ANTEGNATI, Giovanni Giacomo
Nacque presumibilmente a Brescia nel 1501, figlio di Bartolomeo, ed elevò grandemente, perfezionandola con arditi innovamenti, l'arte organaria familiare.
La sua prima opera conosciuta fu l'organo (1533) per la nuova chiesa di S. Maria delle Grazie a Brescia. Tre anni dopo (20 ott. 1536), l'A. stipulava il contratto con la Fabbrica del Duomo di Brescia - mallevadore il suo amico pittore Alessandro Bonvicino, detto il Moretto - per la costruzione di un organo in S. Maria Rotonda (o Duomo Vecchio) e costruiva anche uno strumento per la basilica di S. Faustino Maggiore.
Nel 1530 il Bonvicino era stato incaricato da Donato Savallo, arciprete della pieve e canonico della cattedrale di Salò (S. Maria Annunciata), di iniziare le trattative con l'A. per un organo nella cattedrale; il Bonvicino informava il canonico che l'A. avrebbe accettato solo se avesse potuto "far una cosa rara", rifare, cioè, lo strumento. Le trattative si dilungarono per diversi anni. Nel 1540 l'A. si recò a Milano, dove collocò un eccellente organo alla chiesa di S. Eustorgio e prese domicilio nella parrocchia di S. Alessandro in Zebedia presso Porta Ticinese. Il 31 agosto di quell'anno la Fabbrica del Duomo di Milano deliberò di far sostituire uno dei suoi organi deteriorato con un nuovo strumento dell'A. e alla fine di ottobre veniva stabilita anche la costruzione del nuovo organo di Salò, dove frattanto era subentrato nella pieve il nipote del Savallo, Lodovico.
Interessanti documenti (in Arch. Com. di Salò, b. 175, Chiesa Parrocchiale, Organi e Musici) relativi alla costruzione di quest'organo ricordano come aiutante dell'A. anche il fratello Giovanni Francesco, "compositore de arpicordi". Questo Giovan Francesco deve ritenersi il costruttore di "monochordi, arpichordi et clavacymbali" lodato insieme con l'A. da G. M. Lanfranco nel suo trattato Scintille di Musica... (Brescia 1533, per Lodovico Britannico, p. 143) e l'autore delle lettere autografe del 12 ott. e 6 nov. 1540 (conservate nel luogo sopra citato), inviate all'amico Ventura Porcelli di Salò per informarli circa la mancanza di materiale e le difficoltà economiche incontrate per la costruzione dell'organo. In queste lettere, oltre a sottoscriversi "Jovan Francisco di Antegnati compositor de arpicordi", egli nomina l'A. "maestro jovan jacobo nostro fratello" e "fratel nostro", senza possibilità d'equivoco, e così pure Ludovico Savallo in una sua lettera dei 19 marzo 1546 scrive "mag.ro Francesco, fratello di mag.ro Giov. Jac.° s e ancora in altra dei Commissari di Salò (24 marzo 1546) viene indicata la loro consanguineità: "magr.o Francesco over Giov. Jac.° fratello".
Per il Livi, invece, Giovan Francesco sarebbe stato cugino dell'A. - figlio, cioè, di Marco, anch'esso musico, fratello di Bartolomeo -, di professione notaio, forse anche liutaio. L'ipotesi si basa su l'estimo civico del 1517, nel cui registro è scritto nella seconda frazione del quartiere di S. Giovanni: "Io. Franciscus quondam Marci de Antegnate", e su una filza di atti rogati da Giovan Francesco dal 1519 al 1573 (conservata nell'Arch. notarile di Brescia), che egli stesso aveva rinvenuto. Per l'estimo del 11517, Giovan Francesco aveva presentato una polizza dove si dichiarava ventenne e "senza alcuno exercitio"; da un'altra ancora per l'estimo del 1534 egli non risultava costruttore di strumenti musicali.
Ciò rende probabile l'esistenza di due distinti personaggi omonimi, e press'a poco della stessa età, in seno alla famiglia Antegnati (ove non si voglia escludere la parentela di Marco con Bartolomeo, intendendo "de Antegnate" nella semplice accezione "da" o "di Antegnate",vicino Cremona, e non "degli Antegnati"), di cui l'uno, figlio di Bartolomeo e fratello dell'A., era costruttore di clavicembali e l'altro, figlio di Marco, notaio. L'inclinazione alle scienze giuridiche non era del tutto estranea alla famiglia Antegnati, che discendeva appunto da Giovanni "iuris peritus", e molto più tardi anche il figlio di Benedetto, Giovanni Giacomo, sarà notaio. Il 21 ott. 1556, il giovane Claudio Merulo (Merlotti) di Correggio veniva assunto come organista alla cattedrale di Brescia e nel contratto di servizio figura come testimone un "ser Io: francisco Antegnate" senz'altra indicazione, che, tuttavia,con maggiore attendibilità, può ritenersi il fratello dell'A. piuttosto che l'omonimo cugino notaio.
Benché nell'ottobre 1545 Vincenzo Parabosco organista del duomo di Brescia tentasse di proporre per la costruzione dell'organo di Salò un altro organaro bresciano, Giovanni Battista Fachetti (o Facchetti) - forse allievo degli Antegnati, sicuramente loro competitore - dei cui lavori lodava l'armoniosità, la perfetta intonazione e soprattutto la maggiore sonorità, la commissione dell'organo rimase all'A. e il 21 maggio 1546 fu stipulato il contratto definitivo, nel quale si rileva che l'organo doveva esser fatto "nel modo, forma et essere di quali è l'organo fatto per detto messer Gianjacomo del domo de Bressa..."e che l'A. si impegnava - insieme con il fratello - di terminare lo strumento entro un anno. Quando il lavoro fu ultimato, fra varie difficoltà (l'A. era dovuto tornare a Milano per la costruzione di un organo, non aveva avuto lo stagno per le canne, si era ammalato agli occhi,... ecc.), non venne collaudato e questo fu il pretesto per negare a Giovan Francesco, che si era recato apposta a Salò con il genero dell'A. per riscuoterlo, l'onorario pattuito di 306 scudi d'oro, inducendo Così l'A. a scrivere il 21 ott. 1548 ai Deputati della Fabbrica del Duomo una fierissima e nobile lettera. Il pagamento avvenne dieci anni dopo. Nel frattempo, la costruzione dell'organo per il duomo di Milano era stata confermata due volte (4 apr. 1543 e 26 genn. 1552) e alla fine del 1552 il grandioso strumento fu terminato e assai lodato dal vice rettore e deputato della Fabbrica, Lodovico Bebulco (o Bebullo). L'opera fu pagata 500 scudi d'oro e collocata a destra dell'altare maggiore, in cornu Evangelii, ma inspiegabilmente non fu inaugurato che molti anni più tardi, nella primavera del 1579. Secondo l'Ambros, l'A. sarebbe stato anche organista al duomo di Milano. Dopo un breve ritorno nell'estate del 1550 a Brescia per riadattare gli organi del duomo, l'A. costruì nel 1554 un organo per la cattedrale di Vigevano e nello stesso anno fece un altro strumento per la chiesa di S. Maurizio a Milano (entrambi gli organi conservano ancora nel prospetto le portelle dipinte). Nel 1557 l'A. fu ancora a Brescia per lavori agli organi del duomo, ma presto ritornò a Milano, dove ormai da lungo tempo risiedeva con la numerosa famiglia, e costruì un organo per la chiesa di S. Maria della Passione, che fu pagato l'anno dopo 335 scudi. Dal 14 dic. 1556 al 20 dic. 1559 l'A. fabbricò un nuovo organo anche alla cattedrale di Parma. Non si hanno notizie, dopo il 1559, dell'A., né si conoscono l'anno e il luogo della sua morte.
L'opera dell'A. ebbe una grande importanza nella storia dell'arte organaria. Nel contratto del 1536 per il duomo di Brescia l'A. preparava infatti delle vere sorprese, come scrive il Guerrini, per i suoi concittadini, poiché "... sul vecchio tipo dell'organo corale egli innestava una famiglia di nuovi istrumenti, le ance, e iniziava quindi arditamente il nuovo tipo dell'organo da concerto".
In una delle clausole, infatti, si legge che l'A. "Anhora, per far l'opera più ellecta, se offerisse, per amor de la patria sua et per honor suo, se obliga fare duy registri de una nova faza di cane, qual cane sarane cente, qual farane varíj soni, como serà cornemuse, corneti et simile".
Sempre parlando dello stesso piano dell'organo della cattedrale bresciana, Costanzo Antegnati nella sua Arte organka (Brescia 1608) confermava poi l'introduzione da parte dell'A. di un secondo principale spezzato (come dice il contratto "...un altro ordine de principale de piombo, che separate serane l'uno da l'altro"), il quale cominciava "a suonare il basso col pedale e non colla tastatura come fanno i sudeti soprani", dando così inizio ai contrabbassi indipendenti nel pedale, preludio alla autonomia della pedaliera. Secondo Costanzo, quest'organo occupava il posto d'onore fra tutti gli strumenti che erano staticostruiti dagli Antegnati.
Per opera dell'A. l'organo andava così acquistando quella fisionomia ideale per la grande arte degli organisti, e che faceva dire a Costanzo sembrar gli organi costruiti dalla sua famiglia non opera d'uomo, ma di natura, perfetti.
Quanto all'organo per la cattedrale di Salò, dalla lettera dell'A. ai Deputati della Fabbrica risulta che lo strumento era uguale a quello del duomo di Brescia (come era stato stabilito dal contratto), ... "et di più uno registro de una duo decima, qualle ho fatto per discretione delle s.v.". La decorazione pittorica dell'organo (che conserva ancora le portelle) fu commissionata, con deliberazione del 10 luglio 1556, al pittore salodiano Antonio Maria Gennari Mazzoleni, e con la stessa deliberazione veniva affidata la manutenzione dello strumento al maestro Francesco Bertolotti, detto del Violino, padre del celeberrimo Gasparo da Salò. Altre voci furono poi aggiunte allo strumento dell'A. nel 1626 per opera di Tomaso Megliarini, secondo progetti di riforma presentati dall'organista della cattedrale salodiana, fra,Vincenzo Siculo, e dall'organaro bresciano Giovanni Battista Fachetti, forse pronipote dell'omoniino organaro citato; un altro restauro fu Compiuto il 29 luglio 1642 da Graziadio Antegnati.
Di maggiore impegno fu per l'A. la costruzione dell'organo per il duomo di Milano: nel contratto si proponeva un grande strumento, basato sul principale 16', di 24 piedi, 12 registri e 50 tasti. Era previsto anche un perfezionamento dei somiere a vento ("Il somero perincipale, dove reposerà tutto il pieno, sarà fatto a una nova inventione de vento e sarà cosa bellissima"), per la prima volta applicato a questo strumento dell'A. e non già inventato, come inesattamente fu creduto, poiché fin dai primi del secolo XVI era stato usato questo particolare tipo di somiere. Si ignora quale fosse l'intonazione data dall'A. all'organo milanese, che, considerata la vastità dell'ambiente, non poteva essere certo quella dolcissima del piccolo duomo di Brescia. La perfezione della parte fonica e meccanica dello strumento fu accresciuta dalla bellezza della parte omamentale, cui posero mano i pittori milanesi Giuseppe Meda, Camillo Procaccino e Giovanni Ambrogio Figino.
Bibl.: D. Muoni, Gli A. organari insigni, in Arch. Stor. Lomb., X (1883), pp. 200-203; A. W. Ambros, Geschichte der Musik, III, Leipzig 1891, p. 571; A. Valentini, I musicisti bresciani e il Teatro Grande, Brescia 1894, p. 10 s.; P. Molmenti, Il Moretto e l'organo della Cattedrale di Salò, in Gazzetta musicale di Milano, L (1895), n. 41, p. 668 s.; G. Livi, I liutai bresciani, Milano 1896, pp. 8-10, 13; P. Molmenti, Il Moretto e G. G. A., in Gazzetta musicale di Milano, LIH (1898), n. 10, p. 129 s. ; W. L. von Lütgendorff, Die Geige und Lautenmacher, Frankfurt a. M. 1904, p. 21; G. Guerrini, La Cappella del Duomo musicale di Salò, in Riv. musicale ital, XXIX(1922), pp. 85-97; Id., Di alcuni organisti della Cattedrale di Brescia nel Cinquecento, in Note d'Arch. per la storia musicale, III (1926), n. 4, p. 250; Id., Un glorioso artigianato bresciano. La bottega organaria degli A., in Bollett. del Consiglio e Ufficio prov. dell'Economia di Brescia, X(1930), n. 10, p. 289 ss.; N. Pelicelli, Musicisti in Parma nei secoli XV-XVI. Note ed appunti, in Note d'Arch. per la Storia musicale, VIII(1931), n. 3, p. 207; P. Guerrini, Gli organi e gli organisti delle cattedrali di Brescia in alcuni documenti del Comune, della Fabbrica e del Capitolo, in Note d'Arch. per la Storia musicale, XVI(1939), n. 5, pp. 214 s., 217; R. Lunelli, Un competitore degli A., in Bollett. Ceciliano., XXXVI(1941), n. 8-9, pp. 113-115; C. Antegnati, L'Arte organica... op. XVI (Brescia 1608), a cura di R. Limelli, Mainz 1958, pp. 36, 38 (ediz. critica in italiano e tedesco, con ricca bibliografia ital. e tedesca).