GAZOLDO, Giovanni
Non si conosce l'anno di nascita di questo poeta latino nato a Gaeta e attivo nella prima metà del sec. XVI. Le prime notizie riguardano il periodo in cui visse presso la corte di Leone X, per cui C. Musotto (1906) suppone che la nascita possa essere collocata approssimativamente tra il 1480 e il 1490: lo troviamo infatti presso il papa Mediceo sin dalla sua elezione (1513).
Come il "rozzo" poeta R. Brandolini, l'"ubriacone e archipoeta" C. Querno e altri, il G., "poetastro improvvisatore", si trovava, agli inizi del Cinquecento nella Roma di Leone X, il quale, come era in uso allora, aveva intorno a sé, oltre a letterati di grande valore, buffoni, "poetastri" che adoperavano, come tutti i poeti del tempo, il distico latino e che rallegravano con lazzi, arguzie, maldicenze e satire personali i suoi banchetti luculliani. E forse il G. ottenne dei privilegi in virtù del suo ufficio piuttosto che per le doti intellettuali.
L'8 sett. 1514 (non sappiamo, tuttavia, quando abbia preso gli ordini sacri) gli fu conferito un canonicato della Chiesa di Brescia, che con tutta certezza conservò fino al luglio del 1517. Successivamente, fu nominato cappellano dello Studio di Roma, cappellania che il papa aveva istituito il 20 sett. 1514 e alla quale prepose Filippo Beroaldo iunior, professore d'eloquenza nell'università, affiancandogli quali cappellani C. Porzio e, appunto, il Gazoldo. Ma, come scrive D. Gnoli (1938, p. 266), "quella nomina, quantunque fuor di luogo giocosa, e irriverente, non toccava però l'insegnamento".
Fu giudicato poeta di poco valore: i suoi versi, rozzi e difettosi venivano spesso pagati con staffilate o bastonate, date per ordine del pontefice, come racconta G. Giraldi nel dialogo De poëtis nostrorum temporum, dove, inoltre, si apprende che, una volta, il G. fu talmente sfigurato in seguito a una ferita ricevuta sul viso da un "ghiottone" Alessandro che aveva offeso con la sua intemperanza, da non poter partecipare per qualche tempo ai banchetti del papa. In altre occasioni, però, ricevette elargizioni in compenso delle sue poesie, come è documentato nei registri del cameriere segreto del papa (conservati nell'Archivio di Stato di Roma). Gareggiò, fra gli altri, con G. Britonio, come improvvisatore in latino.
Il G. ha lasciato un breve poema latino in esametri intitolato Anthropoviographia, stampato senza data a Bologna presso Giustiniano da Rubiera: poiché nel testo Giovanni de' Medici, il futuro papa Leone X, viene menzionato ancora come legato di Bologna, la data di pubblicazione dell'opera può essere certamente collocata tra ottobre 1511 e febbraio 1513.
Il poema, seguito da alcune poesie alquanto licenziose e dedicato al cardinale Sigismondo Gonzaga, legato della S. Sede, è ispirato, a quanto scrive il G., al settimo libro dell'Historia naturalis di Plinio. È una sorta di lamento sull'infelicità, sulle miserie della vita, di cui viene fatta una lunga enumerazione, insieme con la menzione di una malattia a quei tempi di recente diffusione, probabilmente la sifilide.
Altre opere del G. sono: Epigrammaton libellus, appendices, eligiia una, ecglogae duae ornatissimae. Qui equus troianus inscribitur, breve poema in esametri, stampato a Carpi da Benedetto Dolcibelli nel 1506; e gli Epigrammata, stampati senza data a Reggio Emilia presso Dionigi Bertocchi: contenendo un epitaffio per il poeta Serafino Ciminelli dell'Aquila, morto il 10 ag. 1500, questa raccolta non può essere stata pubblicata prima di tale data. Ancora, il G. compose De venatione, pubblicato a Bologna presso Francesco Benedetti detto Platone e dedicato a Giovanni de' Medici legato di Bologna, per la cui datazione vale quanto detto per la Anthropoviographia.
Ci sono giunti inoltre, unitamente a quelli di altri scrittori, due commenti giocosi al carme latino di Giulio Simone Siculo Epulum populi Romani euchristicon, pubblicato il 18 sett. 1513 a Roma presso Stefano ed Ercole (questa stampa e il manoscritto dei commenti giocosi sono conservati nella Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 5356, miscellaneo, cc. 95-102, 111-128). A seguito delle feste per la cittadinanza romana conferita a Giuliano de' Medici, avendo il papa nominato lettore allo Studio di Roma G. Simone, il quale aveva scritto e pubblicato per quell'occasione il suo carme, i letterati della corte, meravigliati di un così grande onore, stabilirono di dare un commento giocoso al carme, apponendovi ciascuno una nota a una frase o a un verso di quello. Fra i nomi di P. Bembo, D. Cattaneo, P. Giovio, G.B. Sessa e altri (in tutto in numero di 72) troviamo due note del G., Ro[manae] Aca[demiae] cap[pellanus] (cc. 117r, 120v).
Il G. fu quasi certamente alla corte papale sino alla morte di Leone X (1521). Dopo tale data non si hanno altre notizie.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Camerale I, Spese minute di palazzo, reg. 1489, cc. 56r, 87r, 92r; Leonis X pontificis maximi regesta, a cura di J. Hergenroether, Friburgi 1884, p. 709, n. 11.496; G. Giraldi, De poëtis nostrorum temporum, a cura di K. Wotke, Berlin 1894, pp. 46 s.; Pasquinate romane del Cinquecento, a cura di V. Marucci - A. Marzo - A. Romano, I, Roma 1983, p. 200; M. Sanuto, I diarii, XXIV, Venezia 1889, col. 494; A. Fabronio, Leonis X pontificis maximi vita, Pisis 1797, p. 164; F.M. Renazzi, Storia dell'Università degli studij di Roma, II, Roma 1804, p. 30; G. Roscoe, Vita e pontificato di Leone X, VII, Milano 1817, pp. 206 s.; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, III, Milano 1833, p. 227; A. Vitagliano, Storia della poesia estemporanea nella letteratura italiana dalle origini ai giorni nostri, Roma 1905, p. 42; C. Musotto, Un "buffone" poeta nel Cinquecento, in Fanfulla della domenica, XXVIII (1906), n. 35; D. Gnoli, La Roma di Leone X, Milano 1938, pp. 133, 360, 366 s., 371, 373; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, IV, 1, Roma 1960, pp. 383 s., 458, 460; J.-C. Brunet, Manuel du libraire, II, Paris 1861, coll. 1515 s.; Gesamtkatalog der Wiegendrucke, IX, Stuttgart-Berlin 1991, col. 321.