CASTIGLIONE (Castiglioni), Giovanni Giacomo
Nacque nel 1500 da Giampietro, della nobile e illustre famiglia Castiglioni, e da Anna Birago. Ancor giovane andò alla corte di Francia a tentare la fortuna: a partire dall'anno 1526 ricevette occasionali gratifiche per servizi che aveva reso, quindi ottenne dall'Erario regio una pensione annua di 300 lire, pagatagli successivamente nel 1531 e 1532, e quindi portata a 600 lire nel 1534. In tutte queste occasioni il C. è chiamato semplicemente "chevalier" o "gentilhomme italien". L'affermazione definitiva del C. presso la monarchia francese fu consacrata dal conferimento della carica di "gentilhomme de l'Hótel du Roi",che rappresentava allora l'obiettivo comune dei gentiluomini italiani vicini agli interessi del re di Francia, comportando oltre l'ambito titolo una pensione apprezzabile. Il C. viene menzionato nel 1538 con questo ambito titolo in occasione della donazione fattagli da Francesco I dei beni toccati alla Corona per diritto d'albinaggio nella successione di Paolo della Silva, originario del ducato di Milano e morto nel regno senza lettera di naturalizzazione. Successivamente gli fu anche conferita la carica di ciambellano, come attestano i termini in cui fu redatto il suo epitaffio. Non sappiamo se l'attaccamento del C. alla Francia e la sua riconoscenza al sovrano furono all'origine della sua domanda di naturalizzazione, accolta comunque con lettera dell'agosto 1540.
In verità la data della lettera va messa in rapporto con quella del matrimonio del C. con la francese Antoinette Lami. Se è esatta la notizia del Litta secondo cui il C. aveva sposato Lucia, una parente figlia di Giacomantonio Castiglioni, egli doveva essere vedovo al momento della naturalizzazione. I registri dello Châtelet di Parigi conservano notizia della donazione fatta il 17 luglio 1540 da Antoinette in favore del C. in occasione del loro imminente matrimonio: il C. riceveva parecchi feudi in totale proprietà a La Ferté-Alais, Dannemois e Corbeil nei dintorni di Parigi ed in usufrutto la terra di Ponthillault, dipendente da Pontault-Combault e La Queue-en-Brie (Seine-et-Marne). All'apparenza ricca proprietaria terriera, Antoinette aveva però non meno di 1.200 lire di debiti, somma che il C. s'impegnava a versarle. Ma quando il C., nel dicembre successivo, chiese la registrazione dell'atto di donazione, era già vedovo, forse per la seconda volta.
Nonostante fosse naturalizzato francese e proprietario di importanti beni immobiliari nel regno, il luogo di residenza del C. fu determinato dai casi della sua carriera di diplomatico, iniziata molto presto. Già il 18 ag. 1526, ad Amboise, il re ordinava il pagamento di 246 lire in favore del C. in occasione della sua partenza per l'Italia, dove il sovrano lo mandava a "traiter d'affaires secrètes".
L'oggetto di questi affari segreti non è certo svelato da simili mandati di pagamento. L'Italia era allora in pieno caos: Milano era caduta in mano agli Imperiali il 24 luglio ed è appunto dal campo davanti Milano che il C. rendeva conto "il 24 ottobre" (1527?: l'anno non è indicato nel documento) al Montmorency, allora gran maestro di casa reale, delle "pratiques" che intratteneva per mezzo di un messaggero con "les plus apparens de la ville". Egli scriveva di stare cercando, in ogni modo, di rassicurare e spingere all'azione i partigiani della Francia e, malgrado la defezione delle truppe pontificie, di "far loro comprendere che non dovevano per questo desistere dalla suddetta impresa ed assicurarli che la partenza dei pontifici non ci ha affatto indeboliti,noi che siamo ancora tanto numerosi". Ma gli sforzi del C. dovevano rivelarsi vani perché, alla fine, le forze francesi al comando del Lautrec, che si trovavano davanti a Pavia, si sarebbero dirette verso Napoli.
Il giovane diplomatico aveva ormai dato prova delle sue capacità e la ripresa delle ostilità tra la Francia e la casa d'Austria lo vide non più oscuro negoziatore, ma rappresentante ufficiale di Francesco I. Negli ultimi mesi del 1536, appena scomparso il pericolo di un'invasione imperiale della Provenza, il C. venne inviato a Coira come ambasciatore presso i Grigioni: l'importanza allora accordata alla fanteria svizzera, i cui servizi erano comprati a caro prezzo dai sovrani, fa intendere il grado di fiducia di cui godevano i diplomatici degli Stati interessati accreditati presso le Leghe.
Questo primo soggiorno svizzero doveva durare fino al luglio 1537, quando il C. poté tornare a rendere conto della sua missione, farsi rimborsare le somme anticipate per conto del re (1.235lire) e prendere nuove istruzioni per la successiva missione. Il 22 sett. 1537, ricevute 300 lire d'anticipo sullo stipendio di due mesi della sua carica, nonché 200 scudi di ricompensa ed un'ugual somma "pour distribuer à cinq capitaines suisses que le Roy veut s'attacher",il C. ripartiva in direzione delle Alpi: il suo soggiorno a Coira doveva prolungarsi fino al 30 novembre dell'anno seguente. La retribuzione per 435 giorni di missione (stipendio vero e proprio e spese "straordinarie") arrivava a 4.450 lire. Dopo l'esiguo anticipo, il C. dovette attendere di rimpatriare per beneficiare, il 4 febbr. 1539, di un ordine di pagamento che gli permettesse di incassare il resto. Ma non sappiamo se questa somma gli fu effettivamente versata prima della sua successiva missione. I ritardi dell'amministrazione finanziaria nel pagamento dei debiti del re nei confronti dei suoi funzionari consentono di dubitarne. Infatti già il 5 marzo 1539 si trova menzione di un anticipo di 225 lire in favore del C., ancora una volta per un viaggio a Coira dove andava ad occupare la sua carica. La missione durò solo 216 giorni, perché, a causa della temporanea soppressione della rappresentanza di Coira, l'ambasciatore rientrò il 7 ott. 1539. Il Rott ritiene che questo ritorno fosse definitivo, ma nel 1542, il 9 agosto ed il 12 ottobre, furono emessi ordini di pagamento in favore del C. (1.800 e 825 lire), sempre per lo stesso motivo e per il periodo agosto-ottobre 1542.Ancora nel 1544 il C., stando ai termini delle lettere credenziali rilasciategli il 19 settembre di quell'anno, fu incaricato di annunciare alle Leghe svizzere la pace di Crépy, intervenuta tra il re di Francia e la casa d'Asburgo. A quell'epoca il C. non soltanto si era già creato un suo ambiente in Svizzera, ma aveva anche deciso di fissarvi la propria residenza, precisamente nei Grigioni. Il suo attaccamento al re cristianissimo non era tuttavia venuto meno: la sua decisione era motivata da un secondo (o forze terzo) matrimonio contratto nel 1541 con Hilaria da Reithenau, una ricca ereditiera dei dintorni di Coira. Il trasferimento in Svizzera permise al C. di dare libero sfogo al suo gusto per le costruzioni, che sembra essere stato uno dei caratteri distintivi della sua personalità. Ma non fu sulle proprietà lasciategli da Antoinette Lami che il C. attuò i suoi progetti: egli acquistò la signoria di Haldenstein (Cantone di Unter-Lanquart), "copiosa di villagi", dove fece costruire un castello.
Non rimane nulla, materialmente, di questa costruzione, ma l'opera gli valse l'ammirazione dei contemporanei: una tradizione vuole che il re di Francia abbia pensato di comprarla. In particolare il poligrafo Girolamo Cardano giudicò opportuno includere, nei De rerum varietate libri XVII, una descrizione di questa dimora tra le più rimarchevoli realizzazioni dell'epoca, non trovando nulla di "speciosius" che questo palazzo. Ai fregi in oro e stucco davvero "regali" si aggiungevano i quadri "miris coloribus distincta". Attaccato poi alle tradizioni di famiglia, il diplomatico non aveva trascurato l'avito palazzo della terra di Castiglione, seriamente danneggiato per rappresaglia da Francesco Sforza, e si era preoccupato, "in due gran sale",di "far scrivere i nomi, titoli e la dignità con quei ritratti ... degli heroi della famiglia Castiglione".
Dai suoi successivi matrimoni non gli nacquero figli. Secondo il suo epitaffio morì a Coira il 6 marzo 1554. Fu sepolto a Haldenstein "con molte lagrime de suoi popoli e de suoi parenti".
Fonti e Bibl.: Parigi, Arch. naz., Y 87, f. 7 (alla data del 17 luglio 1540); Chantilly, Arch. del Museo Condé, Lettres de Montmorency, II, f. 110; XV, f. 219; Catal. des actes de François Ier, Paris 1887-1908, II, n. 5756; III, nn. 7614, 9318, 10471, 10572, 10573. 10890; IV, nn. 11629, 11643, 12692, 12781; V, n. 18751; VII, n. 28061; VIII, nn. 30077, 30173 s., 30734, 30870; IX, p. 83. Su di lui cfr. inoltre A. Beffa Negrini, Elogi histor. di alcuni personaggi della famiglia Castigliona, Mantova 1606, pp. 475-478; E. Picot, Les italiens en France au XVIe siècle, Bordeaux 1801-1918, pp. 63 s.; E. Rott, Histoire de la représentation diplom. de la France auprès des Cantons suisses, Berne-Paris 1900-1935, I, pp. 289-291; IV, pp. 647 s.; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s. v. Castiglioni, tav I.