GARZONI, Giovanni
Nacque a Venezia non dopo il 1353 da Bandino di Giovanni e da Elisabetta Pisani. Il padre, che risiedeva nella contrada di S. Fantin, era un ricco mercante di origine lucchese; nelle emergenze della guerra di Chioggia contro i Genovesi (1379-81) si distinse per i replicati cospicui prestiti accordati al Comune veneziano e per l'invio di due suoi figli - tra cui il G. - alla testa di alcuni reparti contro il nemico. Per questo motivo il G., insieme con il fratello Nicolò, fece parte del gruppo delle trenta famiglie che il 4 sett. 1381 vennero iscritte al Maggior Consiglio in grazia delle benemerenze acquisite nel corso della guerra; poiché Nicolò morì senza discendenza, il G. divenne il capostipite della famiglia patrizia dei Garzoni, destinata a durare quanto la Serenissima.
Sin dall'anno dopo (1382) prese parte all'elezione del doge Michele Morosini, quindi fu membro della Quarantia per il secondo semestre del 1383. Nel marzo 1384 il Collegio lo incaricava di sovraintendere alle fortificazioni di Mestre, ed esattamente un anno più tardi ottenne l'esonero da una missione presso il duca Giovanni II di Baviera, per ottenere la restituzione di certe mercanzie sequestrate ai Veneziani.
Fece ancora parte della Quarantia nella seconda metà del 1386 e nel 1387, allorché figura risiedere nel sestiere di S. Polo; sono ignote le cause del trasferimento, certo non imputabile al matrimonio - avvenuto in precedenza - con una nobildonna di nome Chiara, che gli diede almeno due figli maschi, Bartolomeo e Francesco, e due femmine, Polissena e Maria (quest'ultima sposata nel 1402 con Ermolao Barbaro, fratello dell'umanista Francesco).
Non fu probabilmente il G., ma un omonimo nativo di Pescia, a essere catturato dai Padovani mentre portava il soldo alle truppe veneziane sul Piave nell'aprile 1387 (G. Gatari - B. Gatari, Cronaca carrarese, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XVII, 1, a cura di A. Medin - G. Tolomei, p. 252); al G. infatti vennero affidati incarichi meno rischiosi, essendo stato prescelto, nel 1389, quale accompagnatore nei soggiorni veneziani prima del signore di Mantova, Francesco Gonzaga, poi di quello di Ferrara, Alberto d'Este. Nel 1391 iniziava come savio alle Monete una carriera che sarebbe stata prevalentemente segnata dal ruolo di esperto finanziario, anche se con un ruolo tecnico: il G. non fu infatti un politico di levatura, non ne aveva i mezzi o forse non gliene venne offerta l'occasione, stante la troppo fresca aggregazione al patriziato. Fu invece un apprezzato responsabile di questioni attinenti il settore creditizio e monetario.
Dopo essersi occupato del restauro delle difese a mare di Pellestrina (1392), nel 1393 e poi ancora nel '94 fu nel novero dei magistrati incaricati di esaminare le richieste dei creditori statali; nella seconda metà di quest'anno compare per qualche mese (ed eccezionalmente) tra i savi agli Ordini, quindi (7 luglio 1401) lo troviamo a Bologna quale mediatore di pace con Faenza; qualche mese più tardi si recava in Friuli con analogo incarico. Giudice di Petizion nel 1403, l'anno dopo veniva inviato a Firenze per ottenerne il sostegno diplomatico nella guerra che avrebbe portato Venezia a impadronirsi della Terraferma; un conflitto decisivo per la storia della città lagunare, nel quale lo stesso G. fu coinvolto direttamente e a malincuore (ma per poche settimane, tra il settembre e l'ottobre 1405) come provveditore presso le truppe che combattevano nel Veronese.
Ancora titolare nel 1406 di magistrature finanziarie, quale responsabile dei bilanci attinenti il sale e le emissioni monetarie della Zecca, durante l'estate compì un pellegrinaggio in Terrasanta insieme con i figli; quindi (1407) fu per pochi mesi capitano a Soave, ma già agli inizi di giugno era a Venezia, dove di lì a poco assunse la carica di consigliere ducale.
Il periodo che seguì lo vide delegato a espletare funzioni diplomatiche di leggera importanza: nel febbraio 1408 fu a Milano, insieme con Francesco Foscari, con compiti di mediatore tra il duca Giovanni Maria Visconti e gli altri signori lombardi; il 17 luglio entrava a far parte di una commissione istituita per predisporre l'acquisto di Zara; nel 1409 era in Friuli e nel mese di giugno in Toscana insieme con Fantino Dandolo, sempre come rappresentante di Venezia, nell'ambito delle incessanti trattative che intercorrevano fra i diversi Stati italiani; ritornava in Friuli di lì a poco, nell'agosto dello stesso 1409, stavolta presso il papa Gregorio XII. In seguito (1410) fu mandato a ispezionare le fortificazioni sul Livenza, quindi (giugno) fu a Rimini e a Pesaro, presso i Malatesta; nel settembre dello stesso anno 1410 rifiutò un'ulteriore missione a Ferrara, dopo di che (estate 1411) fu di nuovo sul Livenza e alla fine dell'anno a Trento, nel tentativo di concordare con il duca Federico IV d'Austria Tirolo un'alleanza contro re Sigismondo di Lussemburgo, ormai apertamente in guerra con il Comune veneziano.
Rimpatriato, il 30 genn. 1412 fu chiamato a far parte di una commissione finanziaria di controllo sui depositi pubblici. Aveva così inizio un'attività decennale presso magistrature di diversa intitolazione, ma tutte comunque inerenti alla finanza pubblica: il settore più congeniale agli interessi e all'esperienza del G., la cui vita privata, come testimoniano i documenti dell'epoca, fu in gran parte assorbita dall'attività mercantile e creditizia.
Naturalmente dovette ricoprire anche incarichi di diversa natura, ma con scarso entusiasmo, come suggeriscono i non infrequenti tentativi di rifiuto: una missione diplomatica (mediazione tra Filippo Maria Visconti e Pandolfo Malatesta signore di Bergamo e di Brescia, alla fine del 1414); qualche rettorato (capitano a Vicenza nel 1416-17, podestà a Capodistria nel 1418-19); infine talune prestigiose designazioni, come l'ingresso nelle commissioni elettorali dei dogi Tommaso Mocenigo e Francesco Foscari, o l'elezione a consigliere ducale per il periodo ottobre 1417 - settembre 1418, poi negli stessi mesi fra il 1419 e il 1420 (avrebbe ricoperto la carica ancora una volta nel 1423, se il 25 maggio di quell'anno non avesse declinato la nomina, accusando l'età avanzata).
Non rifiutò, invece, un anno più tardi, di collaborare al riassetto della Camera dei prestiti, a riprova dei suoi autentici interessi; e a questo proposito è opportuno ricordare che allora il Senato accolse la sua proposta di limitare le doti femminili a un massimo di 1600 ducati.
È l'ultima notizia che abbiamo circa l'attività del G., il quale si spense a Venezia in una data compresa tra il 16 giugno 1427 e il 24 sett. 1428; fu sepolto nella tomba di famiglia ai Ss. Giovanni e Paolo, nel sagrato di S. Orsola.
Fonti e Bibl.: Fondamentale la scheda bio-bibliografica recentemente dedicata al G., in D. Girgensohn, Kirche, Politik und adelige Regierung in der Republik Venedig zu Beginn des 15. Jahrhunderts, Göttingen 1996, pp. 784-793. Inoltre: Archivio di Stato di Venezia, Misc. codd., I, Storia veneta 20: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de' patritii…, IV, cc. 13, 19; Segretario alle Voci, Misti, regg. 3, cc. 35r, 42v; 13, cc. 27r, 52v, 173v, 174v, 179v; Collegio notatorio, reg. 2, c. 21r; Deliberazioni Maggior Consiglio, reg. 22, cc. 20v, 28v, 49v-50v; Notarile, Testamenti, bb. 575/781 (22 marzo 1408), 364/371 (1° sett. 1414); Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, Cod. Cicogna 3782: G. Priuli, Pretiosi frutti…, II, cc. 51r-52r; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, III, Venezia 1883, pp. 323, 326; Bernardo de Rodulfis notaio in Venezia (1392-1399), a cura di G. Tamba, Venezia 1974, p. 158; G. Degli Agostini, Notizie istorico-critiche intorno la vita e le opere degli scrittori viniziani, I, Venezia 1752, pp. 7 s.; J.C. Hocquet, Le sel et la fortune de Venise, I, Production et monopole, Lille 1982, p. 160; L. Molà, La comunità dei Lucchesi a Venezia. Immigrazione e industria della seta nel tardo Medioevo, Venezia 1994, p. 56; R.C. Müller, Foreign investment in Venetian government bonds and the case of Paolo Guinigi, lord of Lucca, early 15th century, in Cities of finance, Amsterdam 1996, p. 89; G. Gullino, Genealogia e patrimonio dei Barbaro umanisti e patriarchi di Aquileia, in Una famiglia veneziana nella storia. I Barbaro, Venezia 1996, p. 95.