ann., III, pp. 60 ss.).
Tale modello potrebbe essere ravvisato nell'incisione pubblicata da C. Cesariano a f. XVr del suo Vitruvio (Como 1521), a destra della sezione del duomo. La costruzione, iniziata l'11 settembre, procedette sulla base dell'impostazione solariana, mantenuta dai due architetti lombardi, al di là delle novità proposte da Francesco di Giorgio. I lavori, conclusi il 24 sett. 1500 (Ann., III, p. 116), possono essere seguiti attraverso la lettura dei libri Mastri 841-850, dai quali si rileva che il D. fu pagato come l'Amadeo e fu impegnato soprattutto in valutazioni e forniture di marmo e altri materiali, attività usuali degli ingegneri del duomo, in frequenti viaggi alle cave di Candoglia, come il 24 maggio 1490 con Antonio Briosco (Mastro 841), in collaudi, assunzioni e licenziamenti di operai. Frattanto il D. partecipò ad altri lavori per proprietà della Fabbrica, quali un fontanile "de Lamajera" (Ordinaz. capitolari, III, f. 212: 6 sett. 1490), opere in Camposanto (Mastro 842: 9 febbr. 1491), riparazioni di edifici a Cantù e Alessandria (Mastro 842: 25 ott. 1491), Vimercate e Oldanigo (Mastro, 846: 4 febbr. 1495), costruzione di una casa a Candoglia (Mastro 844: 3 luglio 1493), pagamenti di affitti e stime per vendite di marmo a lapicidi, privati e ingegneri ducali.
Nel 1492 era impegnato nelle valutazioni riguardanti un organo del duomo (Mastro 843: 23 gennaio); l'anno successivo, il 12 marzo, insieme con l'ingegnere Bartolino de Braschis si occupava della valutazione delle spese per la costruzione della nuova chiesa di S. Tecla (Mastro 844). Il 1º ag. 1497 stimava con l'Amadeo una statua scolpita da Andrea Fusina (Mastro 848).
Particolarmente interessanti risultano altri documenti riguardanti forniture di marmo a Bernardino de Arthusii per S. Antonio a Milano (Mastro 847: 14 apr. 1496), all'architetto Lazzaro Palazzi per il monastero di S. Angelo (Mastro 850: 2 genn. 1499, in riferimento al mese precedente), al monastero di Badagio (Mastro 852: 17 sett. 1502) e soprattutto la presenza del D. e dell'Amadeo alla consegna di marmo, stimato da Santino da Vigevano, a Cristoforo Solari per lavori in S. Maria delle Grazie (Mastro 848: 20 ott. 1497). Proprio al D. il Calvi (1865, pp. 189 s.) attribuiva le decorazioni in cotto della tribuna bramantesca intuendo quanto recentemente svelato da un documento riguardante la fornitura di terracotte a stampo all'Amadeo per S. Maria delle Grazie (Schofield, 1986, pp. 47 s.), e basandosi su un confronto della loggia del tiburio con quella della chiesa di S. Maria presso S. Celso, dove l'architetto lavorava fin dal 17 marzo 1491, quando venne pagato "per comprar prede per fare colonne da mettere la cappella grande" (Baroni, 1940, p. 224): ma secondo l'Arslan (Le opere..., 1956, p. 680) e il Borlini (1970, p. 28) era direttore dei lavori già dal loro inizio, avvenuto l'anno precedente.
Nel 1493, in seguito all'esame da parte del duca di due disegni a lui presentati da due ingegneri e dal "presidente" della Fabbrica, probabilmente identificabile con il D., si giungeva a determinare la struttura di S. Maria presso S. Celso, a navata unica con tre cappelle semicircolari per lato (Casati, 1870, p. 96). Il 2 giugno 1493 il D. fu pagato per lavori alla cappella absidale e l'8 novembre per acquisti di pietra d'Angera e sarizzo per capitelli e colonne (Baroni, 1940, p. 227): non sembra quindi aver avuto esito il suo licenziamento dalla Fabbrica di S. Maria presso S. Celso, deliberato il 27 giugno a favore di Cristoforo Solari (Casati, 1870, p. 100), effettivamente avvenuto invece il 7 genn. 1494 (Baroni, 1940, p. 224, n. 228: ma si legga 1494 e non 1484), in quanto il 1º febbraio veniva assunto l'Amadeo (Casati, 1870, p. 101). Il D. continuò però a partecipare alla fabbrica come fornitore di "cotto" (Baroni, 1940, p. 229: 16 febbr. 1494), a conferma di un'attività da lui svolta fin dagli inizi della sua carriera (Calvi, 1865, p. 181).
Il 4 marzo 1497 venivano stabilite le modalità d'appalto dei lavori per il tiburio di S. Maria presso S. Celso all'Amadeo e al D. (Baroni, 1940, pp. 231-234), probabilmente assunto di nuovo dalla Fabbrica nel gennaio 1495 (ibid., p. 243 n. 272). La corrispondenza fra le norme stabilite e la realizzazione è piuttosto fedele, a parte alcune piccole varianti in corso d'opera e il successivo distacco dei capitelli "di marmoro negro" delle colonne della loggia esterna, immurati vicino all'ingresso di S. Celso (Calvi, 1865, p. 183). L'8 genn. 1498 veniva commissionato al D. anche il modello della lanterna (Baroni, 1940, p. 238). Frattanto continuava la sua attività di fornitore alla fabbrica di S. Maria presso S. Celso di "lateribus seu lapidibus coctis laboratis" (13 luglio 1498; Baroni, 1940, p. 239), che ritroviamo nello stesso tiburio, per la cui copertura il D. venne richiamato dalla certosa di Pavia, dove stava lavorando (17 giugno 1499; Baroni, 1940, p. 241). Il 9 ott. 1501 ordinava l'apertura dei due grandi oculi sotto gli arconi interni del tiburio di S. Maria presso S. Celso (Baroni, 1940, p. 244).
I successivi lavori di ampliamento della chiesa avviati nel 1513 con l'aggiunta di due navate laterali collegate da un deambulatorio, che videro la partecipazione di Cristoforo Solari, Cesare Cesariano e Bernardo Zenale, hanno in gran parte nascosto la struttura della chiesa del D., ancora individuabile nelle arcature geometricamente inquadrate delle pareti esterne della navata centrale, emergenti oltre il tetto delle navate minori e nel sottotetto, dove si trovano i frammenti di due cornicioni in cotto, che percorrevano orizzontalmente la parete, e i monconi di tre grossi pilastri per parte, che dovevano suddividere le campate e scandire le cappelle semicircolari (Calvi, 1865, p. 182; Borlini, 1970, p. 29).
Le Memorie sulla certosa di Pavia (1879, p. 143) documentano che nel 1491 l'Amadeo e il Briosco s'impegnavano a costruire la facciata della chiesa secondo il disegno di Giacomo Antonio [sic] Dolcebono e di Bergognone.
Il Borlini (1970, p. 42) sostiene che tale progetto, alla cui stesura non doveva essere stato estraneo l'Amadeo (ibid., pp. 50 s.), è raffigurato con alcune varianti nel bassorilievo di Cristoforo Romano con le Esequie di Gian Galeazzo nel mausoleo ducale e in quello di Benedetto Briosco con La posa della prima pietra sul lato destro del portale. Emergono quali caratteristiche strutturali tipiche del D. le robuste lesene fortemente aggettanti e le due coppie di massicci cornicioni che scandiscono i tre ordini della facciata (cfr. anche Morscheck, 1978, p. 118).
L'attribuzione al D. della chiesa di S. Maurizio al monastero maggiore di Milano iniziata nel 1503, sostenuta già dall'Albuzzi (1776) sulla base di "un libro di ricordanze" conservato nel monastero e avvalorata da V. De Pagave (sec. XVIII, in W. Suida, Bramante pittore..., Milano 1953, p. 223) per induzione dalla già citata vicinanza dell'abitazione dell'architetto, coesiste con le più recenti proposte a favore di Bramantino, Zenale e Antonio da Lonate (cfr. Sannazzaro, 1988, p. 127).
Dopo la citata consulenza al duomo di Pavia, offerta nel 1488 insieme con Bramante, ancora il 10 marzo 1497 il D. fu pagato per un sopralluogo ai lavori, in seguito alla morte di Cristoforo Rocchi, che li dirigeva (Maiocchi, 1949, p. 78). Tra il 1497 e il '98 veniva realizzato un nuovo modello della chiesa ad opera di P. Fugazza su disegno dell'Amadeo e del D., assunti quali "ingegneri" probabilmente per assicurare continuità alla fabbrica (Malaspina, 1916, p. 12). Il contratto definitivo col D. è del 9 febbr. 1498 (Maiocchi, 1949, p. 98) e l'architetto compare per l'ultima volta presso il duomo di Pavia il 9 apr. 1499 (Maiocchi, 1949, p. 111), quale teste per l'acquisto di marmo della cava di Spiga presso Ornavasso (Novara).
È questo il momento di massimo confronto del D. con l'architettura di Bramante, che aveva impostato la fabbrica almeno nell'impianto d'insieme, e il cui progetto fu arricchito di elementi caratteristici dei due architetti lombardi (cfr. Förster, 1956, p. 105; Arslan, 1956, p. 678; Borlini, 1970, p. 35).
I rapporti con Bramante possono essere approfonditi anche in riferimento ai lavori per il complesso di S. Ambrogio: nei conti della fabbrica della canonica il D. è citato in data 19 ott. 1493 riguardo a un monumento marmoreo (Baroni, 1940, p. 42), ma soprattutto è documentato il 20 sett. 1498 per ben due volte quale "ingenierus Mediolani et monasteri Sancti Ambrosii" (Schofield, 1976).
Per la ricerca delle componenti bramantesche andrebbe approfondito anche il problema dell'architettura civile, verificando la proposta del Paravicini (s.d., p. 9) che attribuisce al D. la casa Pozzobonelli, in via Piatti 4 a Milano.
Per quanto riguarda eventuali rapporti con Leonardo, senz'altro direttamente conosciuto nei dibattiti per il tiburio del duomo di Milano, ricordiamo che nel foglio Windsor 12668r è citato un "libro di gia iachomo", forse compilato o appartenuto al D. (Pedretti, 1978).
Le ultime notizie sul D. si riferiscono ancora all'attività di ingegnere presso la Fabbrica del duomo, da cui dipendeva come salariato. Il 23 febb. 1503 un'assemblea, riunita per esaminare antichi disegni riguardanti la porta verso Compedo (nord), scelse una struttura a vestibolo con un'elegante e slanciata piramide e incaricò il D. e l'Amadeo di realizzare un modello ligneo che rispecchiasse il disegno stabilito; analogo incarico era affidato a Cristoforo Solari e Bartolomeo Briosco e ad Andrea Fusina (Ann., III, p. 124). Dopo vari e contrastati esami di modelli e particolari critiche avanzate , a quello dell'Amadeo e del D. per presunti errori nelle misure, soprattutto da parte del Fusina (Ann., III, pp. 125 s.), i lavori furono sospesi l'anno seguente, fino al 1535, quando ripresero le discussioni con Cristoforo Lombardi e Cesariano. Il D. continuava comunque a badare a forniture e stime di marmi, oltre che ad offrire consulenze, come documentano il sopralluogo con Amadeo al Naviglio Martesana il 2 sett. 1503 (Mastro 853) e la stima di una colonna di marmo venduta ad Ambrogio da Lonate il 14 febbr. 1504 (Mastro 854).
Alla fine del 1504 furono saldati dalla Fabbrica del duomo i pagamenti al D. fino al mese di settembre (Mastro 854), quando presumibilmente l'architetto morì (Rizzardi, 1956).
Nel pubblico necrologio di Milano del 1477 è registrata in data 17 ottobre la morte di Giovanni Antonio Dolcebono, di anni quaranta, verosimilmente fratello del D. (Albuzzi, 1776). L'anno precedente, il 24 luglio, un Giovanni Antonio, probabilmente la stessa persona, era documentato con Filippo da Castello per la stima di una statua di marmo di Martino Benzoni Per il duomo di Milano (Ann., II, p. 290).
Giovanni Ambrogio, figlio del D., nacque probabilmente intorno al 1500, essendo stato ammesso il 9 nov. 1514 presso la Fabbrica del duomo di Milano fra gli scultori adolescenti (Annali..., III, p. 169). Seguendo quindi la strada paterna di un apprendistato strettamente legato al cantiere del duomo, giunse nel 1518 ad ottenere una licenza, con Giovanni Antonio da Osnago e Andrea da Saronno, per lavorare, probabilmente sotto la direzione del Bambaia, al monumento funebre di Gaston de Foix, già in S. Marta a Milano ed ora disperso in diversi musei e collezioni (Annali…, III, pp. 199 [erroneamente indicato come Giovan Antonio], 200).
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