SALA, Giovanni Gaspare
da. – Nacque a Bologna intorno al 1440, quinto figlio dell’umanista e giurista Bornio e di Elena Poeti, discendente ed erede universale di una cospicua famiglia bolognese.
Il cognome da Sala risulta consolidato da tempo, poiché ricorre nelle fonti a partire dall’XI secolo e trae origine da Sala Bolognese, località nella pianura bolognese, presso la quale si sarebbero attestati, tra X e XI secolo, i capostipiti, di presunta origine franca.
Seguendo la tradizione paterna, Giovanni Gaspare da Sala intraprese giovanissimo gli studi giuridici presso lo Studio bolognese, dove ebbe maestri illustri, tra i quali Alessandro da Imola e Andrea Barbazza. Presentato dal padre, conseguì la laurea in diritto civile e canonico il 18 febbraio 1460 e immediatamente dopo intraprese la carriera accademica.
Apparentemente la carriera di Giovanni Gaspare da Sala fu rapida e facilitata dalla fama del padre, del quale, pur non essendo il primogenito, fu principale erede, sia nel percorso professionale, sia nella gestione familiare. In realtà la sua intera carriera accademica fu costellata da difficoltà e insuccessi, che non appaiono imputabili esclusivamente a una seppur plausibile imperizia, ma affondano le radici nel latente ostracismo che colpì i da Sala, presumibilmente a seguito delle scelte politiche del padre. Bornio da Sala, acceso sostenitore del partito filopapale e oppositore della Signoria bolognese, si era infatti compromesso con gli esponenti del potere politico cittadino, pronunciando, nel 1459, una veemente orazione davanti a Pio II, con la quale aveva denunciato il malgoverno dei Bentivoglio, che aveva definito una tirannia, contro la quale aveva invocato un energico intervento papale. L’ingenuità politica del padre, che aveva sperato in un intervento del papa tale da ribaltare il governo cittadino per portare al potere le famiglie più fedeli alla Chiesa, compromise la carriera accademica del figlio ancora prima del suo avvio, relegandolo per tutta la vita a una posizione di basso profilo.
Dal 1460-61, per tre anni Sala lesse le Istituzioni giustinianee; poi passò, come il padre, all’insegnamento del diritto canonico, al quale si dedicò sino alla morte.
Si trattava di incarichi apparentemente prestigiosi, ma nelle sue memorie Sala lascia trasparire una forte delusione, poiché le sue lezioni, certamente non a caso, erano spesso fissate in concomitanza con quelle di docenti illustri (come il suo maestro Andrea Barbazza, che attraeva numerosi studenti) o nei giorni festivi. Anche il suo stipendio denotava un prestigio assai modesto: durante tutta la sua carriera non percepì mai più di 200 lire di bolognini, mentre, negli stessi anni, ad Alessandro Tartagni da Imola, ad esempio, ne erano corrisposte 1200, come ad Andrea Barbazza, e, negli anni successivi, a Giovanni da Campeggio addirittura 2100.
Dal 1463 Sala, pur non essendo il primogenito, assunse il compito di provvedere all’amministrazione domestica del nucleo familiare, costituito dalla madre (che, gravemente malata – morì poco dopo – aveva lasciato interamente al figlio l’onere della gestione familiare, sia nelle spese minute della quotidianità, sia nella cura di alcuni beni immobili) e dall’ancor giovane fratello Giacomo.
Il padre era probabilmente assente da Bologna o comunque – essendo stato privato di tutte le cariche – impossibilitato a fornire un adeguato apporto economico alla gestione familiare (L. Alberti, Historia di Bologna di fra Leandro Alberti, manoscritto in Biblioteca Universitaria di Bologna, n. 97, c. 83r); i due fratelli maggiori Girolamo e Ludovico, emancipati e coniugati, risiedevano altrove.
Fino alla morte di Bornio (1469), Sala preferì non costituire una famiglia propria, forse proprio per l’ingombrante presenza paterna; ebbe tuttavia una figlia, Camilla, nata il 12 novembre 1465 da una serva di nome Maddalena. Pochi mesi dopo la morte del padre, il 15 febbraio 1470, sposò Elena di Gabione Gozzadini, discendente di una cospicua famiglia del ceto mercantile, annoverata tra le privilegiate casate senatorie bolognesi. Il matrimonio costituì dunque per Sala un’occasione di promozione sociale, oltre a fornirgli una ingente dote, ma fu breve, poiché Elena, dopo aver dato alla luce due figli, Lucrezia (il 1° maggio 1473 e morta l’anno successivo, il 2 agosto) e Bornio (2 maggio 1474), morì per le conseguenze del secondo parto (22 maggio 1474).
La vedovanza di Giovanni Gaspare da Sala fu di breve durata, poiché sul finire del 1475, seguendo il consiglio del signore bolognese Giovanni II Bentivoglio e della moglie Ginevra, contrasse un nuovo matrimonio, con Maddalena di Angelo de Serpe, dalla quale ebbe cinque figli.
Si tratta di Elena, nata nel 1479 e morta di peste il 1° ottobre 1486; Eleonora, che sappiamo essere andata sposa nel 1504; Antonio, che entrò nel monastero dei gesuati il 26 agosto 1499 con il nome di frate Ludovico; Filippo Maria, che entrò nel monastero di San Michele in Bosco nel 1495 con il nome di frate Agostino e infine di Ghiberto, morto a Roma nel 1505.
Anche Maddalena de Serpe morì di peste, il 20 ottobre 1486, lasciando Sala nuovamente solo e con l’onere dell’educazione di cinque figli ancora in tenera età; si sposò perciò per la terza volta prima del 1494, quando risulta già nuovamente coniugato con Margherita Pepoli, figlia di Obizzo e nipote del giurista Giovanni, dalla quale non ebbe figli.
Anche l’ultima parte della vita di Sala fu segnata da difficoltà e delusioni: la carriera accademica rimase sempre modesta e scarsamente redditizia, così come la gestione dei non ingenti beni di famiglia. Le sue difficoltà finanziarie erano tali che, in occasione del matrimonio della figlia Eleonora (nel 1504), fu costretto a vendere il palazzo di famiglia, posto in via San Felice, e a ritirarsi in una casa in affitto, dove morì il 24 marzo 1511.
Una vita di ordinaria amministrazione, dunque: ma il ricordo della figura di Sala è legato alla redazione di due corposi manoscritti, il Giornale e il Memoriale, oggi conservati presso il fondo Demaniale dell’Archivio di Stato di Bologna, tra i documenti un tempo appartenuti al soppresso monastero delle gesuate della Ss. Trinità, presso il quale si ritirarono, all’inizio del XVII secolo, Ippolita e Alessandra Balattini, figlie di Isabella da Sala, discendente indiretta di Giovanni Gaspare. I due manoscritti rientrano pienamente nel genere dei ‘libri di famiglia’, diffuso tra tardo Medioevo e prima età moderna e assai prezioso per la duplice valenza filologica e documentaria.
Giovanni Gaspare da Sala avviò il Giornale in giovane età, il 23 dicembre 1456, quando era ancora studente e gli effetti dell’impegno politico paterno non dovevano ancora avere pregiudicato il prestigio familiare. L’ampio proemio in latino, posto ad apertura, enuncia l’intenzione di utilizzare il libro come un «registro delle cose di ogni giorno» (c. 2r), forse sul modello dell’omonimo strumento in uso presso le aziende o i banchi dell’epoca per annotare provvisoriamente affari, transazioni o vicende occorse, in attesa di una più dettagliata registrazione all’interno di altri documenti. In realtà le annotazioni non furono mai riportate su altri registri e il Giornale acquisì progressivamente la funzione di libro contabile, dedicato inizialmente alle spese quotidiane, successivamente alla gestione dei beni immobiliari di famiglia, come testimoniano due integrazioni al proemio, datate 1480 e 1488: con la prima l’autore dichiarò la propria impossibilità, a causa dei molteplici impegni, di redigere scritture contabili più dettagliate e con la seconda segnalò la decisione di utilizzare il libro per tenere memoria della gestione dei terreni di proprietà della sua famiglia.
Il Memoriale fu avviato solo pochi anni più tardi, il 1° gennaio 1463, ma in un contesto personale e familiare profondamente mutato: lo studente che annotava l’acquisto dei libri aveva lasciato il posto a un giovane capofamiglia, gravato dalla necessità di far fronte alla cura di una famiglia in difficoltà e di un patrimonio modesto e di difficile gestione. La redazione dei due libri si protrasse fino alla morte di Sala e fu proseguita dal figlio primogenito Bornio, che scelse di mantenere un basso profilo ma, al contempo, di mettere mano con vigore alla gestione dei beni di famiglia, riuscendo a recuperarne il prestigio e a migliorarne le condizioni economiche.
Il particolare valore dei due libri di famiglia di Giovanni Gaspare da Sala è legato anche all’originalità della scelta linguistica: sono tra i pochi testi di questo genere scritti in latino. La lingua dei due libri si rifà certo ai modelli della classicità (Giovanni Gaspare era pur sempre figlio di un solido umanista), ma è un raro e prezioso esempio di latino immerso nella quotidianità, pensato e scritto in un tempo e in un luogo assai distanti da quelli della lingua cristallizzata dei classici. Ma altrettanto rilevante è l’apporto che i due libri offrono alla storia economica e sociale di Bologna tra il tardo Medioevo e la prima età moderna. Attraverso le varie scritture contabili, è possibile risalire alle tipologie contrattuali, alle pratiche finanziarie e alle modalità della gestione patrimoniale e della conduzione agraria del tempo. Inoltre, le molteplici annotazioni personali consentono di ricostruire le vicende individuali, familiari e politiche in una fase assai complessa della storia bolognese e italiana.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Demaniale, b. 42/3653: G.G. da Sala, Giornale e Memoriale (editi in A. Tugnoli, I libri di famiglia dei da Sala, Spoleto 1997).
L. Frati, Bornio e G. G. da S., in Studi e memorie per la storia dell’Università di Bologna, I, Bologna 1909, pp. 199-227; G. Ballistreri, Bornio da Sala, in Dizionario biografico degli Italiani, XII, Roma 1971, pp. 801-803; A. Cicchetti - R. Mordenti, I «libri di famiglia» (problemi di storiografia letteraria e metodologia della ricerca), Roma 1983; Iid., La scrittura dei libri di famiglia, in Letteratura italiana, a cura di A. Asor Rosa, III, t. II, Le forme del testo. La prosa, Torino 1984, pp. 1117-1159; Id., I libri di famiglia in Italia. Filologia e storiografia letteraria, I, Roma 1985; F. Pezzarossa, Una prima verifica dei rapporti fra strumenti culturali e ruoli sociali: la memorialistica e i ceti bolognesi nei secoli XIV-XVII, in Dalle discipline ai ruoli sociali. Atti del IV Convegno... 1989, a cura di A. De Benedictis, Bologna 1990, pp. 111-134; La memoria e la città. Scritture storiche tra medioevo ed età moderna, a cura di C. Bastia - M. Bolognani, Bologna 1995; A. Tugnoli, Il patrimonio e il lignaggio. Attività finanziaria, impegno politico e memoria familiare di un nobile bolognese alla fine del XV secolo, Bologna 1996 (con bibliografia completa); A. Cicchetti - R. Mordenti, I libri di famiglia in Italia. Geografia e storia, II, Roma 2001.